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Sommario del 31/05/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Il dolore del Papa per l'attentato dell'Is a Kabul: almeno 90 morti

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Il Papa ha espresso profondo dolore per la strage compiuta stamani in Afghanistan che ha causato almeno 90 morti e quasi 400 feriti. “Apprendo con tristezza dell'attacco ripugnante a Kabul e dei tanti morti e feriti gravi", scrive Francesco in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, indirizzato alla sede diplomatica afghana in Italia. Il Pontefice lo definisce "brutale atto di violenza", affida le anime dei defunti alla misericordia di Dio e assicura la sua preghiera perché la pace torni per il popolo afghano.
 
L’attentato è stato rivendicato dal sedicente Stato Islamico. Un camion bomba è saltato in aria nel quartiere delle ambasciate. Colpita un'area non lontano dal palazzo presidenziale e dalla sede della Nato. Tra i feriti si contano anche alcuni dipendenti della sede diplomatica tedesca. Danni all’ambasciata francese. Sull’episodio, che fa ripiombare l’Afghanistan, in un clima di grave emergenza, Giancarlo La Vella ha intervistato Alberto Lo Presti, presidente di Pangea Onlus, ong che opera in Afghanistan con vari progetti di sviluppo: 

R. – Ci sono più fronti aperti, in questo momento, in un Paese che rimane il crocevia degli interessi internazionali, centro di qualsiasi tipo di strategia non solo militare ma anche economica: in questo periodo, infatti, si raccoglie l’oppio e i mercati locali discutono il prezzo e chi sarà il rivenditore sul palinsesto mondiale. In questo momento si sta discutendo in Europa e in America l’invio di nuove truppe in Afghanistan per riuscire ancora a controllare l’ombelico del mondo, per cui i giochi si combattono attraverso atti di terrorismo che per un verso possono essere rivendicati dai talebani che vogliono entrare a far parte di questo governo, ma non sono stati ancora invitati dagli americani; dall’altra parte da un Isis che ha interessi di carattere differente, cioè creare disordine affinché l’Europa non si decida a inviare le truppe richieste da Trump.

D. – Questa situazione rischia di mettere in crisi la vostra attività?

R. – Pangea non viene messa in crisi da una bomba: ne abbiamo avute tante … ogni giorno ci sono autobombe nei quartieri di Kabul che uccidono un numero inferiore di gente, due-tre persone. Abbiamo anche – peraltro – presentato un’interpellanza parlamentare la settimana scorsa, proprio per far ragionare i nostri governanti su questo tema: quanto costa l’invio di un solo militare in Afghanistan, sotto il pretesto di portare la pace, e quali risultati sono stati raggiunti con l’invio di questo militare? Il progetto di Pangea costa 10 centesimi al giorno per far mangiare un bambino, costa 100 euro per un microcredito a una donna, e il mangiare e il microcredito, la scolarizzazione, la salute, la formazione al lavoro e tutto quello che facciamo costano niente e portano pace.

D. – La popolazione civile afghana, che è quella con cui voi siete in contatto, come sta vivendo questa situazione in cui si vede all’orizzonte questa possibilità di uscire fuori da una lunghissima crisi e invece poi ci sono episodi come questi che fanno ripiombare il Paese nel dramma?

R. – Purtroppo, la popolazione civile, dopo oltre 35 anni di conflitto, si è un po’ abituata a tutto questo. Io ero in Afghanistan fino a un mese fa, e la cosa che mi ha davvero aperto il cuore è che ci sono giovani generazioni di afghani, che arrivano da tutta Europa, che decidono di tornare a vivere a Kabul o in altre città. Ecco, questo è il germe che può portare la pace, cioè la consapevolezza anche afghana – non solo nostra – che questa guerra non appartiene a loro, che questa guerra uccide persone che non c’entrano niente con gli interessi mondiali, e questo germe mi fa ben sperare per il futuro.

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Il Papa all'udienza generale: il cristiano semina speranza, non aceto

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I cristiani seminino olio di speranza e non aceto di amarezza, siano consolatori e difensori come lo Spirito Santo: è l’invito rivolto da Papa Francesco nella catechesi all’udienza generale, stamani in Piazza San Pietro. Nella sua riflessione il Papa ha tracciato il legame fra lo Spirito Santo e la speranza cristiana, proseguendo il ciclo di catechesi dedicate a questo tema e in vista della Pentecoste, domenica prossima. Una Festa che Francesco chiama “il compleanno della Chiesa”. Il servizio di Debora Donnini

La speranza è come una vela che “raccoglie il vento dello Spirito e lo trasforma in forza motrice che spinge la barca”. E’ l’immagine che Papa Francesco usa per parlare della speranza in rapporto allo Spirito Santo. Lo Spirito Santo, spiega, dà speranza perché dona la testimonianza interiore che siamo figli di Dio e permette quindi di sperare contro ogni speranza, come Abramo e la Vergine Maria. Si tratta quindi di una speranza che non delude:

“'La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato’. Per questo non delude, perché c’è lo Spirito Santo dentro che ci spinge ad andare avanti, sempre avanti”.

E lo Spirito Santo ci rende non solo capaci di sperare ma anche di seminare speranza, essere come Lui consolatori e difensori dei fratelli:

“Seminatori di speranza. Un cristiano può seminare amarezze, può seminare perplessità, e questo non è cristiano, e tu, sei fai questo, non sei un buon cristiano. Semina speranza: semina olio di speranza, semina profumo di speranza e non aceto di amarezza e di dis-speranza”.

La voce, lo sguardo, i modi di fare siano gentili e tranquillizzanti, in una parola bisogna essere consolatori e donare conforto ad immagine del Paraclito, come esortava a fare il Beato cardinale Newman. Francesco auspica quindi che lo Spirito Santo non solo faccia abbondare nella speranza, ma, di più - dice - “ci faccia sprecare speranza” con i più bisognosi:

“Sono soprattutto i poveri, gli esclusi, i non amati ad avere bisogno di qualcuno che si faccia per loro 'paraclito', cioè consolatore e difensore, come lo Spirito Santo si fa per ognuno di noi, che stiamo qui in Piazza, consolatore e difensore. Noi dobbiamo fare lo stesso per i più bisognosi, per i più scartati, per quelli che hanno più bisogno, quelli che soffrono di più. Difensori e consolatori”.

Lo Spirito Santo alimenta anche la speranza nell’intero creato. Bisogna rispettarlo, esorta Francesco, perché “non si può imbrattare un quadro senza offendere l’artista che lo ha creato”.

Il Papa si addentra poi nel significato più profondo della speranza cristiana, che non significa solo sperare di essere lieti in futuro, dopo la morte, ma già oggi, come esprime il brano della Lettera ai Romani proclamato prima dove si parla del “Dio della speranza” : “è la gioia di sperare e non sperare di avere gioia”. Francesco ricorda quindi il detto popolare: "Finché c'è vita, c'è speranza". E' vero anche il contrario, dice: "finché c'è speranza, c'è vita". "Gli uomini hanno bisogno di speranza per vivere e - aggiunge - dello Spirito Santo per sperare". 

Nei saluti il Papa ricorda i pellegrini venuti per partecipare alla Veglia di Pentecoste in occasione dei cinquant’anni del Rinnovamento Carismatico Cattolico, sabato prossimo a Roma. Un saluto anche ai giovani polacchi, che come ogni anno si radunano a Lednica e ai partecipanti al pellegrinaggio nazionale guidato dal cardinale Dominik Duka, arcivescovo di Parga in occasione del 75.mo anniversario della strage di Lidice ad opera del regime nazista.

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Francesco: impariamo dalla fede forte e servizievole di Maria

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All’udienza generale il Papa ha fatto riferimento anche alla odierna Festa della Visitazione, che conclude il mese mariano di maggio, invitando a ricorrere con fiducia alla intercessione della Madre di Dio per essere “coraggiosi testimoni della Risurrezione di Cristo”. Sempre oggi, Francesco ha lanciato un tweet in cui scrive: “Impariamo dalla fede forte e servizievole della nostra Madre Maria, per diventare segni vivi della misericordia di Dio”. Presso i Giardini Vaticani, alle 20.00, il tradizionale Rosario e la processione aux flambeaux dalla Chiesa di Santo Stefano degli Abissini alla Grotta di Lourdes. Ascoltiamo i commenti di alcuni fedeli in Piazza San Pietro, al microfono di Giorgio Saracino

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Nominati segretario Dicastero Laici e Famiglia e presidente Accademia Mariana

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Il Papa ha nominato oggi segretario del del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita il Rev.do Padre Alexandre Awi Mello, I. Sch., Direttore Nazionale del Movimento di Schönstatt in Brasile, e Presidente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale il Rev.do Padre Stefano Cecchin, O.F.M., e Segretario della medesima Istituzione il Rev.do P. Bogusz StanisÅ‚aw Matula, O.F.M. Per le nomine odierne, consultare il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Mons. Tomasi: Accordo di Parigi aiuta lotta contro disastri naturali

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Attenzione urgente alla prevenzione dei disastri naturali nel mondo. È quanto sollecitato dalla delegazione della Santa Sede alla Piattaforma globale 2017 per la riduzione dei rischi da disastri, tenutasi nei giorni scorsi a Cancun, in Messico. Al capo di Stato messicano Enrique Peña Nieto, presidente di tale assise, è giunto un messaggio di Papa Francesco, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, in cui si sollecitava una fraterna collaborazione, non dimenticando i problemi derivanti anche dalle crisi sociali in atto nel mondo, così come evidenziato nella Laudato si'. Ai lavori ha partecipato l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, segretario delegato del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, intervistato da Giada Aquilino

R. - Questa urgenza viene dal fatto che se guardiamo le conseguenze provocate dai disastri naturali il danno creato è enorme. Per esempio, nel 2014, hanno causato danni per 110 miliardi di dollari, 102 milioni hanno subito le conseguenze negative di tali disastri, che hanno provocato la morte di più di 7 mila persone. Il Santo Padre ha mandato un messaggio: insiste sulle prevenzione, cioè fare in modo che nell’ambiente le infrastrutture necessarie siano curate in modo da prevenire, per quanto possibile, inondazioni, danni che i terremoti possono fare e così via. Viene raccomandata l’educazione, cioè creare una mentalità di solidarietà, e anche che si faccia attenzione alla solidarietà verso le vittime.

D. - Si è parlato delle minacce all’Accordo sul clima di Parigi, con le tensioni poi emerse al G7 tra Stati Uniti di Trump ed Europa?

R. - Non c’è stata obiezione, ma un grande appoggio all’Accordo di Parigi, perché si vede in questo cammino la possibilità di rafforzare e di dare un’energia nuova per combattere questi disastri che capitano e che devono essere anticipati, in modo che la gente non debba soffrire troppo per le loro conseguenze negative.

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A ottobre alla Gregoriana il congresso su minori e Internet

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Conoscere e prevenire i rischi nell'era di Internet. E’ la sfida del congresso internazionale “La dignità del minore nel mondo digitale” che si svolgerà dal 3 al 6 ottobre prossimo a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana. Attesi oltre 140 esperti, provenienti da diverse parti del mondo. Sarà “un’opportunità straordinaria per lo scambio delle conoscenze e delle buone pratiche” ribadisce padre Hans Zollner, presidente del Centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana che, in partenariato con l’Alleanza Globale WePROTECT, ha organizzato l’iniziativa.

Oggi sono 800 milioni i giovani internauti esposti a forme completamente nuove di danno e di abuso, come la provocazione online (trolling), il bullismo in rete (cyberbullying), il ricatto sessuale (sextortion) e l’adescamento (grooming) per lo sfruttamento sessuale. Per questo esponenti del mondo accademico, degli affari, della società civile, ma anche leader politici e rappresentanti religiosi daranno vita ad un insieme articolato di interventi, sessioni plenarie, workshop. Previsto anche un forum di discussione aperto al pubblico.

Il congresso si concluderà con la “Dichiarazione sulla dignità del minore nel mondo digitale”, che sarà presentata a Papa Francesco. “Dobbiamo raccogliere un’ampia coalizione per l’impegno comune” ha ribadito la Baronessa Shields OBE, sottosegretario del Governo britannico per la sicurezza in rete, sulla stessa linea il prof. Ernesto Caffo, coordinatore scientifico del Congresso, il quale ha rimarcato la necessità di “un vero dialogo” sulle frontiere digitali. 

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Presentati i restauri e il museo delle Catacombe di Santa Domitilla

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Un nuovo museo sul tema “Il mito, il tempo e la vita” e una serie di interventi che hanno portato alla luce la bellezza delle decorazioni pittoriche. Sono stati presentati ieri alla stampa i restauri e il nuovo museo della Catacombe di Santa Domitilla realizzato dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Tra le tecniche usate anche quella del laser, che ha permesso di riportare alla luce particolari pittorici fino ad ora sconosciuti. Il servizio di Marina Tomarro: 

Un viaggio nel tempo, per riscoprire i luoghi dove non solo venivano seppelliti i primi cristiani, ma erano celebrate Messe e preghiere e nei momenti di persecuzione e pericolo diventavano anche nascondigli sicuri. Sono ancora più affascinanti e ricche di storia le catacombe di Domitilla dopo i restauri che hanno restituito affreschi e aspetti di quella vita che conduceva verso l’eternità. Ascoltiamo il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra:

R. - E’ importante per tre ragioni. Prima di tutto perché permette di vedere questa congiunzione profonda tra la cultura classica e la cultura cristiana. E’ una sorta quasi di luogo di dialogo tra due espressioni religiose e due visioni del mondo che però trovano molte radici comuni. Secondo, è importante perché è la catacomba più estesa di Roma: questi 12 km, questi 4 piani, questi 26 mila e più loculi dimostrano quanto fosse importante, quanto qui respirasse il cristianesimo e comunque la vita di Roma. Terzo, Domitilla è importante anche adesso per il museo che abbiamo allestito ma anche perché i restauri che stiamo conducendo permettono di vedere un complesso iconografico di immagini, di straordinaria, intensità e bellezza e soprattutto anche di grande quotidianità ricordandoci che qui, sotto terra, continuava la vita che si svolgeva sopra.

D. - Le catacombe che significato hanno per i cristiani?

R. – Avevano la convinzione che la vita continuasse e non per nulla i fedeli, i parenti, gli amici, tornavano qui in questo spazio, celebrando anche dei pranzi, secondo un rituale ben noto oppure riproducevano ancora lì tutta la vita che aveva accompagnato i loro cari. E questo era un modo per affermare soprattutto la fede e la risurrezione nell’immortalità, in questa altra faccia della vita rispetto a quella rivolta verso di noi, che è la faccia dell’eternità.

Tra i restauri più importanti c’è quello al cosiddetto "Cubicolo dei fornai" dove vengono raccontate attraverso le decorazioni le attività legate all’Annona, l’istituzione romana che gestiva le derrate alimentari nella città. Per la prima volta è stata utilizzata per il restauro la tecnica del laser, che ha permesso di riportare i colori quasi allo stadio originario. Ascoltiamo Barbara Mazzei, responsabile dei cantieri di restauro degli affreschi:

R. - Le novità sono, intanto, la possibilità di identificare finalmente i soggetti raffigurati; e ce ne sono alcuni importanti che riguardano la storia della panificazione a Roma: come si svolgeva il commercio del grano e la distribuzione del pane… Abbiamo poi invece delle scene che appartengono al repertorio della pittura paleocristiana e in particolare un collegio apostolico molto importante che fa riferimento, in base alla composizione, al più antico mosaico absidale che abbiamo a Roma che è quello di Santa Pudenziana. E poi delle scene che, invece, ci testimoniano della fede dei primi cristiani con il riconoscimento dei patroni come accompagnatori al cospetto del Cristo.

Insieme alle catacombe è stato restaurato anche il museo annesso dove sono stati raccolti pezzi di sarcofagi, teste, statue, epigrafi, ritrovati durante gli scavi e che vogliono raccontare la vita quotidiana che ruotava intorno alle catacombe, come ci spiega Fabrizio Bisconti, sovraintendente della Pontificia commissione di Archeologia sacra:

R. - Voi vedete dentro questo museo dei banchieri, dei pastori, dei cavallari. C’è anche un "cucumius" che di mestiere faceva il "capsarius", cioè il guardarobiere delle terme di Caracalla, lo abbiamo trovato proprio nella terra di Domitilla. Poi abbiamo dei bambini che giocano nella culla con un sonaglio e, ancora, degli argentieri, quindi anche la vita vissuta. Si vede come c’è era un’integrazione e un’interazione tra pagani e cristiani anche nelle catacombe che era il luogo deputato proprio alla morte, che poi era la vita dei cristiani perché non dimentichiamo che i cimiteri sono dormitori in attesa della risurrezione.

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Oggi in Primo Piano



Sudan, chiese abbattute. Un sacerdote: succede da anni, andiamo avanti

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A partire dallo scorso febbraio, le autorità del Sudan hanno deciso di abbattere venticinque edifici di culto delle comunità cristiane locali. E nei giorni scorsi due pastori, Paul Salah e Naji Abdullah, sono stati arrestati e trattenuti per diverse ore dopo che la chiesa del quartiere di Soba al-Aradi di Khartoum è stata distrutta. Crescente è la preoccupazione delle medesime comunità cristiane in Sudan, che rappresentano - secondo dati non ufficiali - una minoranza consistente, circa il 26 per cento della popolazione.

In atto politica di demolizione
Sarebbe in atto una politica di demolizione di chiese e luoghi di culto che, secondo le autorità, mancherebbero di alcuni permessi di edificazione. Dopo l’indipendenza del Sud Sudan da Khartoum, nel 2011, il governo sudanese aveva deliberato che non avrebbe più autorizzato la costruzione di chiese, dal momento che i cristiani erano molto diminuiti di numero, essendosi trasferiti nel nuovo Stato. Nel tempo, i leader cristiani hanno protestato contro gli impedimenti all’edificazione di nuove chiese, dal momento che lo stesso non accade per le altre fedi, in un Paese in cui la libertà di religione è garantita dalla costituzione.

La testimonianza di un sacerdote da Khartoum
A descrivere la situazione, da Khartoum, è un sacerdote sudanese che, per motivi di sicurezza, ha scelto l’anonimato. L’intervista è di Giada Aquilino: 

R. – Questo sta succedendo da anni, non è una cosa nuova. Però sembra che in questo momento, siccome l’Unione Europea ha mandato una persona a investigare sui diritti umani, tale situazione abbia cominciato a venire a galla.

D. – Di quali chiese e luoghi di culto si tratta?

R. – Tutte le chiese, cattoliche ed evangeliche.

D. – Perché secondo le autorità sarebbero stati chiuse?

R. – Loro dicono che non hanno i documenti, non hanno l’approvazione del governo per la costruzione di una chiesa in questo o quel posto, ma fin dagli anni Novanta il governo non dà alcun permesso ad alcuna comunità di costruire altri edifici.

D. – Allora la comunità cristiana locale come sopravvive?

R. – Facciamo così: andiamo in un luogo dove ci sono dei cristiani, prendiamo un piccolo terreno, non diciamo che diventerà una chiesa e tiriamo su quattro muri, mettiamo dentro una capanna e preghiamo lì…

D. – La comunità cristiana sudanese come è formata oggi in Sudan?

R. – In Sudan ci sono i Nuba: una tribù, un popolo del nuovo Sud geografico del Sudan, quindi la parte meridionale del Paese: la maggioranza di quel popolo è cristiana. E, siccome hanno anche loro la guerra, i Nuba sono distribuiti in tutto il Sudan al momento, a causa di questi conflitti. Ci sono anche gli eritrei, che dall’Eritrea si sono rifugiati in Sudan. Sono circa 200 mila gli eritrei che vivono a Khartoum e sono tutti cristiani: ortodossi o cattolici di rito orientale. Mentre i Nuba sono di rito latino.

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Ilva, mons. Santoro: esuberi contrari alla dignità della persona

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Nessun lavoratore sarà licenziato o lasciato senza protezione. La precisazione in merito alla vertenza Ilva arriva dal Ministero dello sviluppo economico alla vigilia del nuovo incontro con i sindacati per discutere dei piani industriali delle due cordate interessate al colosso siderurgico, e per scongiurare le migliaia di esuberi previsti, tra i 5 e i 6mila. E per domani è stato indetto uno sciopero dei lavoratori diretti dell’Ilva e dell’appalto. “Questi esuberi non devono esserci, tolgono la speranza alla città di Taranto”: questo l’amaro commento di mons. Filippo Santoro, arcivescovo della città pugliese, intervistato da Francesca Sabatinelli 

R. - Io mi sono pronunciato sempre a favore della difesa della salute delle persone e della difesa della dignità delle persone attraverso il lavoro. Con questa prospettiva dei 6 mila esuberi dei dipendenti dell’Ilva si percorre una strada contraria. E’ proprio diverso da tutto ciò che noi potevamo aspettarci e pensare. E’ veramente un colpo molto duro alla speranza delle persone qui a Taranto. Si era parlato di riduzioni che si fermavano su numeri che poi potevano essere trattati con gli ammortizzatori sociali, qui siamo di fronte a cifre molto alte, per cui è un colpo veramente grave. Noi speriamo che si possa invertire la direzione, che si metta al centro la dignità delle persone e quindi una ripresa che rispetti quello che il Papa ha detto nell’incontro di sabato scorso a Genova: senza lavoro non si può sopravvivere ma per vivere occorre il lavoro. Tutti i giorni sento l’appello di quelli che non hanno lavoro o che rischiano di perderlo e sono veramente toccato e colpito da questa decisione.

D. - Chi deve fermare eventualmente questo processo di tagli?

R. – Innanzitutto è il compito della politica di valutare e di assegnare la vittoria della gara, io ovviamente non entro in questioni tecniche. Quindi, innanzitutto della politica perché la politica è la difesa della vita e della dignità delle persone, è chiaro che poi l’impresa che vince la gara deve tirare le conclusioni da questa impostazione. Almeno ci deve essere una prospettiva in cui i lavoratori possano essere utilizzati nel senso più umano possibile, ma non privati del lavoro che è la forma di espressione della persona, di sostegno della famiglia e di convivenza sociale. Quello che a me interessa è che sia garantita la salute delle persone, la salvaguardia dell’ambiente, la cura della casa comune e la giusta occupazione dei lavoratori. E’ chiaro che in varie circostanze ho manifestato la mia simpatia per chi vuole ambientalizzare decarbonizzando l’Ilva,  però non entro nelle questioni tecniche, la simpatia nell’interrompere il ciclo completo del carbone c’è se questo è fattibile. Molti di questi lavoratori sono giovani con mutui che devono portare avanti, sono famiglie. La condizione umana deve essere considerata e valorizzata dalla politica.

D. – Domani i sindacati torneranno al Ministero dello sviluppo economico, lei si aspetta qualcosa?

R. - Io spero che ci sia un ascolto, un’attenzione. Secondo me la via giusta è proprio quella  del negoziato, indicare che questo problema non riguarda solo Taranto e la Puglia, ma è un problema nazionale che non riguarda solo l’Ilva, ma che è un segnale sulla prospettiva del progetto economico e industriale che si vuole portare avanti: se c’è al centro il primato della persona e del lavoro o il primato della produzione e della massimizzazione dei profitti. La direzione della difesa della persona deve essere presa rivedendo il piano messo in atto adesso. Io mi auguro proprio che il negoziato continui, che i toni siano ragionevoli da tutte le parti e che ci si venga incontro: questa proposta così com’è deve essere radicalmente rivista.

D. - Nel caso in cui vincesse la cordata ArcelorMittal-Marcegaglia, e nel caso in cui questa confermasse i tagli, lei cosa pensa che accadrà a Taranto?

R. – Penso che, giustamente, i sindacati porteranno avanti la loro lotta. E poi che anche da parte della cittadinanza ci sarà una risposta energica, forte, perché ciò che io desidero è che a questo punto sulla questione Ilva si indichi una direzione precisa: la direzione della difesa della vita, della salute e della giusta occupazione dei lavoratori. In questo momento è importantissimo dare un segnale in questa direzione. Una risposta negativa creerebbe non dico un sommovimento, ma una grande preoccupazione e sicuramente iniziative a livello popolare di notevole peso.

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Giornata senza tabacco: 100mila morti all'anno in Italia

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Ricorre oggi la Giornata mondiale senza tabacco: indetta per la prima volta nel 1988 dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità, è un’occasione per riflettere sugli effetti del fumo di sigaretta. Promossa per incoraggiare le persone ad astenersi per almeno 24 ore dal consumo di tabacco, invita i fumatori a smettere in via definitiva. Il tema della giornata di quest’anno è “Tabacco, una minaccia per lo sviluppo”. Nel mondo sono circa un miliardo i fumatori. In Italia sono quasi 100mila i morti ogni anno per problemi legati al tabagismo. Giorgio Saracino ne ha parlato con Marianna Masiero, ricercatrice del dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Università di Milano: 

R. – Gli impatti del fumo sulla salute dell’uomo sono molteplici da più punti di vista. È molto importante, chiaramente, il danno a livello respiratorio; sono importanti anche i danni a livello cardiovascolare. Per quanto riguarda la salute dell’uomo il fumo va a impattare su più dimensioni, tra cui danni cardiovascolari e respiratori importanti. Inoltre è correlato con diverse forme di tumore, non solo quello al polmone che è quello più tristemente noto, ma anche, ad esempio, con altre forme tumorali.

D. - Come si fa a smettere di fumare? Molti dicono di volerlo fare, ma solo pochi ci riescono…

R. - Molto spesso una grossa problematica dell’interruzione del fumo è collegata ad un discorso motivazionale: capire bene qual è la strategia giusta che ci aiuta a smettere. Oggi ci sono diversi tipi di trattamento che possono aiutarci in questo senso: dalle terapie sostitutive della nicotina che sono un valido supporto a altri trattamenti di tipo farmacologico.

D. - Ma un fumatore, quindi, che probabilità ha di smettere?

R. - Un fumatore motivato ha buone possibilità di smettere di fumare. L’importante è avere anche una motivazione molto salda.

D. - Quanti e quali possono essere i danni provocati dal fumo passivo?

R. - Il fumo passivo per la salute è molto negativo. Pensiamo al fumo passivo sui bambini: ha un impatto sulla salute dell’uomo che è altrettanto negativo quanto quello attivo, se non peggiore per certi versi.

D. – Le nuove immagini sui pacchetti di sigarette sono riuscite nell’intento di sensibilizzare ulteriormente i fumatori o questo non ha modificato le abitudini dei tabagisti?

R. - Sicuramente le comunicazioni molto forti dal punto di vista delle immagini possono aver un effetto: può risultare efficace in alcuni casi, ma una comunicazione di impatto non è universalmente efficace. Bisogna muovere sempre gli aspetti postivi perché questa è una valvola che sorregge bene il cambiamento.

D. - Il tema della Giornata mondiale senza tabacco di quest’anno è “Tabacco, una minaccia per lo sviluppo”, in che senso è una minaccia?

R. - Il fumo è un comportamento che si acquisisce nella transizione tra la fanciullezza e l’adolescenza. Rappresenta un rischio importante perché si stabilizza nella giovane età adulta, quindi tra i 25 e i 30 anni: si passa dal fumo occasionale, che può caratterizzare l’adolescente, ad un fumo più cronico, abitudinario, che ci contraddistingue anche in termini di stili di vita.

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Ad Ascoli Piceno la V edizione del Festival "I Teatri del Sacro"

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Quattordici spettacoli in prima nazionale e un progetto speciale animeranno le vie, i teatri, le chiese di Ascoli Piceno dal 5 all’11 giugno per la quinta edizione del Festival “I Teatri del Sacro”. Una scelta, quella della città marchigiana, fatta prima del recente terremoto ma che oggi, accanto al valore culturale, fa assumere al Festival un significato di solidarietà. I Teatri del Sacro è un’iniziativa di Federgat in collaborazione con ACEC, Fondazione Comunicazione e Cultura, Ufficio nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI, con il sostegno del Ministero dei beni culturali. Stamattina nella sede della nostra emittente la presentazione del programma. C’era per noi Adriana Masotti:

Un ampio programma di spettacoli arricchito da eventi e laboratori, oltre che da seminari aperti al pubblico. Per rendere ancora di più il teatro importante occasione di riflessione su temi sociali, religiosi senza tempo e su questioni di stringente attualità. Oltre ai 14 lavori in cartellone, il progetto speciale La festa d’ognissanti uno spettacolo itinerante che con ironia condurrà gli spettatori in un viaggio nei secoli tra santi, martiri e miracoli.

Ma come si spiega il grande interesse della Chiesa italiana per questo Festival? Risponde mons. Antonino Raspanti, vice presidente della CEI, tra i relatori alla Conferenza stampa:

“Perché il teatro è un luogo antropologico fondamentale, cioè fa parte dei fondamenti della persona umana, la quale attraverso la finzione, mettere sulla scena spezzoni della vita, vita reale o vita ideale, vita di attesa e vita delusa, l’uomo in qualche modo parla, e parla non solo a se stesso e agli altri uomini; secondo me parla a Dio e alle creature, tutte. Dunque inevitabilmente, poiché la Chiesa è incarnazione di Gesù Cristo, piglia l’umanità, e l’abbraccia nella sua totalità e già dall'antico Medioevo ha subito colto questa modalità fondamentale di esprimersi dell’essere umano. Oggi, a maggior ragione. In una società, fortemente estetizzante, in cui paradossalmente tutto diventa artistico, bello, teatrale, invece poi chi lo è autenticamente non trova più condizioni e possibilità per esprimere quello che veramente sente. E io penso che chi vuole, ha capito che c’è ancora la possibilità in alcuni luoghi e siamo contenti che questo sia un luogo a cui la Chiesa cattolica italiana sta contribuendo”.

Ascoli Piceno città simbolo di un territorio segnato dal dramma recente del terremoto: che cosa significa il Festival  “I Teatri del Sacro” in questo contesto.  A spiegarlo in conferenza stampa è mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno:

“Quando fu scelto di fare il Festival ad Ascoli Piceno ancora non c’era stato il terremoto. Rispondeva ad una mia richiesta per fare in modo che questa città, già ricca culturalmente, potesse aprirsi ad apporti che venivano da ogni sponda per un confronto, per un dialogo. Il terremoto ha rivestito l’iniziativa di un significato nuovo, quello della solidarietà e della ricostruzione culturale. Rifare le case è sempre qualcosa di molto importante, ma ciò che è più importante è ricostruire il tessuto umano di questa città, di questa nostra terra, che passa anche attraverso la cultura”.

Direttore artistico del Festival è Fabrizio Fiaschini, presidente anche della Federgat, Federazione dei gruppi attività teatrali. Ecco come descrive lui stesso il senso del fare teatro:

“Il teatro è un’arte dei corpi e, l’arte dei corpi è l’arte delle relazioni. In questo senso direi che il teatro è proprio un’arte della cura, del prendersi cura dell’atro. Tutto il Festival è incentrato proprio su questo desiderio: fare di Ascoli una sorta di agorà, di piazza, dove poter ricucire in qualche modo attraverso il teatro i legami tra gli ascolani, la comunità, gli ospiti esterni e il territorio, l’ambiente. Quando iniziammo, la preoccupazione fu quella che I Teatri del Sacro diventassero un terreno o di scontro o di provocazione. Invece no; quando il sacro viene declinato in un contesto di autenticità, è il territorio dove tutti possono liberamente fare le loro domande, esprimere le loro inquietudini, liberarsi anche – molte volte – da quelle profonde angosce che caratterizzano la nostra contemporaneità e che spesso vengono anestetizzate”.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 151

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.