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Sommario del 25/03/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa a Milano: Chiesa ha sempre bisogno di essere restaurata

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Il Papa ha voluto iniziare la sua visita pastorale a Milano da una periferia: il quartiere di Case Bianche, una zona caratterizzata da disoccupazione ed emarginazione ma che comunque ha tanta voglia di rinascere. “Entro in Milano come sacerdote”, ha detto Francesco. Il servizio del nostro inviato Alessandro Guarasci: 

E’ arrivato poco dopo le 8.30, Francesco, a Case Bianche. L’attesa è cominciata a salire fin da ieri quando sono entrati nel vivo i preparativi. Molti fedeli erano qua già alle 4 di mattina per cercare di scambiare qualche parola con il Papa. La Chiesa prende linfa vitale anche da periferie come queste e Francesco ha tenuto a precisare che è arrivato qui come “sacerdote”. A lui è stata regalata un’immagine della Madonnina, tanto cara ai milanesi, da poco restaurata:

“Lasciamoci restaurare da Dio, dalla sua misericordia. Lasciamoci ripulire nel cuore, specialmente in questo tempo di Quaresima. La Madonna è senza peccato, lei non ha bisogno di restauri, ma la sua statua sì, e così come Madre ci insegna a lasciarci ripulire dalla misericordia di Dio, per testimoniare la santità di Gesù”.

Francesco ha precisato che questa Madonnina "è stata restaurata, come la Chiesa ha sempre bisogno di essere 'restaurata', perché è fatta da noi, che siamo peccatori". Ed ancora, la “Madonna va incontro non per fare proselitismo, no! Ma per accompagnarci nel cammino della vita; e anche il fatto che sia stata la Madonnina ad aspettarmi alla porta di Milano mi ha fatto ricordare quando da bambini, da ragazzi, tornavamo dal collegio e c’era la mamma alla porta ad aspettarci. Eh, la Madonna è madre! E sempre va prima, va avanti per riceverci, per aspettarci”.

Al Papa è stata regalata anche una stola fatta da una cooperativa della zona, una cooperativa realizzata da persone che tentano di reinserisi nel tessuto sociale:

“Questa stola non l’avete comprata già fatta, ma è stata creata qui, è stata tessuta da alcuni di voi, in maniera artigianale. Questo la rende molto più preziosa; e ricorda che il sacerdote cristiano è scelto dal popolo e al servizio del popolo”.

Poco prima del suo incontro con la popolazione del quartiere, il Papa ha fatto visita a tre famiglie di Case Bianche. Due italiane e un’altra marocchina, nuclei con malati al loro interno o persone che cercano di integrarsi nel tessuto cittadino. Il Papa si è interessato ai loro problemi. E' stato accolto come un ospite di grande riguardo.

Intorno alle 12, Francesco si è trasferito nel carcere di San Vittore. Una parte privata della visita: il Papa si è intrattenuto con i detenuti e pranzato con un centinaio di loro. Nelle settimane scorse, alcuni hanno fatto arrivare al Pontefice una lettera, con le loro storie e preoccupazioni. Anche questo istituto penitenziario è sovraffollato, come molti altri in Italia: sono presenti infatti circa 900 carcerati. Anche grazie ai sacerdoti, si studiano percorsi di recupero.

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Il Papa dialoga in Duomo: non temere le sfide, annunciare gioia del Vangelo

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Evangelizzazione, diaconato, le periferie. Papa Francesco ha dialogato a tutto campo nel Duomo di Milano rispondendo alle domande di un sacerdote, di un diacono e di una suora. Il Pontefice ha sottolineato che le sfide non devono mai essere temute dalla Chiesa, ma viste come opportunità per un rinnovato annuncio del Vangelo a tutti. Al termine dell’incontro, il cardinale Angelo Scola ha “donato” al Papa a nome dell’arcidiocesi di Milano - grazie alla Caritas ambrosiana - 50 case per i poveri della città. Il servizio di Alessandro Gisotti

Quando gettiamo le reti dell’evangelizzazione, ricordiamo sempre che non siamo noi a prendere i pesci, “è il Signore a prendere i pesci”. Papa Francesco ha esordito con questa immagine evangelica nel dialogo con i religiosi nel Duomo di Milano.

Le sfide aiutano la Chiesa a far sì che la fede non diventi ideologia
Rispondendo a don Gabriele Gioia sulle sfide della società plurale per la Chiesa, ha innanzitutto evidenziato che le sfide sono positive per la Chiesa. “Non dobbiamo temere le sfide”, ha detto, “perché ci fanno crescere”:

“Sono segno di una fede viva, di una comunità viva che cerca il suo Signore e tiene gli occhi e il cuore aperti. Dobbiamo piuttosto temere una fede senza sfide, una fede che si ritiene completa, tutta completa: non ho bisogno di altre cose; tutto fatto. Questa fede è tanto annacquata che non serve. Questo dobbiamo temere. E si ritiene completa come se tutto fosse stato detto e realizzato. Le sfide ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica”.

Il Papa ha messo in guardia dalle ideologie che, ha osservato, “crescono quando uno crede di avere la fede completa”. Le sfide invece, ha ribadito, “ci salvano da un pensiero chiuso e definito e ci aprono a una comprensione più ampia del dato rivelato”.

La fede è una, ma le differenze arricchiscono la vita della Chiesa
Ha così rivolto il pensiero alla dimensione della multiculturalità che contraddistingue le nostre società. Non dobbiamo temere le diversità, ha detto il Papa, nella consapevolezza che la Chiesa è una, ma è “un’esperienza multiforme”. Questa, ha detto, è “la ricchezza della Chiesa”:

“La Chiesa è una nelle differenze: è una. E quelle differenze si uniscono in quella unità. Ma chi fa le differenze? Lo Spirito Santo è il Maestro delle differenze! E chi fa l’unità? Lo Spirito Santo: anche, Lui è il Maestro dell’unità. Quel grande artista, quel grande Maestro dell’unità nelle differenze è lo Spirito Santo. E questo dobbiamo capirlo bene”.

Francesco ha ribadito che “l’uniformità e il pluralismo non sono di buono spirito: non vengono dallo Spirito Santo. La pluralità e l’unità vengono dallo Spirito Santo”. Ed ha così messo l’accento sull’importanza del “discernimento”.

Aiutare i giovani nel discernere il bene nella “cultura dell’abbondanza”
Il Papa non ha poi mancato di riferirsi ai giovani che devono proprio essere aiutati nel discernimento delle cose buone in una “cultura dell’abbondanza”:

“I nostri giovani sono esposti a uno zapping continuo. Possono navigare su due o tre schermi aperti contemporaneamente, possono interagire nello stesso tempo in diversi scenari virtuali. Ci piaccia o no, è il mondo in cui sono inseriti ed è nostro dovere come pastori aiutarli ad attraversare questo mondo. Perciò ritengo che sia bene insegnare loro a discernere, perché abbiano gli strumenti e gli elementi che li aiutino a percorrere il cammino della vita senza che si estingua lo Spirito Santo che è in loro”.

Il diacono sia il custode del servizio nella Chiesa
Francesco ha così risposto a Roberto Crespi, diacono permanente, proprio sulla particolarità del servizio del diaconato. Il Papa ha subito evidenziato che il contributo dei diaconi è molto importante nella vita della Chiesa. Ed ha messo in guardia da due pericoli per il diaconato: il clericalismo e il funzionalismo. Il diacono, ha detto, “è il custode del servizio nella Chiesa”. Servizio, ha affermato, è la parola chiave da cui “viene tutto lo sviluppo del vostro lavoro, della vostra vocazione, del vostro essere nella Chiesa”:

“Una vocazione che come tutte le vocazioni non è solamente individuale, ma vissuta all’interno della famiglia e con la famiglia; all’interno del Popolo di Dio e con il Popolo di Dio. In sintesi: non c’è servizio all’altare, non c’è liturgia che non si apra al servizio dei poveri, e non c’è servizio dei poveri che non conduca alla liturgia; non c’è vocazione ecclesiale che non sia familiare. Questo ci aiuta a rivalutare il diaconato come vocazione ecclesiale”.

Siamo lievito, vincere la rassegnazione e avviare processi
Francesco ha, infine, risposto alla madre Paola Paganoni sulle sfide per i cristiani nell’essere “minorità” nella società di oggi. Innanzitutto, il Papa ha sottolineato che l’essere minoranza non deve portarci alla “rassegnazione” e ricordarci che sempre serve il lievito, “piccolo”, per  “far crescere la farina”. Ancora, ha affermato che bisogna avviare processi piuttosto che occupare spazi:

“Oggi, la realtà – per molti fattori che non possiamo ora fermarci ad analizzare – ci chiama ad avviare processi più che occupare spazi, a lottare per l’unità più che attaccarci a conflitti passati, ad ascoltare la realtà, ad aprirci alla ‘massa’, al santo Popolo fedele di Dio, al tutto ecclesiale. Aprirci al tutto ecclesiale”.

Scegliere le periferie, trasformare le fragilità in spazio di benedizione
Il Papa ha parlato della testimonianza delle ultime due Sorelle di Gesù in Afghanistan ed ha ribadito la necessità di andare nelle “periferie esistenziali”, di essere missionari, di andare ai confini ad incontrarsi con il Signore:

“E quella è la strada che dovete andare. Scegliete le periferie, risvegliate processi, accendete la speranza spenta e fiaccata da una società che è diventata insensibile al dolore degli altri. Nella nostra fragilità come congregazioni possiamo farci più attenti a tante fragilità che ci circondano e trasformarle in spazio di benedizione”.

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Il Papa all'Europa: investire nella vita, nella famiglia, nei giovani

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Unità, solidarietà, rispetto della vita e della famiglia, radici cristiane, tutela del lavoro e dei giovani, accoglienza. Evidenziando questi valori più che mai attuali, Papa Francesco ha ricevuto ieri pomeriggio in Vaticano i leader europei, che oggi nella capitale celebrano il 60.mo anniversario dei Trattati di Roma dai quali prese vita la Comunità Europea. Ce ne parla Giancarlo La Vella

L'Europa del futuro guardi ai padri fondatori
A un’Europa alla ricerca di una nuova identità, Papa Francesco ha dato slancio per riscoprire quelle motivazioni che hanno ispirato i padri fondatori del Vecchio Continente unito. Dopo i saluti di rito, il Pontefice ha ricordato che non si può comprendere il tempo che viviamo senza il passato. In quest’ottica va interpretato quel 25 marzo 1957:

“Fu una giornata carica di attese e di speranze, di entusiasmo e di trepidazione… La memoria di quel giorno si unisce alle speranze dell’oggi e alle attese dei popoli europei che domandano di discernere il presente per proseguire con rinnovato slancio e fiducia il cammino iniziato”.

Una costruzione fraterna e giusta, l’Europa unita, in cui, secondo gli ideatori, politica, economia, cultura dovevano essere a misura d’uomo. L’umanesimo europeo, dopo gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale, basò – ricorda il Papa – proprio sulla persona il progetto unitario:

“All’origine dell’idea d’Europa vi è la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria”.

Unità, solidarietà, accoglienza e radici cristiane
Ripercorrendo le frasi pronunciate 60 anni fa, Francesco ha ricordato lo spirito di solidarietà, che deve animare l’Europa, davanti alle spinte centrifughe come pure alla tentazione di ridurre gli ideali fondativi dell’Unione alle necessità produttive, economiche e finanziarie”. E il Papa mette anche in evidenza le attuali stridenti prese di posizione di fronte all’immigrazione, alla luce di quell’unità che annullava inimicizie, frontiere e i dolorosi contrasti del passato:

“Laddove generazioni ambivano a veder cadere i segni di una forzata inimicizia, ora si discute di come lasciare fuori i ‘pericoli’ del nostro tempo: a partire dalla lunga colonna di donne, uomini e bambini, in fuga da guerra e povertà, che chiedono solo la possibilità di un avvenire per sé e per i propri cari”.

Unità, accoglienza: il tutto si traduce nel concetto di pace, allora come oggi essenziale per la costruzione di un avvenire proficuo per ogni generazione. E’ proprio nella volontà dei padri dell’Europa – ha ricordato il Santo Padre – che questi valori vanno affermati, senza dimenticare da dove scaturiscono. “All’origine della civiltà europea si trova il Cristianesimo – ha detto Francesco – senza il quale i valori occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano per lo più incomprensibili”:

“E ancor oggi – affermava san Giovanni Paolo II –, l’anima dell’Europa rimane unita, perché, oltre alle sue origini comuni, vive gli identici valori cristiani e umani, come quelli della dignità della persona umana, del profondo sentimento della giustizia e della libertà, della laboriosità, dello spirito di iniziativa, dell’amore alla famiglia, del rispetto della vita, della tolleranza, del desiderio di cooperazione e di pace, che sono note che la caratterizzano”.

Dove guarda l'Europa
Poi un cenno all’attuale crisi. Il Papa ribalta l’accezione negativa della parola, affermando che questo "è un tempo di sfide e di opportunità”. E sul futuro dell’Europa il Papa si chiede: “Quale il lascito dei Padri fondatori? Quali prospettive ci indicano per affrontare le sfide che ci attendono? Quale speranza per l’Europa di oggi e di domani?”:

“Le risposte le ritroviamo proprio nei pilastri sui quali essi hanno inteso edificare la Comunità economica europea e che ho già ricordati: la centralità dell’uomo, una solidarietà fattiva, l’apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, l’apertura al futuro”.

Ritrovare la speranza
Per questo vanno ascoltate le istanze che provengono tanto dai singoli, quanto dalla società e dai popoli che compongono l’Unione. Al contrario – ha detto – c’è la sensazione che oggi vi sia uno scollamento tra cittadini e istituzioni. Affermare la centralità dell’uomo significa anche ritrovare lo spirito di famiglia, in cui ciascuno contribuisce liberamente secondo le proprie capacità alla casa comune: unità e armonia nelle differenze. Dunque, l’Unione Europea – ha detto ancora il Papa – ha bisogno di riscoprire il senso di essere anzitutto comunità di persone e di popoli. Solidarietà e compartecipazione devono essere il motore portante, l’antidoto ai moderni populismi. Il commosso ricordo, a questo punto, delle vittime dell’attentato di Londra. Dialogo, incontro, comprensione reciproca, dunque, guardando a un futuro senza paura del diverso, dove la pace nasce dalla giustizia sociale. Non ci si può limitare a gestire la grave crisi migratoria – ha affermato il Papa – come fosse solo un problema numerico, economico o di sicurezza. Ma come l’Europa può riuscire a ritrovare la speranza?

“Quando si apre ai giovani, offrendo loro prospettive serie di educazione, reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. Quando investe nella famiglia, che è la prima e fondamentale cellula della società. Quando rispetta la coscienza e gli ideali dei suoi cittadini. Quando garantisce la possibilità di fare figli, senza la paura di non poterli mantenere. Quando difende la vita in tutta la sua sacralità”. 

E, quindi, ha concluso:

“Faccio perciò mie le parole che Joseph Bech pronunciò in Campidoglio: Ceterum censeo Europam esse ædificandam, d’altronde penso che l’Europa meriti di essere costruita. Grazie”.

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Almería: beatificazione di 115 martiri della guerra civile spagnola

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Oggi ad Almería, in Spagna, il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha presieduto la Messa di beatificazione di 115 martiri della guerra civile spagnola: sacerdoti e laici, uomini e donne, torturati e uccisi nel 1936 per la loro fede. Tra di loro il sacerdote Álvarez­ Benavides y de la Torre, decano della cattedrale di Almería. Sono morti perdonando i loro assassini. Ascoltiamo il cardinale Amato nell’intervista di Giada Aquilino

R. - In quegli anni, in Spagna si scatenò contro la Chiesa, i suoi ministri e i suoi fedeli, la grande persecuzione, che costò la vita a migliaia di persone, uomini e donne, laici e consacrati, uccisi solo perché cattolici. Tutte le diocesi diedero il loro contributo martiriale. Oggi Papa Francesco eleva agli onori degli altari 115 martiri della diocesi di Almería uccisi in odio alla fede. Li ricordiamo, perché a noi incombe il dovere della memoria, per non disperdere questo patrimonio incomparabile di obbedienza al Dio della vita e alla sua parola di carità. Li ricordiamo, perché intendiamo ripetere che il cristianesimo è la religione della carità e della vita e si oppone a ogni forma di prevaricazione e di violenza.

D. - Certo è difficile dar conto di ognuno dei nuovi Beati. Chi era, ad esempio, don José Álvarez- Benavides de la Torre, decano della cattedrale di Almería, capofila di questo gruppo di martiri?

R. - I testimoni affermano che era un pastore di grande personalità, di eccezionale prestigio e di specchiata virtù. Preso negli ultimi giorni di luglio del 1936, la sua prigione fu una barca per il trasporto del ferro. I suoi vestiti e quelli degli altri prigionieri erano diventati neri come il carbone e il clima, data la stagione estiva, era asfissiante. Ciononostante don José riuscì a creare tra i prigionieri un clima di raccoglimento e di preghiera. Richiesto, sotto innumerevoli e crudeli forme di tortura, di rinnegare la fede e di bestemmiare il nome di Cristo, egli si oppose fino alla fine. Mori fucilato, confessando Cristo Re e perdonando i suoi aguzzini.

D. - Ci sono anche dei laici in questo gruppo di martiri?

R. - Oltre ai sacerdoti c'erano anche dei laici. Tra i laici ad esempio posso menzionare il signor Luis Belda y Soriano de Montoya, di 34 anni, appartenente all'Azione cattolica e avvocato di stato. Era una persona pia, preoccupata di aiutare i bisognosi che si rivolgevano a lui. Era di messa e comunione quotidiana. Aveva un grande spirito apostolico: visitava gli ammalati, teneva conferenze sulla famiglia, sull'educazione dei figli, sulla difesa dei non nati. Educava tutti al rispetto del prossimo. Devoto della Beata Vergine, recitava quotidianamente il Rosario. Amava la Chiesa, era fedele al Papa e obbediente al Vescovo. Si consegnò volontariamente ai miliziani, per non compromettere la sua famiglia. L'unico motivo della sua prigionia era quello di essere cattolico. Le sue ultime parole, gridate alla moglie dalla barca, prima della fucilazione, furono: «Perdono di cuore tutti coloro che mi hanno offeso e coloro che mi possono far male». I suoi resti mortali furono trovati che galleggiavano sulle onde vicino alla spiaggia.

D. - Un'ultima domanda: nel gruppo dei nuovi Beati ci sono anche delle donne?

R. - Si. Tra le donne uccise in odio alla fede c'è, ad esempio, la signora Carmen Godoy Calvache, di 49 anni. Era una persona caritatevole, che utilizzava il denaro in opere di carità e lo faceva con generosità. A chi aveva problemi di salute con i figli, inviava il medico e pagava le spese. All'inizio della persecuzione, fu privata di tutti i suoi beni. I miliziani si impossessarono del denaro, dei conti bancari e delle proprietà. Occuparono anche la sua casa. Imprigionata, fu sottoposta a ogni possibile maltrattamento, soprattutto da parte delle miliziane, che si divertivano a torturarla, condannandola alla fame e alla sete. Fu ferita con colpi di pugnale, fu mezzo affogata in mare, infine, l'ultima notte dell'anno 1936, dopo essere stata maltrattata e mutilata al petto, fu seppellita ancora viva. nella taverna del porto, i suoi aguzzini si ubriacarono, vantandosi delle scelleratezze commesse verso la povera vittima.

D. - Vuole aggiungere altro?

R. - Abbiamo citato solo tre esempi. Ma tutti i martiri erano persone buone, inermi e del tutto innocenti, che come agnelli dovettero sottostare agli abusi perversi di uomini e donne, che, in realtà, disonorano la natura umana con le loro azioni malvage. Siamo di fronte, da una parte, alla dignità del bene, e, dall'altra, alla stupidità irrazionale del male. Oggi siamo grati ai nuovi Beati per la loro testimonianza di fedeltà a Cristo e di coerenza alle promesse battesimali. Li ammiriamo e onoriamo come esempi di perdono e ispiratori di bene.

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Nomine

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Per consultare le nomine odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Oggi in Primo Piano



Leader Ue firmano una Dichiarazione comune per la nuova Europa

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In una Roma blindata per il timore di attacchi dei black bloc, al Campidoglio i 27 capi di Stato e di governo dell’Unione Europea hanno ricordato il sessantesimo anniversario dei Trattati, firmati nella capitale il 25 marzo 1957, che gettarono le basi per il processo di integrazione europea. Ripartire con un nuovo slancio per affrontare la crisi in atto: è il pensiero che ha percorso tutti gli interventi della mattinata che hanno preceduto la firma di una nuova Dichiarazione comune. La cronaca nel servizio di Benedetta Capelli

Un’Europa sicura, che generi occupazione, che favorisca una crescita sostenibile, più forte sulla scena mondiale. E’ il sogno e la prospettiva sottoscritta dai 27 capi di Stato e di governo dell’Unione Europea che stamani a Roma, nella sala degli Orazi e Curiazi al Campidoglio, hanno ricordato le speranze che proprio 60 anni fa animarono i padri fondatori dell’Europa. La firma del documento comune, avvenuta accanto alla teca che conteneva il documento del 1957 sottoscritto da Francia, Germania Ovest, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, è arrivata dopo gli interventi che hanno ripercorso questi anni e nei quali sono state messe in luce le criticità di oggi.

Il premier italiano Paolo Gentiloni ha parlato del “coraggio di voltare pagina”, di prendere la rincorsa e ridare spinta ad un progetto di Unione che dia fiducia e sicurezza ai cittadini. In proposito il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani ha evidenziato la crescente disaffezione degli europei ed ha invocato cambiamenti profondi per dare risposte a chi non trova lavoro o a chi si sente minacciato dal terrorismo:

“L’Europa è un grande ideale, è la nostra civiltà, è la nostra storia, sono le nostre differenze. Vale la pena crederci e vale la pena dedicare il nostro futuro alla realizzazione di questo grande sogno che dobbiamo regalare a tutti i nostri figli”.

“L'Unione sia, dopo Roma, più di prima, un'Unione degli stessi principi, un'Unione con una sovranità esterna, un'Unione di unità politica”: è stato l’auspicio del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk mentre il numero uno della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha parlato di “sfide inedite da affrontare” e dell’importanza dell’unità tra gli Stati membri. Alle 13.30 il pranzo al Quirinale alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concluso la giornata per i leader europei. Ma quali le ricchezze e quali le criticità nella storia degli ultimi 60 anni dell’Ue? Andrea Santini, docente di diritto dell’Unione Europea all’università Cattolica di Milano:

R. – Senz’altro occorre partire dalla considerazione dei grandi risultati che il processo di integrazione europea ha conseguito in questi 60 anni. Non dobbiamo dimenticare che nell’arco di questi 60 anni l’Unione Europea ha saputo garantire pace duratura tra i suoi Stati membri, ha saputo garantire e contribuire significativamente ad un notevole progresso economico e quindi ha rappresentato senz’altro un fattore di sviluppo e di stabilità importante nell’area europea. Le difficoltà degli ultimi anni certamente vanno ricondotte a crisi di vario tipo: la crisi economico-finanziaria innanzitutto che, dal 2007 al 2008, ha fortemente inciso sui risultati economici e sul problema dell’occupazione piuttosto che la crisi migratoria più recente che senz’altro ha rappresentato un fattore che ha messo in evidenza anche le differenti posizioni degli Stati membri. Credo che uno dei nodi fondamentalmente venuto al pettine in questi ultimi anni sia il trade–off che inevitabilmente si è venuto a creare tra il continuo allargamento a nuovi Stati membri e l’approfondimento del processo di integrazione. Ad un certo punto questi due binari paralleli lungo i quali l’integrazione europea è proceduta in questi 60 anni, hanno rivelato appunto l’intrinseco trade-off.

D. - Questa cerimonia arriva in un momento di crisi dell’Unione Europea, con Londra avviata ormai sulla via della Brexit e poi con l’ultimo attentato terroristico proprio nella capitale britannica …

R. - Certo. Dunque per quanto riguarda l’attacco terroristico senz’altro mette in evidenza l’ulteriore difficoltà e crisi nell’Europa attuale e quindi la necessità senz’altro di approfondire anche il versante della sicurezza. Dall’altro lato, per quanto riguarda in particolare la posizione del Regno Unito, è un fattore che non può essere visto positivamente in quanto certamente andrà ad indebolire il peso complessivo dell’Unione. Dall’altro lato però fa venire meno un facile alibi anche per alcuni Stati membri che spesso si sono nascosti dietro le posizioni del Regno Unito. Si porrà la necessità di decidere una volta per tutte se l’integrazione deve procedere a 27 o quanti saranno, se poi la Scozia dovesse separare dal Regno Unito e rientrare nell’Unione, piuttosto ripensare l’Unione Europea secondo quello schema al quale negli ultimi tempi si è fatto frequentemente riferimento all’Europa a due velocità o a cerchi concentrici. Credo che questa sia un’ipotesi alla quale bisogna pensare con estrema attenzione perché può essere la via d’uscita da quel trade-off tra approfondimento e allargamento che evocavo prima.

D. - I capi di Stato e di governo europei hanno parlato di restituire fiducia ai cittadini. In che modo si può raggiungere questo obiettivo?

R. - Uno dei motivi che ha determinato in qualche modo la disaffezione dei cittadini è stato il non vedere dei risultati positivi. Nello stesso tempo certamente l’Europa ha bisogno di sviluppare la dimensione sociale dell’integrazione. Ad oggi le competenze e i poteri che l’Unione ha in questo campo sociale sono meno sviluppati, meno avanzati rispetto a quelli che ha nell’ambito economico. Quindi anche da questo punto di vista si pone la necessità di un approfondimento dell’integrazione, un approfondimento che, per esempio, proprio nel Regno Unito, ha sempre molto rallentato in campo sociale e anche da questo punto di vista allora forse l’uscita dal Regno Unito toglierà dal campo alcuni facili alibi, alcuni ostacoli che potrebbero poi consentire agli Stati più desiderosi di procedere sulla strada dell’integrazione in questo campo e di produrre dei risultati.

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Salvador, Chiesa appoggia legge contro estrazione mineraria

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La Commissione per l’ambiente dell'Assemblea legislativa in Salvador ha approvato il 21 marzo all'unanimità gli 11 articoli della legge che vieta l’estrazione dei metalli nel Paese. "El Salvador ha vinto ancora una battaglia contro l'estrazione", ha detto Guillermo Mata, presidente della Commissione per l'ambiente, commentando quello che rappresenta il primo passo nella stesura finale della legge sul tema, che ha visto coagularsi  un ampio consenso politico attorno al tema della tutela ambientale. Il prossimo passo riguarderà il dibattito e l'approvazione da parte dell'intera Assemblea, che potrebbe richiedere una settimana di tempo.

Una legge in difesa dei beni vitali
Vidalina Morales, un’attivista che vive nel Dipartimento di Cabañas, uno dei più colpiti dall'inquinamento minerario, ha sottolineato che "questa legge è utile per il futuro del Paese, perché fermerà l'inquinamento delle acque, difenderà l'agricoltura, l’ambiente e in qualche modo riabilita gli ambientalisti martiri assassinati per essersi opposti ai disastri minerari". Per le associazioni ambientaliste, questa normativa dimostra che un altro modello di sviluppo è possibile, preservando beni vitali come le risorse idriche che patiscono alti livelli di inquinamento nei processi di estrazione mineraria.

L’iniziativa della Chiesa salvadoregna
Anche la Chiesa cattolica ha affrontato la questione all’inizio del mese di marzo, organizzando una marcia che ha portato all'Assemblea legislativa un progetto di legge contro l'estrazione. Secondo il sondaggio, 8 salvadoregni su 10 si oppongono all’estrazione mineraria dei metalli e attualmente esiste un contenzioso aperto con la “Oceana Gold”, una Corporation canadese-australiana che si è vista negare dal tribunale, per possibili ricadute ambientali, l’apertura di una miniera d’oro nel Salvador. (A.D.C.)

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Vescovi Filippine: Senato voti no a ritorno pena di morte

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“Quello che chiediamo ai nostri politici è la coerenza e di votare sulla pena di morte secondo coscienza. Chiediamo di non usare la fede per convenienza politica. Molti politici scendono in campo per dire sì alla vita, poi votano a favore della pena di morte”. Ad affermarlo, secondo quanto riferito dall’Agenzia Fides, è padre Melvin Castro, segretario esecutivo della Commissione “Famiglia e vita” nella Conferenza episcopale, mentre il Senato filippino si prepara a votare la legge sul ripristino della pena di morte, già approvata dal Camera dei rappresentanti. Il voto in Senato è previsto il 2 maggio e nell'assemblea la maggioranza è detenuta da membri del partito del presidente Duterte, promotore della legge.

Vogliamo una nazione che difenda la vita
“La coscienza illuminata dalla fede – continua padre Castro – è molto importante in politica, come in ogni altra scelta della vita umana. Le scelte nella vita personale o privata non possono essere in contraddizione con quelle nella vita pubblica". La Chiesa, ricorda, “insegna questo, la sacralità di ogni vita. Vogliamo vivere in una nazione che tenga sempre presente il principio del rispetto della dignità inalienabile di ogni uomo e ogni donna e dei diritti umani fondamentali".

Pena di morte deterrente “inefficace”
In una recente dichiarazione pubblica letta in tutte le chiese, la Conferenza episcopale delle Filippine ha presentando diverse buone ragioni per respingere il disegno di legge sulla pena capitale. I vescovi affermano che la pena di morte “non è necessaria”, “non assicura maggiore giustizia”, “non aiuterà il Paese”. Secondo dati della Corte suprema del Paese, gli errori giudiziari nei casi di condanne alla pena capitale sono oltre il 70%, mentre "nessuno studio dimostra – sostengono i presuli filippini – che l'imposizione della pena di morte è un efficace deterrente contro il crimine".

“Senatori respingano la legge”
Per questo il loro appello chiede esplicitamente ai senatori di "respingere la reintroduzione della pena di morte”. I vescovi, infine, invitano i fedeli a pregare costantemente perché lo “Spirito Santo illumini e guidi le menti e le coscienze dei legislatori".

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Indonesia. A Java test della prossima Gmg asiatica

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La settima Giornata mondiale della Gioventù asiatica (Asian Youth Day), in programma dal 30 luglio al 6 agosto prossimi a Yogakarta, Java centrale, ha visto i vescovi e i delegati del Paese a vivere un momento di intensa preparazione all’evento. Dal 20 al 24 marzo, i rappresentanti di 16 nazioni si sono incontrati presso il centro pastorale Sanjaya di Muntilan, la “Betlemme di Java”, situata nell’area centrale dell’isola omonima, per prendere parte al quinto incontro preparatorio alla Giornata, in cui i partecipanti hanno aderito al programma “Giorni della Diocesi”.

Simulazione dell’Asian Youth Day
L’incontro, informa AsiaNews, aveva l’obiettivo di simulare come si svolgerà la settima Asian Youth Day e ad esso hanno partecipato molte personalità della Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia (Fabc) provenienti dalle quattro aree del continente in cui l’organismo è presente, ovvero Asia dell’Est (Corea del Sud, Hong Kong, Taiwan, Macau), Asia del Sud-est “Uno” (Thailandia, Myanmar, Vietnam, Cambogia), Asia del Sud-est “Due” (Indonesia, Timor Est, Malaysia, Brunei, Singapore, Filippine) e i Paesi dell’Asia del Sud (India e Bangladesh).

I vescovi: giovani “più motivati”
“Dopo questo incontro a Muntilan, i giovani cattolici del Brunei saranno più motivati nello spirito a partecipare a questo evento internazionale”, ha affermato mons. Cornelius Sim, vicario apostolico di Brunei. “I giovani indonesiani e i volontari sono entusiasti e noi siamo lieti di diventare parte della prossima Giornata mondiale”. Secondo mons. Joel Baylon, vescovo di Legazpi nelle Filippine, i giovani che prenderanno parte alla settima Giornata in Indonesia “sono motivati su base spirituale e morale a capire la reale condizione dei Paesi in cui vivono e in cui partecipano alla vita della Chiesa. Noi li incoraggiamo a riflettere la loro reale esistenza nello stare insieme ad altre persone con culture, lingue, tradizioni e valori diversi”.

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Lateranense: la creatività al centro del rinnovamento della Chiesa

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Si conclude oggi il primo Festival Internazionale della Creatività nel Management Pastorale, promosso dalla Pontificia Università Lateranense. L’evento di tre giorni ha visto la partecipazione di personalità della Chiesa provenienti da tutto il mondo per confrontarsi sull’ambiziosa domanda “Quale Chiesa tra vent’anni?”. Il rettore dell’ateneo pontificio, mons. Enrico Dal Covolo, ha sottolineato che, come insegna Papa Francesco, “si è creativi per essere fedeli, innanzitutto fedeli alla Parola di Dio”. Ancora, mons. Dal Covolo ha auspicato che la Chiesa, nell’essere creativa, possa essere sempre più “accogliente e ricca di speranza”. Sull’importanza di questo Festival, unico nel suo genere, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Gulio Carpi, direttore della Scuola Internazionale di Management Pastorale alla Lateranense: 

R. – Ci immaginiamo di essere veramente figli di un Dio Creatore e creativo, e quindi se siamo veramente fatti a Sua immagine e somiglianza, la creatività dovrebbe essere all’ordine del giorno, dovrebbe essere il nostro elemento più naturale! Quando questo non avviene, potercene riappropriare significa ritornare alle origini: poter essere belli perché ci incontra, poter essere coinvolgenti, raccontare anche la bellezza del Vangelo e non semplicemente le problematiche che ci sono sul piano gestionale. Anzi, l’organizzazione dev’essere funzionale per permettere alle persone di sviluppare i propri talenti. Quindi è un’opportunità!

D. – Papa Francesco in tante occasioni, in particolare in Evangelii gaudium, sottolinea che nella Chiesa bisogna vincere la tentazione del “si è sempre fatto così”. La creatività, dunque, è una grande sfida, urgente e imprescindibile, per la Chiesa di oggi?

R. – Sì, come cristiani abbiamo proprio il dovere e l’imperativo di essere in prima linea, di essere "profeti della creatività".

D. – La creatività ha molto a che vedere anche con la Chiesa in uscita, perché la "Chiesa in uscita" di Francesco presuppone che si crei un nuovo cammino, nuovi percorso. E quindi al creatività è fondamentale?

R. – Anche perché mi immagino che se noi usciamo rimanendo noi stessi, non è niente di creativo, non è niente di che, mentre invece in qualche modo, poterci estroflettere ci permette veramente di incontrare gli altri, per la ricchezza che hanno e non tanto per lo stereotipo che abbiamo. La creatività è un buon paio di occhiali per poter leggere la realtà.

D. – Quali sono le sue aspettative per il “dopo”? Perché, ovviamente, non vuole essere un punto di arrivo ma un punto di partenza …

R. – La nostra aspettativa è che intanto le persone ne escano un po’ in "fibrillazione", ripensando a quello che viene fatto quotidianamente e magari spendendo anche un po’ meno e facendo un po’ di più, perché abbiamo più persone coinvolte anche nelle fasi di co-progettazione degli eventi. E quindi ci attendiamo questo fervore, che poi diventeranno anche documenti scientifici e, non ultimo, annuncio che diversi ricercatori internazionali qua presenti, che vengono dall’Australia e dagli Stati Uniti, hanno detto: “E' possibile esportare il Festival anche nelle nostre nazioni?” Un desiderio sincero e quindi direi che anche come italiani possiamo dare una buona testimonianza da questo punto di vista.

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Si è spenta Paloma Gomez Borrero, grande vaticanista spagnola

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Ha girato il mondo con il Papa che lo ha girato senza soste. Centoquattro volte a fianco di Giovanni Paolo II, cronista attenta del suo ministero e amica stimata. Paloma Gomez Borrero, una delle più celebri e premiate giornaliste spagnole, prima corrispondente donna all’estero per conto di TVE, la tv pubblica suo Paese, si è spenta ieri a Madrid verso le 20, all’età di 82 anni.

Mezzo secolo al microfono
La sua carriera, che l’ha vista al microfono di numerose testate europee e latinoamericane in veste di collaboratrice o di inviata, si sviluppa dal ’76 all’83 a TVE, quindi nel marzo del 1984 la giornalista passa a Radio COPE e da vaticanista racconta l’intera storia del Pontificato di Papa Wojtyla – al quale dedica anche numerose pubblicazioni – e poi di Benedetto XVI fino al 2012, quando in giugno dopo quasi 30 anni lascia il servizio. La sua eredità viene raccolta da Paloma García Ovejero, attuale vicedirettrice della Sala Stampa Vaticana. Ma non spegne il suo microfono e da Roma la Gómez Borrero mantiene diverse collaborazioni, fino al più recente sempre per i canali di TVE.

Giornalismo e non solo
Veterana dell’informazione vaticana – “grande giornalista” l’ha definita in un tweet il premier spagnolo Rajoy – Paloma Gomez Borrero dimostra grande eclettismo prendendo parte nel ’57 anche a una scena del film “Il momento più bello” accanto a Marcello Mastroianni. Sempre circondata dalla sua famiglia, il marito Alberto de Marchis e i loro tre figli, alla giornalista sarà offerta stasera una Messa funebre nella capitale spagnola, quindi la salma verrà cremata. (A.D.C.)

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Commento di don Sanfilippo al Vangelo della IV Domenica di Quaresima

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Nella quarta Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone il Vangelo del cieco nato. I discepoli chiedono a Gesù chi abbia peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco. Il Signore risponde:

“Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”. E lo guarisce.

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Nel Vangelo odierno Gesù afferma: tutto ciò che accade nella vita può essere al servizio del bene. Il cieco, infatti, è nato così perché si manifestino a tutti, attraverso la sua menomazione, l’amore e la potenza del Padre. Ma noi crediamo che i limiti, le sofferenze e le ingiustizie, nella storia di ciascuno, possano servire a Dio per rivelarsi? Oppure sono eventi casuali o frutto della cattiveria delle persone? La preparazione alla Pasqua può aiutarci a risolvere questo enigma: la parola del Salvatore, accolta dalla bocca dei suoi inviati, anche oggi può svelarci il nostro “fango” ed indurci alla conversione e alla richiesta di perdono, vera fonte di luce spirituale. Solo chi si lascia coinvolgere dal cammino quaresimale, nel riconoscere la propria miseria, può risorgere ad una vita nuova e vedere l’esistenza umana con altri occhi: quelli di Dio. Ci si accorge, così, della Provvidenza che ha cura di noi e scopriamo come i nostri limiti e difetti siano utili per il compimento della missione affidataci e quanto ogni umiliazione o tribolazione subita sia, in realtà, un’occasione d’oro per testimoniare Cristo. Chi, invece, al pari dei farisei, si considera una persona buona, che non fa del male a nessuno, è accecato dalla presunzione e rischia di non accogliere nella Chiesa i poveri che riacquistano la vista.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 84

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.