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Sommario del 28/05/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Regina Coeli: Papa prega per i copti d'Egitto e chiede conversione dei terroristi

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“Il Signore converta i cuori dei terroristi”. Così al termine del Regina Coeli il Papa, tornando ad esprimere la sua vicinanza alla Chiesa copta ortodossa d’Egitto, insanguinata dall’attentato jihadista di due giorni fa, ricordando anche le vittime della violenza nell’Arena di Manchester di lunedì scorso. In precedenza, soffermandosi sull’odierna solennità dell’Ascensione, Francesco ha ribadito che essa ricorda la dignità e la responsabilità, che Gesù ci ha lasciato, di annunciarlo al mondo. Il servizio di Gabriella Ceraso

Il Signore converta i cuori dei terroristi e accolga i testimoni della fede
Il dolore per la strage di fedeli copti in Egitto per mano dei jihadisti accompagna anche oggi il Papa che, al termine della recita del Regina Coeli, esprime nuovamente vicinanza al patriarca dei Copti “il caro fratello Tawadros” e a tutta la Nazione egiziana, vittima di una ”feroce violenza”, chiedendo una speciale conversione:

“Le vittime, tra cui anche bambini, sono fedeli che si recavano a un santuario a pregare, e sono stati uccisi dopo che si erano rifiutati di rinnegare la loro fede cristiana. Il Signore accolga nella sua pace questi coraggiosi testimoni, questi martiri, e converta i cuori dei terroristi"

A Manchester tante vite spezzate
Francesco torna anche a chiedere la preghiera dei fedeli per le vittime dell’”orribile attentato” di lunedì scorso a Manchester durante un concerto all’Arena della città:

“Dove tante giovani vite sono state crudelmente spezzate. Sono vicino ai familiari e a quanti ne piangono la scomparsa”.

L'Ascensione ci ricorda la fiducia e la sicurezza di Gesù nella nostra testimonianza
In precedenza, soffermandosi sul significato dell’odierna solennità dell’Ascensione, a quaranta giorni dalla Pasqua, Francesco ha ripercorso il Vangelo di Matteo che racconta del commiato “definitivo del Risorto dai suoi discepoli. A loro, ancora dubbiosi, dopo essere “passati attraverso il fuoco della passione” e della “risurrezione” Gesù lascia il “compito immenso di evangelizzare il mondo” insegnando e battezzando. Dunque ha sottolineato Francesco, la Chiesa prosegue da qui la sua missione:

“Da questo momento, infatti, dal momento dell'Ascensione,la presenza di Cristo nel mondo è mediata dai suoi discepoli, da quelli che credono in Lui e lo annunciano. Questa missione durerà fino alla fine della storia e godrà ogni giorno dell’assistenza del Signore risorto, il quale assicura: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (v. 20)”

E la presenza di Cristo “porta fortezza nelle persecuzioni”, “conforto nelle tribolazioni, sostegno nelle difficoltà” di questa missione, ha assicurato Francesco, ed è l’Ascensione a ricordarcelo :

“L’Ascensione ci ricorda questa assistenza di Gesù e del suo Spirito che dà fiducia, dà sicurezza alla nostra testimonianza cristiana nel mondo. Ci svela perché esiste la Chiesa: la Chiesa esiste, esiste per annunciare il Vangelo, solo per quello! E anche, la gioia della Chiesa è annunciare il Vangelo. La Chiesa siamo tutti noi battezzati. Oggi siamo invitati a comprendere meglio che Dio ci ha dato la grande dignità e la responsabilità di annunciarlo al mondo, di renderlo accessibile all’umanità. Questa è la nostra dignità, questo è il più grande onore di ognuno di noi, battezzati tutti!

La missione evangelizzatrice non dipende da noi ma dallo Spirito Santo
Con lo sguardo al cielo, in questa festa, ha raccomandato ancora il Papa, rafforziamo i nostri passi per proseguire la nostra missione consapevoli però che essa non dipende da noi:

“Siamo però ben consapevoli che questa non dipende prima di tutto dalle nostre forze, da capacità organizzative e risorse umane. Soltanto con la luce e la forza dello Spirito Santo noi possiamo adempiere efficacemente la nostra missione di far conoscere e sperimentare sempre più agli altri l’amore e la tenerezza di Gesù”

Nei saluti conclusivi al termine del Regina Coeli, Francesco si è rivolto anche ai lavoratori di Mediaset Roma, con l’auspicio che la loro “situazione lavorativa possa risolversi, avendo come finalità il vero bene dell’azienda”, non “limitandosi al mero profitto ma rispettando i diritti” a partire dal diritto al lavoro.

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Messa di Francesco a Genova: il cristiano è un missionario mite e creativo

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Una folla di migliaia di persone ha accolto Papa Francesco a piazzale Kennedy sulla papamobile letteralmente avvolto dagli applausi dall’affetto dei genovesi. L’impressione è che quasi l’intera città e non solo si sia riversata nell’area della Fiera del Mare, dove sono state necessarie 28 torri di amplificazione e diversi maxischermi per garantire a tutti di pregare con il Papa che ha presieduto la Santa Messa.

Preghiera e missionarietà
E la preghiera e lo slancio missionario sono stati i cardini della sua omelia. Gesù ha unito per ogni uomo la “terra al cielo” - ha detto - sottolineando che “quando Gesù è asceso al Padre la nostra carne umana ha varcato la soglia del cielo” e che “Dio non si staccherà mai dall’uomo”. La prima parola chiave che il Papa ha usato è stata intercessione: “Gesù presso il Padre intercede ogni giorno, ogni momento per noi. In ogni preghiera, in ogni nostra richiesta di perdono”.

Il mondo ha bisogno della preghiera
La preghiera è dunque la via per affidare una “persona”, “una situazione” importante a Dio. “Il mondo, noi stessi ne abbiamo bisogno” - ha proseguito - evidenziando la frenesia della vita quotidiana che ci fa rischiare di arrivare “a sera stanchi e con l’anima appesantita". “Vivendo sempre tra tante corse e cose da fare - ha proseguito -, ci possiamo smarrire, rinchiudere in noi stessi e diventare inquieti per un nulla".

Gettare l’ancora in Dio
La soluzione per Francesco è “gettare l’ancora in Dio” dando “a Lui i pesi, le persone e le situazioni”, affidandogli tutto. “È questa la forza della preghiera - ha ripreso - che collega cielo e terra, che permette a Dio di entrare nel nostro tempo”.

La preghiera ferma la guerra
“La preghiera cristiana non è un modo per stare un po’ più in pace con sé stessi o trovare qualche armonia interiore”, ma se la preghiera è intercessione - ha aggiunto - in essa c’è tutto un dinamismo che configura la “carità”. Una carità che non prevarica e non grida “secondo la logica di questo mondo”, ma esercita “la forza mite della preghiera” con la quale “si possono anche fermare le guerre e ottenere la pace”. Quindi “come Gesù intercede sempre per noi presso il Padre così noi suoi discepoli non stanchiamoci mai di pregare per avvicinare la terra al cielo”.

L’amore di Dio è dinamico
L’annuncio e quindi la missione in nome di Cristo, è stata la seconda parola chiave e sfida proposta dal Papa. Il “Vangelo - ha detto - non può essere rinchiuso e sigillato, perché l’amore di Dio è dinamico e vuole raggiungere tutti”. “Per annunciare, allora, occorre andare, uscire da sé stessi. Con il Signore non si può stare quieti, accomodati nel proprio mondo”.

Il cristiano non è fermo
“Il Signore rilancia sempre - ha chiarito - ci vuole in uscita, liberi dalla tentazione di accontentarci quando stiamo bene e abbiamo tutto sotto controllo”. “Il cristiano non è fermo, ma in cammino: col Signore verso gli altri”.

Mettersi in gioco con coraggio
Il cristiano - ha detto - è un “pellegrino, un missionario, un maratoneta speranzoso”, mite, “ma deciso nel camminare; fiducioso e al tempo stesso attivo; creativo ma sempre rispettoso; intraprendente e aperto; laborioso e solidale”. Ha parlato di “urgenza della missione”, per portare un annuncio di gioia con la forza limpida e mite della testimonianza in Cristo, lasciando stare le “chiacchiere” e le “finte discussioni di chi ascolta solo sé stesso”. Il Papa ha dunque esortato a lavorare “concretamente per il bene comune e la pace”. “Mettiamoci in gioco con coraggio - ha concluso - convinti che c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

Il nostro inviato Massimiliano Menichetti

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Il Papa all'ospedale Gaslini: chi serve i malati con amore, serve Gesù

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Penultima immancabile tappa in questa visita del Papa nella città di Genova è l’Ospedale pediatrico Giannina Gaslini. “Chi serve i malati con amore serve Gesù” ha affermato Francesco, salutando il personale sanitario, i medici, e i pazienti radunati sul piazzale della struttura, che guarda il mare. Visitando la terapia intensiva, il Pontefice ha portato la sua carezza ai piccoli degenti, "piccoli che portano la croce", ha scritto, firmando il Libro d'Onore dell'ospedale. Il servizio di Cecilia Seppia

Come aveva promesso, parlando dai microfoni dell’emittente “Radio fra le note”, lo scorso mercoledì, Francesco porta la carezza di Gesù ai piccoli dell’Ospedale pediatrico Gaslini di Genova, che da 80 anni si dedica con passione e competenza all’assistenza dell’infanzia. Una tappa – dice il Papa – salutando medici, personale e famiglie dei pazienti, radunatisi sul piazzale che di certo non poteva mancare, perché la sofferenza dei piccoli è la più dura da accettare e in assenza di risposte alla domanda sul “perché soffrono i bambini?”, il Pontefice antepone, di nuovo, il messaggio della Croce, il fermarsi a guardare, ma soprattutto a toccare la sofferenza della carne.

"Il Signore mi chiama a stare, anche se brevemente, vicino a questi bambini e ragazzi e ai loro familiari. Tante volte mi faccio e mi rifaccio la domanda: perché soffrono i bambini? E non trovo spiegazione. Solo guardo il Crocifisso e mi fermo lì".

ecco perché del personale di questa struttura il Papa loda la professionalità, la dedizione nelle cure specialistiche rivolte ai piccoli pazienti, ma non solo:

“Loro infatti hanno bisogno anche dei vostri gesti di amicizia, della vostra comprensione, del vostro affetto e sostegno paterno e materno”.

Francesco rievoca la storia del nosocomio, nato come atto d’amore del Senatore Gaslini, che per onorare la figlia Giannina, morta in tenera età, decide di spogliarsi di tutti i suoi beni, e dar vita a questa struttura conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, stabilendo però nell’atto di fondazione che sempre fosse animata e ispirata dalla fede cattolica:

“Noi sappiamo che la fede opera soprattutto attraverso la carità e senza di questa è morta. Perciò incoraggio tutti voi a svolgere la vostra delicata opera spinti dalla carità, pensando spesso al 'buon samaritano' del Vangelo: attenti alle necessità dei vostri piccoli pazienti, chinandovi con tenerezza sulle loro fragilità, e vedendo in loro il Signore. Chi serve i malati con amore serve Gesù che ci apre il Regno dei cieli”.

Da qui l’invito che il Gaslini possa continuare ad essere simbolo di generosità e solidarietà e proseguire, restando fedele alla sua missione, l’opera di cura e di ricerca mediante anche l’apporto e il contributo generoso e disinteressato di tutte le categorie e a tutti i livelli.

Prima del saluto pubblico, la visita privata, fuori dall'occhio delle telecamere nel reparto di rianimazione e  terapia intensiva, cuore dell'ospedale. Il Papa si fa padre e madre in questo santuario di sofferenza e tenerezza andando subito a pregare per i piccoli pazienti, ricoverati nel reparto 16, che lottano tra la vita e la morte. Nel corridoio però oltre cento bimbi coi loro genitori hanno lasciato i letti per incontrare Francesco. Nessuno resta senza i suoi abbracci, senza i sorrisi. E qui, tra le mura di questo luogo, che ammutolisce la mente, è il suo sguardo di amore e speranza a trionfare sulle parole.

Al termine della visita, un pensiero scritto a mano sul Libro d’onore. “A tutti coloro che lavorano in questo Ospedale, dove il dolore trova tenerezza, amore e guarigione, ringrazio di cuore il loro lavoro, la  loro umanità, le loro carezze a tanti bambini che, da piccoli, portano  la croce. Con ammirazione e gratitudine. E, per favore, non dimenticateVi di pregare per me”.

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Genova. Card. Bagnasco: il Papa ha ridato ali a questa città

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“Grazie al Santo Padre che ha ridato ali a questa città”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, il giorno dopo l’intensissima visita del Papa. “Non solamente ha scelto di venire a Genova – e questo per noi è stato ed è motivo di grande gioia, onore e gratitudine – ma anche perché il tour-de-force che gli abbiamo fatto fare lui e che lui ha seguito con grande gioia ed entusiasmo”. “Noi tutti speravamo che la visita, la presenza del Papa fosse per Genova, città e Chiesa, un colpo d’ala, e abbiamo avuto tutti l’impressione che ci sia stato, e che continuerà - non soltanto la cosa di un momento - ma continuerà un movimento, ci sarà un’accelerazione per la vita, il cammino, l’impegno della città e della nostra diocesi.

In tutto il viaggio c’è stato un dialogo costante tra lei e il Papa, il Papa e le persone che ha incontrato. Iniziando dall’Ilva, lei ha detto che era un incontro simbolico…

 “Si è voluto intensamente che questo incontro fosse proprio il primo, perché avesse un impatto anche simbolico particolare, che ha avuto. E il Papa lo ha condiviso perché sappiamo la sua attenzione verso il mondo della disoccupazione, verso i giovani, i meno giovani che perdono il lavoro o che non lo trovano”.

Ilva un nodo particolarmente grave
“In particolare, la presenza all’Ilva è stata simbolica, voluta, proprio perché rappresenta un po’ un nodo particolarmente grave; i lavoratori hanno risposto con molto entusiasmo, con molta gioia, con molto consenso e partecipazione hanno risposto al Papa. Tant’è vero che anche molte autorità presenti, non soltanto amministrative ma industriali, imprenditoriali sono rimaste colpite e certamente stimolate a fare dei passi decisivi in più”.

Genova è stata spogliata del tessuto industriale
“Genova ha voluto anche per questo motivo questo incontro, perché Genova è stata nei decenni – da tanti, tanti anni – a mio parere spogliata progressivamente del tessuto industriale lavorativo che l’ha sempre caratterizzata. Non so perché, e non è questo il momento per fare delle analisi, ma è un dato di fatto che è sotto gli occhi di tutti. Il porto, che è l’anima di Genova, evidentemente, la sua vocazione naturale, ha stagnato per tanto tempo: se andiamo indietro negli anni, nei decenni, per vicende note a Genova sia per quanto riguarda la città, ma anche per quanto riguarda i cambiamenti delle regioni e del Paese e anche dell’Europa”.

Il Porto del Sud verso il Nord dell’Europa
“Però, è indubitabile che il porto di Genova sia il porto non solo d’Italia, ma soprattutto del Sud verso il Nord dell’Europa e quindi questa vocazione non è qualcosa che si rivendica in modo astratto, ma che è scritta nel Dna della città, per il bene non solo della città, ma del Paese e dell’Europa stessa. Ci sono dei segnali positivi di ripresa, anche con il terzo valico che ormai finalmente – finalmente! – è un’opera che si concluderà e che sarà lo sbocco del mare di Genova verso il Nord Europa. La Svizzera, il Gottardo e innanzitutto il Piemonte e la Lombardia".

Cessi lo spacchettamento delle nostre industrie
“Quindi, dei segnali ci sono – non soltanto questi – però io spero proprio che cessi questo spacchettamento delle nostre industrie: dico “nostre” non in senso chiuso, campanilistico, delle industrie genovesi, anche perché dietro alla chiusura o all’indebolimento di ogni industria, sia a livello di management, di direzione, oppure a livello manualistico… c’è tutto lo scioglimento e la perdita di un “know-how” tecnologico-professionale che non si ricostruisce facilmente. Assolutamente. Quindi è estremamente miope: non si tratta soltanto di – come si dice oggi – razionalizzare meglio le forze, le energie, le risorse; si tratterà di farlo, ma bisogna stare attenti a non impoverire per sempre le capacità professionali, tecnologiche, manualistiche che non si ricostruiscono”.

I Cattedrale il Papa ha parlato alla Chiesa ligure di “uscire”, “andare verso”. La Chiesa genovese è molto attenta alla missionarietà …
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Sì, anche questo essere “Chiesa verso”, possiamo dire che sia un po’ inscritto nella configurazione di apertura del mare verso nuovi orizzonti, che richiede un coraggio – che il Papa, appunto, ha ricordato – il coraggio di andare al largo. Quindi, diciamo che la configurazione genovese è un continuo richiamo a quello che il Papa ha tradotto in termini di parola e di incoraggiamento, di stimolo”.

Genova preferisce fare piuttosto che parlare
“Ho detto – come ho detto anche al Santo Padre, di fronte a tutti – il carattere, il Dna, l’indole genovese non ama molto i proclami; a volte possiamo apparire un po’ rudi, un po’ orsi, un po’ freddi. In realtà, siamo capaci di grandi slanci e di grande entusiasmo e questo si è visto attorno al Santo Padre e non solo. Però, ripeto, si preferisce fare piuttosto che parlare. Anzi, tutte le volte che nella storia di Genova – anche piuttosto recente – si è incominciato a parlare troppo e a fare di meno, le cose non sono mai andate bene”.

L’operatività del clero di Genova vicino alla gente
”Se posso dire una caratteristica del nostro clero, della nostra gente, è quella di radicarsi molto tra la gente delle proprie comunità parrocchiali. Questo cercare – con tutti i nostri limiti, evidentemente: di noi sacerdoti, religiosi, religiose – questo volerci radicare molto nella vita quotidiana, nella pastorale ordinaria, a mio parere – a parere della Chiesa – è certamente un grandissimo valore e riflette anche quello che il Papa ha sempre detto: “State vicino alla gente”, e questo richiede “starci”, non svolazzare, certamente”.

Il pericolo della staticità
"Il radicamento sul territorio però “può includere anche il pericolo, il rischio di una staticità. Per cui da una parte si diventa, veramente la comunità cristiana diventa un riferimento: il parroco che sta lì, e certamente lo trovano, la gente lo sa ed è un riferimento importantissimo. Per tutti. Per tutti, a prescindere dalla fede. Però, questo rischio c’è. E allora, in questo senso, dobbiamo certamente stare attenti perché – come si dice a Genova – abbiamo sempre fatto così, ma che includa un valore e non diventi però un vincolo”.

Un incontro commovente per l’entusiasmo quello al Santuario della Madonna della Guardia con i giovani che hanno dialogato con il Papa. Che cosa l’ha colpita?
“Il cuore dei ragazzi che intuiscono quando qualcuno vuole loro bene, le parole poi arrivano al cuore. Intuiscono quando si parla di loro, di ciò che conta nel loro cuore, nella loro vita. E quando questa scintilla scocca, allora il mondo giovanile c’è, è presente ed esprime non solamente entusiasmo, calore, manifestazione, ma esprime attenzione, voglia di comprendere e di seguire una indicazione, una pista”.

Un rapporto che ha scintille
“Anche io ho sentito e sento questo rapporto che ha delle scintille, molte volte, in questi anni, l’ho sentito. Ne sono contento. Anche per la strada, quando giro, i ragazzi che mi fermano, magari perché li ho cresimati - ora hanno 20 anni - questa è una delle gioie più grandi per un vescovo. E certamente, verso il Santo Padre questa scintilla è evidente che si accende ogni volta che si fa presente”.

Non vivere come turisti
“Per quanto riguarda i contenuti direttamente credo che rimarrà tra le altre cose, la bella immagine di non vivere come turisti perché quelli non si fermano a guardare: solo fanno delle foto, ma non guardano e quindi non affrontano, non entrano nella realtà di una città d’arte, di un panorama, ma soltanto corrono sulla superficie. E’ un’immagine classica e direi che rende bene lo stile del consumismo. Genova spero che non diventi mai una città “turistica”: una città di turismo, sì, e questo lo sta diventando sempre di più; ma “turistica” nel senso di diventare incapace di guardare il Mistero, di meravigliarsi di fronte al mistero della vita, delle persone, della storia, questo spero proprio di no”.

Sempre al Santuario della Madonna della Guardia, il pranzo riservato del Papa con i poveri, i rifugiati, i detenuti … un’istantanea, se può regalarcela, di questo incontro che è stato descritto come “gioviale” …
“Certamente gioviale, sicuramente. Ho visto la gioia e l’interesse con cui il Papa ha parlato e poi me lo ha confermato. La stretta di mano a tutti, un sorriso a tutti, uno sguardo per tutti, uno per uno, erano 130, quindi … Poi i rapporti con i vicini, a tavola, mentre si condivide un piatto di qualcosa, evidentemente lì non solo si conoscono delle storie, ma si impara sempre qualcosa”.

Un incontro particolarmente toccante è stato quello al “Gaslini”. Questo ospedale è a lei è molto caro…
“L’ospedale Gaslini è particolarmente caro all’arcivescovo di Genova non solo per una tradizione – come si fa a non essere legati ai bambini, soprattutto sofferenti, e alle loro famiglie? – ma anche perché l’intuizione geniale del senatore Gaslini, il fondatore, che ha voluto che fosse l’arcivescovo della città a garantire una ispirazione cattolica. E quindi c’è anche questo legame particolarissimo".

La speranza che illumina il Gaslini
“Il Papa ha apprezzato la grandissima professionalità e l’umanità dei medici che ha incontrato e ha visitato alcuni reparti particolarmente delicati, dove ci sarebbe da piangere tutto il giorno per le situazioni [che vi si trovano]; però, nessuna situazione è vissuta – né dai medici né dalle infermiere, né dal personale in generale – con disperazione, ma con molta partecipazione e speranza, mettendo in atto una professionalità altissima”.

I genitori eroi, la vera Italia
“Anche di fronte ai casi più difficili, alle situazioni più difficili, presenti i genitori – che sono eroici, i genitori! – i professionisti erano sempre speranzosi. Sì, sì: oserei dire “ottimisti. Questo è un clima che si respira e che accompagna le terapie, gli interventi come un clima che fa già di per sé bene. Una realtà particolarissima – e il Papa ha visto anche questo – sono, ripeto, i genitori. Perché i bambini comprendono, non comprendono, dipende … Ma vedere i genitori, la cura, la dedizione, il sacrificio, spesso venendo da fuori, da lontano, il lavoro che si perde o comunque sospeso, e via dicendo, è qualcosa di eroico. Questa è la vera Italia".

La Messa nell’area della Fiera: l’impressione era che tutta Genova – e non solo – fosse confluita in questo grande incontro di preghiera con il Papa in Cristo …
“La Messa certamente è stato l’evento centrale, perché sappiamo cos’è, la Messa: è Cristo che si fa presente nel suo sacrificio, nel dono di se stesso, è la sorgente della Chiesa; e nello stesso tempo, quello è stato l’incontro del Papa con Genova”: perché tutti gli altri incontri erano di settore. Quindi, era il momento, quello, dove si sarebbe espresso visibilmente il cuore della città rispetto alla Chiesa e al Papa. Era il momento decisivo, era la manifestazione della realtà di “Genova verso””.

Un evento di grazia per il popolo di Dio
“E questo è accaduto, non come un momento – questo l’abbiamo detto sempre –, ma come una grazia. Non doveva essere, non voleva essere una manifestazione di cronaca importantissima, grande, da annali, ma un evento di grazia per il popolo di Dio che vive in questa diocesi, verso il Successore di Pietro e quindi verso la Chiesa universale. Questo abbraccio c’è stato, è stato commovente – io stesso sono rimasto sorpreso per l’affluenza, doppiamente commovente, commosso perché io non so se esista una situazione logistica come questa”.

Due vie e 100 mila persone
“Non avendo delle piazze per contenere 100 mila persone e oltre, bisogna impiegare le strade: qui c’erano due strade che confluivano sul palco della Santa Messa del Papa. Quindi anche logisticamente era una cosa insolita … e quindi doppiamente commovente, in questo senso”. L’intensità della preghiera, del canto, dell’attenzione alle parole del Papa, delle comunioni che nonostante il numero elevatissimo sono state fatte con grande ordine, con grande puntualità grazie a un’organizzazione capillarissima, tutto questo ha dato veramente quelle ali alla Chiesa di Genova di cui saremo sempre grati al Santo Padre”.

L’operosa macchina organizzativa e i volontari
“Grazie a tutte le autorità, che sono state di una disponibilità costante, non verbale, estremamente fattiva, operosa, perché la macchina organizzativa solo dal punto di vista della sicurezza è stata una cosa enorme. Tutti hanno partecipato con gioia, non solo per dovere: con molta gioia. Grazie anche allo stuolo dei volontari, di tutti i tipi, guidati dal Comitato di una cinquantina di persone, dove il mio vicario generale, mons. Doldi, è stato il grande artefice, il grande regista da mesi, mesi e mesi, a cui tutto confluiva, supportato naturalmente da questa grande macchina organizzativa. Ma le macchine bisogna saperle guidare: c’è riuscito!"

Che cosa ha significato questo evento, questo incontro, per lei?
“Per me, un grande atto di onore che il Papa ha voluto darmi, di attenzione e oso dire di più - perché anche l’ha detto lui in altri contesti pubblici - di affetto e di amicizia”.

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Giornata Comunicazione. Delia Gallagher: stare sui social senza paura

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“Esorto tutti ad una comunicazione costruttiva che rifiuti i pregiudizi verso l’altro e trasmetta speranza e fiducia nel nostro tempo”: così il Papa in un tweet nell’odierna 51.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali. Anche al termine del Regina Coeli, Francesco ha ribadito il cuore del messaggio pubblicato per l’occasione, il 24 gennaio scorso, in cui chiedeva sostanzialmente ai giornalisti - e non solo - di dare spazio alla logica della buona notizia in un mondo di comunicazioni capillari. Un’esortazione su cui si sofferma la vaticanista della Cnn, Delia Gallagher, intervistata da Alessandro Gisotti

R. – La buona notizia che intende il Santo Padre – credo – non è la notizia della signora che ritrova il gatto sull’albero. E’ invece di porre i temi importanti su altre angolature. Per esempio, mi è capitato di leggere un bell’articolo nel Financial Times, dopo che abbiamo letto questo messaggio del Papa e ho detto: “Ecco un esempio”. Era un articolo sugli immigrati dalla Siria in Francia che erano orgogliosi di essere francesi, che contribuivano nel settore delle aziende … un piccolo articolo che aveva come scopo di far vedere un’altra realtà dell’immigrato. Questo, per esempio, penso che possa essere un esempio di quello che intende il Santo Padre nel “dare buone notizie”, cioè trovare altri aspetti di un argomento che normalmente viene visto come una notizia negativa, e porlo in un’altra maniera.

D. – Per il Papa, bisogna sapere “leggere la realtà con gli occhiali giusti” – scrive sempre in questo messaggio. Questo, se vogliamo, è un richiamo anche a mantenere libera l’informazione … perché, a volte, lo sappiamo, le lenti di questi occhiali sono appannati da interessi economici, politici, ideologici …

R. – Sì: questo tutto è il lavoro di un giornalista, perché le lenti chiare dobbiamo averle noi. Prendiamo un esempio recente: la visita del presidente Trump. E’ stato interessante vedere, il giorno dopo, come tutti hanno presentato questo incontro tra il Papa e il presidente americano. Tramite quali lenti si è visto? E’ stato un incontro positivo o è stato un incontro negativo? E lì vediamo, di nuovo, tutta l’influenza dei social media, perché un vaticanista che segue il Papa, che conosce una situazione, è lì che il suo lavoro diventa importante perché deve dare il contesto. Questo è il lavoro del giornalista: cercare di spiegare la verità. Ci dev’essere la verità, la ricerca della verità che spesso non è facile raggiungere né raccontare.

D. – Da un po’ di tempo si parla sempre più spesso di fake news e anche di questa formula post-verità. Il Papa richiama spesso la responsabilità dei giornalisti. Cosa si può fare, però, per affrontare questa nuova situazione inedita, soprattutto per l’irrompere dei social media?

R. – Sì … ci penso spesso. Intanto, dobbiamo esserci sui Social: si aggiunge tutto un altro lavoro per vedere che cosa si dice e si fa su Facebook e su Twitter e credo che sia necessario esserci. Molti ancora non ci sono! La Santa Sede è esemplare in questo perché è presente: è presente su questi social media perché si è capito che questo è il futuro, anche perché va verso i giovani. E poi credo che si torni a questo messaggio, perché il motto – per così dire – di questo messaggio è “Non avere paura, perché io sono con te” (Isaia 43,5). Il servizio alla verità dev’essere l’obiettivo primario!

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Oggi in Primo Piano



Luci e ombre sul G7. Scaglione: poche le decisioni importanti

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All’indomani della chiusura del G7 di Taormina si tracciano i primi bilanci di un vertice che si è concluso con qualche compromesso e piccoli passi avanti. Sul tavolo, di concreto, c’è l’accordo sulla lotta globale al terrorismo, mentre sul capitolo clima, il presidente degli Stati, Uniti Donald Trump, ha voluto prendere altro tempo. Una due giorni animata anche da manifestazioni di piazza e che, nella sua genesi, si profilava complessa, come ha spiegato al microfono di Paola Simonetti, Fulvio Scaglione, esperto di questioni internazionali di Famiglia Cristiana: 

R. – Io penso che questo G7 fosse destinato fin dalla sua partenza a essere un G7 di compromesso, perché c’erano dei protagonisti molto importanti, molto nuovi come Donald Trump, nuovissimi come Emmanuel Macron, dei protagonisti con preoccupazioni diverse, tipo la May che sta per affrontare un’elezione difficile, o la Merkel che la affronterà tra non moltissimo, un’altra elezione difficile. Quindi, in queste condizioni era chiaro che i protagonisti non avrebbero potuto prendere posizioni “di punta”, estremamente decise. E’ un G7 largamente interlocutorio, pieno di compromessi; in fondo, è un G7 che ha deciso molto poco.

D. – Sul capitolo “clima”, che cosa è ipotizzabile accadrà, invece, sul fronte Stati Uniti? E’ solo un prendere tempo, quello di Trump, o vuole davvero pensare, riflettere …

R. – E’ difficile da dire, perché Trump ha adottato una linea politica che è piena di zig-zag, di avanti-indietro … Io credo che sia un po’ difficile che su questo tema, che Trump fin dall’inizio ha indicato come “cruciale” per la ripresa economica degli Stati Uniti, faccia una totale marcia indietro. Mi aspetto, magari, qualche aggiustamento “cosmetico” 

D. – Lo pensi anche sul capitolo migranti?

R. – Bè, sul capitolo migranti, invece, il comunicato finale dello stesso G7 che riflette eminentemente le impostazioni americane, dice che gli Stati hanno il diritto di proteggere i confini, di chiuderli, se è il caso, e quindi da questo punto di vista, la linea è quella; d’altra parte, anche qua, non diamo tutta la croce addosso a Trump, per gli Stati Uniti, perché l’Europa è il continente che ha innalzato muri in ogni cantone e che ha promosso, approvato leggi come quella ungherese, per cui i richiedenti asilo finiscono in galera.

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Corea del Nord: via libera a nuovo sistema di difesa

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I Paesi del G7 sono "pronti a rafforzare le misure necessarie" per costringere la Corea del Nord a rinunciare al programma nucleare e a quello di sviluppo dei missili balistici. Come mostra la dichiarazione del documento finale del vertice la tensione continua a salire. I media di Pyongyang riportano che il leader Kim Jong-un, ha "supervisionato" e dato il via libera alla realizzazione "in massa" di un nuovo sistema di difesa, destinato a colpire velivoli "da qualunque direzione". Questo mentre gli Stati Uniti dal canto loro hanno posizionato una terza portaerei nel Pacifico occidentale come deterrente. (P.S.)

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Brasile: nuove vittime fra i "senza terra". La Chiesa chiede giustizia

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Non si ferma il massacro dei contadini senza terra brasiliani: altri 10 civili sono stati uccisi negli scontri con la polizia nel nord del Paese. I contadini locali chiedono campi da coltivare per sopravvivere, una posizione osteggiata dai proprietari terrieri. Solo nel 2016 almeno 61 le vittime nelle dispute per la terra. La Chiesa locale chiede giustizia, condannando questi massacri. I particolari da Paola Simonetti

I grandi allevamenti di bestiame e le piantagioni intensive hanno sottratto in modo drammatico la terra da coltivare ai piccoli contadini del Brasile che chiedono, da più di un decennio, campi da cui trarre sostentamento. I continui scontri con i proprietari terrieri, che gestiscono ingenti interessi nel settore, hanno provocato nei giorni scorsi altre 10 vittime civili, a nord del Paese, che portano già a 36 il bilancio di quest’anno e che si aggiungono ai 60 morti del solo 2016. A provocare la nuova strage è stata la polizia, intervenuta per arrestare i sospetti dell’omicidio di un uomo incaricato di garantire la sicurezza di un’azienda agricola. La protesta dei “senza terra” presenti è sfociata in un nuovo massacro. Indignata la Chiesa locale: la Commissione Pastorale della Terra ha emesso una nota di lutto firmata da mons. Vital Corbellini, in cui si condanna l’accaduto e si chiede l’identificazione dei responsabili della tragedia. Stando alle denunce della Chiesa locale, questi eventi sono ormai elemento costante della società brasiliana: omicidi che spesso, si sottolinea, restano impuniti e che mostrano come la democrazia e la difesa del diritti sociali siano di fatto disattesi, a scapito dei più deboli.

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Sri Lanka: aumentano i morti per l'ondata di maltempo

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Si aggrava il bilancio delle vittime dell’ondata di maltempo che ha colpito con piogge torrenziali, 14 distretti dello Sri Lanka. Si contano ad oggi 120 i morti morti e 97i dispersi. Inoltre, gli effetti particolarmente avversi del monsone sud-occidentale, hanno costretto almeno 500mila persone ad abbandonare le loro abitazioni. Si tratta del piu' grave disastro meteorologico avvenuto in Sri Lanka dal 2003.(P.S.)

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Giornata del Sollievo: Italia all’avanguardia nelle cure palliative

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Ricorre questa domenica la Giornata nazionale del Sollievo, promossa dal Ministero della Salute e dalla Conferenza delle Regioni allo scopo di diffondere, attraverso un'idonea informazione e iniziative di sensibilizzazione e solidarietà, la cultura del sollievo dalla sofferenza fisica e morale. "Dietro la terapia del dolore c'è un'azione di civiltà, un accompagnamento dolce, estremamente importante per le famiglie", ha commentato il ministro Beatrice Lorenzin intervenendo alla presentazione dell’appuntamento arrivato alla XVI edizione. Ma qual è la situazione della ricerca in Italia in questo settore della medicina? Marco Guerra lo ha chiesto a Giuseppe Tonini, responsabile dell’Unità operativa complessa di oncologia del Policlinico universitario Campus biomedico di Roma: 

R. – Ma … io credo che stiamo facendo notevoli passi in avanti; devo dire che le strutture oncologiche italiane che sono state accreditate dalla Società Europea di Oncologia, l’Esmo, sono tantissime e sicuramene questo è un fatto importante, perché significa organizzare le strutture italiane in maniera migliore e adeguata. In Italia abbiamo avuto recentemente la “consensus conference” sulle terapie simultanee. Che significa? Che mentre facciamo cure attive, quindi terapie antitumorali, possiamo anche occuparci dell’aspetto palliativo. Si è visto che iniziare precocemente le cure palliative ha un impatto sulla sopravvivenza dei pazienti – ci sono degli studi – e migliora la qualità di vita. Devo dire che in Italia stiamo seguendo moltissimo questa nuova via delle terapie simultanee …

D. – In una società che invecchia e in cui, un numero sempre maggiore di persone con malattie croniche, necessitano di tali cure, come si può diffondere a livello sanitario, anche tra la popolazione, la cultura delle cure palliative?

R. – Io credo che questa iniziativa sia importante e possa aiutare moltissimo a tutti i livelli. Nella struttura oncologica universitaria in cui lavoro, ci fermiamo ormai molto sull’aspetto più importante, che è la formazione dei giovani già durante il corso di laurea in medicina, ma anche nei corsi di laurea di scienze infermieristiche, nelle scuole di specializzazione, nei master che stiamo facendo. Oggi anche il Ministero della Sanità e anche il Miur stanno portando avanti questa conferenza permanente sulle cure palliative e la terapia del dolore: anche questo consentirà di fare un ulteriore passo in avanti. Sicuramente bisogna fare cultura, bisogna far capire che il dolore, soprattutto neoplastico ma anche per le malattie croniche, deve essere eliminato: questo è un imperativo categorico che noi dobbiamo realizzare.

D. – Dietro alla terapia del dolore c’è un’azione di civiltà, ha detto il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Ma oggi, tutte le strutture sanitarie sono in grado di fornire questo supporto?

R. – Questo non avviene sempre: se noi facciamo una fotografia italiana, vediamo che gli hospice e le assistenze domiciliari non sono presenti in tutto il territorio nazionale. Questo è l’obiettivo che abbiamo: pensare anche a hospice per i bambini. Il dolore in un bambino che è affetto da tumore non è una cosa giusta. Devo dire che sta crescendo la cultura delle cure palliative, sta migliorando la situazione italiana: siamo, insieme alla Germania, il Paese che ha questi accreditamenti della Società europea di oncologia.

D. – La lotta al dolore prevede solo un intervento farmacologico, è c’è bisogno di un’alleanza tra medico, paziente e familiari che curi anche l’aspetto psichico del malato?

R. – Io credo che i farmaci siano importanti; è chiaro che bisogna trattare in maniera adeguata il dolore. Però, credo che sia importante anche avere un’alleanza con il paziente, con la famiglia e con tutte le strutture che possono aiutare. E’ chiaro che anche gli psicologi e anche le associazioni di volontariato … oggi c’è un grande aiuto di “cross-talk” tra tutte queste entità, proprio per combattere questa malattia. Bisogna lavorare per non lasciare mai soli i pazienti e i familiari, di fronte alla malattia.

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Sisma, un libro per far rivivere un borgo delle Marche

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Domani pomeriggio a Roma, nel Salone dei Piceni del Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro, verrà presentato il libro intitolato “Le faglie della memoria”. Si tratta di un volume autoprodotto dalla comunità del borgo marchigiano di San Martino di Fiastra, che racconta la storia delle zone terremotate per finanziare un piccolo progetto di ricostruzione. Giorgio Saracino ne ha palato con Agata Turchetti, curatrice del libro: 

R. – L’idea del libro ha una data di nascita ben precisa - il 1° dicembre 2016 - al termine di una  conferenza tenuta a Civitanova Marche da un docente dell’università di Camerino. A quella conferenza, dedicata alla presentazione scientifica degli eventi sismici dell’estate e dell’autunno 2016, hanno partecipato tante persone della città e inoltre hanno partecipato i cosiddetti sfollati. Al termine di quella conferenza è seguito un dibattito in cui i presenti non si sono concentrati sulla dimensione scientifica del problema bensì maggiormente su quella affettiva, emotiva. Gli interventi hanno raccontato il dolore della perdita, dello strappo dalla propria casa, dai propri luoghi, dai propri affetti e anche se fortunatamente in questo territorio non ci sono stati morti, però tante vite sono state devastate.

D. - Cosa si racconta nel libro?

R. – Nel libro si raccontano tante cose, perché al termine di quell’incontro io ho proposto di provare a raccontare il nostro dolore. Quindi inizialmente il libro ha avuto questo scopo di affidare alle parole una sorta di compito terapeutico, di aiutarci a lenire il dolore raccontandolo. E’ nato in questo modo. Ma poi è diventato anche altro. E’ quello che io chiamo un cerino acceso per testimoniare la volontà di quei luoghi e di quelle persone.

D. – Le Faglie della memoria è quindi un libro di speranza: qual è il messaggio che volete far arrivare?

R. – Il messaggio che vogliamo far arrivare è questo: sollecitare la partecipazione più ampia possibile, dobbiamo essere in tanti, perché poi San Martino non pensa solo a sé, ma pensa ai tanti San Martino che sono disseminati nel cratere, in un territorio così vasto e che reclamano il diritto alla vita. Questo vogliamo: tante istituzioni, tante persone, tanti soggetti non istituzionali possono contribuire alla rinascita di quei luoghi, davvero non come prima perché nulla sarà più come prima, ma migliori di prima. Questo è il messaggio delle Faglie della memoria.

D.  – Qual è la situazione attuale del borgo marchigiano e del territorio circostante?

R. - La situazione è di stasi, non è cambiato nulla; le pietre invadono ancora l’unica via del paese, le stesse che erano lì dopo il 26 ottobre e dopo il 30 ottobre.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 148

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.