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Sommario del 24/03/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Tajani: ascoltare il Papa perché l'Europa sia più vicina ai cittadini

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Papa Francesco incontrerà oggi alle 18.00 nella Sala Regia, in Vaticano, i capi di Stato e di governo dell’Unione Europea, in occasione del 60.mo anniversario della firma dei Trattati di Roma. Le istituzioni europee - ha affermato il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani - sono impegnate nel rafforzare l’unità e rendere l'Unione Europea più vicina ai cittadini. In un'intervista in esclusiva per la Radio Vaticana, Massimiliano Menichetti ha chiesto al presidente Tajani cosa porterà al Papa: 

R. – Porterò un messaggio importante: noi vogliamo far conoscere al Santo Padre che le istituzioni europee sono impegnate per rafforzare l’unità dell’Unione Europea, ma anche per cambiarla e renderla sempre più vicina ai cittadini. C’è da fare molto, e le parole pronunciate dal Papa durante il suo intervento di fronte ai parlamentari europei a Strasburgo (25 novembre del 2014) sono una lezione e un contributo importante: sono consigli che noi intendiamo ascoltare, perché questa Europa è fondamentale per la difesa della libertà, per la difesa della democrazia, per la difesa della pace, ma deve anche essere sempre più vicina ai cittadini. E deve affrontate tre grandi emergenze, che sono: la crisi economica con la disoccupazione giovanile - ricordiamo che senza lavoro non c’è dignità, e su questo sono d'accordo con il Santo Padre -; c'è il problema della lotta al terrorismo che continua a colpire le città europee; c’è il problema dell’immigrazione e noi siamo convinti che se non si affronta la questione alla radice, cioè se non si affronta in Africa, sarà di difficile soluzione.

D. – Nel sogno dei Padri fondatori dell’Europa unita, Adenauer, De Gasperi e Schuman, c’era un'Europa con un’anima. Oggi è così o c'è un'Europa fatta troppo di finanza o di altro?

R. – Certamente l’aspetto finanziario, l’aspetto economico, ha offuscato per qualche tempo quello dei valori, che però non sono mai venuti meno; anzi, abbiamo bisogno di riscoprirli, dobbiamo regalare ai nostri figli la possibilità e la voglia di credere in un futuro diverso. Senza valori, senza identità, l’Europa non esiste. E se vogliamo affrontare con maggior coraggio le grandi sfide di oggi, dobbiamo credere nella nostra pur variegata e articolata identità. Soltanto forti di questo, possiamo anche essere più aperti nell’accoglienza e ricevere più persone.

D. – Quindi l'Europa riuscirà, nonostante i muri, ad essere un'Europa dei popoli? 

R. – E’ quello che deve essere. E’ il mio obiettivo da presidente nei prossimi due anni e mezzo.

D. – Cosa pensa della Brexit in questo contesto?

R. – Certamente non è stato un risultato positivo per l’Unione Europea. Ora però bisogna essere pragmatici: trattare con i britannici, difendere gli interessi dei cittadini europei. Chiaramente non sarà la stessa cosa essere all’interno o al di fuori dell’Ue, ma allo stesso tempo dobbiamo lavorare perché le future relazioni tra l’Unione e il Regno Unito siano positive. Il Regno Unito lascia l’Unione Europea, ma non lascia l’Europa!

D. – L’Europa è diventata bersaglio del terrorismo internazionale. Come si sconfigge, secondo lei, questa piaga?

R. – Con più unità, con maggiore cooperazione tra forze di polizia, magistratura, servizi segreti. Il terrorismo non conosce confine e l’azione antiterrorismo non può conoscere barriere legate ai confini. Il Parlamento europeo ha fatto anche la sua parte: ha approvato un importante provvedimento legislativo, il "Passenger Name Record", che offre la possibilità di conoscere e segnalare le persone che viaggiano sugli aerei, e quindi di avere una relazione e un’informazione su chi ha viaggiato; questo perché, conservando quei dati, si possa poi capire se c’è stato qualcuno che si è mosso non per fini di turismo, lavorativi o per motivi familiari, ma perché aveva altri obiettivi, che erano obiettivi criminali.  

D. – Lei ha detto che l'appuntamento del 25 marzo a Roma non è una "mera celebrazione retorica" ma "un momento di rilancio". Come si fa concretamente? 

R. – La cosa più importante da fare è quella di far riconciliare i cittadini con le istituzioni. Ridurre la distanza che oggi c’è tra Bruxelles e i cittadini, parlando con i cittadini, facendo in modo che conoscano quello che si fa, dando risposte concrete ai loro problemi, senza preoccuparsi troppo delle piccole cose, senza dare troppe regole, ma soprattutto cercando di risolvere i problemi che gli Stati membri, le Regioni e gli enti locali non sono in grado di risolvere.

D. – Quale dunque il suo augurio per questa Europa?

R. – Che possa continuare il suo percorso correggendo gli errori commessi, colmando le carenze che ci sono, ma soprattutto guardando sempre all’interesse dei cittadini. L’obiettivo deve essere sempre quello di essere al servizio dei cittadini.     

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Il Papa parla col presidente delle Fiji dei cambiamenti climatici

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Papa Francesco ha ricevuto in udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Presidente della Repubblica di Fiji, Jioji Konousi Konrote, che ha poi incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato da mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.

Nel corso dei cordiali colloqui - riferisce la Sala Stampa vaticana - sono stati rilevati i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e le Fiji ed il contributo della Chiesa cattolica alla vita del Paese. Ci si è poi soffermati sulla questione dei cambiamenti climatici e soprattutto sulla sua dimensione etica, che chiama in causa la solidarietà verso i gruppi sociali ed i Paesi più vulnerabili e verso le nuove generazioni. Infine, si è parlato della collaborazione delle Forze armate delle Fiji alle missioni di pace delle Nazioni Unite in diverse parti del mondo. 

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Altre udienze

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Per le altre udienze odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Francesco: siamo uniti ai cristiani perseguitati a causa della fede

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“Ricordiamo tanti fratelli e sorelle cristiani che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Siamo uniti a loro”. Con questo tweet, Papa Francesco ha voluto ricordare la Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, che viene celebrata oggi nell'anniversario dell’uccisione del Beato Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador. Ancora oggi tanti sono i missionari che vengono uccisi per la loro fede, come è successo nel 1996 a sette monaci trappisti del Monastero di Notre-Dame de l'Atlas a Tibhirine, in Algeria, massacrati da estremisti islamici. Domenica ricorre il 21.mo anniversario della strage. Toccante la testimonianza del priore di Tibhirine, padre Christian De Chergé, che prima di essere ucciso aveva scritto una lettera in cui perdonava i suoi assassini. Ascoltiamo il padre trappista Jacques Brière, abate delle Tre Fontane a Roma, intervistato da Marina Tomarro

R. – Ricordiamo un esempio di vita monastica vissuto fino in fondo e fino alla testimonianza del sangue. Questi fratelli sono venuti da diversi monasteri della Francia. Il miracolo in una certa maniera è il fatto che malgrado la diversità di origine poco a poco padre Christian è riuscito a creare una comunità molto unita e molto desiderosa di testimoniare Cristo nel mondo musulmano. Questo si è realizzato con il dono della loro vita al Signore, sicuramente, ma anche all’Algeria perché padre Christian, il priore, era un uomo di dialogo con l’islam, conosceva molte bene il Corano e lui è stato all’origine di un gruppo di dialogo fra cristiani e musulmani.

D. - Lei ha avuto occasione di conoscere e incontrare qualcuno di loro prima della tragedia?

R. - Sì, ho incontrato padre Christian. L’ho incontrato più volte, in occasione delle riunioni dei superiori e poi ci siamo incontrati in due occasioni, sul posto, nel 1985 e 1992. Christian era una personalità eccezionale, diceva di lui che aveva imparato il Vangelo sulle ginocchia di sua madre e che sua madre era stata la sua prima Chiesa. Un’esistenza in cui come scelta fin dall’inizio della sua vita è stato in dialogo con Dio, si può dire, e quando ci si trovava con Christian si vedeva che era un uomo di Dio. Mi ricordo che ho fatto con lui un lungo viaggio dal Marocco a Tibhirine e durante questo viaggio ci siamo fermati per fare il picnic. Era vicino al Mediterraneo, si vedeva il mare, il paesaggio era bellissimo e prima di mangiare padre Christian ci ha proposto di celebrare l’ora media insieme. Durante tutta la mattinata abbiamo scambiato molto sulla vita monastica, l’avvenire della comunità in Algeria e si era creata una bella comunione fra noi. Quando abbiamo pregato questa ora media la comunione si è estesa alla comunione con Dio e alla comunione con tutto il cosmo, vista la bellezza del paesaggio. Christian viveva in presenza di Dio e portava con lui questo messaggio della presenza di Dio.

D. – Cosa è rimasto secondo lei di questo sacrificio? Qual è il messaggio che oggi ci arriva di questi sette monaci?

R. – E’ il messaggio che rimane anche per gli altri missionari che sono morti in Algeria nella stessa epoca, cioè il dono gratuito della loro vita a un popolo che fa parte del popolo di Dio in una certa maniera, anche se non sono cristiani, ma sono tutti figli di Dio. Penso che il messaggio di Christian è il messaggio di profonda comunione fra tutti gli esseri umani, non importa la loro religione e non importano le differenze che possono esistere fra diversi gruppi umani.

D. – Il monastero oggi è diventato una meta di pellegrinaggio: cosa potrà nascere da tutto ciò?

R. – Penso che è un esempio di fede. Dio ci ha creato e ci ha creato in vista di una felicità in modo da sentire questa felicità eterna alla quale Dio ci chiama e penso che la loro vita è una vita di fede: hanno veramente rimesso la loro vita nelle mani di Dio.

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Il cordoglio del Papa per la morte del card. americano Keeler

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Papa Francesco ha espresso il suo cordoglio per la morte, avvenuta ieri, del cardinale americano William Henry Keeler, all’età di 86 anni. In un telegramma all’arcivescovo di Baltimora William E. Lori, il Pontefice ricorda con gratitudine il servizio episcopale svolto dal porporato nelle Diocesi di Harrisburg e Baltimora e alla guida della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti nonché il suo impegno ecumenico e interreligioso.

Ordinato sacerdote il 17 luglio 1955 nella Chiesa dei Santi Apostoli a Roma, William Henry Keeler ha partecipato come perito ai lavori del Concilio Vaticano II. Nel 1979 è stato consacrato vescovo, come ausiliare della Diocesi di Harrisburg, che poi ha guidato dal 1983. Sei anni più tardi è diventato arcivescovo di Baltimora, la più antica sede degli Stati Uniti d'America (1989-2007). Nel1992 è stato eletto presidente della Conferenza Nazionale dei Vescovi Cattolici (NCCB), incarico tenuto fino al 1995.

E’ stato molto attivo nell’opera di promozione di un autentico dialogo fra cattolici ed ebrei. Si è impegnato nel campo dell'evangelizzazione e dell'educazione cattolica. Forte anche il suo impegno a difesa della vita, della famiglia e dei senzatetto. Giovanni Paolo II lo aveva creato cardinale nel Concistoro del 26 novembre 1994, del Titolo di S. Maria degli Angeli.

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La visita del Papa a Milano: l'attesa dei giovani

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Domani il Papa si reca a Milano: una visita pastorale molto intensa. Inizierà dal quartiere popolare delle Case Bianche, per poi incontrare in Duomo i sacerdoti e i religiosi. Quindi sarà tra i detenuti del Carcere di San Vittore. Dopo la Messa nel Parco di Monza, l’incontro conclusivo con i ragazzi cresimati allo Stadio Meazza. Qui saranno in 80 mila a partecipare a questo festoso appuntamento con il Papa. Come viene vissuta questa attesa dai giovani? Uno dei nostri inviati, Alessandro Guarasci, ha sentito don Samuele Marelli, responsabile della pastorale giovanile della diocesi di Milano: 

R. - Credo che l’incontro sarà una grande sorpresa per Papa Francesco. I ragazzi che si stanno preparando a ricevere il Sacramento della Cresima stanno facendo un cammino che quest’anno abbiamo intitolato “Con la gioia dello Spirito”. Abbiamo accolto l’invito dell’arcivescovo a prepararci alla visita del Papa con un approfondimento dell’Evangelii gaudium, in particolare del tema della gioia che è uno dei frutti dello Spirito Santo, collegato anche al tema della giornata che è quello dell’Annunciazione, proprio il 25 marzo, il giorno in cui il Papa viene a Milano.

D. – Come stanno percependo i giovani in questo momento l’attesa per l’arrivo del Papa?

R. - Sono ragazzi giovanissimi quelli che ricevono la Cresima nella Diocesi di Milano. Per la prima volta fanno l’esperienza della bellezza e della grandezza della Chiesa e della Chiesa universale rappresentata da Papa Francesco. Sarà una grande festa di preghiera, di colori, di danze, di musiche ma soprattutto una festa di fede, una festa di Chiesa.

D. – Lei vede un rinnovato approccio alla fede da parte dei giovani milanesi?

R. – Certamente. Il fatto di credere per un giovane oggi è meno scontato, meno ovvio ma ci sono risorse incredibili che i giovani sanno mettere in campo di fronte a queste difficoltà… Quindi un approccio alla fede meno scontato, più “variopinto”, che cerca strade nuove, ma un approccio alla fede che laddove riesce a farsi strada nelle difficoltà della vita ha un’autenticità e una freschezza del tutto nuove.

D. – Insomma, i giovani non sono solo social media o social network ma ricercano anche una propria interiorità...

R – Assolutamente, sì. Noi abbiamo l’esperienza degli oratori che è il tentativo di impastare la fede con la vita. In Diocesi abbiamo presenti più di 1000 oratori e l’oratorio è proprio lo strumento della pastorale giovanile che aiuta i giovani a introdursi alla vita di fede.

D. - Quanto è presente l’attività caritativa tra i giovani che frequentano le parrocchie a Milano?

R. - Direi che è molto presente. Molti giovani vivono un servizio ecclesiale. Molti lo vivono nel servizio dell’annuncio in particolare in oratorio come animatori, educatori, ma gli oratori propongono anche servizi caritativi. Tra l’altro, anche durante l’incontro di Papa Francesco non ci dimenticheremo di questa dimensione caritativa perché i partecipanti, uscendo, raccoglieranno delle offerte per sostenere la Diocesi di Rieti così duramente provata dal terremoto, gemellata con la Diocesi di Milano, in particolare per una casa a servizio dell’educazione e della gioventù.

Su questa visita del Papa un altro dei nostri inviati, Luca Collodi, ha raccolto il commento di mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, che proprio a Milano è stato ordinato sacerdote nel 1987 dal card. Carlo Maria Martini: 

R. – Il Papa va in una Chiesa, in una città dove inizia dalla periferia a guardare il centro: inizia cioè dalle Case Minime, da una zona vicino Linate dove ci sono case popolari e anche campi rom. Come ha detto Papa Francesco in altre occasioni, è dalla periferia che si vede meglio il centro.

D. – Milano è una città che produce ricchezza. Finanza e attenzione per gli ultimi sono compatibili?

R. – L’arcidiocesi di Milano è sempre stata una grande città capace di accoglienza e di solidarietà. Ci sono esperimenti, laboratori di condomini solidali; penso ad esempio, al Refettorio ambrosiano, a tutta una serie di iniziative – sia in ambito cattolico, sia in area laica – che davvero fanno della solidarietà e dell’accoglienza la cifra della loro presenza in quel territorio. Siamo anche eredi di una grande stagione – penso, ad esempio, al cardinal Martini, a quella del cardinal Tettamanzi, anche alla capacità di dialogo con il mondo islamico che ha portato il cardinale Scola. E’ certamente una città, una diocesi molto produttiva, pragmatica: pensiamo soprattutto a tutta la parte varesina e brianzola della diocesi, con gente abituata ad alzarsi presto, ad andare a lavorare, a risparmiare, a investire sul futuro; ma con un grande cuore. Senza dimenticare l’esperienza dei missionari. Quanti missionari sono in giro per il mondo, che vengono, appunto, proprio dalla diocesi di Milano…

D. – In che modo possiamo prepararci alla visita milanese del Papa ?

R. – Certamente con la preghiera, perché poi i frutti saranno spirituali. Perché la Chiesa sappia accogliere le indicazioni del Pontefice e perché il Papa possa vivere questo viaggio come un viaggio apostolico, come il Successore di Pietro che conferma nella fede. E poi, credo, con il grande entusiasmo che già si percepisce in queste ore, in questi giorni: c’è questa rincorsa dell’ultimo momento per essere presenti. La Messa si celebra nel Parco di Monza, una distesa enorme di verde. La parrocchia è quella di Vedano al Lambro, che ha un Santo protettore che è Santo Stefano Protomartire. Per dire come la nostra esperienza di fede sia un’esperienza del martirio, della testimonianza; e sempre nella parrocchia di Vedano al Lambro c’è una chiesa, il santuario della “Madonna della Misericordia”: testimonianza del Vangelo con l’impegno di vivere secondo la Misericordia, che è il nome di Dio. Credo che siano le due cose che vorremmo vivere quando il Papa arriva nella nostra diocesi di Milano.

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Cantalamessa: la morte per il credente è rinascita a vita nuova

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Stamattina terza predica di Quaresima al Papa e alla Curia Romana, di padre Raniero Cantalamessa, nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano. Il modo con cui lo Spirito Santo illumina il mistero pasquale della morte di Cristo, al centro della meditazione di oggi, dalla quale il predicatore della Casa pontificia ha tratto il significato anche della vita e della morte di ciascuno di noi Il servizio di Gabriella Ceraso

Il mistero pasquale della morte e risurrezione di Cristo è l’unica risposta al senso della vita e alla domanda se la morte sia o no la fine di tutto. Da questa consapevolezza padre Raniero Cantalamessa sviluppa la sua meditazione. Premesso che, dice, fu dallo Spirito Santo che Gesù ricevette l’impulso ad offrirsi in sacrificio e ricevette la forza durante la Passione, e premesso che lo Spirito Santo che Gesù ebbe in dono nel battesimo poi lo donò al momento della morte, tale mistero va celebrato comprendendone pienamente il significato per ciascuno noi. Dunque, quale è il cambiamento operato da Cristo nei confronti della morte si chiede padre Raniero?:

“Il fattore decisivo è collocato al momento della morte di Cristo: ‘Egli è morto per tutti’ ( 2 Cor 5,15). Ma cosa è avvenuto di tanto decisivo nella morte di quest'uomo da cambiare il volto stesso della morte? Potremmo rappresentarcelo quasi visivamente Gesù è sceso nella tomba, ma ne è uscito dalla parete opposta. Non è tornato indietro per dove era entrato, come Lazzaro che deve però tornare a morire. No, egli ha aperto una breccia sul versante opposto per la quale tutti quelli che credono in lui possono seguirlo. Scrive sant’Agostino: ‘Attraverso la passione, Cristo passa dalla morte alla vita e apre così a noi che crediamo nella sua risurrezione, per passare anche noi dalla morte alla vita’”.

La morte, spiega ancora padre Cantalamessa, che nei secoli filosofi, poeti e altre religioni hanno letto o come una sospensione, o come un falso problema o come il nulla che ci ha generati e a cui torniamo, o ancora come un ostacolo superabile grazie alla sopravvivenza nei figli, nella famao addirittura nella reincarnazione, è diventata con Cristo un “passaggio a ciò che non passa” e la spiegazione profonda di questa lettura sta nell’”amore”:

“La realtà del mistero forse è altrove. Non è tanto in quello che Gesù è venuto a togliere, a distruggere – il pungolo della morte – ma in quello che è venuto a mettere nell’umanità: l’amore di Dio. L’uomo si era alienato da Dio, aveva voltato le spalle a Dio; Gesù incarnandosi porta l’amore di Dio nel più profondo dell’uomo, dove l’uomo si era rannicchiato. Per cui, quando una persona adesso arriva a quel punto, cosciente o no, ci trova l’amore di Dio che lo aspetta”.

“Non è cambiata”, sono ancora le parole di padre Raniero, la “necessità di entrare nella tomba”, cioè di morire, ma “viene data all’uomo la possibilità di uscirne, aggrappati al Risorto”. Ed è questo che spiega l’atteggiamento del credente di fronte alla morte, “simile agli altri, ma anche diverso”, fatto di “tristezza e paura” per l’abisso, ma anche di speranza. Morire è dunque per un credente rinascere: è un” battesimo” dice padre Raniero ed è un errore pensare che il cristianesimo si faccia strada con la paura della morte, esso è invece fatto per “togliere” questa paura. Per questo conclude il predicatore, più efficace che meditare sulla nostra morte è farlo sulla “passione e morte di Gesù” edè raccomandabile farlo in Quaresima:

“Questa è una meditazione fatta per commuovere, non per affliggere, perché alla fine l’esclamazione più spontanea è quella di Paolo: ‘Mi ama, mi ha amato e ha dato se stesso per me. Mi ha dato fino a questo punto: ha dato se stesso per me’”.

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Mons. Viganò: criterio apostolico cuore della riforma dei media vaticani

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Il criterio apostolico-missionario è al centro della riforma dei media della Santa Sede. E’ quanto sottolineato da mons. Dario Edoardo Viganò, intervenuto stamani al Festival della Creatività alla Pontificia Università Lateranense. Il prefetto della Segreteria per la Comunicazione ha sottolineato che, anche sul fronte delle comunicazioni sociali, bisogna vincere la tentazione del “si è sempre fatto così”, ribadendo che solo se si è fedeli al Vangelo si può davvero essere creativi e aperti al cambiamento, come chiede Papa Francesco. Infine, mons. Viganò ha sottolineato che le onde corte di Radio Vaticana non sono state mai spente e che l’attenzione del dicastero per l’Africa è “primaria”. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Solo un uomo fortemente fedele al messaggio del Vangelo di Cristo è creativo e aperto al cambiamento”, altrimenti ci si rinchiude nella tentazione del “si è sempre fatto così”. Intervenendo al Festival della Creatività, promosso dalla Lateranense, mons. Dario Edoardo Viganò ha messo l’accento sullo spirito che sta animando l’azione di Papa Francesco e che incide profondemente anche sul processo di riforma dei media vaticani.

Riforma dei media non è restyling, si passa a prospettiva multimedia
Il prefetto della Segreteria per la Comunicazione, dialogando con il vaticanista di Mediaset Fabio Marchese Ragona, ha sottolineato che questo processo “non è un restyling o un make-up”. E’ un cambio di prospettiva giacché si passa “da una concezione dei media a silos – uno accanto all’altro – a una idea non di molti media coordinati, ma di multimedia”.

“Non sarà semplicemente il coordinare i media, anche perché si frantumano le strutture e si mantengono i servizi dentro una logica non più verticistica – da silos – ma dentro un contesto o un modello olocratico, cioè di funzionalità e di obiettivi da raggiungere”.

In tale contesto, ha soggiunto, è dunque importante l’investimento nella formazione dei dipendenti che sta attuando il dicastero per la Comunicazione. Mons. Viganò si è così soffermato sul “criterio guida”, che è il criterio “apostolico, missionario”, cioè “il fatto che c’è una grande attenzione alle situazioni di disagio, di povertà, di difficoltà”. Questo, però, ha aggiunto, “sapendo che queste non si risolvono invocando forme passate ma cercando soluzioni adeguate”.

Le onde corte della Radio non sono spente, massima attenzione per l’Africa
In tal modo, ha soggiunto il capo dicastero, cercando “soluzioni adeguate possiamo anche avere molta attenzione ai costi e anzi trasformare i costi in investimenti”. Quindi, a proposito delle onde corte della Radio Vaticana, con particolare riferimento all’Africa, mons. Viganò ha affermato:

“Ad oggi, le onde corte non sono mai state spente. Quindi, ciò che avevamo in Africa, arriva. Credo che questo debba essere chiaro: le onde corte non sono chiuse. L’attenzione all’Africa è primaria, tant’è che noi stiamo cercando di realizzare un progetto per 240 radio Fm in Africa, attraverso la connessione satellitare, e stiamo individuando anche progetti per portare avanti le parole del Papa. Allora, questo è importante! La questione oggi non è onde corte sì onde corte no, ma come posso garantire che il messaggio del Santo Padre giunga in Africa e nelle zone a bassa diffusione tecnologica”.

Sempre a proposito dell’attenzione per l’Africa, ha aggiunto che in questa direzione va “l’accordo con Facebook grazie al quale in 44 Paesi si potrà ricevere in maniera semplice” il messaggio del Papa.

Francesco non è stratega della comunicazione, è guidato dallo Spirito Santo
Mons. Viganò si è poi soffermato sulla dimensione comunicativa di Papa Francesco, osservando che “certamente non è un uomo di marketing e nemmeno un uomo di strategia della comunicazione”. Comunica “così come lo vediamo”, ha aggiunto. Papa Francesco, ha ripreso, “è naturalmente un uomo di popolo e chi è uomo di popolo sa gestire i rapporti con le persone”:

“Quindi questa è la forza di Papa Francesco: che determina lui le modalità di relazioni e non le lascia determinare dalle regole protocollari. Dunque, non è assolutamente un uomo-immagine, è un uomo che fa le cose come se fosse sempre guidato fortemente dallo Spirito Santo”.

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"24 ore per il Signore": chiese aperte di notte per le confessioni

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“Invito tutte le comunità a vivere con fede l’appuntamento del 24 e 25 marzo per riscoprire il Sacramento della Riconciliazione: ‘24 ore per il Signore’”. Lo ha detto il Papa nel corso dell’udienza generale di mercoledì scorso. “Auspico che anche quest’anno tale momento privilegiato di grazia del cammino quaresimale, ha proseguito Francesco, sia vissuto in tante chiese del mondo per sperimentare l’incontro gioioso con la misericordia del Padre, che tutti accoglie e perdona". L’iniziativa “24 ore per il Signore”, promossa dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, ha per tema quest’anno: “Misericordia io voglio” e prevede l’apertura straordinaria di molte chiese, dalla sera di oggi fino a notte inoltrata, per consentire a quante più persone possibile la partecipazione all’Adorazione eucaristica e alla confessione. A Roma resteranno aperte la chiesa di Santa Maria in Trastevere e la chiesa delle Stimmate di S. Francesco. Per saperne di più Adriana Masotti ha intervistato mons. José Octavio Ruiz Arenas, segretario del Dicastero vaticano per la Nuova Evangelizzazione: 

R. – Questa iniziativa è nata in occasione dell’Anno della Fede nel 2013 ed è nata come un’iniziativa locale qui, a Roma. In quel momento si invitavano alcune chiese ad aprire le porte per le confessioni durante tutta la notte. Poi negli ultimi due anni questa iniziativa è stata seguita un po’ dappertutto e abbiamo anche ricevuto diverse testimonianze dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalla Russia, dall’Argentina, dal Messico che dicevano che molti sacerdoti avevano preso sul serio questa iniziativa e pian piano molta gente si è avvicinata a ricevere questo Sacramento in spirito di adorazione al Signore, di riconciliazione e anche di capire che è un’opportunità per cambiare vita e accogliere questo dono che ci dà il Signore della sua misericordia e della sua tenerezza.

D.  – Questa opportunità è rivolta a tutti ma in particolare ai giovani?

R. – Sì, è una proposta per tutte le persone ma ci sono tanti giovani che hanno accolto l’invito e soprattutto ci sono molti giovani che ci hanno aiutato soprattutto qui a Roma a invitare nelle strade, nelle piazze, nelle vicinanze delle chiese che sono aperte, tanta gente che passava ad avvicinarsi al sacramento. Quindi è stata un’esperienza molto ricca che è servita anche per sviluppare questo senso missionario da parte dei giovani.

D. – Quanti sacerdoti saranno impegnati in questa iniziativa?

R. – E’ impossibile sapere perché non sappiamo in tutto il mondo quante parrocchie e quante diocesi accolgono veramente questa iniziativa ma qui a Roma, per esempio, nella chiesa di Santa Maria in Trastevere saranno presenti circa 18 sacerdoti per confessare e anche nella Chiesa delle Santissime Stimmate a Largo Argentina ci sarà un gruppo di più di 15 sacerdoti per offrire questa opportunità alla gente.

D. - Il Papa all’udienza di mercoledì ha invitato tanti ad approfittare di questa occasione per riscoprire e per sperimentare il Sacramento della Riconciliazione…

R. – Sì, certamente. Siamo adesso in un mondo nel quale purtroppo si è perso il senso del peccato e perdendo il senso del peccato si perde anche il bisogno di avvicinarsi al Sacramento della Riconciliazione. Quindi è un momento per pensare che il Sacramento della Riconciliazione non è soltanto per cancellare i peccati, ma è soprattutto aprire il cuore alla misericordia del Signore e tutti noi abbiamo bisogno della misericordia del Signore: non siamo di fronte a un giudice ma soprattutto siamo di fronte a Qualcuno che ci ama veramente. Quindi quello che dice il Papa è molto, molto vero.

D. – Il tema che orienterà la riflessione quest’anno è “Misericordia io voglio”. E’ come se ora, dopo aver sperimentato la misericordia di Dio, ad esempio durante il tempo del Giubileo, si volesse passare a vivere la misericordia noi con gli altri perché è questo che Dio vuole…

R. - Certo. Il tema di quest’anno ci ricorda che ognuno di noi deve aspirare a sentire il bisogno della misericordia divina per poi esprimere quella misericordia nella carità e nell’amore agli altri. Quest’impegno è un impegno che noi dobbiamo sentire in ogni momento della nostra vita, nel nostro lavoro, nella famiglia, nella strada. In una situazione di tanta violenza, ingiustizia e corruzione, oggi più che mai abbiamo  bisogno di ricordare che il Signore ci chiede soprattutto di offrire il nostro cuore, la nostra vita che si esprime con l’amore a Dio e agli altri.

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Oggi in Primo Piano



Prodi: ricostruire l'Europa sulla solidarietà

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L'Europa è attraversata da populismi e spinte centrifughe. Sono tanti i cittadini che vedono distanti, invadenti e burocratiche le istituzione dell'Unione. Perché? Jean-Charles Putzolu lo ha chiesto a Romano Prodi, che è stato presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004: 

R. – E’ molto semplice: l’Europa è partita con una grande spinta ideale, è partita con il baluardo del difendere la pace e lo sviluppo, e ha mantenuto queste due cose: questo è stato un grande risultato … Però, quando io vado a parlare ai ragazzi dell’Europa e parlo della pace, mi guardano come si guarda un dinosauro, come se tutto fosse garantito. L’esperienza della guerra si è consumata e non è intervenuta una spinta di coordinamento e di solidarietà altrettanto forte com’era quella della ricostruzione e dello stare insieme. Quindi dobbiamo ricostruire questa base etico-politica dell’Europa.

D. – E da dove bisogna ripartire? dalla proposta della Germania, di una Europa a due velocità?

R. – Bè, la proposta di un’Europa a due velocità non è una proposta conclusiva, per l’Europa, ma è una proposta che dice: “Intanto, in questa situazione difficile, facciamo qualcosa in più e salviamo l’esistente”. Quindi, io la vedo come una proposta positiva, purché sia aperta a tutti, non diventi un club esclusivo e non diventi un club Nord contro Sud. Non è il bene maggiore, ma è certamente il male minore.

D. – Si è voluto costruire un’Europa che non sia “gli Stati Uniti d’Europa”: poi si vedono le difficoltà. Allora, alla fine, una versione europea degli Stati Uniti d’America è ipotizzabile?

R. – Mai ho pensato che l’Europa diventasse come gli Stati Uniti. Abbiamo una diversità di lingue enorme, abbiamo provenienze diverse, abbiamo tradizioni culturali profonde … L’Europa deve essere unita, ma in modo diverso rispetto agli Stati Uniti. Vede, il discorso di un federalismo invadente è portato avanti soltanto da coloro che non vogliono l’Europa: gli europeisti vogliono un federalismo progressivo, che vada avanti con il procedere della storia, tenendo conto delle diversità nazionali e perfino regionali … Io credo, tra l’altro, che - proprio perché c’è un ombrello europeo - si sono, in tanti Paesi europei, levate le voci di autonomia, di decisioni locali … E’ un’Europa che non vuole avere un accentramento, ma vuole che siano messe insieme le decisioni indispensabili per sopravvivere nel mondo della globalizzazione.

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Trattati di Roma, card. Bagnasco: c’è bisogno di più Europa

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“La Chiesa è convinta che ci sia bisogno di più Europa”. E’ quanto ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) e del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), celebrando ieri sera il Vespro solenne nella basilica romana di Santa Maria sopra Minerva, in occasione del 60.mo anniversario dei Trattati di Roma. “I Paesi del Continente – ha sottolineato il presidente dei vescovi europei – guardano all’Unione con attenzione e attesa”.

Preghiere per le vittime di Londra
​Il porporato ha esortato a pregare per le vittime dell’attentato a Londra e per quelle “degli altri Paesi che in questi ultimi anni sono stati segnati violentemente”. ”“Sicurezza, pace, scambi fruttuosi insieme a una crescente coscienza collettiva - ha affermato - sono un patrimonio che non deve essere disperso”. Dal card. Bagnasco è giunto anche l'invito a “pregare il Principe della Pace, il Principe della vita perché aiuti tutti – popoli, istituzioni nazionali ed europee – a trovare la luce e la forza del suo Spirito. La luce per non dare mai per scontata la strada; la forza per poterla percorrere con rinnovata convinzione”.

Il card. Bagnasco: per l’Europa sempre viva la linfa evangelica
“Ai responsabili – ha aggiunto il porporato le cui parole sono state riprese dall’agenzia Sir - tocca sciogliere perplessità eventuali con umiltà, saggezza e fiducia. La Chiesa cattolica, insieme al mondo cristiano del Continente, è presente in quest’opera di costruzione con grande rispetto e cordialità, con l’unico scopo di rinnovare quel contributo di sapienza che l’Europa delle origini ha trovato nel Vangelo, così come una pianta trova linfa dalla terra fertile. La linfa evangelica è sempre viva e lo sarà sempre”. (A.L.)

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Libia. Si teme tragedia del mare. Cir: Europa dia risposte unitarie

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Si teme una nuova tragedia del mare. Al largo della Libia circa 240 persone sarebbero affogate nel tentativo di raggiungere l’altra sponda del Mediterraneo. La denuncia arriva dalla Ong spagnola Proactiva Open Arms. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati parla di “notizie allarmanti”, mentre è stato ripescato un sesto cadavere vicino alle coste libiche, dove sarebbero affondate due o tre imbarcazioni cariche di migranti. Massimiliano Menichetti ha intervistato Roberto Zaccaria, presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati: 

R. – Qualsiasi persona di fronte a queste notizie non può che esprimere sgomento, preoccupazione, turbamento… noi vediamo quello che succede e temiamo di non avere strumenti adeguati per fronteggiare la situazione nonostante il fatto che tutte le nostre forze in mare e quelle delle organizzazioni non governative siano impegnate al massimo livello.

D.  – Spesso ci si abitua a contare numeri senza vedere volti di persone...

R. – Penso sempre a un’immagine che qualche anno fa vidi: persone sulla banchina di un porto con un numero in mano. Quel numero le rendeva impersonali da un lato, ma al tempo stesso faceva capire che era una persona. Quindi da questo punto di vista il dramma è assoluto.

D. – Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, proprio in vista delle celebrazioni per i Trattati di Roma, ha sottolineato, per quanto riguarda le sfide dell’Europa in relazione all’immigrazione, che è necessario intervenire in Africa altrimenti non ci sono soluzioni…

R. – Penso che di fronte alla complessità di questa situazione la mossa non possa essere una soltanto. Certamente, bisogna intervenire anche in Africa perché naturalmente sono i luoghi da cui partono. Ma non soltanto in Africa. Evidentemente è essenziale continuare a fare il possibile per salvare queste persone, questa è una seconda necessità. Una terza necessità, secondo me, è che l’Europa deve muoversi insieme non soltanto nelle retrovie ma in prima linea; non parlo solo di investimenti su quei territori, non solo per favorire l’ingresso protetto… Ma io vorrei dire qualcosa di più: bisognerebbe individuare già delle aree non italiane, non greche, non spagnole, ma europee di primo ingresso in Europa. Vorrei che fossero riconosciuti dei luoghi extranazionali europei di accoglienza e distribuzione sul sistema europeo. Questa, secondo me, è la mossa essenziale.

D.  – Come si realizza questo concretamente a fronte delle tante spaccature sul tema immigrazione?

R. – Le idee non sono di per sé sufficienti a cambiare le cose ma se noi diciamo che una nave dove una persona sale è un luogo in qualche modo extraterritoriale si può immaginare che questo avvenga anche sulla terraferma. Non è un problema di due velocità: è questione che l’Europa non può non dare risposte unitarie su questi problemi.

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Vescovi dominicani e haitiani: documenti a migranti irregolari

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Il gruppo dei rappresentanti delle diocesi di frontiera di Haiti e della Repubblica Dominicana, che si sono riuniti lo scorso 21 marzo per analizzare i problemi comuni, ha dichiarato in un comunicato che la Chiesa cattolica ribadisce il suo impegno a fornire ai migranti irregolari quei servizi che contribuiscono a far ottenere loro i documenti. Tale impegno – riferisce l’agenzia Fides - è motivato dalla comunione con Papa Francesco e dal suo messaggio in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2017.

Una sola Chiesa al servizio del popolo di Dio
Il vescovo della diocesi di Barahona, mons. Andrés Napoleón Romero Cárdenas, ha ricordato il significato di questa missione: "La nostra Chiesa ha la missione di lavorare per il benessere dei due popoli, di lottare per preservare l'armonia e il rispetto per la dignità dei migranti, in particolare dei bambini indifesi e senza voce", che sono stati al centro del messaggio del Papa di quest’anno. I presidenti delle Commissioni episcopali per la Pastorale per i Migranti delle Conferenze episcopali di entrambi i Paesi, mons. Launay Saturné (Haiti) e Diómedes Espinal de León (RD), hanno ricordato che, anche se si tratta di due Paesi diversi, questi costituiscono una sola Chiesa, e tale impegno non entra nel campo politico ma è un servizio ai fratelli, perché siamo tutti figli di Dio.

I vescovi: si mantengano le promesse elettorali
Nel documento si esprime la ferma speranza dei vescovi e della Chiesa locale che sia il presidente Danilo Medina Sánchez, sia il suo omologo haitiano Jovenel Moïse, mantengano le loro promesse elettorali. Così il popolo di Haiti non dovrà emigrare in cerca di migliori condizioni di vita e il Paese riuscirà a debellare l'impunità, la corruzione e gli altri problemi sociali. Un altro impegno importante è legato all'insegnamento nelle scuole gestite dalla Chiesa cattolica, sempre nella prospettiva dell'accoglienza e del sostegno ai migranti.

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Le femministe chiedono la messa al bando dell'utero in affitto

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“Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata. Una sfida mondiale". E’ il titolo dell’incontro internazionale che si è svolto ieri pomeriggio alla Camera dei deputati, organizzato dall’Associazione femminista ‘Se non ora quando’. L’evento è stata un’occasione di confronto per discutere del tema della maternità surrogata insieme a rappresentanti della cultura, della scienza, della politica, e formalizzare la richiesta alle Nazioni Unite di considerare l’utero in affitto una pratica lesiva dei diritti umani delle donne e dei bambini. C’era per noi Marco Guerra

La conquista della libertà di scelta è stato un cambiamento di enorme portata, che consente alla maternità di giungere al centro della vita sociale; ma a condizione che non venga privata del suo senso umano e che non venga ridotta alla bruta materialità biologica, come accade invece nella pratica della maternità surrogata. Parte da questo assunto il ragionamento dell’associazione ‘Se non ora quando’ che rilancia l’iniziativa a livello internazionale dopo il convegno di Parigi del gennaio 2016. Le ragioni di questo impegno nelle parole della presidente, Francesca Izzo:

“La maternità surrogata fa sì che il processo unitario venga segmentato in tante parti: gli ovociti; la gravidanza; il bambino...E sono addirittura soggetti diversi. È un qualcosa che riduce la maternità, che noi femministe volevamo elevare a una scelta, a una dignità pienamente umana, e che invece diventa un processo meccanico, scomposto. Per cui una donna diventa un forno per fare bambini, dove si mette un ovocita per farlo maturare: cioè qualcosa che nega in radice l’idea stessa di dignità della maternità”.

La messa al bendo del mercimonio di donne e bambini nati su ordinazione vede un fronte trasversale di parlamentari italiane e europee di tutti gli schieramenti. Sentiamo la senatrice, Emma Fattorini:

“Noi abbiamo cataloghi - e lo abbiamo visto anche in Italia - che specificano esattamente il tipo di bambino che si vuole, con prezzi e trattamenti diversi. Quindi è una forma odiosissima. Ma io sostengo che non solo quello della commercializzazione sia un grosso danno per le donne e per i bambini. E quindi io sono molto per ricostruire un ragionamento sul rapporto diritto e desiderio”.

Significativa la presenza di Aurelio Macuso, presidente dell’associazione per i diritti degli omosessuali, che ha espresso una posizione condivisa da molti gay:

“Decidere con un contratto che tu dai il frutto del tuo ventre a due genitori - che siano eterosessuali o omosessuali è la stessa cosa - secondo me è un crimine. Io però segnalo che ci sono molti omosessuali che hanno paura di esprimersi contro l’utero in affitto proprio perché c’è una campagna martellante su questo tema da parte delle associazioni che hanno invece interessi rispetto all’utero in affitto”.

Si segnala anche l’intervento del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha ribadito l’illegalità della pratica in Italia e il suo impegno per combatterla in tutti i Paesi del Mondo:

“Perché quello che non si riesce a fare in un Paese si va a fare in un altro e si cercano poi scappatoie. In realtà, se questo è un mercimonio paragonabile alla schiavitù, così come a livello mondiale si agisce contro la schiavitù, si agisce contro l’utero in affitto”.

Si allarga intanto il parterre di personalità che hanno aderito alla petizione che chiede alle Nazioni Unite una Convenzione contro la maternità surrogata, un’azione tesa a fornire uno strumento di contrasto valido in tutti i Paesi.

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Fame in Africa: nuovo appello della Caritas

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Continuano incessanti gli appelli delle agenzie internazionali e delle Chiese africane per la gravissima crisi alimentare che sta investendo diversi Paesi del continente a causa di conflitti localizzati, siccità e volatilità dei prezzi del cibo. Dopo il Sud Sudan anche in Somalia è stato dichiarato lo stato di carestia. La rete Caritas in Africa da mesi sta potenziando gli interventi per la sicurezza alimentare delle comunità con particolare attenzione alla fasce più vulnerabili (minori, donne, malati). Ma l’entità dei bisogni è tale – si sottolinea in un comunicato di Caritas italiana - da richiedere con urgenza un impegno ulteriore e una solidarietà internazionale che purtroppo sino ad ora non è stata sufficiente.

Nel 2011 sono morte 250 mila persone
“In questo momento – aveva detto Papa Francesco all’udienza dello scorso 22 febbraio è più che mai necessario l’impegno di tutti a non fermarsi solo a dichiarazioni, ma a rendere concreti gli aiuti alimentari e a permettere che possano giungere alle popolazioni sofferenti”. Caritas rilancia con forza questo appello ed esorta tutti a non restare indifferenti davanti a questa drammatica crisi e a fare in modo che non si ripeta quanto accadde nel 2011, quando morirono per fame 250.000 persone.

E’ prioritario agire sulle cause della crisi
“Proprio per evitare che simili situazioni si ripresentino ciclicamente – sottolinea don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana - è indispensabile che, accanto alla risposta umanitaria, vi sia un impegno ad agire sulle cause della crisi: guerre, erosione dell’ambiente, cambiamento climatico,  politiche economiche a vantaggio delle grandi corporazioni e a svantaggio dei  piccoli agricoltori e delle comunità rurali”. È possibile sostenere gli interventi di Caritas Italiana (Via Aurelia 796 - 00165 Roma), utilizzando il conto corrente postale n. 347013, o on line sul sito www.caritas.it (A.L.)

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Riforma sanitaria Usa, i vescovi: la salute non è un privilegio

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L’accesso ai servizi sanitari non è un privilegio. E se si vuole bene alla vita umana non si può non avere a cuore anche la sorte delle persone più povere e vulnerabili. È questo il senso delle osservazioni che l’episcopato statunitense ha inviato, nei giorni scorsi, alla Camera dei rappresentanti in vista del voto dell’American Health Care Act, ovvero la riforma del sistema sanitario. Di quell’Obamacare – ricorda l’Osservatore Romano - che in passato tante divisioni e perplessità ha suscitato soprattutto per la parte che imponeva alle comunità religiose di garantire copertura assicurativa anche per farmaci e dispositivi che possono causare aborti, o per altre pratiche contrarie alla morale cattolica. Mettendo così con le spalle al muro congregazioni religiose ed enti cattolici gestori di cliniche e strutture di assistenza sanitaria. Di fatto una negazione della libertà religiosa e dell’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza.

La riforma non escluda i poveri e le persone più deboli
Una strada impervia che adesso sembra, almeno parzialmente, essere stata abbandonata dalle modifiche introdotte dalla nuova amministrazione, che tra le altre cose intende tagliare i finanziamenti alle organizzazioni che promuovono e praticano l’aborto. Mentre sembrerebbero sostanzialmente inalterate le parti riguardanti l’obiezione di coscienza per la copertura dei servizi relativi alla contraccezione e alla sterilizzazione. Non mancano comunque i rilievi critici e le preoccupazioni dell’episcopato. A farsene portavoce è il presidente della Commissione episcopale di giustizia e sviluppo umano, Frank J. Dewane, vescovo di Venice, il quale in una lettera indirizzata ai membri della Camera pone l’accento sulle «gravi sfide» che la legge di riforma sanitaria sembra porre sulle spalle dei poveri e delle persone più deboli.

Preoccupazione per alcune “gravi carenze”
Così, se da una parte si riconosce che l’inclusione di strumenti di protezione per la vita nascente onora «un’esigenza morale chiave per la politica sanitaria della nostra nazione», dall’altra si esprime profonda preoccupazione per alcune «gravi carenze». In particolare si pongono in evidenza le annunciate modifiche al Medicaid, il programma federale sanitario che provvede a fornire aiuti agli individui e alle famiglie con basso reddito, per il quale è previsto un nuovo credito d’imposta che, secondo le previsioni, si tradurrà in nuovi significativi ostacoli per la copertura e l’accessibilità ai servizi per milioni di persone, in particolare le persone a basso reddito e gli anziani. In tal senso mons.Dewane sostiene che la riconosciuta necessità di migliorare l’attuale normativa «non dovrebbe creare altri inaccettabili problemi, in particolare per coloro che lottano ai margini della società». E cita al riguardo le parole pronunciate da Papa Francesco il 7 maggio 2016, in occasione dell’udienza ai Medici con l’Africa, Cuamm: «La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale per cui l’accesso ai servizi sanitari non può essere un privilegio».

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Giornata dei martiri dedicata a padre Ragheed e mons. Romero

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Sono molteplici gli appuntamenti per l’odierna Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri. Due di questi, in particolare, sono dedicati a due straordinarie figure. Quest'anno lo slogan della Giornata, promossa da Missio, è “Non abbiate paura”.

La testimonianza di padre Ragheed
Padre Ragheed era un giovane sacerdote cattolico iracheno di rito caldeo, nato il 20 gennaio 1972, barbaramente ucciso a Mosul il 3 giugno 2007 all’uscita della sua parrocchia, per essersi rifiutato di chiudere la chiesa, come invece gli era stato intimato dai jihadisti; ha vissuto a lungo a Roma, dove è stato ospite del Pontificio Collegio Irlandese, dal 1996 al 2003, mentre portava a termine i suoi studi alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino-Angelicum. A questo sacerdote ucciso dieci anni fa è stato dedicato, ieri sera, un momento di preghiera presso il Pontificio Collegio Irlandese.

Il martirio di mons. Romero
Il 24 marzo del 1980 veniva brutalmente ucciso l’arcivescovo di San Salvador, mons. Óscar Arnulfo Romero. La serata di domani sarà dedicata proprio al presule martire e al popolo salvadoregno con la messa in scena di un Musical, incentrato sulla sua vita, presso il teatro “Sala Vignoli” a Roma. Mons. Romero, di cui nel 2017 ricorrono i 100 anni dalla nascita, è stato beatificato il 23 maggio del 2015. (A.L.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 83

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.