Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 03/03/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: vero digiuno è aiutare gli altri, no a tangenti della vanità

◊  

Il vero digiuno è soccorrere il prossimo, quello falso mischia la religiosità con gli affari sporchi e le tangenti della vanità: così il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti

Le letture del giorno parlano del digiuno, cioè - spiega il Papa - “della penitenza che noi siamo invitati a fare in questo tempo di Quaresima” per avvicinarci al Signore. Dio gradisce “il cuore penitente”, dice il Salmo, “il cuore che si sente peccatore e sa di essere peccatore”. Nella prima lettura, tratta dal Libro del profeta Isaia, Dio rimprovera la falsa religiosità degli ipocriti che digiunano mentre curano i propri affari, opprimono gli operai e litigano “colpendo con pugni iniqui”: da una parte fanno penitenza e dall’altra compiono ingiustizie, facendo “affari sporchi”. Il Signore, invece, chiede un digiuno vero, attento al prossimo:

“L’altro è il digiuno ‘ipocrita’ - è la parola che usa tanto Gesù - è un digiuno per farsi vedere o per sentirsi giusto ma nel frattempo ho fatto ingiustizie, non sono giusto, sfrutto la gente. ‘Ma io sono generoso, farò una bella offerta alla Chiesa’ – ‘Ma dimmi, tu paghi il giusto alle tue domestiche? Ai tuoi dipendenti li paghi in nero? O come vuole la legge perché possano dare da mangiare ai loro figli?’”.

Papa Francesco racconta una vicenda capitata subito dopo la seconda Guerra mondiale al padre gesuita Pedro Arrupe, quando era missionario in Giappone. Un ricco uomo d’affari gli fa una donazione per la sua attività evangelizzatrice, ma con lui c’erano un fotografo e un giornalista. La busta conteneva solo 10 dollari:

“Questo è lo stesso che noi facciamo quando non paghiamo il giusto alla nostra gente. Noi prendiamo dalle nostre penitenze, dai nostri gesti di preghiera, di digiuno, di elemosina, prendiamo una tangente: la tangente della vanità, del farci vedere. E quella non è autenticità, quella è ipocrisia. Per questo quando Gesù dice: ‘Quando pregate fatelo di nascosto, quando date l’elemosina non fate suonare la tromba, quando digiunate non fate i malinconici’, è lo stesso che se dicesse: ‘Per favore quando fate un’opera buona non prendete la tangente di quest’opera buona, è soltanto per il Padre’”.

Il Papa cita il profeta Isaia, laddove il Signore dice agli ipocriti quale sia il vero digiuno. Parole che sembrano dette “per i nostri giorni”:

“’Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo senza trascurare i tuoi parenti?’. Pensiamo a queste parole, pensiamo al nostro cuore, come noi digiuniamo, preghiamo, diamo elemosine. E anche ci aiuterà pensare cosa sente un uomo dopo una cena, che ha pagato 200 euro, per esempio, e torna a casa e vede uno affamato e non lo guarda e continua a camminare. Ci farà bene pensare quello”.

inizio pagina

Parroci di Roma: sacerdoti provati, ma il Papa ci ha incoraggiato

◊  

Siate pastori che vivono in mezzo alla gente, misericordiosi, credibili, testimoni di una fede capace di generare fede: queste le esortazioni di Papa Francesco ai parroci della Diocesi di Roma, incontrati ieri mattina, com’è tradizione a inizio Quaresima, nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Ascoltiamo i commenti di alcuni sacerdoti presenti all’evento. Le interviste sono di Alessandro Guarasci

R. – E’ un incontro in cui il Papa ci ha parlato della fede, come anche noi sacerdoti siamo provati nella fede, come tutti. Le tentazioni sono parte della nostra vita quotidiana. Quindi dobbiamo crescere, non avere paura di essere tentati, anzi è normale che abbiamo delle tentazioni. Siamo messi a dura prova, come tutti.

R. – Il discorso del Papa è stato molto stimolante. Ci ha aiutato a riflettere, ci ha dato le linee per il cammino della Quaresima.

D. - Cosa vi ha colpito di quello che vi ha detto il Papa?

R. – Il Papa ha parlato della fede di Pietro e di San Giovanni. Quello che mi ha molto colpito è vedere questo crescere di Pietro nella fede, senza stancarsi, senza scoraggiarsi: anche nel momento del dubbio lui ha continuato veramente a credere nell’amore di Gesù. Di Giovanni, il discepolo amato, mi ha colpito che anche lui attraversava momenti in cui non era sicuro della fede. Non era una fede scontata.

D.  – Il Papa vi ha invitato a non essere timidi, a osare in mezzo alla gente…

R.  – Certo, è la nostra missione. Possiamo farlo se cresciamo nella fede e soprattutto nell’umiltà.

D. – Lei in quale zona di Roma opera?

R. – Piazzale della Radio, zona centrale.

D. – Una zona difficile?

R. -  Diciamo che adesso tutte le zone sono difficili perché viviamo in un momento in cui la fede è provata, soprattutto quella dei sacerdoti, parlo soprattutto delle nuove generazioni.

R. – Quando si va in mezzo alla gente ci si sporca di più e il Papa ci incoraggia a non avere paura di sporcarci.

D. - E’ difficile fare il parroco in periferia?

R. – Non credo che sia più difficile che farlo in altre parti.

D. – Ma lei vede più incertezze nella fede tra i fedeli o tra alcuni sacerdoti?

R. - Sia tra i laici che tra i sacerdoti. Penso che sia abbastanza normale. Ma il Papa ci ha detto che si cresce anche con i momenti di tentazione e crisi.

D.  – Il Papa vi ha regalato un libro, che si intitola…

R. – “Non aver paura di perdonare”. Racconta l’esperienza di un confessore che lui ha incontrato in Argentina. Ha più di 90 anni e ha molti fedeli che vanno a confessarsi proprio per ricevere la misericordia di Dio. Il Papa ama tanto la misericordia.

D. – E’ difficile fare pratica di misericordia anche per un parroco?

R. - Sì, dipende sempre dall’ambiente in cui vieni mandato. Io sono stato cappellano vicino a Rebibbia; è diverso da quando sei vicino agli uffici… Il luogo di lavoro di vita della persona determina una misericordia un po’ più mirata. Ma è bello perché c’è questa voglia di misericordia.

D. – Lei vede Roma come una città scristianizzata?

R. – La pratica è minore di quella fede che poi ogni persona ha, specialmente nei momenti difficili.

inizio pagina

Dal Papa il 24 marzo i leader dell'Unione Europea

◊  

Papa Francesco riceverà il prossimo 24 marzo i capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea, presenti nella capitale per le celebrazioni del 60.mo anniversario del “Trattato di Roma”. Lo rende noto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke. L’incontro si svolgerà alle 18.00 nella Sala Regia del Palazzo Apostolico in Vaticano.

Il Papa nel suo discorso al Parlamento europeo a Strasburgo, il 25 novembre 2014, aveva elogiato l’Unione Europea nel promuovere i diritti umani, ma mettendo in luce il rischio di cadere nei diritti “individualistici” che dimenticano che “ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa". Poi aveva sottolineato che "un'Europa che non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita è un'Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima e anche quello spirito umanistico che pure ama e difende". Infine aveva lanciato l’appello a non avere paura del cristianesimo: "Ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli Stati e per l'indipendenza delle istituzioni dell'Unione, bensì un arricchimento".

Ricevendo il “Premio Carlo Magno” nel maggio dello scorso anno, il Papa aveva espresso il suo sogno per l’Europa: “Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vane nostalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede, sogno un nuovo umanesimo europeo (…) Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita”. “Sogno – aveva affermato – un’Europa che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Sogno un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto”. “Sogno un’Europa, in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Sogno un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile”. Sogno – concludeva Francesco – un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni”. “Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia”.

inizio pagina

Udienze

◊  

Per le udienze odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

inizio pagina

Ghana festeggia anniversari per indipendenza e relazioni con Santa Sede

◊  

Primo giorno di celebrazioni oggi ad Accra, in Ghana, per il 40.esimo anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica del Ghana e per il 60.esimo anniversario dell’indipendenza del Paese. L’inviato speciale del Papa è il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Gli appuntamenti proseguiranno domani con una cerimonia ecumenica ed interreligiosa e termineranno il prossimo 6 marzo, giorno che ricorda l’indipendenza nell’ambito del Commonwealth, nel 1957. Il 14 giugno 1976, con l'instaurazione di rapporti diplomatici tra la Santa Sede e il Ghana, nasceva invece la Nunziatura apostolica locale. Giada Aquilino ha intervistato l’arcivescovo di Accra, mons. Charles Palmer-Buckle

R. – Il 60.mo dell’indipendenza ricorre lunedì prossimo, 6 marzo. L’anniversario delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede, avviate nel ’76, avremmo dovuto celebrarlo in verità l’anno scorso, ma abbiamo voluto rimandare a quest’occasione per festeggiare assieme le due ricorrenze. Il Ghana fu il primo Paese dell’“Africa nera”, come si chiamava a quei tempi, ad avere l’indipendenza dalla Gran Bretagna e guardando indietro nel tempo siamo grati al Signore perché il Paese è rimasto unito. Abbiamo adesso la quarta repubblica, con un governo democraticamente eletto. Quindi, Dio è stato veramente Padre e ha benedetto questo Paese. Vorrei anche dire che proprio oggi, 3 marzo, ricorre il 60.mo anniversario della consacrazione del Ghana al Sacro Cuore, tre giorni prima della dichiarazione d’indipendenza.

D. – Da poco si è insediato il nuovo presidente, Nana Akufo-Addo. Nel suo primo discorso, ha parlato di uno dei grandi problemi del Paese, cioè creare posti di lavoro. Qual è la situazione dei giovani?

R. – Il nuovo presidente ha parlato del fatto che dobbiamo creare veramente il lavoro per i giovani, perché i giovani al di sotto dei 35 anni costituiscono il 65 per cento della popolazione del Paese e parecchi ragazzi tra i 21-22 anni e i 40 sono diplomati, hanno seguito studi universitari e devono trovare lavoro, devono poter formarsi una famiglia. Questo è un problema molto grande per tutta l’Africa e specialmente per il nostro Paese.

D. – Quali sono le principali sfide per la Chiesa in Ghana oggi?

R. – La Chiesa cattolica rappresenta appena il 13,1 per cento della popolazione del Ghana; il 71 per cento della popolazione è cristiana. Allora continua per prima cosa l’evangelizzazione, la realizzazione di infrastrutture per la formazione, con scuole, corsi per i catechisti, e anche l’assistenza sanitaria che la Chiesa offre. Abbiamo tanto da fare, ma abbiamo la gioia di vedere crescere gradualmente i cattolici, non solo anagraficamente, ma anche nell’impegno a livello sociale, politico, culturale, della governance del Paese, della leadership. Cerchiamo di essere “il sale della terra e luce del mondo”. Certamente, la corruzione ancora c’è, esiste in Ghana, a livello politico, a livello economico, a livello sociale. Ma dobbiamo anche pensare alla formazione della coscienza sociale.

D. – Nel 1980, San Giovanni Paolo II venne in Ghana. Quanto il Paese aspetta una nuova visita del Papa?

R. – Lo avremmo voluto anche già ieri! Una visita del Santo Padre ci darebbe veramente un impulso molto positivo, anche un aiuto per i servizi che stiamo offrendo.

inizio pagina

Workshop in Vaticano su Twitter e diplomazia: Francesco leader sui Social

◊  

“Dove sta l’uomo, lì sta anche la Chiesa, ecco perché il Papa è presente su Twitter e Instagram”. E’ quanto affermato da mons. Lucio Adrian Ruiz, segretario della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, che ha introdotto il workshop “Twitter Diplomacy at the Holy See”, tenutosi stamani in Vaticano. L’evento, promosso dall’ambasciata britannica presso la Santa Sede in collaborazione con il dicastero per la Comunicazione, ha riunito diplomatici e personalità che, in Vaticano e nella Chiesa, si occupano della comunicazione digitale in particolare su Twitter. Durante l’incontro, sono state condivise esperienze su come sia cambiato il modo di comunicare, anche a livello istituzionale, dopo l’irrompere dei Social Network.

Papa Francesco tocca la mente e il cuore anche sui Social Network
Particolare rilievo è stato dato, negli interventi dei partecipanti, al ruolo positivo che Papa Francesco sta offrendo quotidianamente attraverso il suo account @Pontifex, seguito da oltre 32 milioni di follower in 9 lingue. Un leader sui Social, è stata l’opinione condivisa, perché sa toccare la mente e il cuore intervenendo su tematiche di grande importanza per tutti, credenti e non. All’evento, hanno preso parte, tra gli altri, l’ambasciatore britannico in Austria, Leigh Turner, l’ambasciatore ungherese presso la Santa Sede, Eduard Habsburg, e il prof. Giovanni Maria Vian, direttore de “L’Osservatore Romano”.

Ambasciatore Axworthy: dimensione digitale sempre più importante per la diplomazia
A margine dell’incontro - parlando con la Radio Vaticana - l’ambasciatore britannico presso la Santa Sede, la signora Sally Axworthy, ha affermato che la dimensione digitale assume sempre un ruolo sempre più rilevante per la diplomazia. Ancora, ha evidenziato che ci sono molti punti su cui, anche via Twitter, la Santa Sede e la diplomazia internazionale possono trovare forme di collaborazione ed ha sottolineato che, come dimostra in modo eloquente Papa Francesco, i Social Network possono aiutare a raggiungere un pubblico amplissimo su temi di interesse comune. (A cura di Alessandro Gisotti)

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Cristiani in fuga dal Sinai. Vescovo Giza: "E' atroce, aiutateci!"

◊  

Continua il dramma di centinaia di cittadini egiziani di confessione cristiana copta che stanno abbandonando sempre più in fretta al Arish, capoluogo del governatorato del Sinai del Nord a causa della violenza islamista. Famiglie intere sorprese in casa e sterminate. Chi riesce, raggiunge Ismailia, Alessandria o Il Cairo e trova l’accoglienza della Chiesa e delle istituzioni locali. Molti osservatori temono cha questa persecuzione crei emulazioni e quindi si allarghi a tutto il Paese. Proprio ieri il Papa aveva lanciato un appello ad aiutare i cristiani perseguitati. Il servizio di Gabriella Ceraso

Uccisi e dati alle fiamme nel Sinai Nord-orientale, in Egitto, assassinati dalla branca locale dello Stato islamico che da tre anni è attiva nella regione. E’ questa la realtà dei cristiani copti e di altre minoranze. Dopo aver colpito poliziotti e militari, ora l’attenzione è per loro, ma in realtà il progetto degli isalmisti è più ampio, secondo analisti e testimoni, come il vescovo copto cattolico di Giza, mons. Antonios Aziz Mina:

“Fanno questi attentati contro tutti, non solo contro i cristiani; ma loro lo fanno per destabilizzare il Paese, per mettere il Paese in difficoltà, per metterlo in ginocchio. E soprattutto, per allontanare i turisti perché sanno benissimo che l’economia del Paese conta sul turismo”.

Due le radici di quanto accade, anche nelle parole del prof. Renzo Guolo, docente di Sociologia dell'Islam all'Università di Pavia: ostilità anti cristiana e indebolimento del governo che, in questa area, cruciale per il Medio Oriente, sta mostrando tutta la sua debolezza:

“Sono ormai anni che tutti i gruppi radicali egiziani o dell’area si sono concentrati nel Sinai, che è diventato una sorta di santuario proprio perché gli accordi di pace con Israele hanno di fatto imposto una sorta di smilitarizzazione. Di questa sorta di vuoto politico e militare, formazioni prima jihadiste – in particolare Ansar Beit al-Maqdis – hanno preso di fatto il controllo; tendono a imporre quella sorta di pulizia religiosa in modo tale da far piazza pulita intorno a quello che si considera un’area di proprio ed esclusivo dominio”.

“Preda preferita, così il gruppo Isis-Sinai chiama oggi i cristiani e segna le loro case con la “N” di nazareni. “Arrivano spaventati e noi facciamo di tutto per accoglierli”: così da Alessandria parla il vescovo armeno cattolico, mons. Krikor Koussa:

“Ci sono bambini, giovani, anziani: tutti hanno paura che facciano loro qualcosa, come hanno fatto in Iraq, in Siria. Non hanno adesso né una casa né cibo; noi accogliamo tutti per l’amore di Dio e soprattutto durante questo periodo di Quaresima dove è necessario che l’uno serva l’altro perchè questo è l'insegnamento di Cristo".

“La violenza a cui stiamo assistendo è atroce”, non è da “esseri umani”. Ha la voce piena di dolore mons. Antonios Aziz Mina, che dice: “Ancora di più in questo momento abbiamo bisogno”, come ha fatto sapere il Papa nelle intenzioni di preghiera di marzo, dell’aiuto materiale ma anche delle preghiere di tutti. Basta con questa “cultura dell’odio”:

“Dobbiamo ritornare alla vita cristiana e all’amore per la carità. Dobbiamo propagare sempre questo annuncio del Vangelo e dell’amore cristiano”.

Il Nord del Sinai si svuoterà di cristiani? Non è dato di sapere se la sorte sarà quella già toccata alla Siria o all’Iraq; di certo sarà il governo egiziano a dover agire. Ancora il professor Renzo Guolo:

“In qualche modo dovrà cercare di reprimere questo contesto islamista radicale e al contempo di parlare con Israele perché è evidente che ormai per questo compito le forze che sono state dislocate non sono più sufficienti per andare a controllare interamente il suo territorio; in qualche modo dovrà cercare di proteggere la grande comunità copta egiziana, che è parte integrante della storia e del pluralismo religioso esistente sul terreno egiziano”.

inizio pagina

Al-Azhar: dichiarazione sulla coesistenza tra cristiani e musulmani

◊  

Ferme parole di condanna per la nuova spirale di violenze contro i cristiani nel Sinai sono state espresse dal Grande Imam dell'Università di Al-Azhar, Ahmad Muhammad al-Tayyib, durante la conferenza “Libertà e cittadinanza, fra diversità e integrazione”, organizzata nei giorni scorsi al Cairo dalla prestigiosa istituzione sunnita sotto gli auspici del Presidente della Repubblica e con la partecipazione di delegati religiosi e laici da 50 Paesi.

Dalla conferenza ad Al-Azhar no alla violenza in nome della religione
La conferenza, alla quale sono intervenuti più alti capi spirituali di tutte le confessioni cristiane del Medio Oriente, si è conclusa con una Dichiarazione per la coesistenza tra cristiani e musulmani (“Al Azhar Declaration for Muslim-Christian Coexistence”) che condanna l’uso della violenza in nome della religione ed esorta le persone di fedi differenti a vivere insieme in armonia e nel reciproco rispetto.

Rifondare la nozione di cittadinanza su basi razionali
Tra le questioni al centro della conferenza, la questione della “dhimmitudine”, concetto che pretende di fondare su basi religiose una presunta disuguaglianza civica fra musulmani e non musulmani. Concetto che anche l’Imam al Tayyib ha riconosciuto essere anacronistico e non scientifico. Di qui lo sforzo, alla base del confronto all’al Azhar, di rifondare la nozione di cittadinanza e di appartenenza civica su basi razionali. “Tutti i cittadini sono uguali e i cristiani non possono essere considerati come una minoranza, termine caratterizzato da connotazioni negative”, ha detto il grande imam, il quale secondo quanto riferisce AsiaNews, ha osservato inoltre che “la volontà congiunta di una nazione si basa sulla cittadinanza, sull’uguaglianza e sullo stato di diritto, pena il fallimento di ogni progresso umano”.  (A cura di Lisa Zengarini)

inizio pagina

Siria: Palmira strappata all'Is. Stallo dei negoziati a Ginevra

◊  

In Siria, la città di Palmira è stata totalmente liberata dai miliziani del sedicente Stato Islamico. La conferma viene dall’esercito di Damasco, che nell’operazione è stato appoggiato dall’aviazione russa. Bisognerà ora contare i danni che i jihadisti hanno causato all’importante sito archeologico e patrimonio mondiale dell’umanità. Intanto, sul fronte negoziale, la quarta tornata di colloqui a Ginevra non sta dando i frutti sperati. Sui motivi di questa fase di stallo della diplomazia, Giancarlo La Vella ha intervistato Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Centro Studi Internazionali (Cesi): 

R. – I motivi sono quelli che di fatto bloccano i negoziati fin dall’inizio della guerra, cioè le posizioni sono troppo distanti. Se da una parte c’è il regime di Assad che cerca di rimanere in sella con un negoziato che possa giustificare la permanenza del presidente a capo del Paese, dall’altra parte c’è un’opposizione che si presenta molto frastagliata e di fatto senza un progetto politico. Il presupposto per l’inizio dei negoziati dell’opposizione rimane appunto l’allontanamento di Assad dal potere. Partendo da questi punti era purtroppo inevitabile che il tentativo, l’ennesimo delle Nazioni Unite, cadesse in un nulla di fatto in un momento in cui le posizioni degli attori internazionali coinvolti nella crisi siriana sono di attesa, perché se di fatto da una parte abbiamo una Russia che anche con il negoziato di Astana si è molto esposta nel supporto ad Assad, per adesso l’amministrazione Trump invece ancora non ha scoperto le carte su quelle che sono le posizioni di Washington sulla crisi siriana.

D.  – Le speranze erano che a Ginevra si arrivasse almeno ad un cessate il fuoco stabile. Ma con uno Stato Islamico, che rimane per tutti una spina nel fianco, le armi non potranno mai tacere totalmente?

R. – Sì, da una parte, assolutamente, è vero. La presenza dello Stato Islamico è ancora forte in alcuni contesti territoriali siriani, strategici per la stabilizzazione del Paese, e comporta il procedere dei combattimenti. Dall’altra parte, inevitabilmente, l’Is è stato anche utilizzato come una scusa per portare avanti i combattimenti che poi di fatto non sempre sono rivolti nei confronti dei jihadisti, ma sono anche tra il regime e altre milizie dell’opposizione e anche tra le stesse milizie dell’opposizione. Non dimentichiamoci che, dopo la caduta di Aleppo e la riconquista di Aleppo da parte dei soldati lealisti, la stragrande maggioranza delle milizie che hanno combattuto ad Aleppo nella parte settentrionale del Paese contro il regime ha trovato rifugio nella provincia  di Idlib, che adesso è diventata un po’ una roccaforte dell’opposizione, certo circondata dai soldati lealisti, però di fatto comunque è ancora una presenza forte in un contesto centrale per la stabilizzazione del Paese come è questa regione. Questo è un grandissimo punto interrogativo, anche per il futuro, sia dei negoziati, ma anche per la situazione sul campo dei combattimenti.

D. – Se la quarta tornata di negoziati a Ginevra dovesse chiudere i battenti senza risultati, quali sarebbero le altre speranze di aprire altri negoziati, considerando che a Ginevra non c’era la totalità dei rappresentanti dell’opposizione?

R. – Fino a quando non ci sarà un impegno concreto, non solo degli attori locali coinvolti, ma anche degli attori internazionali, difficilmente il processo di pace potrà avere presupposti positivi. La situazione sul campo è ancora troppo fluida perché si possa parlare di negoziati reali. Abbiamo una situazione politica interna alla Siria e internazionale, dal punto di vista delle posizioni di Russia e Stati Uniti, dove non si vedono per adesso presupposti di un possibile dialogo o di una possibile soluzione condivisa. Il fatto stesso che le posizioni siano ancora così distanti su un punto cruciale, cioè quello che dovrà essere il futuro di Assad, purtroppo fa propendere per delle speranze ridotte al lumicino su un processo di pace che si avvii positivamente.

inizio pagina

Rogo di Rignano: morti due immigrati. Don Andrea: sgomento e dolore

◊  

Sgomento e dolore per quello che è accaduto a Rignano Garganico. Così don Andrea Pupilla, direttore della Caritas diocesana di San Severo, nel foggiano, territorio in cui sorge il cosiddetto "Gran Ghetto" di Rignano, dove, a causa di un incendio, sono morti due maliani. Non si esclude la natura dolosa del rogo. Nelle baracche vivono centinaia di braccianti immigrati, oggetto di sgombero dal primo marzo. Massimiliano Menichetti

Fiamme, fumo, morte. Hanno avvolto ancora una volta il “Gran Ghetto” di Rignano Garganico a due passi da Foggia e da una delle più belle coste d’Italia. Due maliani sono morti e adesso tutte le telecamere sono tornate in quel girone di schiavitù e contraddizioni. In queste baracche, ora sotto sgombero, in estate, durante i raccolti, arrivano a vivere anche 3mila persone. Braccianti a poco prezzo, vittime del caporalato che sfrutta chi parte da Senegal, Mali e Burkina Faso. Tra quelle lamiere e cartoni, insieme alla speranza di una vita migliore ci sono però anche le catene della prostituzione e della droga. Don Andrea Pupilla, direttore della Caritas diocesana di San Severo:

R. – La morte di due persone. Questo non deve accadere, soprattutto a chi vive in condizioni precarie come lo erano i residenti del cosiddetto ghetto. Chi è costretto a tenere a denti stretti la vita, non può perderla in questo modo. Il nostro è naturalmente un dolore ed uno sgomento per tutto quello che è accaduto.

D. - Ancora una volta i riflettori si accendono su Rignano. La popolazione dice: “Basta con questo scempio”, i migranti manifestano, invece, perché gli sia data anche una baracca che comunque gli garantisce un ricovero …

R. - Non è la prima volta che accadono incendi al ghetto di Rignano e non è la prima volta che questa realtà è sotto i riflettori. In questi giorni è in azione un intervento da parte della Regione per smantellare questa raeltà che possiamo definire una “vergogna” e che esisteva da oltre un decennio sul nostro territorio. Naturalmente è un’azione che va accompagnata da altre iniziative, bisogna offrire un’alternativa per i lavoratori, i migranti, che contribuiscono all’economia del nostro territorio e che non vivevano in condizioni dignitose.

D. - Una baraccopoli da dieci anni. Come è possibile?

R. - È un sistema formato e portato avanti da varie complicità. Naturalmente la complicità di alcune aziende agricole, dall’indifferenza del territorio, dalle organizzazioni criminali che hanno lucrato in questi anni su tutta questa vicenda.

D. - Che cosa fate per contrastare questo fenomeno?

R. - Da qualche anno la Caritas ha attivato il “Progetto presidio”. È un progetto di presenza all’interno dei ghetti; queste realtà non sono presenti soltanto a Rignano, ma ci sono anche in altre aree di cui si parla poco. L’iniziativa Caritas fornisce presenza e un orientamento verso i servizi del territorio. Spesso anche in occasione di incendi è stata proprio la Caritas ad offrire i primi aiuti e il primo sostegno. In questo momento si sta affrontando un’emergenza. La Regione ha messo a disposizione due strutture e ci ha chiesto una collaborazione che stiamo offrendo. Però è un discorso molto complesso che soltanto nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, potremo affrontare con più lucidità.

D. - In questo contesto quali sono i vostri rapporti con le istituzioni?

R. - Noi siamo stati convocati a tavoli di concertazione, a tavoli per affrontare questa emergenza sia in Prefettura sia alla Regione. Potrei dire che il canale di comunicazione con le istituzioni è buono; ognuno di noi fa la sua parte perché questa vergogna non si ripeta più nella nostra terra.

inizio pagina

Vescovi olandesi: elezioni, rispettare vita, famiglia e migranti

◊  

I vescovi cattolici dei Paesi Bassi hanno scritto una lettera ai fedeli in vista delle elezioni parlamentari del 15 marzo prossimo. Sono “alcune riflessioni per un esercizio responsabile del diritto di voto”, alla luce della fede cattolica, spiegano i presuli, citati dall’agenzia Sir.

Rispetto per la vita e solidarietà verso il prossimo
Scegliendo un partito, si legge nel documento, è “fondamentale domandarsi” se si distingue per “il rispetto della vita”, dalla nascita alla morte naturale, e della famiglia; per la difesa della “uguale dignità di tutte le persone, vicine e lontane, senza eccezione”; se sa vivere la solidarietà non come “una ripartizione sociale dei rischi”, ma, in senso cristiano, radicata nell’amore disinteressato e indiscriminato al prossimo.

Accoglienza per i rifugiati
Non basta avere cura dei rifugiati, continuano i vescovi: guardare alle sofferenze del mondo, infatti, significa avere cura del “diritto alla libertà religiosa, della riduzione della povertà, dell’accesso a un’istruzione e a cure di qualità, sostenibilità, sicurezza, cooperazione allo sviluppo”. Inoltre, la corresponsabilità a livello nazionale e internazionale implica anche “un’attualizzazione dei valori, che hanno anche radici cristiane, sui quali è fondato il progetto europeo, come base necessaria per discutere e risolvere insieme i problemi”.

Voto di coscienza
Di qui, l’esortazione dei presuli ai i politici a non “fare appello alla paura, alla mentalità del vivere per se stessi e per il proprio interesse”, a “non indugiare nella rabbia, nell’intolleranza, nella polarizzazione”, che paralizzano. Citando Papa Francesco, infine, i presuli invitano quindi a “studiare le proposte, pregare e scegliere in base alla propria coscienza”.

inizio pagina

Elezioni in Paraguay: appello dei vescovi all’unità nazionale

◊  

Una situazione politica e sociale preoccupante; il rischio di frammentazione della società; le elezioni presidenziali in programma nel 2018: sono questi i temi “caldi” affrontati dalla Conferenza episcopale del Paraguay (Cep) riunita in questi giorni nella sua 214.ma Assemblea plenaria. Temi che spingono i vescovi a lanciare un appello “alla pacificazione degli animi, alla prudenza ed al dialogo rispettoso delle divergenze e delle discrepanze”.

Sviluppo integrale della popolazione e costruzione della solidarietà
“Abbiamo bisogno di un consenso nazionale – scrivono i presuli in una nota - per sviluppare un’agenda del Paese che segni la rotta, gli obiettivi ed i mezzi che permettano lo sviluppo integrale della popolazione e la costruzione della solidarietà”. Di qui, l’esortazione ad “ascoltare il grido dei poveri, a definire le urgenze e le priorità per garantire il progresso ed il benessere di tutti, così da sradicare la scandalosa disuguaglianza che danneggia la dignità e la giustizia sociale”.

Tutelare donne, bambini e fasce più povere
In quest’ottica, la Cep richiama l’urgenza di ridistribuire le risorse finanziare del Paese, dando priorità alla salute, alla nutrizione ed all’istruzione della popolazione, in particolare delle fasce più povere, che rappresentano il 20 per cento del totale. Combattere la povertà “che colpisce soprattutto donne e bambini” è, dunque, il primo monito dei vescovi del Paraguay, che chiedono anche la creazione di “posti ed opportunità di lavoro”; “la promozione dell’agricoltura famigliare, uno sviluppo rurale sostenibile e rispettoso per l’ambiente, un’equa distribuzione della terra, un utilizzo responsabile delle risorse idriche, la tutela delle popolazioni indigene e dei settori sociali più vulnerabili”.

Allarme per tasso crescente di criminalità
Un ulteriore auspicio viene lanciato dai presuli affinché sia garantita la sicurezza delle famiglie, sempre più colpite “da un tasso crescente di criminalità, di violenze e di abusi che riguardano in particolare donne e bambini”, senza dimenticare i drammatici fenomeni dei “sequestri e del narcotraffico”.

Lavorare per l’unità
Facendo, poi, riferimento al magistero di Papa Francesco, i vescovi del Paraguay richiamo l’importanza di “lavorare per l’unità”, superando i conflitti per rendere possibile “la costruzione di una nuova società”, dove “ciascuno può e deve contribuire e dove la diversità di opinioni deve essere valutata positivamente”, così da “garantire libertà, uguaglianza e giustizia”. Infine, nel tempo di Quaresima, la Cep esorta alla “conversione spirituale” che spinge ad “aprire le porte ai deboli ed ai poveri, per dare piena testimonianza della gioia della Pasqua”. (I.P.)

inizio pagina

Vescovi croati: tutelare la Domenica non lavorativa

◊  

Rispettare e tutelare la Domenica, giorno del Signore, come giornata non lavorativa, da dedicare alla famiglia, alla socializzazione ed alle attività culturali: è l’appello della Conferenza episcopale della Croazia che, in una nota, esprime il suo sostegno all’iniziativa  “Alleanza Europea per la Domenica”, una rete di organizzazioni, sindacati, comunità religiose e associazioni della società civile impegnate nel diffondere il tempo libero come valore fondamentale per le società europee.

L’impegno delle associazioni cattoliche
“Esortiamo i fedeli laici, la società, i movimento cattolici e tutte le istituzioni e le associazioni che operano in favore dell’uomo e della sua dignità – si legge nella nota episcopale - a contribuire attraverso le loro attività alla tutela della Domenica nel suo significato storico, come una giornata non lavorativa che fornisce l’opportunità, ad una famiglia, di radunarsi insieme”.

Chi lavora la domenica, può sentirsi discriminato
Naturalmente, i presuli si dicono consapevoli del fatto che alcuni servizi della società, come la sanità, la sicurezza o altri di interessa generale e pubblico, debbano essere garantiti anche di domenica e nei giorni festivi. Tuttavia, altri posti di lavoro non prevedono il di riposo domenicale, danneggiando la vita familiare. “Non c'è da meravigliarsi – dicono i vescovi – che a causa di questa evidente discriminazione, lavorare la domenica porti ad un certo vuoto ed alla malinconia”.

Ricordare il significato cristiano della domenica
Pertanto, la Chiesa di Zagabria sollecita anche i media croati a sostenere l’Alleanza europea per la domenica,  iniziativa “orientata alla famiglia” ed al significato “umano e cristiano” della giornata. (I.P.)

inizio pagina

Nuovi studi su Pio XII: salvò due terzi degli ebrei romani

◊  

A cento anni dall’ordinazione episcopale di Eugenio Pacelli nuovi studi e testimonianze fanno luce sul ruolo svolto da Papa Pio XII nella protezione degli ebrei romani durante l’occupazione nazista. Se ne è parlato, ieri, durante il convegno “Pio XII: la leggenda nera sta per finire”, organizzato a Roma dal Comitato Papa Pacelli. Il servizio di Michele Raviart

Si stima che quasi due terzi dei diecimila ebrei presenti a Roma durante l’occupazione nazista siano stati aiutati direttamente o indirettamente da Papa Pio XII e della Chiesa. Oltre quattromila furono ospitati in 235 conventi della capitale italiana e 160 in Vaticano e nelle sede extraterritoriali, mentre in mille e seicento furono protetti dalla Delasem, l’organizzazione di assistenza agli emigrati ebrei segretamente finanziata anche dalla Chiesa. Nel pomeriggio del 16 ottobre 1943, giorno del tragico rastrellamento al Portico d’Ottavia in cui furono deportate mille e settecento persone, 245 ebrei furono liberati dopo un decisivo intervento di Papa Pacelli. Non solo, già prima del 16 ottobre in settecento furono aiutati dal Papa a lasciare le loro case, mentre prima della liberazione numerose furono le pressioni per liberare i prigionieri rivolte sia all’ambasciata tedesca che direttamente al capo della Gestapo a Roma, Kappler. Lo spiega l’autore degli studi, il diacono Domenico Oversteyns:

"Pio XII ha aiutato gli ebrei prima del 16 ottobre in 48 monasteri chiedendo la liberazione e successivamente aprendo altri monasteri per aiutare. Ha fatto 198 interventi per liberare o aiutare gli ebrei arrestati e deportati. In 60 furono poi liberati".

Questi dati in continuo aggiornamento, smontano progressivamente la “leggenda nera” su Papa Pacelli. Già prima della sua morte, nel 1958, dalla propaganda sovietica nacque l’idea di un Papa "silenzioso", se non connivente nei confronti di Hitler, nonostante le condanne contro il nazismo e gli appelli alla pace. Il commento del cardinale Dominique Mamberti, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica:

"È stato il Papa che ha guidato la Chiesa in un periodo molto complicato e che ha dato un contributo molto eminente alla pace internazionale. Ha traghettato la Chiesa verso la modernità. La vera figura di Papa Pacelli è molto diversa da quella che la leggenda nera ha voluto propagare".

Per Papa Eugenio Pacelli è in corso una Causa di Beatificazione, aperta da Paolo VI durante il Concilio Vaticano, mentre Benedetto XVI ne ha riconosciuto l’eroicità delle virtu. Ascoltiamo il postulatore della causa, il padre gesuita Anton Witwer:

"È dichiarata la virtù eroica, quindi lui è venerabile. Ciò che manca per una Beatificazione è l’unico miracolo. E per questo dobbiamo pregare Pio XII. È veramente una figura impressionante non solamente come Papa ma come persona che ha vissuto in modo profondo l’amore per il prossimo e l’amore per Dio".

inizio pagina

A Bologna, convegno su Chiesa e città con Zuppi e Lorefice

◊  

"Ho ancora il sogno che la Chiesa possa cambiare la città". Con queste parole mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, ieri sera ha concluso una conversazione che si è tenuta nella sua cattedrale con l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, e l’ex rettore dell’Università emiliana Ivano Dionigi. Un momento di confronto nel contesto delle celebrazioni del Congresso eucaristico diocesano. Il servizio di Luca Tentori

Chiesa e città, un binomio che ha attraversato secoli di storia: dall’Illuminismo al Medioevo, dall’agostiniana De Civitate Dei all’archetipo biblico di Gerusalemme e Babilonia. Ieri sera ne hanno parlato ancora a Bologna, in cattedrale, in una conversazione tra mondo laico e cristiano. "Carità e profezia sono il lessico della Chiesa – ha spiegato nel suo intervento l’ex rettore dell’antica università cittadina Ivano Dionigi - così come umanità e dignità sono le parole che reggono la città":

“Città e Chiesa non sono separate, sono distinte, sono compagne di viaggio, magari per strade diverse però tutte orientate verso la stessa direzione e verso la stessa meta: la salvezza dell’uomo. La salvezza è una parola che non è sequestrabile da nessuno perché è un valore assoluto, non è una parola, una prerogativa di pochi ma è una necessità e un’urgenza di tutti”.

Due fenomeni sconvolgono la storia della città di oggi: la rivoluzione tecnologica che offre infinite possibilità ma anche inedite domande, e i popoli che arrivano in Europa in cerca di una vita nuova:

“Vengono a ricordarci che la nostra cultura e la nostra storia, la nostra grande storia europea, deve fare i conti con la geografia e la demografia. Vengono a ricordarci che noi rischiamo di scontare quello che è iscritto sul nostro nome di occidentali, di destinati di essere al tramonto. Ci invitano a fare un’alleanza anche nel nostro interesse, anche per la nostra salvezza”.

Una riflessione ecclesiale è stata invece offerta dall’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, che ha ricordato la responsabilità dei cristiani nel far ripartire le città. Occorre però leggere la storia, luogo teologico della presenza di Dio, con uno sguardo dal basso, dalla parte dei sofferenti:

“L’Eucarestia è la vera responsabilità che la Chiesa ha nei confronti degli uomini e delle città. La Chiesa deve custodire questa consapevolezza: tenere aperta la memoria del mondo nuovo, del mondo riscattato dal male. Questo è l’Eucarestia, perché l’Eucarestia è il memoriale della Pasqua del Signore e dunque dell’annuncio del mondo e della città degli uomini riscattata dal male”.

inizio pagina
Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 62

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.