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Sommario del 20/05/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: modelli economici alternativi per creare lavoro

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Il Papa ha ricevuto oggi nella Sala Clementina, in Vaticano, i circa 250 partecipanti all’annuale Conferenza internazionale promossa in questi giorni dalla Fondazione Centesimus Annus–Pro Pontifice, sul tema del lavoro e delle nuove tecnologie. Alternative costruttive in una fase di sconvolgimenti globali. Occupazione e dignità dell’individuo nell’era digitale”, il titolo del Convegno. Nel suo discorso Francesco ha sottolineato, ancora una volta, la grave questione della disoccupazione e la necessità di prendere in considerazione le giuste esigenze delle famiglie. Ha introdotto l'incontro il presidente della Fondazione Centesimus Annus, Domingo Sugranyes Bickel. Il servizio di Adriana Masotti

“Sappiamo che le cose possono cambiare”: il Papa ne è convito e per questo loda il prezioso contributo offerto dai suoi interlocutori, esponenti dell’imprenditoria e del mondo accademico, nel considerare le attività economiche  e quelle finanziarie alla luce della dottrina sociale della Chiesa per sviluppare modelli di crescita economica centrati sulla dignità, sulla libertà e la creatività:

“Esprimo il mio apprezzamento per i vostri sforzi nel cercare modi alternativi di comprensione dell’economia, dello sviluppo e del commercio, per rispondere alle sfide etiche poste dall’imporsi di nuovi paradigmi e forme di potere derivate dalla tecnologia, dalla cultura dello spreco e da stili di vita che ignorano i poveri e disprezzano i deboli”.

La povertà, sottolinea Francesco, è un fenomeno umano e non meramente economico:

“Promuovere lo sviluppo umano integrale richiede dialogo e coinvolgimento con i bisogni e le aspirazioni della gente, richiede di ascoltare i poveri e la loro quotidiana esperienza di privazioni molteplici e sovrapposte, escogitando specifiche risposte a situazioni concrete”.

E’ necessario perciò, continua il Papa, mettere al centro dell’attività economica la persona e favorire l’inclusione sociale, incoraggiando l’iniziativa e la creatività e avviando processi nei quali i poveri siano i protagonisti principali e i beneficiari. Il Papa ricorda poi che la Fondazione ha riflettuto in questi giorni sulla questione cruciale della creazione di lavoro nel contesto della nuova rivoluzione tecnologica in atto:

“Come non potremmo essere preoccupati per il grave problema della disoccupazione dei giovani e degli adulti che non dispongono dei mezzi per “promuovere” sé stessi? E questo è arrivato a un livello molto grave, molto grave. E’ un problema che ha assunto proporzioni veramente drammatiche sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo e che chiede di essere affrontato per un senso di giustizia tra le generazioni e di responsabilità per il futuro”.

Inoltre gli sforzi per rispondere alle legittime aspirazioni dei lavoratori devono prendere in considerazione non solo gli individui ma anche le famiglie:

“Questa, come sapete, è stata una preoccupazione espressa dalle recenti Assemblee sinodali sulla famiglia, che hanno rilevato come l’incertezza nelle condizioni lavorative spesso finisce per aumentare la pressione e i problemi della famiglia ed ha un effetto sulla capacità della famiglia di partecipare fruttuosamente alla vita della società”.

Ai membri della Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice il Papa rivolge infine un incoraggiamento al coinvolgimento personale per realizzare quel cambiamento di atteggiamento, di opinioni e di stile di vita che è essenziale per costruire un mondo più giusto, libero e in armonia.

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Il Papa a sorpresa a Ostia per la benedizione delle famiglie

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Papa Francesco ha voluto, anche nel mese di maggio, dare seguito ai “Venerdì della Misericordia”, segni ispirati alle opere di misericordia corporali e spirituali durante il Giubileo. Nel pomeriggio di ieri il Papa si è recato a Ostia. Come segno di vicinanza alle famiglie residenti nella periferia di Roma, ha deciso che avrebbe benedetto casa per casa le loro abitazioni, come fa il parroco ogni anno, proprio durante il periodo pasquale. Due giorni fa, don Plinio Poncina, il parroco di Stella Maris, una delle sei parrocchie di Ostia, aveva affisso - come di consueto - un avviso sulla porta del condominio delle case popolari, avvertendo le famiglie che sarebbe passato a trovarle per la consueta benedizione pasquale.

E' stata grande oggi la sorpresa quando, a suonare il campanello, invece del parroco gli inquilini hanno visto Papa Francesco. Il Papa si è “fatto Parroco”: con grande semplicità si è intrattenuto con le famiglie, ha benedetto una dozzina di appartamenti che compongono il condominio di Piazza Francesco Conteduca 11, lasciando in dono il rosario. Scherzando, ha voluto scusarsi per il disturbo, rassicurando però, di aver rispettato l’orario di silenzio in cui i condomini riposano dopo il pranzo, come recita il cartello affisso all’ingresso del condominio. Pur appartenendo al territorio del Comune di Roma, Ostia, con i suoi 100.000 abitanti circa, costituisce un nucleo a se stante, accogliendo all’interno del suo contesto urbano una vivace comunità di fedeli, che si trova a vivere e a condividere anche alcune realtà difficili, legate alla vita della periferia. La chiesa, la parrocchia e il piccolo campo da calcio adiacente, diventano spesso un punto di riferimento per la comunità e costruiscono un punto di approdo per quelle realtà sociali ed esistenziali che spesso, subendo forme di esclusione, rimangono ai margini.

Mons. Plinio Poncina, il parroco di Santa Maria Stella Maris, era l'unico a sapere che il Papa sarebbe andato a benedire le famiglie. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato: 

R. – Per me è stato un comprendere quello che Gesù dice: “Non lo dite a nessuno”, perché lui intendeva incontrare le persone sul serio. E’ questo ciò che da una settimana non mi ha fatto dormire: sapere che veniva il Papa ma non potevo dirlo proprio a nessuno, nessuno, neanche a mia sorella, neanche al vice parroco. Nessuno doveva sapere questo. Infatti ho messo il manifesto come tutti gli altri manifesti, ho messo la lettera come tutte le altre lettere per le benedizioni e poi il Papa si è trovato di fronte come ci troviamo tutti quanti noi, persone che aprono, persone che non aprono… E’ riuscito a entrare nel condominio soltanto incontrando le tre persone che erano lì davanti e sono bastate queste tre persone per dare il tam tam a tutto il quartiere. Per cui lui ha visitato queste famiglie ed è stato un incontro meraviglioso. Tutte quante le famiglie hanno chiesto il permesso di appoggiare il capo sulle spalle di Papa Francesco e hanno pressoché tutti quanti pianto. Basti un esempio. Una persona ha detto: “Io non ho il coraggio di venire a San Pietro perché sono sicuro di non poter mai incontrare il Papa e il Papa viene a casa mia?! No, questo non è possibile! Ora posso anche morire!”, parole autentiche di una persona.

D. – Sono state tante le persone che lo hanno accolto in casa?

R. – Uno che era stato operato ha socchiuso la porta, gli ha detto: “Guarda sono stato operato ieri, adesso mi sono alzato perché ho visto che sei tu, Papa” e il Papa l’ha benedetto. Ma in ogni famiglia la sua unica preoccupazione è poter sollevare la fatica, il travaglio, la solitudine, perché tante famiglie anziane e tante persone che si sentono squalificate dalla società, il Papa le ha capite, profondamente.

D. - Il Papa è venuto a contatto anche con quegli aspetti che spesso caratterizzano le città, le periferie e cioè la solitudine degli anziani...

R. - Certo, ma in una maniera provvidenziale per il fatto che nessuno ha costruito questo incontro, tutti quanti si sono incontrati col Papa e hanno parlato cuore a cuore con il Papa. Eravamo chiamati ad essere testimoni di questo incontro dell’anima, di questo incontro non solo della meraviglia, perché il Papa è venuto, ma della possibilità che il Papa sentiva dietro a ogni situazione di trasformarla in preghiera. Il Papa penetra nella sofferenza e la trasforma in preghiera: “Adesso preghiamo”.

D. – Poi il Papa anche fuori dagli appartamenti ha incontrato alcuni altri abitanti del quartiere…

R. – Tutta la  gente si è accalcata fuori ma anche lì ha avuto la possibilità di un incontro personale. Io che conosco le persone ho visto che tutte quante lì fuori hanno potuto comunicare con Gesù: chi aveva la famiglia sfasciata chiedeva una benedizione; chi aveva domani le Prime Comunioni era lì a cantare “Tu lo sai che ti voglio bene”; i giovani con la definizione del Papa: “Tu sei il dolce Cristo in terra”. Capisci che anche l’incontro fuori è stato come un regalare al Papa un respiro di vera fede.

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Mons. Dal Cin è il nuovo arcivescovo prelato di Loreto

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Papa Francesco ha nominato nuovo arcivescovo prelato di Loreto e delegato pontificio per il Santuario Lauretano, nonché delegato pontificio per la Basilica di Sant'Antonio in Padova, mons. Fabio Dal Cin, 52 anni, della Diocesi di Vittorio Veneto, finora officiale della Congregazione per i Vescovi. Succede a mons. Giovanni Tonucci che lascia per raggiunti limiti di età.

Mons. Fabio Dal Cin è nato a Vittorio Veneto il 23 gennaio 1965. Dopo aver frequentato i Seminari Minore e Maggiore diocesani, il 7 dicembre 1990 è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Vittorio Veneto. Nel 1990 è stato nominato vicario parrocchiale del Duomo di Motta di Livenza. Nel 1988 è stato chiamato a svolgere l'incarico di animatore della Comunità Giovanile del Seminario Minore diocesano e di vice‑direttore del Centro Diocesano Vocazioni. Ha frequentato i corsi di specializzazione presso l'Istituto di "Liturgia Pastorale" di Santa Giustina in Padova, dove ha conseguito la Licenza in "Sacra Teologia con specializzazione liturgico‑pastorale".

Nel 2000 è stato nominato delegato vescovile per la Pastorale Vocazionale e direttore del Centro Diocesano Vocazioni e nel 2001 professore di Liturgia nello Studio Teologico Interdiocesano Treviso‑Vittorio Veneto. Nel 2003 ha ricevuto l'incarico di animatore del Seminario Maggiore e di Cerimoniere Vescovile. Nel 2004 è stato nominato membro della Commissione per la formazione e il ministero dei Diaconi Permanenti. Dal marzo 2007 è officiale della Congregazione per i Vescovi. Nel 2011 ha conseguito il Dottorato in Teologia presso il Pontificio Ateneo Sant'Anselmo di Roma. Dal 2012 è cappellano di Sua Santità. Ha prestato assistenza spirituale presso il Santuario della Madonna della Quercia in Roma.

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Altre udienze e nomine

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Per le altre udienze e nomine odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa Santa Sede.

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Il film di Wim Wenders "Papa Francesco. Un uomo di parola"

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Al Festival del cinema di Cannes è stato annunciato il film “Papa Francesco. Un uomo di parola”, in fase di post-produzione, girato dal regista tedesco Wim Wenders, coprodotto dal Centro Televisivo Vaticano e che la Focus Features distribuirà nelle sale italiane a fine anno. Vedremo il Papa, che ne è il protagonista, dialogare con la comunità di uomini e donne di ogni fede e cultura. Il servizio di Luca Pellegrini

Il cielo, questa volta, sarà quello sopra il Vaticano. Wim Wenders, il regista che più d’ogni altro riesce nei suoi film a trasfigurare poeticamente le immagini dell’uomo e della terra aprendosi all’invisibile e alla trascendenza, ha accettato l’invito, raccolto la sfida e girato un film in cui protagonista è Papa Francesco. Grande curiosità attorno al progetto, in via di conclusione con le fasi di montaggio. Ne è stata data qualche anticipazione a Cannes, ma con parsimonia. Interessante il titolo, con il Papa che per Wenders è “un uomo di parola” perché, come ha dichiarato, “è un esempio vivente di un uomo che si batte per ciò che dice”. Coproduttore del film il Centro Televisivo Vaticano. Il suo direttore, Stefano D’Agostini, ce ne racconta l’origine e come si è arrivati alla sua realizzazione.     

R. – Nasce innanzi tutto dall’incontro di Wim Wenders con mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione. C’era una vecchia amicizia e intesa tra i due e l‘occasione dell’apertura della Porta Santa, la partecipazione di Wim Wenders alle riprese dell’apertura della Porta Santa è stata proprio l’occasione per ravvivare quel rapporto, da cui è nata un’idea – naturalmente condivisa da Papa Francesco - ed è uscita una grande esperienza. Una grande esperienza per noi dal punto di vista produttivo, una grande esperienza che sarà fruibile da tutti coloro che avranno la possibilità di vedere questo film. Che non è un film su Papa Francesco ma con Papa Francesco.

D. – Il Papa ha partecipato alle riprese del film. Che tipo di ritratto Wenders ha cercato di farne?

R. - È un dialogo, un dialogo tra il Papa e lo spettatore; uomini, donne di ogni fede e cultura. Chi avrà la possibilità di vederlo si sentirà coinvolto quasi come in un dialogo con Papa Francesco.

D. - Dove è stato girato il film? Ci sono riprese dentro il Vaticano, materiale di archivio, riprese anche del Papa durante i suoi viaggi …

R. - Gli interventi del Santo Padre sono stati registrati qui in Vaticano in vari ambienti; una parte è stata registrata nei Giardini Vaticani. Poi il tutto è arricchito con immagini di repertorio del Centro Televisivo Vaticano che va – appunto – dall’inizio del Pontificato fino ad oggi. Ci sono immagini particolari, qualcuna inedita. Insomma è un ritratto del pensiero di Papa Francesco arricchito dai gesti che noi abbiamo documentato negli anni.

D. – Il Papa come si dimostra davanti ad una telecamera? Con quella naturalezza che tutti conosciamo quando incontra le persone, i fedeli, da Piazza San Pietro alle varie località del mondo?

R. – L’impressione è che lui non consideri la telecamera, la telecamera è come  fossero gli occhi di chi gli sta davanti. Diciamo che traguarda la telecamera e raggiunge direttamente lo spettatore. L’impressione che si ha è proprio quella. Il mezzo tecnologico non è un ostacolo, ma non è neanche, diciamo così, l’obbiettivo a cui si rivolge il Papa. Il Papa va direttamente negli occhi, alle orecchie di chi ascolta.

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Due nuovi Dvd "Alla scoperta del Vaticano e dei Musei Vaticani"

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“Alla Scoperta dei Musei Vaticani” e “Alla scoperta del Vaticano e dei Musei Vaticani”, sono i titoli dei nuovi cofanetti Dvd, presentati ieri in conferenza stampa nei Musei Vaticani. Le serie, prodotte dal Centro Televisivo Vaticano, in collaborazione con Rai Com, hanno come guida il divulgatore scientifico Alberto Angela, che accompagna lo spettatore in un inedito percorso all’interno della Città del Vaticano e dei suoi Musei. Il servizio di Marina Tomarro

Scoprire i dettagli dei Musei più belli del mondo, attraversare e conoscere il Museo egizio e quello etrusco e poi, proseguendo lungo i corridoi tappezzati di preziosi affreschi, mappe geografiche ed arazzi, giungere alla parte rinascimentale fino alle stanze del Raffaello per giungere alla magnificenza della Cappella Sistina, capolavoro di Michelangelo. Raccontano questo e molto altro, i dvd Alla scoperta del Vaticano e dei Musei Vaticani. Ascoltiamo Barbara Iatta direttore dei Musei Vaticani:

R. - Vogliono raccontare la complessità di questi Musei che sono declinati al plurale perché sono veramente un complesso di collezioni diverse, di musei diversi, di arte, storia e cultura e anche fede. Sono appunto declinazioni di tipologie diverse.

D. - Ci sono aspetti inediti dei Musei Vaticani che vengono rivelati attraverso questi dvd?

R. - Sì, ci sono perché sono anche tanti luoghi che non sono generalmente aperti al grande pubblico che sono stati chiaramente filmati e commentati dai nostri 14 curatori coordinati da uno splendido Alberto Angela.

I dvd, con una selezione di otto lingue, vogliono essere un'occasione per chi ha già visitato i Musei di poter scoprire cose nuove e nello stesso tempo, per quelli che non riescono a visitarli di persona, un'opportunità di poterli conoscere in un viaggio virtuale, come ci spiega mons. Dario Edoardo Viganò prefetto della Segreteria per la Comunicazione:

R. - É un grande viaggio perché per la verità si tratta di sei dvd: tre sono un viaggio alla scoperta del Vaticano – non il Vaticano delle grandi cerimonie, ma il Vaticano un po’ nascosto, quotidiano, del lavoro – e poi altri dvd sono un cammino attraverso i vari corridoi, le stanze dei Musei. La novità è che questo diventa il cofanetto ufficiale dei Musei Vaticani. La cosa importante è questa: è in otto lingue e tra queste, russo, cinese e giapponese, perché pensiamo ci sia una vasta popolazione desiderosa di conoscere questo scrigno artistico, uno scrigno di storia, di arte, di fede, di valori, e quindi è proprio un’operazione all’insegna del servizio culturale.

D. - Quale tipo di messaggio arriva a chi lo vedrà?

R. - Intanto per chi lo vedrà per la prima volta, e prima di venire a Roma a visitare il Vaticano, diventerà certamente un momento di preparazione, quindi anche di predisposizione anche di uno sguardo per un’esperienza che sia sempre più avvolgente e importante. Per chi invece userà il cofanetto, e soprattutto i dvd dopo una visita, diventerà l’occasione di approfondimento, di ripensamento … Il messaggio è proprio questo: il bello, il vero e il buono coincidono.

Ma come sono stati realizzati questi dvd? Ascoltiamo Alessandro Ravani, direttore commerciale Rai Com:

R. - Nascono ovviamente da una serie di sceneggiature scritte insieme ad Alberto Angela che vanno prima a raccontare i luoghi emblematici e la quotidianità della vita vaticana e poi ovviamente da un percorso strutturato per sale, per dare una vera e propria visione di dettaglio del patrimonio dei Musei Vaticani. Quindi è stata una produzione che è stata fatta nel corso di due anni, anche perché ovviamente un tipo di prodotto così importante doveva beneficiare prima di tutto di un lasso temporale molto ampio e, secondo, di un periodo estivo in cui la luce è maggiore, in cui le giornate sono anche più lunghe … Quindi, la strutturazione nasce da un progetto su più anni e nasce da una verticalizzazione e da uno studio fatto precedentemente alla scrittura della sceneggiatura e che ha richiesto alcuni mesi perché chi ha preparato la scrittura della sceneggiatura ha prima dovuto conoscere tutto quello che era il fondo vaticano.

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Oggi in Primo Piano



Rohani rieletto presidente dell'Iran col 57% dei voti

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È ufficiale: dopo il voto di ieri, Hassan Rohani è stato rieletto presidente dell’Iran. Lo ha comunicato il ministero dell'Interno di Teheran, annunciando che il leader del fronte moderato ha ottenuto il 57% dei voti, staccandosi nettamente dall’avversario conservatore Ebrahim Raisi. Il servizio di Giada Aquilino

Una vittoria al primo turno che consegna ad Hassan Rohani altri quattro anni alla presidenza dell’Iran. Gli oltre 41 milioni di elettori che ieri si sono recati alle urne hanno scelto la via della continuità, attribuendo poco più del 38% delle loro preferenze al conservatore Ebrahim Raisi, che contestava al fronte moderato di non aver risolto, con gli sviluppi dell’accordo sul nucleare del 2015, i problemi economici del Paese. Antonello Sacchetti, giornalista e scrittore, intervistato da Emanuela Campanile:

“La vittoria di Rohani significa che ci sarà continuità, come d’altra parte è nella tradizione di tutte le tornate elettorali della storia dell’Iran, nel senso che tutti i presidenti iraniani eletti, tranne i primi due – uno scappato dall’Iran, Banisadr, l’altro, Rajai, ucciso in un attentato - sono stati poi riconfermati. Ricordiamo anche la contestatissima rielezione di Ahmadinejad nel 2009. Significa che Rohani continuerà sulla strada dell’apertura alla comunità internazionale, del dialogo e della ricostruzione - in un certo senso – di un’economia uscita devastata dagli otto anni di Ahmadinejad. Quello che dicevano i conservatori in parte è anche vero, ma questo non dipende soltanto da questi quattro anni di governo di Rohani. L’Iran è un Paese con delle diseguaglianze, delle ingiustizie sociali profondissime. Quattro anni fa aveva un’inflazione che viaggiava al 40 percento e ora è ridotta a nove, era un Paese in cui non arrivavano i farmaci salvavita a causa delle sanzioni per il nucleare e adesso arrivano, in cui gli investimenti stranieri erano praticamente sconosciuti e adesso cominciano a giungere e dove il turismo al momento è in piena espansione. Questo non vuol dire soltanto una crescita economica, significa anche un dialogo, un contatto più diretto dell’Iran con il resto del mondo”.

Nel 2013 Rohani aveva ottenuto il 52% dei voti: quindi è salito il gradimento nella popolazione, che in massa si è riversata alle urne, tanto da costringere le autorità a prolungare di sei ore le operazioni elettorali. Quale sarà allora il suo programma? Risponde Annalisa Perteghella, ricercatrice dell’Ispi e conoscitrice delle dinamiche iraniane:

R. – Sicuramente Rohani tenterà di portare avanti la propria agenda di riforme, seppure all’interno del sistema e delle numerose ‘linee rosse’ della guida Khamenei. C’è da dire che ha dalla sua un forte mandato popolare e questo significa che la maggior parte degli iraniani è con lui e appoggia la visione di un Iran più aperto e più progressista. E’ pur vero che c’è da aspettarsi una controffensiva degli ambienti più conservatori, che occupano saldamente gli apparati di sicurezza e soprattutto quello giudiziario. Rohani, quindi, tenterà di tenere questa linea fin quando riuscirà a mantenere una buona relazione con la guida suprema, che è il decisore ultimo e finale.

D. – Quali saranno i capitoli su cui si concentrerà?

R. – L’economia e la continuazione del dialogo con l’Occidente, soprattutto con l’Europa. Mi sembra molto significativo che uno dei primi leader internazionali a congratularsi con Rohani sia stata Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione Europa: questo significa che dobbiamo aspettarci la continuazione e il proseguimento e magari anche l’approfondimento del dialogo con l’Europa, non solo sul nucleare - per le verifiche che effettivamente l’Iran tenga fede ai propri impegni - ma anche per aspetti commerciali e, in modo più soft, per diritti umani e questioni sociali.

D. – Su cosa punterà, invece, il fronte conservatore?

R. – Tenteranno di dipingere Rohani come ‘troppo amico’ dell’Occidente, come la persona che potrebbe diluire i valori della Repubblica islamica e svendere l’indipendenza iraniana all’Occidente. Però, Rohani ha dimostrato di saper sopravvivere pur senza il suo padrino politico, Rafsanjani, che è stato peso massimo della politica iraniana fino alla sua morte nel gennaio di quest’anno. Ciò significa che Rohani sa camminare con le proprie gambe, è molto abile politicamente e poi – ricordo – la posta in gioco reale è un’altra: la successione alla guida Khamenei. Solamente quando arriverà quel momento, soltanto quando sapremo chi sarà stato scelto per succedere a Khamenei ed esercitare quindi il ruolo di guida suprema, sapremo effettivamente quanto ci potrà essere un cambiamento e di che tipo di cambiamento si potrà parlare. Ad oggi, gli scenari sono tutti aperti: si va da una militarizzazione del regime perché si teme che i Pasdaran possano prendere il potere durante la transizione, allo scenario in cui invece Rohani stesso - o qualcuno della sua fazione - aspiri al ruolo di guida suprema.

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Siria: fallito sesto round dei colloqui Onu a Ginevra

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Ancora nessun risultato nei colloqui di pace per la Siria. La sesta tornata di negoziati indiretti a Ginevra, sotto egida Onu, si è conclusa con un nulla di fatto dopo 4 giorni di lavori. E mentre sul terreno continuano le violenze, l’inviato speciale per la Siria dell’Onu, Staffan De Mistura, starebbe puntando su una nuova tornata di colloqui, la settima, in data da stabilire. Sui motivi di questo nuovo fallimento dei negoziati, Giancarlo La Vella ha intervistato Lorenzo Trombetta, responsabile dell’Ansa a Beirut: 

R. – Il nodo sul quale si è arenata questa serie di colloqui è la transizione politica, ovvero rispondere alla domanda: chi governerà la Siria dopo gli accordi? Ovviamente il governo siriano chiede che l’argomento transizione del potere, ovvero il cambio del regime, non sia in cima all’agenda e che, invece, sia messa la priorità sulla lotta al terrorismo - per terrorismo si intendono le opposizioni armate - mentre le opposizioni in esilio e anche alcune in patria, chiedono che ci sia una discussione profonda e radicale su una revisione del potere in Siria, ovvero che si cambi o che si dia la possibilità di esprimersi per una cambiamento radicale del regime.

D. - Una questione del genere deve affrontare il problema su come sostituire Assad, non solo alla guida dello Stato, ma anche alla guida di innumerevoli attività che la famiglia Assad controlla …

R. - Sì, la questione del potere in Siria non è legata esclusivamente all’aspetto formale delle presidenza o della figura fisica e politica del presidente Bashar Al Assad. È un argomento assai più ampio. Da circa mezzo secolo, il regime, incarnato dalla famiglia Assad, ha innumerevoli soci, clienti, istituzioni formali e informali, su cui si basa un consenso che non può essere un consenso soltanto frutto delle violenza e della repressione, ma è un consenso anche di interessi condivisi ed economici. Qui si spiega perché la questione della transizione in Siria non può essere affrontata soltanto pensando di sostituire Assad con un altro presidente. Ecco perché tutti gli sforzi, specialmente ad Occidente, di pensare ad un nuovo regime, cambiando una figurina, sono e saranno vani. Bisogna affrontare l’argomento pensando agli interessi delle varie anime della Siria; ci sono anime che perderebbero molto da un cambio di regime. Bisogna parlare e coinvolgere tutte queste anime.

D. - L‘inviato dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, comunque ha ancora fiducia nel negoziato e ripropone una settima tornata …

R. - Staffan de Mistura ha un mandato da parte delle Nazioni Unite e in qualche modo, fino a che lui formalmente ha questo incarico ed è il rappresentante della mediazione Onu, non può fare altro che richiamare le parti a un tavolo. È molto cosciente che quello che avviene a Ginevra per adesso ha un ruolo davvero poco incisivo sulle dinamiche del conflitto e della futura pace in Siria. Piuttosto, come de Mistura ha già ammesso più volte, il processo avviato dalla Russia e dall’Iran e poi in secondo luogo dalla Turchia in Kazakhstan - dove invece sono in corso colloqui politico militare assai più decisivi - sta portando comunque non ad una soluzione del conflitto dall’alto, ma ad una riduzione della violenza almeno in alcune aree della Siria.

D. - Eliminare lo Stato Islamico sarebbe un primo passo verso una soluzione della crisi siriana?

R. - Assolutamente no. Lo Stato Islamico è una delle componenti militari dell’insurrezione che, come sappiamo, è transnazionale - è siro-irachena -, ma le sue componenti sono siriane, e non soltanto straniere, hanno delle forti motivazioni a cambiare prospettiva di vita, a cambiare autorità sotto la quale vivere e cambiare anche status socio-economico. Per questo bisogna affrontare la questione dello Stato Islamico non soltanto come lotta al terrorismo, come a dire "sterminiamoli tutti”. Così ci troveremmo con un altro Stati Islamico tra dieci anni. Dobbiamo capire che la formazione militare e sociale dello Stato islamico è, almeno per quanto riguarda la Siria, un fenomeno di insurrezione, che va trattato come gli altri fenomeni di insurrezione. C’è un malessere nella società e bisogna coinvolgere anche queste anime che esprimono un malessere, in una maniera che forse noi non condividiamo, ma non per questo dobbiamo in qualche modo escluderli dal dialogo. Come diceva anche padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano scomparso in Siria: “La pace non si può fare con chi già la pensa come noi: la pace si fa con i nemici”.

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Messico: rapito un altro giornalista, dopo assassinio Valdez

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Ancora un rapimento in Messico. Un giornalista è stato sequestrato da uomini armati nello Stato occidentale di Michoacan, a pochi giorni dall’uccisione di un altro reporter. Un conflitto “a basso rumore” quello che gli analisti individuano nel Paese latinoamericano, che soltanto nel 2016 ha provocato 23 mila morti, secondo un’indagine dell’Istituto internazionale di studi strategici. Il servizio di Giada Aquilino

In un Paese che negli ultimi dieci anni, da quando il governo centrale ha dichiarato guerra ai narcos, ha visto salire il numero degli scomparsi in circostanze sospette a oltre 30 mila, la notizia del rapimento di Salvador Adame aggrava un quadro già critico. Proprietario di una televisione locale, il giornalista è stato sequestrato da uomini armati a Nueva Italia, città afflitta dalla violenza legata alla criminalità organizzata.

Gli omicidi e gli attacchi
Soltanto a inizio settimana, l’omicidio di uno dei più noti reporter specializzati in narcobande, Javier Valdez, ucciso a colpi di pistola da sicari a Culiacan, nello Stato di Sinaloa. Si è trattato del settimo giornalista ucciso dall’inizio dell’anno. A Città del Messico, invece, un sacerdote, padre Miguel Angel Machorro, era stato pugnalato al collo mentre officiava Messa in cattedrale. A San Fernando, nello stato di Tamaulipas, a cadere sotto i colpi di uomini armati la scorsa settimana era stata Miriam Elizabeth Rodriguez, nota esponente dei gruppi attivi nella ricerca di 'desaparecidos' in seguito al rapimento e all’uccisione della figlia.

La ricerca dell'Istituto internazionale di studi strategici
Una lista di atrocità che ha portato il Messico a superare l’Iraq e l’Afghanistan balzando al secondo posto nella triste classifica, guidata dalla Siria, dei Paesi dove sono maggiori le vittime dei conflitti.

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Brasile, i vescovi: indagini rigorose su corruzione politici

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Le denunce “richiedono un’indagine rigorosa, sempre nel rispetto delle garanzie costituzionali”. E’ quanto sottolinea la Conferenza episcopale dei vescovi del Brasile in una nota intitolata “Per l’etica nella politica” ed incentrata sulla situazione del Paese e in particolare “sulle denunce di corruzione politica accolte dal Supremo tribunale federale”. Il riferimento è alla decisione del Tribunale brasiliano, che ha sospeso ieri dal suo incarico parlamentare il senatore ed ex candidato presidenziale Aecio Neves. Poco prima la Procura generale aveva chiesto all’Alta Corte di ordinare il suo arresto, nel quadro di un’inchiesta su tangenti. A questo caso si aggiunge la cosiddetta indagine "Lava Jato", con accuse di corruzione rivolte al presidente della Repubblica, Michel Temer.

I vescovi: la comunità vigili e partecipi
Le denunce - si legge nel comunicato ripreso dal Sir - “richiedono un’indagine rigorosa, sempre nel rispetto delle garanzie costituzionali”. Tuttavia, nel caso vengano accertati atti illeciti, “gli autori dovranno essere ritenuti responsabili”. Nel comunicato si sottolinea che “vigilanza e partecipazione politica delle comunità, dei movimenti sociali e della società nel suo insieme possono contribuire notevolmente a chiarire i fatti e a difendere l’etica, la giustizia e il bene comune”.

L’etica prevalga sulla politica
Il superamento della crisi richiede, secondo la Chiesa, il primato dell’etica sulla politica, che gioca un ruolo fondamentale nella società democratica. Da qui la sollecitazione per “un nuovo modo di fare politica, sulla base dei valori di onestà e giustizia sociale”. “E necessario - scrivono i vescovi - che le soluzioni rispetto alla crisi attuale rafforzino lo Stato di diritto democratico. Chiediamo alle nostre comunità di partecipare responsabilmente e pacificamente alla vita politica, contribuendo al raggiungimento della giustizia e della pace e di pregare per il Brasile. La Madonna di Aparecida, Patrona del Brasile, ci aiuti a camminare con speranza nella costruzione di una nuova società”. (A.L.)

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Panama, vescovi: la famiglia è la base della società

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“Una cosa è normare le unioni tra persone dello stesso sesso nell’ambito dei diritti civili e patrimoniali e un’altra cosa, molto diversa, è pretendere di offrire a queste unioni un riconoscimento giuridico come il matrimonio, cosa che implicitamente sovverte l’ordine stabilito dalla natura umana e dal nostro patrimonio giuridico e legislativo”. A scriverlo, in una nota - riporta il Sir - è la Conferenza episcopale panamense (Cep), che prende posizione nel momento in cui nel Paese si è acceso il dibattito sul riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali.

La famiglia è la base della società
“La nostra Costituzione – scrivono i vescovi – stabilisce che la famiglia è la base della società. In virtù di questo, appoggiamo ogni legge che favorisca e protegga la naturalità propria della famiglia, la sua identità, la sua stabilità, il suo benessere e i diritti di tutti i suoi membri. Per questa ragione la Chiesa cattolica, come madre e maestra, è obbligata a far sentire la sua voce di fronte alla possibilità di stabilire, attraverso la legislazione, modelli contrari e che attentano alla famiglia”. Ciò non significa che non debba essere dovere dello Stato “eliminare qualsiasi forma di ingiusta discriminazione”. Ma per una tutela efficace dei diritti delle persone omosessuali “non è necessario né prudente sottomettere l’istituto del matrimonio a modifiche artificiose o a un’ingegneria sociale contraria alla natura e al dinamismo del matrimonio stesso”. Riflettono infine i vescovi: “La famiglia vive già a Panama una crisi profonda, per le cui conseguenze stiamo soffrendo. Non aggiungiamo un altro elemento per destabilizzarla”.

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Il vescovo di Assisi inaugura il Santuario della Spogliazione

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Messa solenne, oggi pomeriggio ad Assisi, per la proclamazione della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Santuario della Spogliazione. A presiedere il rito, mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo di Assisi. Per l’occasione, il 16 aprile scorso, Papa Francesco aveva inviato al presule una lettera. Sul significato di questo evento ascoltiamo lo stesso mons. Sorrentino al microfono di Sergio Centofanti: 

R. - È un evento che il Papa stesso ha voluto sottolineare con un messaggio stupendo che mi ha inviato e che rinvia alla visita che fece qui ad Assisi il 4 ottobre 2013. La spogliazione evoca il gesto che Francesco fece quando, qui in vescovado, si spogliò fino alla nudità davanti al padre, Pietro di Bernardone, e davanti al vescovo Guido per manifestare che ormai era un uomo di Cristo, tutto di Dio e tutto dei fratelli. E noi abbiamo voluto solennizzare, in qualche maniera, dare visibilità a questa icona ben nota, ma che non era mai stata abbastanza valorizzata nel panorama religioso e francescano di Assisi. Così ho voluto istituire un nuovo Santuario nell’antica cattedrale annessa al vescovado - la Chiesa di Santa Maria Maggiore - per suggerire ai pellegrini questa ulteriore tappa così importante perché la spogliazione è qualcosa che tocca da vicino il senso della nostra vita. Intanto la spogliazione è il mistero stesso di Gesù perché Lui, come Figlio di Dio, si è spogliato in qualche modo della sua gloria per farsi uno di noi fino a morire per noi. Poi, la spogliazione è quella che ci viene chiesta nel Battesimo, quando ci immergiamo in Lui, consegnandogli la nostra vita con tutte le sue miserie, le fragilità, “l’uomo vecchio”- come dice la Scrittura – per risorgere con Lui, come uomini nuovi. Qui Francesco rivisse, in qualche modo, il suo Battesimo: si spogliò di se stesso e si rivestì di Cristo. Dunque c’è un progetto di vita, un progetto battesimale di vivere in maniera piena e che ha tante conseguenze di origine personale, comunitario e sociale. Per noi, dunque, il Santuario della Spogliazione è qualcosa di molto provocatorio: ci impegna, ci coinvolge e ci suggerisce una vita nuova.

D. - Come si presenta questa Santuario?

R. - Intanto è un Santuario articolato, perché c’è l’antica chiesa di Santa Maria Maggiore, davvero molto bella, un gioiellino, molto sobria nelle sue linee e proprio con questa sobrietà si presta ad essere il Santuario della Spogliazione. C’è la sala del vescovado dove noi solitamente facciamo rivivere questo evento di Francesco; poi c’è il luogo dove con ogni probabilità l’evento stesso accadde: il piccolo chiostro che sta tra il vescovado e l’antica cattedrale di Santa Maria Maggiore. Normalmente quando si pensa a questo episodio si ritiene che questo sia avvenuto nella piazza; non sembra sia così: è avvenuto nello spiazzo interno al vescovado dove il vescovo usava accogliere le persone anche per questi momenti di carattere pubblico, giudiziario. Dunque è proprio all’interno del vescovado che l’episodio accadde ed è qui, dunque, che noi cercheremo di farlo rivivere. Devo dire che da mesi c’è un flusso di pellegrini davvero molto edificante. Abbiamo avuto una settimana di incontri, momenti di preghiera e momenti di approfondimento molto, molto partecipati. C’è veramente la benedizione di Dio su questo evento e anche su questa iniziativa.

D. – Il Papa nelle lettera a lei indirizzata ha detto che il nuovo Santuario nasce come profezia di una società più giusta e solidale

R. – Il Santuario si presenta davvero come una profezia: chiede a noi tutti qualcosa e rispecchia una situazione nel mondo che davvero non è secondo il cuore di Dio e va assolutamente cambiata. Noi cristiani dobbiamo sentirci in prima linea in questo cambiamento. Abbiamo il Vangelo che ci incalza; è davvero l’ora di un impegno nuovo, serio, profondo che ci metta come credenti anche nella condizione di stimolare un cambiamento generale dei costumi della società, perché non domini più tanta povertà e tanta miseria, perché quanti hanno tanto - sono pochi rispetto alla moltitudine dei nullatenenti - imparino come Francesco a donarsi e a donare perché ci sia più giustizia e solidarietà.

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Commento di don Sanfilippo al Vangelo della VI Domenica di Pasqua

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Nella sesta Domenica di Pasqua, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù dice ai discepoli:

“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi”. 

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo, presbitero della diocesi di Roma: 

Perché quando desideriamo vedere l’agire di Dio, Egli sembra non manifestarsi? Il Vangelo odierno ce ne svela una possibile ragione: Gesù Cristo dice di rivelarsi solo a coloro che custodiscono le sue parole mettendole in pratica, per un genuino amore nei suoi confronti. Egli si fa presente per il dono del suo Spirito, lo Spirito della Verità, fonte e autore di consolazione. Solo chi ammette l’esistenza della Verità e, desiderandola, si mette a ricercarla, sarà amato e visitato dalla Verità stessa al momento opportuno. Coloro, invece, che rifiutando l’esistenza della Verità di Cristo, credono che “tutto sia relativo”, e sia vero solo ciò che è loro gradito e congeniale, oppure, pur non negando la Verità, ne ritengono impossibile la conoscenza, rimarranno nella loro condizione: Cristo, rispettandone l’attitudine, non si farà loro conoscere, né si manifesterà, e nemmeno riceveranno consolazione negli affanni. Quali sono, allora, le parole che il Signore c’invita a custodire e ad onorare con l’obbedienza? “Mettimi al primo posto nel tuo cuore”, “Annuncia con franchezza la mia resurrezione, il mio perdono, e la vita nuova”, “Sii disposto, se necessario, a soffrire compiendo il bene, piuttosto che operare il male”, “Ricevi la capacità d’amare, nella Chiesa, mediante la Scrittura e i Sacramenti”.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 140

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.