Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 30/05/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: sa congedarsi il pastore che non si crede il centro della storia

◊  

Il vero pastore sa congedarsi bene dalla sua Chiesa, perché sa di non essere il centro della storia, ma un uomo libero, che ha servito senza compromessi e senza appropriarsi del gregge: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti

Un pastore deve essere pronto a congedarsi bene, non a metà
Al centro dell’omelia è la prima Lettura tratta dagli atti degli Apostoli, che si può intitolare - sottolinea Francesco - “Il congedo di un vescovo”. Paolo si congeda dalla Chiesa di Efeso, che lui aveva fondato. “Adesso deve andarsene”:

“Tutti i pastori dobbiamo congedarci. Arriva un momento dove il Signore ci dice: vai da un’altra parte, vai di là, va di qua, vieni da me. E uno dei passi che deve fare un pastore è anche prepararsi per congedarsi bene, non congedarsi a metà. Il pastore che non impara a congedarsi è perché ha qualche legame non buono col gregge, un legame che non è purificato per la Croce di Gesù”.

Pastori senza compromessi
Paolo, dunque, chiama tutti i presbiteri di Efeso e in una sorta di “consiglio presbiteriale” si congeda. Il Papa sottolinea “tre atteggiamenti” dell’apostolo. Innanzitutto afferma di non essersi mai tirato indietro: “Non è un atto di vanità”, “perché lui dice che è il peggiore dei peccatori, lo sa e lo dice”, ma semplicemente “racconta la storia”. E “una delle cose che darà tanta pace al pastore quando si congeda - spiega il Papa - è ricordarsi che mai è stato un pastore di compromessi”, sa “che non ha guidato la Chiesa con i compromessi. Non si è tirato indietro”. “E ci vuole coraggio per questo”.

Pastori che non si appropriano del gregge
Secondo punto. Paolo dice che si reca a Gerusalemme “costretto dallo Spirito”, senza sapere ciò che là gli accadrà”. Obbedisce allo Spirito. “Il pastore sa che è in cammino”:

“Mentre guidava la Chiesa era con l’atteggiamento di non fare compromessi; adesso lo Spirito gli chiede di mettersi in cammino, senza sapere cosa accadrà. E continua perché lui non ha cosa propria, non ha fatto del suo gregge un’appropriazione indebita. Ha servito. ‘Adesso Dio vuole che io me ne vada? Me ne vado senza sapere cosa mi accadrà. So soltanto - lo Spirito gli aveva fatto sapere quello - che lo Spirito santo di città in città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni’. Quello lo sapeva. Non vado in pensione. Vado altrove a servire altre Chiese. Sempre il cuore aperto alla voce di Dio: lascio questo, vedrò cosa il Signore mi chiede. E quel pastore senza compromessi è adesso un pastore in cammino”.

Pastori che non si ritengono il centro della storia
Il Papa spiega perché non si è appropriato del gregge. Terzo punto. Paolo dice: “Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita”: non è “il centro della storia, della storia grande o della storia piccola”, non è il centro, è “un servitore”. Francesco cita un detto popolare: “Come si vive, si muore; come si vive, ci si congeda”. E Paolo si congeda con una “libertà senza compromessi” e in cammino. “Così si congeda un pastore”:

“Con questo esempio tanto bello preghiamo per i pastori, per i nostri pastori, per i parroci, per i vescovi, per il Papa, perché la loro vita sia una vita senza compromessi, una vita in cammino, e una vita dove loro non si credano che sono al centro della storia e così imparino a congedarsi. Preghiamo per i nostri pastori”.

inizio pagina

Il Papa ai vescovi albanesi: imitate i martiri del vostro Paese

◊  

Il Papa ha ricevuto oggi i vescovi dell’Albania in visita ad Limina. Un dialogo intenso, in cui i presuli hanno manifestato le speranze e le difficoltà di questa piccola Chiesa. Il servizio di Sergio Centofanti:

Nel cuore di Francesco la Chiesa albanese ha un posto speciale. Una Chiesa che ha sofferto tanto: 50 anni di una dittatura comunista che ha cercato di cancellarla senza riuscirci. C’è stato l’indimenticabile viaggio a Tirana del settembre 2014. Il Papa allora aveva invitato la comunità cattolica a volare alto come l’aquila della bandiera dell’Albania, ma senza dimenticare il nido, cioè le sofferenze dei martiri. Proprio nel novembre scorso sono stati beatificati 38 martiri del regime. E anche oggi Papa Francesco ha esortato i vescovi albanesi a imitare l’esempio di questi testimoni del Vangelo che hanno pagato di persona la fedeltà a Cristo. Sull’incontro odierno con il Papa ascoltiamo mons. Angelo Massafra, arcivescovo di Scutari e presidente della Conferenza episcopale albanese

R. - È stata un’esperienza molto bella, paterna; un’ora e mezzo a dialogare, dando spazio, senza fretta. Ci siamo sentiti veramente a nostro agio, come fossimo a casa nostra.

D. - Quali sono state le esortazioni che il Papa ha rivolto ai vescovi dell’Albania?

R. - Noi abbiamo parlato di una Chiesa molto vivace, molto bella, anche se povera e martire. Un punto su cui ha sempre insistito –come un ritornello – è stato quello di uscire fuori, di avere zelo, di avere speranza, di avere utopia, cioè uno sguardo molto forte e speranzoso in Dio; questa utopia è molto bella. Dobbiamo andare avanti perché Cristo è risorto e noi dobbiamo procedere con Cristo. Ci ha poi invitato a promuovere le vocazioni, una pastorale che passa sempre dalla  testimonianza, dall’essere uniti fra di noi e dall’essere anche sereni, felici  perché se uno è sereno e felice diventa anche un modello.

D. - Si è parlato anche del dialogo interreligioso, in particolare con l’islam?

R. – Certamente. Abbiamo detto che la settimana scorsa si sono messe d’accordo le forze di governo e opposizione perché c’erano problemi: noi abbiamo fatto, come impegno pubblico, una dichiarazione comune. Tutte le fedi, cattolici, ortodossi, evangelici, musulmani, bektashi, abbiamo fatto una dichiarazione unitaria invitando a non creare disordini, invitando alla collaborazione, invitando alla solidarietà, a mettersi d’accordo e dialogare, invitando a fare qualcosa contro la compravendita dei voti i vista delle elezioni. E’ stata una dichiarazione molto coraggiosa. È stata una dichiarazione unitaria del Consiglio interreligioso. Di questo il Papa è rimasto molto contento. Anche grazie al nostro contributo, siamo arrivati a mettere d’accordo le forze politiche che hanno deciso di posticipare la data delle elezioni in modo che tutti quanto potessero partecipare. Quindi possiamo dire che questo è stato anche un frutto del nostro sforzo interreligioso ed ecumenico.

D. - Qual è il messaggio che portate alla Chiesa in Albania dopo l’incontro con il Papa?

R.- Il messaggio fondamentale è questo: essere in comunione fra noi, impegnarsi per la famiglia e per i poveri. Già portiamo avanti il nostro impegno per i carcerati, per le famiglie con persone diversamente abili. Ma soprattutto, sulla scorta delle parole del Papa, inviteremo ad avere speranza, a pregare, a praticare l’adorazione eucaristica. Con Cristo possiamo andare avanti ed avere questo sguardo verso il futuro. E il papa ci ha incoraggiato e benedetto.

inizio pagina

Non sarà nel 2017 il viaggio di Francesco in Sud Sudan

◊  

Non sarà nel 2017 il viaggio di Papa Francesco in Sud Sudan. Lo ha reso noto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke. Com’è noto era stato il Papa stesso ad annunciare di volersi recare in questo Paese africano insieme con il primate anglicano Justin Welby. Ma quest’anno – ha detto Greg Burke – non è possibile.

inizio pagina

Tweet: la gioia cristiana viene dallo Spirito Santo

◊  

Nuovo tweet del Papa oggi, sull’account @Pontifex in nove lingue, a pochi giorni dalla Pentecoste: “La gioia cristiana viene dallo Spirito Santo, che ci dà la vera libertà e il dono di portare Gesù ai fratelli”.

inizio pagina

Messaggio del card. Parolin al convegno su Chiesa in Cina

◊  

Al convegno "La Chiesa Cattolica in Cina tra passato e presente", organizzato oggi presso la Comunità di Sant'Egidio a Roma, è arrivato un messaggio del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, che ringrazia per l'iniziativa che "potrà contribuire all'approfondimento di un tema di grande attualità, anche nella prospettiva di un incontro tra la millenaria cultura cinese e il patrimonio spirituale cristiano". Il cardinale ha aggiunto di essere "certo" che il convegno, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, insieme all'Università Cattolica del Sacro Cuore e alla "World History Academy", "sarà animato da quello spirito costruttivo al quale più volte Papa Francesco ha incoraggiato la comunità cattolica".

inizio pagina

Il Rinnovamento Carismatico incontra il Papa al Circo Massimo

◊  

Il Rinnovamento Carismatico Cattolico celebra i suoi 50 anni di storia con il Giubileo d’Oro che dal 31 maggio al 4 giugno prevede un programma ricco di incontri, simposi, celebrazioni ed adorazioni eucaristiche nelle principali basiliche romane, organizzati dall’ICCRS (International Catholic Charismatic Renewal Services) e dalla Catholic Fraternity. Momento culmine, a cui prenderanno parte oltre 30 mila persone da tutto il mondo, è la veglia di Pentecoste e la preghiera ecumenica con Papa Francesco al Circo Massimo. Sul palco i leader del Rinnovamento Carismatico, ma anche per espressa volontà del Pontefice, i rappresentanti delle chiese evangeliche, pentecostali e di altre confessioni religiose. Cecilia Seppia:

 

30mila persone provenienti da 130 paesi del mondo, 600 sacerdoti, 50 vescovi, cardinali, si stanno preparando per celebrare insieme al Papa 50 anni del Rinnovamento Carismatico Cattolico, nato a Pittsburgh, una gelida mattina di febbraio del 1967, grazie ad un gruppo di studenti universitari che sentì il bisogno di riunirsi semplicemente per pregare ed invocare lo Spirito Santo sulla Chiesa e sul mondo. Oggi in un tempo pieno di contraddizioni e di crisi dei valori, il Rinnovamento sotto l’impulso di Papa Francesco è ancora di più “corrente di grazia”, riserva di fede e di speranza, fucina di vocazioni, a cui viene chiesto di diffondere il Vangelo ai poveri, agli emarginati, ai lontani. Michelle Morgan, presidente dell’ICCRS, organismo internazionale che ha preparato l’evento insieme alla Catholic Fraternity:

"Quando si avvia una nuova iniziativa, essa deve trovare la sua collocazione nella Chiesa; noi siamo nati dalla grazia del Concilio Vaticano II e per questo abbiamo sempre avuto il nostro posto presso il cuore della Chiesa. Abbiamo avuto bisogno di imparare a comprendere questa grazia del Rinnovamento carismatico nei tempi che sono seguiti al Concilio. C’è voluto tempo per compiere questo percorso, per essere sostenuti dai diversi Pontefici, con ciascuno dei quali abbiamo avuto un rapporto particolare e privilegiato. Per questo incontro ci aspettiamo una nuova effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa e sul mondo, e ci aspettiamo anche qualche sorpresa. Noi siamo pronti e a servizio della Chiesa per aiutare anche l’opera di riforma e rinnovamento iniziata dal Papa e per diffondere la cultura della Pentecoste, perché è lo Spirito che fa grande ogni cosa".

Un Giubileo d'Oro di comunione, unità, carità e preghiera fitto di eventi che si apre con la partecipazione mercoledì all’udienza generale con il Papa in Piazza San Pietro, domenica al Regina Coeli, ma il momento più atteso è appunto la veglia di Pentecoste al Circo Massimo, voluta dal Pontefice. Atteso anche per la portata e il valore ecumenico; tra gli ospiti anche il pastore Giovanni Traettino, amico di Bergoglio, leader protestanti, alcuni ortodossi. Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito, comunità italiana che fa parte del Rinnovamento Carismatico mondiale:

“In qualche modo sarà la grande occasione per segnalare come l’ecumenismo spirituale sia la più grande e attuale causa di riconciliazione tra le diverse tradizioni cristiane. Papa Francesco ha voluto organizzare una veglia ecumenica. Quindi non un modo per celebrare il Rinnovamento nei suoi 50 anni, ma per celebrare lo Spirito Santo che è causa di unità, di gioia e di riconciliazione”.

Tante le sfide che il Rinnovamento Carismatico è chiamato ad affrontare prima tra tutti quella dell’unità nella diversità, ma anche questioni urgenti che riguardano le famiglie, e i giovani, ma il contributo che il Rinnovamento Carismatico ha dato alla Chiesa in questi 50 anni si misura soprattutto in termini di evangelizzazione, e di missione. In fondo la Pentecoste, big bang della vita carismatica, altro non è che la consegna da parte di Gesù agli apostoli, di un mandato straordinario: andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Ancora Martinez:

“L'evangelizzazione guidata dallo Spirito in ogni ambito della vita, in ogni terra di missione... Il protagonismo dello Spirito è ciò che ogni giorno ci regala sorprese quanto il bene comune. Quindi, in questo tempo di grande smarrimento, chi sa dare un senso alla storia e alla testimonianza ha davvero le chiavi del futuro. Il Rinnovamento è una grande responsabilità”.

inizio pagina

10.mo Aparecida. Carriquiry: è fonte viva del Pontificato di Francesco

◊  

Ricorre in questi giorni, il 10.mo anniversario della V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi ad Aparecida, in Brasile. Un evento di straordinaria importanza per la Chiesa dell'America Latina e per la Chiesa universale. Il presidente della Commissione di redazione del “Documento finale” di Aparecida era infatti il cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, e in molti ritengono che "l’evento di Aparecida" sia di fondamentale importanza per il Pontificato di Papa Francesco. Alessandro Gisotti, che fu inviato della Radio Vaticana ad Aparecida, ne ha parlato con il prof. Guzman Carriquiry, vice-presidente della Commissione pontificia per l’America Latina, che partecipò ai lavori al fianco del futuro Pontefice: 

R. – Per chi ha partecipato ad Aparecida, la prima cosa che si avvertiva era un senso di profonda fraternità collegiale che si è vissuta ad Aparecida. La nostra Chiesa superava tensioni, polarizzazioni e tendeva a guadagnare grazie allo Spirito Santo, una maggiore comunione, una maggiore serena unità. Secondo elemento fondamentale fu il lavoro sinodale, e questo si deve molto – come lo dice padre Diego Fares in un recente articolo su “Civiltà Cattolica” – al cardinale Bergoglio. I risultati sono stati all’inizio necessariamente molto caotici: mi ricordo che ero molto ansioso per questo. Il cardinale Bergoglio sempre diceva: dobbiamo continuare a raccogliere tutto ciò che stanno producendo i vescovi, sapere bene quali sono i tempi attraverso i quali ci porta lo Spirito Santo. E di fatto, alla fine, nel Documento i vescovi scrivono: “Lo Spirito Santo ci ha condotto lentamente ma decisamente al traguardo”. E poi, noi dobbiamo pensare che Aparecida è stata quel tempo di grazia attraverso il quale la Provvidenza di Dio ha portato Jorge Mario Bergoglio alla Sede di Pietro.

D. – Si può dire anche che in quella Conferenza nacque una sintonia straordinaria tra Benedetto XVI e il cardinale Bergoglio?

R. – Ma certamente! I discorsi – l’omelia e il discorso inaugurale di Papa Benedetto furono molto importanti per tutto il percorso di Aparecida: Papa Benedetto inaugura e dà l’orientamento di fondo di Aparecida, Bergoglio riprende tutto insieme ai vescovi e lo porta a compimento, dandogli quella consistenza, quel profilo proprio di autocoscienza ecclesiale latinoamericana.

D. – Aparecida può essere considerata la fonte sempre viva di questo Pontificato? Si dice infondo che Evangelii gaudium è quasi – come dire – l’evoluzione universale di un documento come quello di Aparecida legato alla Chiesa latinoamericana …

R. – Certamente ci sono vasi comunicanti molto forti tra Aparecida e Evangelii gaudium. Il Papa a volte - un po’ sul serio, un po’ scherzando - dice che Evangelii gaudium è un mix tra il Documento di Aparecida ed Evangelii nuntiandi del Beato Paolo VI. No: io credo che sia assai di più! E’ il documento di un pastore diventato pastore universale e dunque lui riprende molti criteri fondamentali di Aparecida e li propone alla Chiesa universale, ma allo stesso tempo riprende il Magistero dei precedenti Pontefici. Leggendo l’Evangelii gaudium, uno si riconosce in un certo modo in Aparecida, ma Evangelii gaudium è ‘un salto di qualità universale’, in relazione ad Aparecida. Aparecida offre, per esempio, a Evangelii gaudium quell’asse fondamentale del documento che è stato l’incontro con Cristo.

D. – E’ da quell’incontro che poi nasce il "discepolato missionario", la “Chiesa in uscita”, tema forte di questo Pontificato…

R. – Esattamente! E’ da quell’incontro personale e comunitario con Cristo che il Documento di Aparecida invita e mostra, propone, un popolo che è discepolo e missionario di Cristo e che affronta tutta la realtà dell’America Latina sotto questo sguardo cristiano e pastorale: questa è proprio la chiave ermeneutica del Documento di Aparecida.

inizio pagina

Suore vincenziane di Casa Santa Marta celebrano il giubileo del carisma

◊  

In occasione delle Celebrazioni del 400.mo anniversario della nascita del Carisma Vincenziano, le Figlie della Carità in servizio a Casa Santa Marta doneranno la “medaglia miracolosa” a quanti parteciperanno alla conclusione del mese di maggio in Vaticano. Come da tradizione, domani 31 maggio a partire dalle ore 20, si terrà la preghiera del Rosario e la processione aux flambeaux che terminerà davanti alla Grotta di Lourdes. Su questa iniziativa delle suore vincenziane, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di suor Stefania Monti, superiora delle Figlie della Carità che prestano servizio a Casa Santa Marta: 

R. – Questa consegna della “medaglia miracolosa” ai partecipanti al pellegrinaggio al termine del mese mariano vuole essere la rivalorizzazione di questo grande dono che la Vergine Santissima ha fatto a Santa Caterina Labouré e anche, naturalmente, a tutta la compagnia. E’ un segno della grande tenerezza di Dio per tutta l’umanità.

D. - Ovviamente questa iniziativa è legata a un anniversario importante, un giubileo per la famiglia spirituale di San Vincenzo de’ Paoli…

R. - Sì, la famiglia vincenziana celebra i 400 anni del carisma. E’ un evento che coinvolge tutta la famiglia vincenziana: missionari, noi Figlie della Carità e anche i membri dell’Associazione delle Carità e che oggi è ancora attualissimo! E’ un carisma che ci indica la strada del servizio. Vorrei aggiungere, come dice sempre Papa Francesco, che è “una famiglia in uscita”.

D. - Ci sono altre iniziative particolari legate a questo 400.mo anniversario?

R. – Sì, noi Figlie della Carità di Santa Marta abbiamo organizzato due momenti di fraternità con il personale della Domus Sanctae Mathae. Durante questi momenti si è parlato di San Vincenzo, il Santo della carità, ma soprattutto abbiamo sperimentato quanto è bello stare insieme e condividere le proprie esperienze di vita famigliare.

D. - Come questo giubileo del carisma vincenziano aiuta voi Figlie della Carità che svolgete un servizio particolare perché siete nella casa dove vive il Papa, dove vive Papa Francesco…

R. – E’ vero, è un servizio speciale, ce lo diciamo quasi tutti i giorni! E’ un servizio che viviamo al centro della Chiesa accanto al vicario di Cristo, a Papa Francesco. Viviamo questo anno 2017 come un tempo di fondamentale importanza per tutti noi vincenziani. Da 400 anni questo carisma cammina nelle strade del mondo e infiamma il cuore di noi tutti, di tante persone, le persone delle quali noi siamo al servizio.

D. - Un giubileo con il sostegno di Papa Francesco che in tante occasioni vi è vicino con gesti di affetto, di vicinanza. Penso, per esempio, nelle Messe a Santa Marta, quando c’è la memoria di Santa Luisa, San Vincenzo, il dedicarvela…

R. -  Sì, ha sempre avuto un ricordo per tutti noi e anche la Messa, in queste occasioni, la iniziava dicendo: “Questa Messa la celebro proprio per le Figlie della carità che operano qui a Santa Marta”.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Attentati Is a Baghdad, morti e feriti nel Ramadan

◊  

Quasi 30 morti e un centinaio di feriti. Questo il bilancio dei due nuovi attentati firmati dal sedicente Stato Islamico avvenuti oggi a Baghdad, in Iraq. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Un obiettivo facile, di sicuro risultato, una gelateria, tra le più popolari della capitale irachena, ancora gremita di persone sebbene fosse passata la mezzanotte di uno dei primi giorni del Ramadan. Ragione per la quale i terroristi sono andati a colpo sicuro: è dal tramonto in poi che le persone iniziano ad affollare i luoghi pubblici. Una modalità, quella di attaccare durante il Ramadan, già adottata in passato, come lo scorso anno, quando un camion bomba uccise centinaia di persone. Il primo attacco arriva mentre i miliziani jihadisti dell’Is si trovano in difficoltà, cacciati dalle truppe irachene da quella che è una delle loro ultime roccaforti, la città settentrionale di Mosul. Un’offensiva che, nei piani dei capi militari iracheni, dovrebbe segnare definitivamente la fine dell’Is che potrebbe, questo punto, anche intensificare gli attentati per compensare le sconfitte militari. Anche l'altro attacco ha causato diverse vittime. Preso di mira, sempre con un'autobomba, il Ponte dei Martiri, nel centro della capitale.

Su questa nuova fase della strategia dell’Is, Giancarlo La Vella ha intervistato Massimo Campanini, docente di Studi Islamici all’Università di Trento: 

R. – Certamente, c’è il fatto che dal punto di vista della guerra guerreggiata, lo Stato Islamico sembra ormai sconfitto. Mi sembra che non ci sia più spazio per una realtà territoriale. Quindi l’organizzazione potrebbe star cercando di trovare luoghi, dove sia possibile reimpiantarsi, ma soprattutto dove proseguire un’opera di destabilizzazione, funzionale alla sua sopravvivenza.

D. - Come si pensa in questo momento lo Stato Islamico stia foraggiando le sue azioni?

R. – L’Is non sarebbe potuta nascere senza aiuti esterni. L’organizzazione in sé è emersa improvvisamente, unendo insieme spezzoni disgregati di varia provenienza, quindi il catalizzatore deve essere stato sicuramente esterno, anche se naturalmente è difficile dire oggi quale organizzazione o Stato internazionale possa ancora sostenere questa impresa.

D. - Un po’ per come successe per al Qaeda, c’è il rischio che dalla dissoluzione dello Stato islamico poi nascano altri movimenti terroristici?

R. – Naturalmente, sì. E’ certamente possibile che prima o poi emerga un terzo soggetto, che abbia intenzioni terroristiche, ma questo ha una motivazione molto concreta: cioè, non si sono mai affrontate in maniera seria, definitiva e risolutiva le cause e le motivazioni della nascita di Al Qaeda e poi dell'Is. In primo luogo, gli errori della politica occidentale in Medio Oriente, che continuano a proseguire; in secondo luogo, c’è un impoverimento nelle classi medie delle società dei Paesi arabi, che vengono esasperate da questa situazione di crisi economica e, quindi, cercano delle soluzioni, che possono essere anche delle vie di uscita eversive. In terzo luogo c’è il fatto che, ormai da decenni, il Medio Oriente, in generale, manca di un centro di gravità permanente, cioè manca di una potenza di riferimento, come era stata negli anni ’60-’70 l’Egitto, che possa compattare quelle che sono le diverse tendenze di una regione strategica, ma contemporaneamente fragile. Quindi è chiaro che, non risolvendo le cause che sono state alla base della nascita del jihadismo, è estremamente possibile e verosimile che l'estremismo islamico riprenderà in qualche modo vigore.

inizio pagina

Un libro ricorda padre Dall'Oglio a tre anni e mezzo dal rapimento

◊  

Il 29 luglio 2013 il padre gesuita Paolo Dall’Oglio veniva rapito in Siria mentre portava avanti il dialogo tra cristiani e musulmani dal monastero di Mar Musa. Il libro “Paolo Dall’Oglio – la profezia messa a tacere”, edito dalle elezioni San Paolo e curato dal giornalista Riccardo Cristiano, ne ricorda la figura, sulla cui sorte ancora non si ha nessuna certezza. Il servizio di Michele Raviart

Dialogo con l’islam, rispetto dei diritti umani, lotta per un’informazione corretta e non a senso unico. Intorno a questi tre pilastri si racconta la figura di Paolo Dall’Oglio in Siria nel volume voluto dall’associazione dei giornalisti amici del padre gesuita del quale non si hanno più notizie da tre anni e mezzo. Contributi da parte di chi lo ha conosciuto personalmente, oltre una raccolta dei suoi scritti per la rivista missionaria “Popoli”. Spiega Riccardo Cristiano, curatore del volume:

“Paolo camminava su due strade: camminava sulla strada del mistico e camminava sulla strada dell’uomo che ha urgenza del suo impegno sociale nella società e per i suoi simili. Queste due strade si accompagnano a due grandi passioni: la passione per la sua Chiesa e la passione per il dialogo con l’islam. È in questa duplicità che lui riesce a comunicare con chi avverte il bisogno religioso, la mistica, e con chi avverte l’urgenza del fare sociale. É qui questo suo successo di andare, in un certo senso, aldilà dei muri che ci separano tra persone con sensibilità diverse, perché lui con ogni probabilità ha una sensibilità maggiore a quella di tanti di noi”.

Padre Dall’Oglio, “testimone di amicizia e riconciliazione” ha costantemente cercatao con l’esperienza della comunità ecumenica di Mar Musa, 80 chilometri a nord di Damasco, “nuove vie” per il dialogo con l’islam. Un dialogo che Dall’Oglio non amava chiamare interreligioso, ma religioso in senso pieno. Padre Federico Lombardi, presidente della Fondazione Ratzinger:

“La testimonianza di Paolo è di un’attualità permanente per quanto riguarda tutta la dimensione del dialogo tra cristianesimo e islam; si dialoga mettendosi di fronte a Dio. Solo quando si raggiunge veramente una profondità di impegno personale che tocca le radici del nostro essere - e questo c’è quando noi ci mettiamo di fronte a Dio - allora si può raggiungere un livello di profondità su cui si può costruire qualcosa di nuovo, di riconciliazione profonda, di comprensione profonda tra i credenti”.

Fin dal 2013 padre Dall’Oglio aveva capito la complessità e le conseguenze della crisi in Siria. “Non lo senti il rumore dei profughi? Sono milioni!” aveva detto riferendosi all’imminente esodo di persone che avrebbe coinvolto l’Europa. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia

“Era in Siria e aveva la lucidità di analisi di capire che da quel Paese a differenza di altri – penso allo Yemen – c’era modo di fuggire, magari per i più fortunati, però si poteva fuggire. E quindi ci ha ammonito sul fatto che "il prodotto" umano di quella guerra si sarebbe rivelato presto. Infatti poi il tragico "prodotto" di quella guerra è arrivato da noi. In quella occasione ha detto che non saremmo stati preparati. È vero anche questo: non siamo preparati ad affrontarlo. Esageriamo con i numeri, esageriamo con la sensazione di pericolo, esageriamo usando parole a sproposito come invasione, terrorismo … Penso che l’Europa sia uno spazio sufficientemente vuoto e ancora ricco per poter accogliere anche tutta la popolazione in vita in Siria se fosse necessario”.

inizio pagina

Filippine. Cristiani rapiti, p. D'Ambra: prudenza per salvare dialogo

◊  

“Occorre pregare perché non sappiamo cosa può succedere e il dialogo costruito finora rischia di fallire”. Teme il peggio padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime nelle Filippine, alla notizia che i miliziani jihadisti del gruppo locale Maute stanno usando come merce di scambio i cristiani rapiti 8 giorni fa a Marawi. Si tratta di padre Teresito Soganub e almeno 15 parrocchiani presi in ostaggi dopo l’assalto alla cattedrale nel quadro di violenti scontri con l’esercito. Il gruppo Maute ha però una precisa strategia, racconta padre Sebastiano D’Ambra raggiunto telefonicamente a Zamboanga da Gabriella Ceraso

R. - Questa è una situazione nuova e allarmante. Non sappiamo quali sviluppi prenderà, di certo gli attacchi continuano. Nella loro logica diabolica pensano di instaurare qui una provincia del Califfato ed hanno trovato terreno fertile: questo gruppo, Maute, che è il nome di una famiglia della zona, ha contatti all’estero e ha costruito questa ideologia anche con tanti soldi. Sappiamo inoltre di diversi giovani che prendono dei salari piuttosto alti e che diventano parte di questo gruppo.

D. - Le vittime degli scontri tra fondamentalisti ed esercito sono state già tante. Lei teme anche per la sorte di questi parrocchiani e del vostro sacerdote?

R. - Sì, so che queste sono cose che accadono normalmente per avere dei favori dal governo: hanno già chiesto a questo sacerdote di dire al governo di fermare gli attacchi aerei. Qualche anno fa a Zamboanga è accaduta una cosa simile con tantissime vittime e diecimila case bruciate. Ma a Marawi sarà ancora peggio, perché l’elemento del fanatismo religioso è più accentuato. Allora, a Zamboanga, siamo riusciti a fermare il discorso dell’odio religioso; ci siamo messi insieme, cristiani e musulmani, abbiamo dichiarato che questo non è un fatto religioso. Lì invece con questo discorso dell’Is diventa tutto più complicato.

D. - È possibile dunque, da quello che lei dice, che sia padre Teresito che gli altri ostaggi possano essere usati non solo come mediatori, ma anche come merce di scambio per ottenere il ritiro dei militari e la cessazione degli scontri?

R. - Senz’altro. Questo già sta avvenendo. C’è da sperare che i militari agiscano con prudenza, perché la tendenza è quella di far fuori tutti e non importa cosa succede. Mi auguro che ci sia buon senso: non so quanto buon senso in questo tempo abbiamo da queste parti. C’è da pregare che almeno ci sia quella visione di trovare un accordo. Infatti il presidente, nonostante tutto, ha detto, ancora oggi:  “Lo spazio per il dialogo è ancora possibile, però se voi continuate noi attacchiamo”, perché in effetti i militari possono attaccare, hanno gli aerei e certamente questi ribelli non li hanno.

D. - Anche la Conferenza episcopale filippina ha lanciato un appello alle forze governative perché non solo riportino la calma, la legge, ma badino anche all’incolumità degli ostaggi. Soprattutto hanno chiesto poi a questo gruppo di deporre le armi. Lei sa se ha avuto una risonanza questo appello?

D. - So che ci sono diversi incontri ad un certo livello. Dipende se i militari a questo punto sono strategicamente pronti a dire di sì o dicono:  “Ci dispiace, non dobbiamo andare avanti perché altrimenti succerà questo e quest’altro”. Non è ancora chiaro quali siano i calcoli strategici.

D. - Nell’immediato cosa si può fare?

R. - C’è da pregare. È un dialogo costruito lentamente con tanta pazienza, ma adesso viene distrutto almeno apparentemente, perché senz’altro nel cuore di molti resta quel desiderio di pace, di dialogo.

inizio pagina

Unicef-Italia: è record di minori migranti irreperibili

◊  

Aumenta in Italia il numero dei minori stranieri non accompagnati irreperibili. Lo denuncia l’Unicef nel rapporto presentato oggi a Roma, insieme al Cnr, dal titolo “Sperduti”. Nel 2016 a scomparire sono stati oltre 6500 minori; nel 2012 il bilancio era di 1700 circa. Una cifra record che segna un trend in crescita al pari del numero complessivo di minorenni sbarcati in Italia quest’anno: 28mila su un totale di 181.436 persone. ”Provengono da Asia e Africa subsahariana per cause molto diverse, ma devono comunque essere protetti e integrati” dichiara Andrea Iacomini portavoce Unicef Italia. L’Intervista è di Antonella Palermo

R. - Dobbiamo impegnarci maggiormente perché purtroppo questi minori sono esposti anche a rischi enormi, dalla tratta, allo sfruttamento, dalla violenza al caporalato e purtroppo, anche se non ci sono evidenze, ma questo è un rischio che si corre, anche al traffico di organi.

D. - Quali sono le provenienze di questi minori?

R. - Se in un primo trend gran parte dei minori arrivavano dalla Siria, dall’Egitto, dall’Eritrea e dalla Somalia, oggi a queste nazionalità si sono aggiunte anche il Gambia e il Mali, quindi gran parte comunque dall’Africa subsahariana e dall’Asia. Le fughe di questi bambini sono di vario genere. Sono figli magari di famiglie di ceto medio ma in difficoltà e che rischia di impoverirsi, e per questo i genitori decidono di far scappare questi bambini. Ma la gran parte fugge da carestie enormi. Oppure, altre cause… Dalle guerre: pensiamo alla guerra che affligge il Sud Sudan da 4 anni. Pensiamo alla gran parte di popolazione, due milioni e mezzo che si trovano in Chad. Quindi le cause sono molteplici, sono di carattere economico ma sono legate soprattutto alla fame, alla povertà e naturalmente a quelle guerre, alle quali spesso noi non siamo riusciti a porre fine.

D. - L’Italia, secondo voi, come sta rispondendo a questo fenomeno?

R. - Il tema dei ricollocamenti di ieri ha dimostrato che l’Italia dal punto di vista legislativo e dal punto di vista pratico sta facendo molto. Sul tema dei minori, specialmente non accompagnati ha una legislazione avanzata. Sul tema dell’accoglienza esistono delle grandi pratiche positive. Bisogna continuare così, in particolar modo non bisogna cedere su temi come quello dei respingimenti perché un bambino - lo dice la Convenzione sui diritti d’infanzia dell’89 - deve essere protetto, deve essere aiutato perché chi è vulnerabile non può essere riportato, come per esempio in Libia, in zone dove a causa della destabilizzazione si trovano centri di accoglienza che non sono centri ma sono ormai dei veri lager - come li ha definiti sempre il Papa - a cielo aperto, campi di concentramento e luoghi di detenzione. In termini generali chiediamo all’Europa cha faccia di più e abbiamo lanciato una petizione che chieda all’Europa di proteggere i bambini.

D. - Si tratta di invisibili, cosa potrebbe fare la gente comune?

R. – Il lavoro da fare oggi, secondo me, è quello che abbiamo iniziato a fare noi come Unicef: riuscire nella prima accoglienza, proprio sulle navi, a raccontare a questi ragazzi dove andranno, perché li stanno portando in un centro di accoglienza, che cosa gli verrà chiesto e quali sono i loro diritti e i loro doveri. Successivamente le istituzioni devono cercare di dare a questi ragazzi prospettive di inclusione sociale, non li devono impaurire perché questo li porta alla fuga. Devono farli sentire una risorsa. Non è facile però farli sentire una risorsa, non è facile ma vuol dire dare loro tutti gli strumenti per potersi integrare. Ecco questa è una grande scommessa. E poi volevo dire una cosa, che sembrerà eccessiva ma in qualche modo dà la misura dell’impegno che oggi chiediamo agli italiani: non dobbiamo avere paura, non dobbiamo avere pregiudizi, dobbiamo conoscere i nomi e i cognomi di queste storie, dobbiamo conoscere da dove vengono e perché vengono, troppo poca verità gira in questo momento su questo tema e purtroppo incute pregiudizio e terrore.

inizio pagina

Agromafie: malaffare da 22 miliardi. Coldiretti: aggiornare legge

◊  

Si conferma anche quest’anno un volume d’affare miliardario quello gestito dalle mafie sul comparto alimentare italiano. Il settore ha fatto registrare, in ambito criminoso, un 30% in più di introiti rispetto allo scorso anno. Lo rivela il quinto Rapporto di Coldiretti #Agromafie2017, che sottolinea come si registri uno spostamento da sud a nord dei contesti regionali in testa alla classifica del malaffare. I particolari da Paola Simonetti: 

Dai campi agricoli fino alle tavole dei ristoranti, passando per la produzione e la distribuzione nelle catene dei supermercati. Si alimenta dei mille canali della filiera del cibo il consistente volume d’affari della cosiddetta agromafia: 21,8 miliardi di euro gli introiti dell’ultimo anno, con un incremento del 30%. Cifre comunque sottostimate, secondo il quinto rapporto Agromafie2017 di Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimentare, per la difficoltà di conteggiare i proventi derivanti da operazioni condotte all’estero e non transitate per l’Italia. Una criminalità che abbandona, secondo il documento, l’assetto militare, per approdare all’azione di personaggi dal colletto bianco, che abili a gestire i vantaggi di globalizzazione, nuove tecnologie, economia e finanza 3.0. Quest’anno, il rapporto, segnala peraltro tratti di novità, come sottolinea il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo:


"L’investimento ormai va dal campo alla tavola ma la novità dell’anno sicuramente è l’aumento importantissimo di importazione, di prodotti agricoli di qualità dubbia e di prezzo bassissimo, provenienti da Paesi terzi che poi magicamente vengono in modo fraudolento trasformati in prodotto made in Italy. Questo è un danno per l’immagine del cibo italiano ma anche un danno per la nostra economia ed è un fenomeno molto grave perché ormai un prodotto su 5 che entra nel nostro Paese proviene da sfruttamento di lavoro minorile, di lavoro delle donne, di lavoro di minoranze".

Il business delle agromafie che si alimenta, anche e soprattutto di una legislazione carente, come spiega Giancarlo Caselli, presidente comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità agroalimentare:

"Hanno una speciale tendenza a muoversi nei campi dove ci sono possibilità di forte guadagno ma al tempo stesso c’è un’esposizione al rischio molto ridotta e l’assenza o quasi è implicita nel fatto che la normativa che attualmente disciplina sul versante del processo penale l’agroalimentare è come una groviera, piena di buchi. E cioè se io faccio un calcolo costi benefici, mi conviene violare la legge, rispondo, sì perché con le carte truccate si guadagna ancora di più e comunque nel settore si guadagna molto e bene".

Alcuni settori della filiera del cibo sono più colpiti di altri, facendo innalzare i costi anche per i consumatori, come spiega ancora Caselli:

"Un settore pesantemente controllato dalle mafie è quello del trasporto dei prodotti agroalimentari e fanno molte volte il giro dell’oca, da una città all’altra, poi un’altra ancora, per poi tornare indietro, moltiplicando i chilometri e così i costi e ciò che paghi pochissimo al contadino finisci per pagarlo come consumatore un’enormità".

Ma difendersi dal malaffare sui può e si deve, si più fronti, come conclude il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo: 

"Il consumatore sicuramente può fare delle scelte cercando di arrivare il più vicino possibile al produttore, quindi dall’acquisto diretto dagli agricoltori passando per una lettura sempre attenta dell’etichetta. Abbiamo un sistema di controlli da primato nel mondo, quindi le agromafie si scoprono perché abbiamo un grande sistema di controlli. Ciò che manca invece è una normativa seria moderna e aggiornata sui reati agroalimentari".

inizio pagina
Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 150

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.