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Sommario del 13/03/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Parolin: 4 anni con Francesco, il Papa della “riforma del cuore”

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Ricorre oggi il quarto anniversario dell’elezione di Papa Francesco. Quattro anni vissuti con grande intensità dal Pastore venuto “quasi dalla fine del mondo” che sta attuando un’opera di profondo rinnovamento della Chiesa. Anche questo quarto anno è stato denso di momenti e documenti magisteriali. E’ stato l’anno di Amoris Laetitia e dello storico abbraccio con il Patriarca Kirill a Cuba, l’anno della Gmg di Cracovia e della visita ad Auschwitz, della Canonizzazione di Madre Teresa e del viaggio ecumenico a Lund nel 500.mo della riforma di Lutero. A legare tutti questi punti, il filo rosso della misericordia – architrave del Pontificato – che ha avuto il suo culmine nel Giubileo straordinario. Per una riflessione sui temi forti di questi primi quattro anni di Pontificato e sull’orizzonte che Papa Francesco sta aprendo nella vita della Chiesa, il cardinale Pietro Parolin ha concesso un’intervista esclusiva alla Radio Vaticana–Segreteria per la Comunicazione. Al microfono di Alessandro Gisotti, il segretario di Stato muove la sua riflessione ritornando con la memoria a quel 13 marzo del 2013 quando il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio fu eletto Papa, il primo nella storia della Chiesa con il nome di Francesco: 

R. – Quel giorno, il 13 marzo, io non ero a Roma, ero ancora a Caracas (come nunzio in Venezuela ndr). Quindi la notizia ci raggiunse a mezzogiorno, mentre qui a Roma era già sera. Ovviamente, la cosa che prima di tutto sentii fu una grande sorpresa per questo nome, per l’elezione del cardinale Bergoglio, di cui avevo sentito parlare ma che non si prevedeva in quel momento sarebbe stato il nuovo Papa, almeno la stampa non lo presentava tra i “papabili”. Quindi una grande sorpresa e una sorpresa anche per il nome, questo nome “Francesco” che non c’era nella serie dei Papi e che ha, secondo me, individuato subito un po’ quelle che sarebbero state le caratteristiche del nuovo Pontefice. Poi nel suo discorso, fatto con tanta semplicità, con tanta pace, con tanta serenità, mi ha colpito soprattutto questo affidamento reciproco, il fatto che lui si sia affidato al popolo e ha chiesto la preghiera del popolo affinché Dio lo benedicesse, il “popolo santo di Dio”, come ama dire Papa Francesco. D’altra parte, è l’affidamento anche del pastore al popolo, del popolo al pastore e del pastore al popolo e tutti insieme affidarsi a Dio. Da qui è uscita questa immagine di Chiesa che è un camminare insieme, pastore e popolo, con fiducia e affidandosi tutti alla preghiera e quindi alla grazia e alla misericordia del Signore.

D. – Il Santo Padre, fin dai suoi primi interventi pubblici, ha messo l’accento proprio sulla necessità di essere “Chiesa in uscita”, Chiesa in cammino. Si sta affermando ai diversi livelli della Chiesa questo stile sinodale, questa visione a cui il Papa tiene molto?

R. – Evidentemente è un cammino lungo, un cammino progressivo, un cammino che, potremmo dire, ha avuto il suo inizio con il Concilio Vaticano II, di cui Papa Francesco vuole essere colui che lo continua nella sua applicazione nella vita della Chiesa. Mi pare importante questa Chiesa in cammino, questa Chiesa che si apre: una Chiesa che si apre innanzitutto al Signore, una Chiesa in uscita verso il suo Signore, verso Gesù Cristo. E proprio perché la Chiesa è in uscita verso Gesù Cristo riesce anche ad accompagnare la gente, ad incontrare la gente, ad accompagnare la gente nella sua realtà di ogni giorno. Questo mi pare molto importante e mi pare che questo cammino va fatto insieme. Ecco la sinodalità! La Chiesa in cammino va fatta insieme, ma sotto la guida dello Spirito Santo. Quindi una Chiesa che è riunita dallo Spirito dove ognuno è attento alla voce dello Spirito e dove ognuno mette in comune proprio anche i doni che lo Spirito Santo gli dà per la realizzazione di questa missione.

D. – Il Giubileo della Misericordia si è concluso ma la misericordia resta l’architrave di questo Pontificato, come ci ricorda anche il motto episcopale di Jorge Mario Bergoglio. Dove vede i frutti più fecondi di questo continuo richiamo del Santo Padre alla dimensione della misericordia, della tenerezza di Dio?

R. – Io vorrei dire che questa insistenza sulla misericordia non è tanto un gusto personale del Papa quanto è proprio il centrare l’attenzione sul Mistero fondamentale che è quello dell’amore di Dio. La storia della Salvezza non è altro che la storia della rivelazione dell’amore, della misericordia e della tenerezza di Dio nei confronti dell’umanità. E il Papa ci ha proprio richiamato a questo centro, a questa fonte. Credo che lo sforzo della Chiesa debba essere proprio quello di farsi tramite, di farsi canale di questo incontro tra la misericordia di Dio e l’uomo di oggi nella sua realtà concreta, nelle sue gioie e nei suoi dolori, nelle sue sicurezze e anche nelle sue debolezze e nei suoi dubbi. L’Anno Santo della Misericordia è stato proprio un’offerta che il Papa ha fatto alla Chiesa perché diventasse questo strumento di misericordia. Giustamente, come lui ha detto, si chiude la Porta Santa ma la porta della misericordia rimane sempre aperta! Per quanto riguarda i frutti vorrei sottolineare due cose. La prima è, da parte di molti cristiani, di molti battezzati, la riscoperta della Confessione come Sacramento della misericordia di Dio dove il Signore Gesù ci fa sperimentare la misericordia del Padre, il perdono dei peccati e tutto il suo amore nei nostri confronti. Ho sentito da tante parti che c’è stato un risveglio di questo Sacramento e tante persone si sono accostate. Speriamo che questo risveglio continui e si traduca davvero in una rinnovata frequenza al Sacramento della Riconciliazione. La seconda è l’attenzione alle situazioni di povertà, di indigenza. Il Papa ci ha mostrato, con i gesti soprattutto, questo esercizio della misericordia che tra l’altro è anche una delle richieste che ci viene fatta pressantemente in Quaresima: la conversione nasce proprio dall’esercizio delle opere della carità fraterna. E quindi questa rinnovata attenzione alle persone che si trovano in difficoltà, ai poveri, agli emarginati, a coloro che hanno bisogno di sostegno e di vicinanza. Mi pare che siano state tantissime le iniziative. Credo che anche questa sia una dimensione sulla quale si dovrà continuare ad insistere.

D. –  Nel quarto anno di Pontificato, in particolare con la pubblicazione dell’Esortazione post-sinodale Amoris laetitia sono emerse, in ambito cattolico, anche delle critiche, delle incomprensioni, se vogliamo, nei  confronti del Magistero di Papa Francesco. Che lettura se ne può dare?

R. – Io direi innanzitutto di guardare all’Amoris laetitia come a un grande regalo che c’è stato fatto. Il Papa, mi ricordo sempre all’inizio, prima dell’avvio del primo Sinodo sulla famiglia, diceva: “Questo Sinodo dovrà far brillare il Vangelo della famiglia”. E il Vangelo della famiglia vuol dire da una parte il piano di Dio sulla famiglia, quel piano che Dio aveva concepito fin dall’eternità sulla famiglia e nello stesso tempo anche le condizioni reali in cui questa famiglia vive: una famiglia segnata dal peccato originale come tutta la realtà umana. Quindi io credo che l’Amoris laetitia ha dato un grande impulso, sta dando un grande impulso, come sento anche da tante persone, alla pastorale familiare. Sta veramente producendo frutti di rinnovamento e di accompagnamento delle situazioni familiari che si trovano nella fragilità. Per quanto riguarda le critiche… Be’, critiche nella Chiesa ce ne sono sempre state! Non è la prima volta che succede. Credo che lo stesso Papa ci ha dato la chiave per leggerle: cioè, devono essere critiche sincere, che vogliono costruire e allora servono per progredire, servono anche per trovare la maniera insieme di conoscere sempre meglio la volontà di Dio e di applicarla.

D. – Papa Francesco sta avviando anche una profonda riforma della Curia. Spesso sottolinea poi che tutti abbiamo bisogno di una riforma, se vogliamo anche molto più importante, “la riforma del cuore”. E in Evangelii gaudium invoca “una riforma della Chiesa in uscita missionaria”. Perché questo processo di riforma è così importante per questo Pontefice che lo richiama così costantemente in tanti ambiti?

R: - Nella storia, il Concilio poi l’ha ripreso, la Chiesa semper reformanda! E’ una dimensione fondamentale della Chiesa quella di essere in un processo di riforma, di “conversione”, per usare il termine evangelico. Ed è giusto che sia così, è necessario che sia così. Il Papa ce lo ricorda con insistenza perché la Chiesa diventi sempre più se stessa, diventi sempre più autentica, tolga quelle incrostazioni che si vanno accumulando nel cammino della storia e risplenda davvero come una trasparenza del Vangelo. Direi che questo è fondamentalmente il senso della riforma ed è per questo che il Papa insiste sulla “riforma del cuore”! Ogni riforma anche strutturale di cui c’è bisogno - a livello della Curia romana ci sono già state varie decisioni, il Papa le ricordava nell’ultimo discorso alla Curia romana, che stanno portando a delle trasformazioni, a un rinnovamento - però tutto parte dal cuore, tutto parte dall’interno. E quindi, giustamente, il Papa insiste su questo. Io vorrei dire, è importante, come del resto lo dice lui, insistendo sulla “riforma del cuore”: non sono i criteri funzionali che devono guidare questa riforma ma, appunto, più profondamente, i criteri di un autentico ritorno a Dio e un’autentica manifestazione della vera natura della Chiesa.

D. – Da ultimo, eminenza, lei è il più stretto collaboratore del Santo Padre. Cosa le sta donando personalmente, innanzitutto come cristiano prima ancora che come Segretario di Stato, lo stare accanto a Papa Francesco in questi anni?

R. – Veramente ringrazio il Signore! Quello che mi impressiona di Papa Francesco è proprio questa sua lettura di fede delle cose, delle situazioni, da cui nasce, direi, una grande serenità di fondo. Lui lo ha detto anche tante volte, ma lo sperimento proprio nel contatto con lui: questa serenità di fondo per cui di fronte alle situazioni, anche alle più difficili, alle più complicate - ce ne sono tante che sono anche motivo di preoccupazione, anche di inquietudine - questa capacità di guardare con serenità le cose, di sapere che le cose sono in mano a Dio e quindi di andare avanti con forza, di andare avanti con coraggio. E direi che questo mi aiuta molto anche nell’esercizio delle mie responsabilità e del mio ruolo.

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Papa Francesco: "Per favore, continuate a pregare per me"

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“Per favore, continuate a pregare per me”. Papa Francesco affida ad Instagram questo invito rivolto ai fedeli nel giorno in cui ricorre il quarto anniversario della sua elezione. Nella foto postata sull’account “Franciscus” lo si vede sulla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, inchinato, mentre i fedeli pregano per lui. E su Twitter scrive: “Lo Spirito Santo ci guidi a compiere un vero cammino di conversione, per riscoprire il dono della Parola di Dio”. Ma ritorniamo a quel 13 marzo 2013, all’annuncio della sua elezione, al suo primo saluto e al primo Angelus, qualche giorno dopo, in cui Papa Bergoglio già definisce il carattere del Pontificato. Il servizio di Sergio Centofanti: 

“Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam! Eminentissimum ac reverendissimum dominum, dominum Georgium Marium, Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio, qui sibi nomen imposuit Franciscum”.

Con queste parole il cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran annunciava l’elezione di Papa Francesco. Affacciandosi dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana per il suo primo saluto, il Papa si rivolgeva così alla folla presente in Piazza San Pietro:

“Fratelli e sorelle, buonasera!”.

E al momento della benedizione:

“Vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me”.

Nel suo primo Angelus, il 17 marzo 2013, il Papa, commentando il Vangelo dell’adultera perdonata, già traccia quello che sarà il cammino del suo Pontificato. La misericordia di Dio è al centro del messaggio cristiano:

“Questa parola cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza”.

Il volto di Dio - spiega - è quello di un padre misericordioso e paziente:

“Avete pensato voi alla pazienza di Dio, la pazienza che lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui con il cuore contrito. ‘Grande è la misericordia del Signore’, dice il Salmo”.

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L'affetto dei fedeli: Papa Francesco, uno di famiglia

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Nel quarto anniversario dell'elezione di Papa Francesco, c'è tanta gioia anche tra i numerosi fedeli presenti questa mattina in Piazza San Pietro. Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro:

 

R. - Ricordo bene il giorno in cui il Papa è stato eletto, il suo richiamo al fatto che era vescovo di Roma e al momento della elezione ha chiesto a tutti quanti in Piazza San Pietro di pregare per lui. Questo è un momento che mi ha commosso. Ringraziamo il Signore per la sua elezione e continuiamo a pregare per lui. Se guardiamo bene e ascoltiamo bene i discorsi del Papa fa sempre cenno a questo, di pregare per lui.

R. – Io mi porto nel cuore l’essenza di Papa Francesco, quando la domenica ci saluta da quella finestra e ci augura buon appetito come se fosse un parente della nostra grande famiglia. E quindi in questa piazza si rivolge a tutti, credenti e non credenti, che però hanno una speranza, una speranza di fede, hanno bisogno di spiritualità.

R. – Tocca il cuore della gente. E’ veramente un dono in questo momento in cui ci sono tante sfide… 

R. – Mi colpisce la sua semplicità, l’essere chiaro nelle cose che dice, è molto affabile con la gente. Anche ieri abbiamo avuto un’esperienza con i ragazzi, abbiamo portato uno striscione e lui ha fatto menzione di questo, i ragazzi erano contentissimi! Questa sua attenzione per i ragazzi per gli ultimi, senza distinzione.

D. – C’è qualche parola di Papa Francesco che le rimane nel cuore?

R. - L’attenzione alla persona, a qualunque tipo di persona, non crea mai muri tra le persone ma ascolta tutti. Mi piace la sua espressione della “Chiesa come un ospedale da campo”.

R. – La carità, che riesce ad esprimere con parole molto semplici. Si vede che è stato scelto dallo Spirito Santo.

R. – L’ultima cosa che ho sentito mi è piaciuta, quella riguardo agli smartphone, di tenere più in mano una Bibbia rispetto al telefono. 

R. – L’augurio che faccio al nostro Papa è di continuare quello che già sta facendo perché tutti noi fedeli veramente vediamo il buon esempio che lui sta dando.

D. - Da dove viene?

R. –Dalle Filippine.

D.  – Il Papa è stato nelle Filippine, cosa ricorda di quella visita?

R. - Ricordo che il popolo ha vissuto quel momento come un tesoro, tutti hanno conservato nel loro cuore quella visita.

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Papa nella parrocchia di S. Maddalena di Canossa: Gesù ci aspetta sempre

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L’amore di Gesù per l’uomo, le chiacchiere che distruggono il cuore, l’ascolto dell’altro: sono alcuni temi affrontati dal Papa durante la visita, nel pomeriggio di questa domenica, nella Parrocchia romana di Santa Maddalena di Canossa, nella Borgata Ottavia, alla periferia Nord della capitale. Francesco ha incontrato tutta la comunità, ha dialogato con bambini e ragazzi, ha pregato con gli ammalati e confessato alcuni fedeli prima di presiedere la Santa Messa. Il servizio di Massimiliano Menichetti

Il dialogo con i ragazzi
“Il Papa è arrivato a Ottavia Lucchina, a Santa Maddalena! (acclamazioni, suono campane - canto) Un applauso a Papa Francesco!”.

I canti, la gioia dei bambini e dei ragazzi hanno accolto il Papa nel campo sportivo e, in uno scambio continuo di sorrisi, il dialogo è iniziato con la domanda di Elisabetta:

“Caro Papa Francesco, quando è iniziato il tuo primo incontro con Gesù?”.

Il Papa ribalta la domanda e ribadisce che è “Gesù che si è avvicinato prima”:

“Gesù sempre viene incontro a noi. E se tu vedi venire Gesù da questa parte e fai un po’ lo sciocco e guardi dall’altra, Gesù se ne va?".

Bambini:
"No! Ti aiuta!".

Papa Francesco:
"Forte!".

Bambini:
"No!".

Papa Francesco:
"Ti prende per l’orecchio e ti fa così?".

Bambini:
"Nooo! Ti fa capire quello che hai sbagliato!".

Papa Francesco:
"Ecco, ti parla al cuore, ti fa capire cos’è l’amore e se tu non vuoi sentirlo, cosa fa? Se ne va? Rimane. Rimane lì. Ha pazienza. Gesù aspetta sempre".

Mi è sempre piaciuto essere sacerdote 
Patrizio chiede a Francesco se gli piace essere Papa o preferiva essere semplice sacerdote. Non servono “soldi” e non si “studia per questo”, risponde tra il divertimento dei presenti; poi porta l’esempio di San Pietro e dice: “Ha rinnegato Gesù, fu un peccato grave, ma Dio lo ha scelto”:

“Ma a me piace, e mi piaceva anche quando ero rettore della facoltà e anche parroco, tutti e due: mi piaceva tanto. Mi piaceva anche fare scuola di catechesi, la Messa ai bambini … mi piaceva. Sempre, essere sacerdote è una cosa che a me è piaciuta tanto”.

Chiacchiere come bombe 
Francesco richiama tutti all’impegno per gli altri, alla costruzione della pace, a diffondere l’amore, a riconciliarsi “prima che finisca il giorno” se c’è stata una lite. Le parolacce non sono belle - ammonisce - “mai una bestemmia”. Poi a Sara, che domanda cosa lo spaventa e gli fa paura, risponde: “Quando una persona sceglie di essere cattiva” e poi le chiacchiere che ci sono, anche “in Vaticano”, e sono come le “bombe” lanciate dai “terroristi” che poi scappano:

“Le chiacchiere distruggono: distruggono. Distruggono una famiglia, distruggono un quartiere, distruggono una parrocchia, distruggono tutto. Ma soprattutto, le chiacchiere distruggono il tuo cuore”.

Il Papa e la Tv
“Sono stati tanti” i momenti belli della vita - risponde ad Edoardo - ricordando quando da bambino andava allo stadio con il papà e la mamma. Poi, incontrare gli amici, pregare in silenzio, “leggere la Parola di Dio”. Tutti ridono quando dice che vedersi in  tv non gli piace:

“No, non mi piace: la tv mi fa brutto! [ride, ridono] Hai visto che la tv ti cambia la faccia? Ti fa un po’ … non come sei … no, a me piacciono direttamente le cose. Quello non mi piace: è perdere tempo”.

Poi il Papa gira la domanda e chiede ai bambini se anche loro abbiano momenti belli nella vita e tutti rispondono in coro: “Oggi”. E Francesco scoppia a ridere con loro.

Grazie alle catechiste
Ringrazia le catechiste per il loro lavoro e con una parola le abbraccia tutte:

“Cosa sarebbe la Chiesa senza di voi! Voi siete pilastri nella vita di una parrocchia, nella vita di una diocesi”.

Saper ascoltare
A Camilla risponde sulla tecnologia, che permette di comunicare ma pone problemi di dialogo, ribadendo che oggi, nell’era dei telefonini, “una delle malattie più brutte è la poca capacità di ascolto”. Poi evidenzia che quando si va a trovare un malato non bisogna sommergerlo di parole:

“Quando tu vai a visitare un malato, stai zitto. Dagli un bacio, accarezzalo, una domanda: 'Come stai?', e lascialo parlare. Ha bisogno di sfogarsi, ha bisogno di lamentarsi, ha bisogno anche di non dire nulla ma di sentirsi guardato e ascoltato. La lingua al secondo posto”.

Il dialogo liquido degli smartphone
La sfida quindi è dialogare, dopo l’ascolto:

“E dall’ascolto al dialogo. E anche al dialogo concreto, perché questo che si fa con il telefonino è virtuale, è liquido, non è concreto. La concretezza del dialogo: questo è molto importante”.

L’abbraccio con anziani e ammalati
Poi lo spostamento nel teatro della parrocchia per il saluto ai genitori e neonati battezzati durante l’anno. Toccante l’abbraccio con gli anziani e in particolare con gli ammalati, incontrati nel Salone:

“Vi ringrazio di essere qui. Vi prometto di pregare per voi, e anche dirvi semplicemente che la malattia è una croce – voi lo sapete – ma la croce è un seme di vita e portandola bene si può dare tanta vita a tante gente che noi non sappiamo”.

“Vi sono vicino”, dice, “vi chiedo di pregare per me”:

“Che il Signore mi dia vita spirituale, che mi faccia buono, che mi faccia un buon sacerdote per il servizio agli altri. Mi affido alle vostre preghiere”.

Dopo l’incontro con i collaboratori della pastorale, ha confessato alcuni fedeli. Quindi ha presieduto la Santa Messa.

Gesù si è annientato per salvarci
Riferendosi al Vangelo della domenica, Francesco parla del volto trasfigurato, “luminoso e brillante di Gesù”, ma anche del volto del dolore della Croce. “Gesù si è annientato per salvarci”, si è “fatto peccato”:

“Noi siamo abituati a parlare dei peccati altrui: che cosa brutta … Invece di parlare dei peccati altrui, non dico di farci peccato noi, perché non possiamo, ma di guardare i nostri peccati e Lui, che si è fatto peccato. E questo è il cammino verso la Pasqua”.

Dio perdona sempre
Il Papa dunque invita a guardare i due volti del Salvatore ed a contemplarli per essere incoraggiati nella vita:

“Ci incoraggi ad andare avanti nel cammino della vita, nel cammino della vita cristiana. Ci incoraggi a chiedere perdono per i nostri peccati, a non peccare tanto. Ci incoraggi soprattutto ad avere fiducia, perché se Lui si è fatto peccato è perché ha preso su di Lui i nostri. E Lui è disposto sempre a perdonarci; soltanto, dobbiamo chiederlo”.

"Grazie per la calorosa accoglienza, andate avanti con gioia", dice Francesco fuori della parrocchia; poi la preghiera alla Vergine e la benedizione, quindi, tra gli applausi, il rientro in Vaticano.

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Oggi in Primo Piano



L'Olanda si prepara alle parlamentari, ma è polemica con Ankara

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Alla vigilia delle legislative di mercoledì prossimo, in Olanda non accennano a diminuire le tensioni con la Turchia, dopo la decisione del governo di Mark Rutte di impedire al volo del ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, di atterrare a Rotterdam, dove il diplomatico avrebbe dovuto tenere conferenze a favore del referendum che il prossimo mese dovrà decidere se la Turchia passerà o no al sistema presidenziale. Quasi nelle stesse ore, l’auto della ministra per le politiche sociali e familiari di Ankara, Fatma Betul Sayan Kaya, veniva bloccata dalle autorità olandesi mentre cercava di raggiungere via terra la medesima località. Un comportamento giudicato “vergognoso” dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. In questo clima, la sfida alle parlamentari si gioca tra il Partito liberale del premier Rutte, accreditato di 23-27 seggi sui 150 della camera bassa, e il Partito per la libertà dell’euroscettico Geert Wilders, che dovrebbe guadagnare tra i 19 e i 23 seggi. Giada Aquilino ha intervistato Antonio Villafranca, responsabile del programma Europa dell’Ispi: 

R. – Sono elezioni che stanno catalizzando l’attenzione internazionale per questa fiammata nelle relazioni tra Ankara e L’Aja, in merito proprio alla questione del referendum in Turchia. Nella campagna elettorale che si sta svolgendo in Olanda, c’è un primo ministro che si ricandida ma in una situazione di enorme frammentazione del sistema partitico locale. In pratica, non si capisce chi dovrebbe arrivare primo: se sarà l’ultranazionalista Wilders o se sarà il partito di Rutte. In ogni caso si andrà comunque verso una coalizione di governo. Allora, in una situazione così confusa, lo stesso primo ministro Mark Rutte sta cercando di creare consenso proprio a partire dalla questione della visita poi negata al ministro turco. Al momento, quello che sembra ne stia beneficiando di più è però Wilders, il leader dell’estrema destra che soffia sul sentimento anti-islamico molto forte in Olanda, un Paese in cui – ricordiamo – ci sono stati eventi drammatici come l’uccisione del regista Theo van Gogh.

D. – Perché questa netta posizione nei confronti della Turchia?

R. – Questa decisione è stata presa anche da altri Paesi del Nord Europa e al momento sta spaccando l’Europa: purtroppo, ancora una volta, l’Unione Europea non dà prova di unità. D’altra parte, questo è anche un cavallo di battaglia che sta utilizzando Erdogan per cercare di raccogliere voti in giro per l’Europa, visto che gli ultimi sondaggi non danno una scontata vittoria per il “sì” al referendum che trasformerebbe la Turchia in una Repubblica presidenziale.

D. – Il voto in Olanda potrebbe essere l’ennesimo capitolo di quell’avanzata dei partiti della destra populista, euroscettici e che cavalcano la paura dei migranti, come è avvenuto in altri Paesi d’Europa dove sono crollati i consenti per i partiti tradizionali?

R. – Questo è ciò che si teme, il motivo per cui il voto olandese sta catalizzando così tanto l’attenzione in Europa, a prescindere poi dall’incidente con Ankara. I sondaggi fino a una decina di giorni fa dicevano che il partito di Wilders, che è una forza anti-establishment, potrebbe rappresentare il primo partito. Non dovrebbe riuscire comunque a formare un governo, perché molti altri partiti si sono detti indisponibili a una coalizione di governo con il partito di Wilders. Ma non c’è dubbio che è il segnale politico che arriverà dall’Olanda ad essere importante: se il partito di Wilders, appunto, fosse il primo partito in Olanda è ovvio che sarebbe un segnale politico forte nei confronti degli altri movimenti euroscettici, nazionalisti, populisti in giro per l’Europa.

D. – Un altro aspetto di queste elezioni è il conteggio dei voti a mano, per paura di incursioni di pirati informatici russi…

R. – C’è un’attenzione ormai nel mondo che è sempre più netta verso quelli che, appunto, sono attacchi cyber, da qualunque parte possano arrivare, non solo da parte russa. Quindi è evidente che ci si cerchi di tutelare rispetto ad attacchi di questo tipo; ma va anche circoscritta la questione, nel senso che noi tutti ci aspettiamo che in prossimità delle elezioni vengano fatti dei controlli molto serrati. Ma il fatto che comunque in Olanda ci sia un governo essenzialmente di centrodestra - e che cerca anche di porsi su posizioni di estrema destra per "grattare" dei voti a Wilders - fa sì che vengano maggiormente enfatizzate pure le questioni legate a eventuali cyber-attacchi da parte della Russia.

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Usa: Trump punta su petrolio e carbone, a rischio intese su clima

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La politica energetica del presidente americano Donald Trump sarà tutta rivolta alla produzione di petrolio e soprattutto al recupero delle estrazioni di carbone. L’obiettivo dichiarato del capo della Casa Bianca è quello di rendere autonomo il Paese, in particolare dai produttori arabi, e rilanciare il lavoro, ma andando contro le politiche globali per la difesa del clima. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Gianni Riotta, giornalista esperto di politica estera: 

R. – Pare che proprio in questa settimana, il presidente americano Trump voglia lanciare il suo ordine esecutivo per cancellare il “Cleaner Act”, che aveva caratterizzato la politica energetica americana degli ultimi anni, e dovrebbe anche infine cancellare tutta la politica dell’Agenzia federale, che difende l’ambiente. Trump pensa di potere rilanciare il carbone come fonte energetica americana e in questo modo creare posti di lavoro. E proprio meno di 2 o 3 giorni fa il nuovo capo dell’agenzia per l’ambiente, Scott Pruitt, ha detto: “Io non credo che l’effetto serra e il riscaldamento dell’atmosfera siano legati all’attività umana”, quindi pensando come i cinesi, fino a qualche anno fa, di bruciare carbone per produrre lavoro e ricchezza.

D. – Produrre energia in proprio, anche dal punto divista politico, per non dipendere dagli Stati che producono il petrolio e il gas, quindi soprattutto dai Paesi arabi: dopo la chiusura sull’immigrazione, quindi, una chiusura ancora più forte, questa, verso quei Paesi?

R. – La politica dell’indipendenza energetica americana per liberare gli Stati Uniti dal ricatto dei Paesi produttori di petrolio, che da tanti anni li rende schiavi di ogni guaio del Medio Oriente, non è stata inventata da Trump, perché già gli ultimi due presidenti – Bush figlio e Obama – l’hanno fatto con l’estrazione di Shale-gas, il gas ricavato dalle rocce in profondità, che sta portando l’America a essere totalmente indipendente dal petrolio in Medio Oriente. Oggi parecchi Stati – per esempio, lo Stato di New York – resistono a favore dei temi di difesa dell’ambiente. La vera novità di Trump è il rilancio del carbone. Ma non riuscirà, questo tentativo, perché la svolta verso le energie rinnovabili, le energie pulite, che in America ormai è radicale, non è un fatto politico o ambientalistico, ma è un fatto economico: cioè, il solare sta creando centinaia di migliaia di posti di lavoro, più del carbone; e moltissime miniere, proprio negli Stati che hanno eletto Trump, vengono abbandonate perché non è più economico sfruttarle.

D. – Le scelte energetiche di Trump potranno avere conseguenze sui mercati internazionali e sull’economia di quei Paesi che non producono energia in proprio?

R. – Ce l’hanno già perché il nazionalismo economico di Trump, per adesso, ha fatto salire la Borsa che spera in un suo grande programma di costruzione, di infrastrutture. Ha fatto però anche deprimere i titoli della grande distribuzione, che teme che i prodotti non importati saranno, sì fatti in America, però costeranno molto di più di quelli che vengono importati dall’estero e dall’Asia. La vera prima conseguenza della politica energetica di Trump nel mondo è la fine di una collaborazione. A fatica Obama aveva convinto perfino i cinesi a partecipare agli Accordi di Parigi. Dopo Trump, invece, ogni blocco di Paesi opera per sé: quella collaborazione internazionale sul clima mi sembra svanire …

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Biotestamento: ddl su fine vita approda alla Camera

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Al via oggi alla Camera dei deputati la discussione del disegno di legge sulle "Disposizioni anticipate di trattamento" (Dat). Tra i punti più controversi, la possibilità di sospendere idratazione e alimentazione, considerati trattamenti sanitari rifiutabili, e la natura vincolante per struttura sanitaria e medico delle volontà del paziente. Il servizio di Marco Guerrra

Il testo sul biotestamento arriva in aula dopo un mese di discussione in Commissione affari sociali e l’approvazione da parte di Pd, Sel e Movimento 5 Stelle. Contrarietà di massima è espressa da alcuni ambienti della maggioranza, cattolici dem e Ndc, e dall’opposizione di centro-destra, anche se Forza Italia sembra orientata a lasciare libertà di coscienza sul voto finale. La Chiesa italiana ha già chiarito la sua posizione al Consiglio Cei di gennaio scorso, quando il cardinale Bagnasco ha espresso preoccupazione per le proposte legislative che rendono la vita “un bene affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo”. Molti gli emendamenti che cercano di rendere più equilibrato il testo. Questo il parere di Mario Marazziti, esponente di Democrazia solidale e presidente della Commissione Affari sociali:

R. – Il testo è un risultato a mio parere significativo anche se rimangono punti, per noi cattolici, ancora estremamente sensibili. Come è stato emendato nei lavori di commissione io credo che ci siano dei miglioramenti importanti all’articolo 1, 2 e 4. Sono 5 in tutto: cioè, all’inizio c’è la tutela della vita e della salute, la citazione non solo dell’articolo 32 ma di tre articoli della Costituzione italiana, dei primi tre articoli della Carta europea; ci sono cambiamenti significativi a garanzia della vita dei disabili gravi, di chi non può esprimersi, nell’articolo 2; e l’articolo 4, la pianificazione condivisa delle cure, cioè quando si entra davvero dentro una malattia gravemente invalidante a esito infausto nella fase terminale inizia la pianificazione condivisa tra medico e paziente. Quindi è un atto che supera le DAT, le dichiarazioni o disposizioni  anticipate di trattamento.

D. - Alla luce di tutto questo, quali sono le parti più controverse e che possono essere migliorate di questo testo?

R. - Rimangono dei punti, il sistema dell’idratazione e dell’alimentazione assistita e soprattutto l’articolo 3. C’è chi è preoccupato che ci sia dentro la possibilità dell’eutanasia passiva ma diciamo subito: è un testo che esclude eutanasia attiva e suicidio assistito, è un testo che vuole essere non eutanasico neanche indirettamente. Poi alcune formulazioni lasciano dei problemi e delle preoccupazioni.

L’equiparazione di sostegni vitali come idratazione e nutrizione assistite a terapie che possono essere interrotte resta quindi il punto cruciale del dibattito. Sui rivolti etici abbiamo raccolto il parere l'onorevole Eugenia Roccella (Idea), anch’essa componente della Commissione che ha esaminato il ddl:

R. - Il testo è migliorato in alcuni punti, ma restano i due punti cruciali dell’apertura all’eutanasia: uno è l’idea che idratazione e alimentazione, comunque siano forniti, siano trattamenti sanitari; per noi è semplice dire che non lo sono, perché quali sono le patologie che idratazione e alimentazione curano? Se si sospendono queste due cose il paziente muore comunque e muore anche una persona sana. L’altro è l’obbligo per il medico di eseguire le volontà del paziente. Non c’è più l’alleanza terapeutica ed il medico è ridotto ad un esecutore.

D. - Quindi c’è un problema anche etico di autodeterminazione dell’individuo e appunto del disporre della propria vita a proprio piacimento…

R. - Il problema è che nella volontà di morte del singolo in ballo non c’è solo l’autodeterminazione, cioè la volontà del singolo; ma c’è in gioco l‘idea che la comunità ha della morte, cioè se c’è indifferenza e quindi siccome una persona è autodeterminata si può buttare dal ponte, se soffre, la sofferenza è affare suo e la collettività non è coinvolta, o c’è invece partecipazione, c’è coinvolgimento. La scelta di morte non è uguale alla scelta di vita come vorrebbero i fautori dell’autodeterminazione e questo coinvolge l’intera comunità. È un concetto di solidarietà e fratellanza. È anche rischioso, perché se al cuore di tutto il sistema sanitario mettiamo l’autodeterminazione, poi non ci si può dire che bisogna prendere, per esempio, misure riguardo alla salute pubblica. Per esempio. non esiste l’idea dell’obbligo vaccinale, non esiste nemmeno, aldilà del sistema sanitario, l’idea dell’obbligo delle cinture di sicurezza o del casco. Se io son autodeterminato, se questo vale più di tutti, distrugge l’idea che invece la vita e la salute siano un bene fondamentale che va tutelato da tutti i punti di vista.

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Spagna: al via Plenaria vescovi per eleggere presidente

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Dovrà eleggere il nuovo presidente dei vescovi spagnoli la 109ma Assemblea plenaria della Conferenza Episcopale Spagnola che si è aperta questa mattina a Madrid. Sarà una riunione particolarmente importante perché rinnoverà tutte le principali cariche per il triennio 2017-2020, compresi i membri del Comitato Esecutivo, i 14 presidenti delle Commissioni Episcopali, i tre presidenti delle sottocommissioni episcopali, il presidente della giunta episcopale per le questioni giuridiche e i tre membri del Consiglio dell’Economia.

Al voto anche per la scelta del nuovo segretario generale
I presuli eleggeranno anche  il nuovo segretario generale, il cui mandato dura cinque anni. Le votazioni avranno luogo tra domani e mercoledì 15 marzo. 80 i partecipanti, 79 i vescovi aventi diritto al voto: tra loro 3 cardinali, 13 arcivescovi, 51 vescovi diocesani e 13 ausiliari. Ad aprire la plenaria stamani il discorso dell’arcivescovo di Valladolid e  presidente uscente della CEE, il cardinale Ricardo Blázquez Pérez, seguito dal saluto del nunzio apostolico in Spagna, mons. Renzo Fratini.

Previsto un bilancio dell’ultimo triennio
La fase precedente alle votazioni prevede un bilancio delle attività svolte dalla Conferenza Episcopale nel triennio appena concluso. Inoltre ogni votazione sarà preceduta da un sondaggio pre-elettorale: il primo si svolgerà questa sera. Al termine delle elezioni, mercoledì pomeriggio, potranno già avere luogo le prime riunioni del Comitato Esecutivo e della Commissione Permanente. I lavori delle Commissioni Episcopali invece dovrebbero avere inizio giovedì pomeriggio.

Insegnamento religione, sacerdozio e sinodo giovani, tra i temi in agenda
Tra i temi all’ordine del giorno dell’assemblea è previsto anche lo studio della situazione dell’insegnamento della religione in Spagna, le riflessioni sulla Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, con l’intervento di mons. Jorge Carlos Patron Wong, segretario per i Seminari Arcivescovo della Congregazione per il Clero e lo studio del documento per la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema "Giovani, Fede e discernimento vocazionale". (A cura di Paolo Ondarza)

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Custodia di Terra Santa offre area per centro giovani a Gerico

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Corsi di pittura, di computer, teatro, attività sportive: sono alcune delle attività che offrirà gratuitamente il centro per giovani dai 14 ai 29 anni inaugurato la settimana scorsa a Gerico. La struttura è stata costruita su una proprietà della Custodia di Terra Santa e grazie al contributo di USAID (United States agency international development) e ANERA (American Near East Refugee Aid), ha dato vita a circa 570 posti di lavoro temporanei - vi presteranno servizio palestinesi - e a lungo termine offrirà nuove opportunità ai giovani di Gerico per sviluppare la propria personalità, mettersi in gioco, formarsi per entrare nel mondo del lavoro.

La Custodia di Terra Santa a servizio fra cristiani e musulmani
“La Custodia di Terra Santa è contenta quando può mettere la propria presenza e la propria esperienza a servizio di progetti come questo ed è anche uno dei segreti che hanno reso possibile per otto secoli la presenza francescana: questa capacità di essere a servizio di tutti», ha detto il custode di Terra Santa fr. Francesco Patton. “La politica della Custodia non è mai autoreferenziale – ha aggiunto – ma prendendosi cura della piccola comunità cristiana presente, rimane aperta alla comunità locale e in questo caso alla maggioranza musulmana … Saranno presenti i giovani cristiani e anche quelli musulmani: diventerà così una scuola di convivenza”.

Una struttura educativa per i giovani
Fr. Patton nel suo discorso, riferisce il portale della Custodia di Terra Santa, ha insistito sul valore educativo dello sport e della cultura” e fr. Mario Hadchity, guardiano della fraternità di Gerico e direttore della Terra Santa School – nei pressi della quale sorge il nuovo centro per i giovani – ha spiegato che “da anni la Custodia cerca di essere un ponte di pace” ma che si è cercato “di fare in modo che diventasse anche un ponte per la bellezza”. “La bellezza è qualcosa che merita ogni figlio di Dio e che suscita la responsabilità – ha proseguito fr. Hadchity –. Vivere in un ambiente che sia bello e lasciarlo bello agli altri è una responsabilità”. (T.C.)

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Compie 100 anni mons. Benedetti, vescovo più anziano d'Italia

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Ha appena spento 100 candeline ed è oggi il vescovo più anziano di Italia: mons. Giovanni Benedetti, vescovo emerito di Foligno, nato a Spello il 12 marzo 1917 è il quarto presule più longevo al mondo.

Esperto divulgatore del pensiero di De Lubac
In un comunicato la Conferenza episcopale umbra esprime i suoi “auguri più affettuosi”  ad un uomo distintosi per “l’acume pastorale, la profondità spirituale, la raffinata intelligenza e la premura paterna”. Di mons. Benedetti viene sottolineata la profonda visione conciliare della Chiesa, che ha sostenuto attraverso lo studio e la diffusione in Italia del pensiero teologico del gesuita francese Henri-Marie De Lubac.

Pastore attento ai giovani, ai sacerdoti, ai sofferenti
Ordinato presbitero il 26 maggio 1940, eletto vescovo da Paolo Vi nel 1974, egli ha concepito come prioritaria ’attuazione del Concilio Vaticano II soprattutto a partire dal 1976, anno in cui ha intrapreso la guida della diocesi di Foligno. Apprezzato insegnante di materie teologiche, era convinto che la teologia più che fornire risposte dovesse suscitare interrogativi e domande”. I vescovi umbri rendono omaggio alla grande passione spesa da mons Benedetti nella cura pastorale della sua diocesi e nella sua speciale attenzione nei riguardi dei giovani, dei sacerdoti e di quanti segnati dalla sofferenza.

Esempio di vecchiaia, tempo di grazia
Dell’anziano vescovo va ricordata inoltre la passione per il giornalismo quando diresse  “La Gazzetta di Foligno” e “La Voce”, oltre che la sua prossimità ai ragazzi emersa soprattutto in qualità di direttore spirituale e assidente della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. Oggi mons. Benedetti vive nella casa del clero di Villa Pasquini a Foligno, assicurando una presenza costante e discreta, fatta di preghiera, studio e guida spirituale: il suo è un esempio di terza età vissuta, per usare un’espressione di Papa Francesco, come “un tempo di grazia”, nel quale il Signore “ci chiama a custodire e trasmettere la fede, ci chiama a pregare, specialmente a intercedere; ci chiama ad essere vicino a chi ha bisogno”. (A cura di Paolo Ondarza)

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I frati francescani lanciano i concerti di evangelizzazione

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Unire la danza, il canto e la musica in un concerto con lo scopo di far scoprire ai giovani la gioia del Vangelo. E’ l’idea di alcuni frati francescani impegnati da anni nelle missioni di evangelizzazione e che hanno dato vita a “Tu sei bellezza…per questo sei al mondo”, un concerto nel quale accanto ai brani appositamente scritti dai frati c’è spazio per momenti di provocazione e riflessione. Ce ne parla Benedetta Capelli

Una preghiera in musica, un tempo per aprire il cuore alla speranza e alla fiducia in Dio, un momento per sentirsi una cosa sola, per stare insieme in cammino e per dire grazie per la vita ricevuta. “Tu sei bellezza…per questo sei al mondo” è il concerto di evangelizzazione pensato dai frati francescani ma non solo, alcuni tra gli ideatori sono cantanti e musicisti come Andrea Vass e Luca Arosio, tutti hanno scelto di parlare del Vangelo in un modo più diretto, sintonizzandosi sul linguaggio dei giovani di oggi, usando le canzoni note come strumento per scoprire una bellezza più vera e profonda. Fra Matteo Della Torre, francescano minore del Convento di Aan Pietro Apostolo di Rezzato, in provincia di Brescia, racconta come è nato questo progetto:

“Ci siamo un po’ interpellati nel pensare come coniugare l’annuncio della Buona Notizia con un linguaggio più moderno, più raggiungibile. Abbiamo semplicemente messo insieme la musica, la danza, perché secondo noi anche quest’ultima fa parte di un linguaggio bello, fresco, nuovo, che i giovani usano, e la Parola di Dio. Quindi il concerto di evangelizzazione diventa un momento di preghiera vissuto in chiave moderna in cui si vuole far fare esperienza al giovane intanto di prendere un contatto con se stesso, ma in un modo più profondo. Quindi, non - come dico sempre - una bellezza che luccica, come oggi spesso ci capita di vedere, ma una bellezza che brilla, che è qualcosa di più”.

Il primo concerto di evangelizzazione è stato proprio a Rezzato, in provincia di Brescia, nel dicembre scorso. Duecento i ragazzi che hanno partecipato vivendo due momenti di workshop: il primo a partire dalla bellezza nell’arte, quindi con l’uso dei colori, l’altro incentrato sul biblio-dramma, una metodologia che mette insieme la propria esperienza di vita con una pagina del Vangelo. Un progetto che è anche frutto delle missioni francescane tra i giovani, sempre in un atteggiamento di ascolto:

“Ci facciamo proprio compagni di viaggio, aprendo delle nuove domande ai giovani, agli adulti che ci avvicinano e che spesso chiedono oggi - credo in modo molto forte - un senso alle tante cose che succedono. Avvicinando i giovani vedi tutta una forza di progetto, di vita, che veramente ha voglia di venire alla luce. Allora quel metterci in cammino con loro è a volte aiutarli a cambiare alcune domande, altre è volte è semplicemente accogliere quello che già stiamo vivendo. Loro stessi si accorgono ad un certo momento che nella loro vita e nel loro cuore abita qualcuno che è capace di farli innamorare della vita stessa e di condurli dentro alcune scelte importanti”.

Ma il sogno di Fra Matteo e dei suoi compagni è anche quello di arrivare a Papa Francesco e portare a lui la bellezza che brilla:

“Siamo in dieci a lavorare a questo progetto. Così, un po’ sorridendo, pensavamo che il Santo Padre fosse un ascoltatore assiduo di Radio Vaticana. Volevamo porgere un saluto a Papa Francesco e veicolare questo desiderio. Sarebbe bello vivere questo momento di preghiera forte dentro la bellezza che Papa Francesco spesso ci ricorda. Viverlo proprio con lui”.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 72

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.