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Sommario del 31/03/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: Lutero, tempo fa era impensabile convegno tra cattolici e protestanti

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“Gratitudine a Dio e stupore”. Li ha espressi il Papa incontrando in Sala Clementina i partecipanti al Convegno promosso dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche dal titolo: “Lutero 500 anni dopo”. “Veramente - ha detto Francesco - tocchiamo con mano i frutti dell’azione dello Spirito Santo”. Massimiliano Menichetti

Il Papa esprime gratitudine a Dio e parla di stupore perché - afferma - “non molto tempo fa un Convegno del genere sarebbe stato del tutto impensabile”:

“Parlare di Lutero, cattolici e protestanti insieme, per iniziativa di un organismo della Santa Sede: veramente tocchiamo con mano i frutti dell’azione dello Spirito Santo, che sorpassa ogni barriera e trasforma i conflitti in occasioni di crescita nella comunione”.

Superare clima di sfiducia
Il Papa guarda poi alla ricerca di “comunione” riflessa anche nella “commemorazione comune del quinto centenario dell’inizio della Riforma di Lutero”. Parla di “opportunità” nel “guardare insieme” ciò che accadde, perché approfondire seriamente la figura di Lutero e "la sua critica contro la Chiesa del suo tempo ed il papato contribuiscono certamente a superare quel clima di mutua sfiducia e rivalità che per troppo tempo in passato ha caratterizzato i rapporti tra cattolici e protestanti".

Saper prendere il positivo
"Lo studio attento e rigoroso, libero da pregiudizi e polemiche ideologiche, permette alle Chiese, oggi in dialogo, di discernere e assumere quanto di positivo e legittimo vi è stato nella Riforma e di prendere le distanze da errori, esagerazioni e fallimenti, riconoscendo i peccati che avevano portato alla divisione".

La purificazione della memoria
“Siamo tutti ben consapevoli - afferma - che il passato non può essere cambiato”. “Tuttavia - rimarca - dopo cinquanta anni di dialogo ecumenico tra cattolici e protestanti, è possibile compiere una purificazione della memoria”, senza il “rancore” che “deforma”.

Sconfiggere i pregiudizi
“Oggi, come cristiani siamo tutti chiamati a liberarci da pregiudizi verso la fede che gli altri professano con un accento e un linguaggio diverso, a scambiarci vicendevolmente il perdono per le colpe commesse dai nostri padri e ad invocare insieme da Dio il dono della riconciliazione e dell’unità”.

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Papa a Carpi e Mirandola: mons. Cavina, segno di speranza per terremotati

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Ferve l’attesa nella diocesi di Carpi per la visita del Papa, domenica prossima. Tra gli appuntamenti di questo viaggio pastorale, la Messa la mattina a Carpi e il pomeriggio, a Mirandola, l'incontro con le popolazioni colpite dal terremoto del 2012. La macchina dei preparativi è ormai in moto e si respira un clima di gioia, come ci conferma il vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina, nell’intervista di Debora Donnini

R. – Il desiderio di poterlo incontrare, di potere ascoltare la sua parola è enorme presso la popolazione, non solo per la comunità ecclesiale ma anche per la comunità che si può sentire lontana dall’appartenenza alla Chiesa. I preparativi fervono, il volontariato è stato straordinario.

D. – Uno degli aspetti che ha sottolineato il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin nell’inaugurare, sabato scorso, la cattedrale di Carpi è stato proprio il fatto che il terremoto non ha l’ultima parola. Quindi, in un certo senso la vostra diocesi, la vostra zona dell’Emilia, testimonia che si può rinascere dopo un terremoto. E' quindi anche una testimonianza di incoraggiamento per il Centro Italia, in questo momento?

R. – Io credo che uno degli aspetti della visita del Papa voglia proprio essere questo: anche un apprezzamento per il cammino che in questi cinque anni è stato compiuto sul nostro territorio, ma proprio un segno di speranza offerto alle popolazioni dell’Italia centrale. C’è quasi un gridare a questi fratelli che soffrono quello che noi abbiamo sofferto: “Sappiate, la ricostruzione è possibile”, “è possibile veramente fare sì che dalle macerie possa rinascere la vita”. La distruzione è stata forte anche da noi nel terremoto del 2012: abbiamo perso veramente tutto, 42 mila posti di lavoro, le nostre case, le aziende ma, in cinque anni, sono stati ricuperati tutti i posti di lavoro, le case, le scuole. Ciò che rimane da ricuperare sono proprio alcuni luoghi identitari della nostra storia e della nostra vita, cioè alcuni centri storici e chiese.

D. – Un esempio per tutti è Mirandola, dove il Papa si recherà domenica pomeriggio, perché in questo comune il Duomo è ancora distrutto e non ci sono proprio chiese. Quindi la gente sente il bisogno della ricostruzione delle chiese …

R. – Questo è il motivo per cui ho chiesto espressamente al Papa di poter essere presente anche a Mirandola: fare vedere al Papa non solo quello che è stato fatto, ma anche tutto ciò che è ancora da terminare. Mirandola è un esempio drammatico di ciò che rimane ancora da fare perché il centro storico, dove si trova il Duomo, è ancora in condizioni pressoché uguali al giorno dopo il terremoto.

D. – A precedere la visita di Papa Francesco, sabato sera, una veglia di preghiera per i giovani. Perché avete deciso di radunare i giovani la sera prima dell’arrivo del Papa?

R. – Abbiamo voluto richiamare i giovani su questo aspetto fondamentale: la visita del Papa è una festa del Pastore che viene a visitare il suo gregge per guidarci a un incontro sempre più vero con il Signore Gesù.

D. – Tra i momenti centrali della visita di domenica di Papa Francesco, la mattina, la Messa in Piazza Martiri, poi la benedizione delle prime tre pietre di altrettanti edifici. Nel pomeriggio, poi, a Mirandola, il momento in cui il Papa sosterà davanti al monumento che ricorda le vittime del terremoto …

R. – Ci sarà la posa della prima pietra di un centro di spiritualità – perché la diocesi è priva di un luogo di questo genere – e questa prima pietra viene dalla cattedrale dell’Immacolata Concezione di Karakos, nella Piana di Ninive, in Iraq. Si vuole così ricordare la fede di questi nostri fratelli che hanno dovuto abbandonare tutto per rimanere fedeli a Cristo. Per quel che riguarda il monumento, è stato voluto espressamente dalla diocesi; è dedicato a tutte le vittime del terremoto e tra le vittime ci sono stati anche alcuni musulmani. Queste persone sono quasi tutte morte mentre stavano lavorando, quindi erano ritornate nelle aziende per mettere in sicurezza i macchinari e dare così la possibilità di continuare il lavoro. Sono quindi persone che ci ricordano la dignità della vita e la dignità del lavoro.

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La teologa Pellettier preparerà le meditazioni della Via Crucis

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I testi delle meditazioni sulle stazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo saranno preparati quest’anno – per incarico di Papa Francesco – dalla prof.ssa Anne-Marie Pellettier, vincitrice del Premio Ratzinger 2014. Nata a Parigi 71 anni fa, la Pelletier è un'insigne studiosa di ermeneutica e di esegesi biblica. Tra i suoi studi, la donna nel cristianesimo e nella Chiesa, il rapporto tra Giudaismo e Cristianesimo e il mondo monastico. Nel 2001, ha inoltre partecipato come uditrice al Sinodo dei vescovi.

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Papa in Egitto: il logo del viaggio dedicato alla pace

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È stato reso noto il logo del viaggio di Francesco in Egitto, in programma il 28 e 29 aprile prossimi. Tre gli elementi principali, l’Egitto, il Papa e la pace, che si ritrovano anche nel motto dedicato al tema: “Il Papa di pace nell’Egitto di pace”. Lo Stato nordafricano è rappresentato dal Nilo, simbolo della vita, insieme alle piramidi ed alla sfinge che evocano la storia della civiltà del Paese. La Croce e la Mezzaluna che campeggiano al centro del logo rappresentano poi la coesistenza tra le varie componenti del popolo egiziano. Quindi, la colomba, cioè la pace, il dono più alto a cui tende ogni essere umano: è anche il saluto delle religioni monoteiste. Infine, la colomba precede Papa Francesco per annunciare il suo arrivo come Pontefice di pace in un Paese di pace.

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Altre Udienze e Nomine

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Per le altre udienze e nomine odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede

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Padre Cantalamessa: morte di Cristo è garanzia del suo amore

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Il mistero della Risurrezione è stato al centro della quarta predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa al Papa e alla Curia Romana. Stamani, nella Cappella Redemptoris Mater, il francescano predicatore della Casa Pontificia ha esortato a non “speculare su come sarà la nostra vita eterna” ma a fare le cose che ci portano ad essa. Ce ne parla Benedetta Capelli

“Lo Spirito Santo ci introduce nel mistero della Risurrezione di Cristo”: è il tema che guida la predica di padre Raniero Cantalamessa focalizzata su tre aspetti di questo mistero. Partendo dalla Risurrezione come fatto storico, il predicatore della Casa Pontificia mette in luce lo smarrimento dei discepoli dinanzi alla tragica fine di Gesù, “un punto morto della fede” dove “il caso di Gesù è considerato chiuso”. A distanza di poco tempo però - evidenzia - gli stessi discepoli si lasciano imprigionare, flagellare, uccidere per Lui perché dicono di averlo visto.

“La Risurrezione è un evento storico in un senso particolarissimo. È al limite della storia, cioè come il filo che divide il mare dalla terraferma, la Risurrezione è dentro e fuori la storia. Questo fa sì che la Risurrezione non sia testimoniabile direttamente con termini umani, che sono sempre legati al tempo e allo spazio. Per questo nessuno vede Gesù risorgere: tutti lo vedono risorto”.

Parlare di Risurrezione, in senso storico, implica due fatti, ricorda padre Cantalamessa: “l’improvvisa e inspiegabile fede dei discepoli, una fede così tenace da resistere perfino alla prova del martirio” e “la spiegazione che di tale fede gli interessati ci hanno lasciato”. E’ dunque la fede che permette di vedere e “la prova più sicura della Risurrezione si ha dopo, non prima, che si è creduto, perché allora si sperimenta che Gesù è vivo”. La Risurrezione è il potente “sì” di Dio sulla vita di Gesù.

“Molti uomini, e ne abbiamo una riprova tragica ai nostri giorni, muoiono, danno la vita per cause sbagliate, credendo che siano giuste. La loro morte non rende la causa per cui muoiono vera. Testimoniano solo che credevano in essa. La morte di Gesù non è la garanzia della sua verità, non è la prova suprema della sua verità, ma è la prova suprema del suo amore; questo sì, perché nessuno ha un amore più grande che dare la vita per i propri amici”.

“La Risurrezione di Cristo - prosegue il francescano - ci riguarda ed è un mistero per noi perché fonda la speranza della nostra stessa Risurrezione dalla morte”. C’è da un lato “la certezza dell’onnipotenza di Dio” e dall’altro “quella della insufficienza e dell’ingiustizia della retribuzione terrena”. E’ Gesù a pronunciarsi sul modo e sul fatto della Risurrezione: sul fatto che ci sarà la Risurrezione dei morti basta richiamare l’episodio del roveto ardente quando Dio a Mosè si proclama il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Il Dio dei vivi! Se si crede alla Risurrezione di Cristo - aggiunge il predicatore - allora si crede a quella dei morti.

“La fede cristiana nella Risurrezione dei morti risponde del resto al desiderio più istintivo del cuore umano. Già Paolo dice: ‘Noi non vogliamo essere spogliati del nostro corpo, ma sopra vestiti, cioè non vogliamo sopravvivere con una parte sola del nostro essere, l’anima, ma con tutto il nostro io, anima e corpo. Perciò non desideriamo che il nostro corpo mortale venga distrutto, ma che venga assorbito dalla vita e si vesta esso stesso di immortalità”.

“È lo Spirito che abita in noi - evidenzia padre Cantalamessa - più che l’immortalità dell’anima, che assicura la continuità tra la nostra vita presente e quella futura”. Sul modo spesso si è fatto ricorso ad esempi tratti dalla natura: “il seme da cui sboccia l’albero, la natura morta in inverno che risorge a primavera, il bruco che si trasforma in farfalla”.

“La verità è che ciò che riguarda la nostra condizione nell’aldilà resta un mistero impenetrabile. Ma non perché Dio ce l’abbia voluto tenere nascosto; ma perché ci mancano le categorie fondamentali per potercela rappresentare, che sono per noi sempre legate allo spazio e al tempo. Quindi non possiamo rappresentarci qualcosa che è fuori dello spazio e del tempo. Perché l’eternità non è un’entità a sé; non è un tempo prolungato indefinitamente: l’eternità è il modo di essere di Dio, l’eternità è Dio. Quindi, entrare nella vita eterna significa semplicemente essere ammessi per grazia a condividere il modo di essere di Dio”.

“La cosa più importante - conclude il predicatore - non è speculare su come sarà la nostra vita eterna, ma fare le cose che sappiamo portare ad essa. Che la nostra giornata di oggi sia un piccolo passo verso di essa”.

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Card. Turkson: il vero sviluppo risponde alla natura dell'uomo

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Lunedì e martedì prossimi in Vaticano si tiene la Conferenza internazionale dal titolo: “Prospettive per il servizio dello sviluppo umano integrale: 50 anni dalla Populorum Progressio”. L'evento, organizzato dal dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha l’obiettivo di approfondire le prospettive teologiche, antropologiche e pastorali dell’Enciclica di Paolo VI. Martedi alle 11.30 l’udienza del Papa ai partecipanti. Federico Piana ha intervistato il cardinale Peter Turkson, Prefetto del dicastero, che terrà l'introduzione ai lavori: 

R. - Il ruolo della Chiesa nella promozione dello sviluppo in ogni parte del mondo è ben attestata, ben testimoniata ed è fortissima. E non soltanto nel Sud del mondo, ma un po’ ovunque. In un certo senso, questa è stata anche la natura della Chiesa stessa, che fin dall’inizio ha capito che l’evangelizzazione non può procedere senza prendere sul serio il benessere della persona. Come anche tra i primi cristiani si predicava ma poi si condivideva anche il pane e ci si assicurava che non ci fosse un povero tra di loro. Questa idea ancora rimane, nella Chiesa. Predicando il Vangelo si prendono tutte le misure per facilitare questo senso di benessere, la promozione della persona assicurando il minimo che serve per garantirne la dignità.

D. - Le sfide prossime, anche del dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, quali saranno?

R. - Proprio e innanzitutto per noi, il senso di progresso, il senso stesso dello sviluppo: questa è la prima cosa. Perché se lo sviluppo non è compreso in tutte le situazioni, non si ammette la voce della religione nello spazio pubblico, non c’è libertà religiosa; c’è violenza qui e là. In questa situazione non si può realizzare il pieno sviluppo delle persone. Quindi noi pensiamo che abbiamo un contributo da dare in questa discussione sullo sviluppo delle persone: essenzialmente, di non ridurre le persone ad essere oggetti su cui lavorare per realizzare uno sviluppo, ma che le persone sono soggetti, protagonisti del loro proprio sviluppo, in tale maniera che si possa dire che rispondono loro alla loro vocazione. Facciamo del tutto proprio per promuovere il vero senso dello sviluppo, come qualcosa che risponde alla natura dell’uomo creato a immagine di Dio.

D. - In questo senso, come dialogare con le istituzioni, anche internazionali, come l’Onu?

R. - C’è qil settore dell’Onu che è l’Undp (United Nations Development Programme - Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo): è lì che si è iniziato a parlare di sviluppo umano e hanno sviluppato criteri di sviluppo come l’accesso a servizi di educazione e di formazione, con uno spostamento dal concetto del Pil come unico indicatore di sviluppo. Hanno iniziato quindi a descrivere diversi criteri per lo sviluppo. E questo è stato ottimo. Si è data attenzione non a fattori economici, ma al fattore umano e da lì, in seno all’Onu, è nata questa espressione di “sviluppo umano”. Ma quando si entra nei dettagli per chiedere in cosa questo consista, ci si limita a parlare di “scelte diverse”: la presentazione alle persone di scelte diverse. E’ lì che noi troviamo che le cose non arrivano proprio sul target: è proprio la dignità personale, la dignità delle persone che deve essere un grande indicatore di ciò che promuove lo sviluppo delle persone e di ciò che lo impedisce.

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Card. Tagle: la sfida di Francesco, essere Chiesa missionaria

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“Sì alla sfida di una spiritualità missionaria”: è il tema dell’intervento che il cardinale Luis Antonio Tagle ha tenuto ieri nel Seminario arcivescovile di Firenze, nell’ambito di una serie di incontri sull’Evangelii Gaudium. Proprio su questo tema, Alessandro Gisotti ha intervistato il cardinale Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis

R. – Noi associamo l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium alla famosa affermazione di Papa Francesco, la “Chiesa in uscita verso le periferie”. Ho scoperto, però, rileggendo l’Esortazione apostolica, che la missione non è solo un compito, è una spiritualità! Senza questa spiritualità non c’è una "Chiesa in uscita", missionaria. Secondo Papa Francesco la spiritualità missionaria è l’apertura allo Spirito Santo, il discernimento della volontà dello Spirito Santo, dell’azione dello Spirito Santo e la Chiesa obbedisce allo Spirito Santo, fa solo quello che lo Spirito Santo suggerisce! Dunque la missione non è solo un un lavoro, un compito, ma è anche contemplazione, lo stupore davanti al Vangelo. La missione non è solo dare, dare tutto, ma è anche ricevere tutto. Però, al centro è l’incontro con la persona di Gesù Cristo e anche l’apertura agli altri, ai poveri, in questi incontri personali. Se non ci sono questi incontri non c’è conversione e senza conversione non c’è missione.

D. - Questa "Chiesa missionaria in uscita", Papa Francesco l’ha detto tante volte, lo diceva anche lei, deve andare fuori verso le periferie. Lei è il pastore infondo di una grande Chiesa, Manila, ma una Chiesa di periferia rispetto a Roma: perché è così importante in questo Pontificato la periferia?

R. – La periferia non è uno spazio geografico, è uno spazio umano. La periferia è la zona più abbandonata, la zona degli esseri umani che non si sentono rispettati nella dignità umana perché è abbandonata dalla società e anche dalla cultura. Uscire verso la periferia è un segno della comunione, della solidarietà che afferma la dignità di ogni persona umana e per noi cristiani è anche un atto di evangelizzare, di proclamare che fra i poveri si trova la presenza di Gesù Cristo. Uscire verso la periferia non solo per dare il Vangelo ma per vedere il Vangelo vissuto dai poveri. I poveri hanno una saggezza, una capacità di capire esistenzialmente i valori evangelici. Il Vangelo vissuto dai poveri è un miracolo per me perché queste persone che non hanno cibo, tetto, educazione, sanno amare, sanno la vera speranza, sanno condividere. Questo è il Vangelo vissuto!

D. – La Chiesa missionaria, la Chiesa in uscita che incontra i poveri ha molto a che vedere con la visione cristiana dello sviluppo. Siamo proprio nei giorni in cui si celebra il 50.mo della Populorum progressio di Paolo VI: qual è il contributo che Papa Francesco sta dando in questa linea cominciata con Paolo VI?

R. – In un incontro Papa Francesco ha detto che Paolo VI è "il vero riformatore". C’è una linea continua. Papa Paolo VI ha insegnato nella Populorum progressio che il nuovo nome della pace è lo sviluppo umano integrale: lo sviluppo di ogni uomo, di ogni donna e anche lo sviluppo di tutta la persona, lo sviluppo di tutto il mondo perché l’umanità è una grande famiglia. Questo è lo stesso spirito dell’Evangelii gaudium, la responsabilità verso gli altri. Incontrare le altre persone non come stranieri ma come fratello, come sorella e vedere la presenza del Signore negli altri. Questo è un impulso per lavorare  per lo sviluppo umano, non solo per motivi economici o sociali o culturali ma con motivi spirituali, nella presenza del Signore. Ogni persona è una creatura, un dono del Signore.

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Card. Sandri: religiosità popolare sgorga da incarnazione fede

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Parte dall’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco il messaggio del cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, al rettore del Pontificio Istituto Orientale, padre David E. Nazar, per il Convegno che si conclude oggi dedicato al tema: “La saggezza dei quartieri popolari. Una liturgia dal basso”. Il servizio di Giada Aquilino

Si sofferma sull'“inculturazione della fede cristiana” e sulle “forme della pietà popolare” il cardinale Leonardo Sandri nel messaggio per il Convegno al Pontificio Istituto Orientale. Partendo dall'Evangelii gaudium, il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ricorda come Papa Francesco sottolinei che le forme proprie della religiosità popolare sono “incarnate”, perché “sono sgorgate” dall'incarnazione della fede cristiana in una cultura popolare: includono quindi una “relazione personale” con Dio, con Gesù Cristo, con Maria, con un santo. Hanno cioè “carne” e “volti”: sono adatte “per alimentare potenzialità relazionali e non tanto fughe individualiste”, aggiunge il porporato citando le parole dell’Esortazione Apostolica.

Il Convegno, osserva il cardinale Sandri, dà spazio a testimonianze provenienti dalle tradizioni rituali vissute all'interno di diverse Chiese, cattoliche e ortodosse, proponendo “un itinerario sulla vita dell'uomo, nel suo nascere e morire, nella sua gioia e nel suo dolore, quindi - prosegue - la sua carne, il suo volto, sempre entro un orizzonte di relazione buona nella famiglia, nella chiesa, nella società, e in un rapporto armonico con la natura ricompresa come dono da accogliere con responsabilità”.

D’altra parte, sottolinea il Prefetto, “noi figli della tradizione latina” proclamiamo “madre di tutte le veglie” quella solenne nella notte di Pasqua che è strutturata, a partire dall'annuncio della Resurrezione, sugli elementi del fuoco, della Parola, dell'acqua e del nutrimento “che è l'Agnello immolato e vincitore della morte”. Si vive dunque così, “si prega così come popolo e con il popolo di Dio, come - rammenta - ci ha detto il Santo Padre, proprio a partire dai misteri dell'Incarnazione e della Redenzione”.

Un particolare apprezzamento il cardinale lo riserva ai relatori, giovani studenti del Pontificio Istituto Orientale, che - conclude - “si sono impegnati in un lavoro di ascolto e ricerca presso le proprie Chiese e tradizioni, diventandone in qualche modo i portavoce”, e costruendo con i loro interventi “autentici ponti di comunione che sarà necessario continuare a percorrere anche nei ritmi quotidiani della vita di ciascuno”.

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Oggi in Primo Piano



Opposizione siriana: nessun futuro con Assad al potere

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“L'opposizione siriana ha ribadito che non ci sarà alcun futuro con il presidente Assad”. La dichiarazione giunge dopo che gli Usa, alle Nazioni Unite, hanno annunciato che la transizione di Bashar al Assad non è più una loro priorità. Intanto sul terreno, nelle ultime 24 ore, si registrano 25 violazioni della tregua. Massimiliano Menichetti ha intervistato Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Centro Studi Internazionali: 

R. – Sicuramente è un cambio importante di posizione rispetto agli ultimi anni, anche in riferimento alla posizione dell’amministrazione Obama che aveva puntato, insieme con le diplomazie occidentali e dell’Unione Europea, su un cambio di rotta del governo siriano. È una posizione che inevitabilmente risente anche della situazione sul campo, perché adesso è quella di un regime, quello di Assad, che nel corso dell’ultimo anno e mezzo ha ripreso il controllo di parti importanti, se vogliamo decisive, del territorio siriano, e che di fatto in questo momento si presenta ai tavoli negoziali portati avanti dalle Nazioni Unite - per quanto questi ultimi abbiano pochi risultati - con una posizione di forza rispetto a tutte le opposizioni.

D. – Alcuni osservatori internazionali ribadiscono che questa decisione degli Stati Uniti potrebbe addirittura accelerare il processo di pace, però un processo di pace basato sulle armi e non su negoziati: come a dire che l’opposizione adesso subirà una maggiore pressione militare…

R. – È possibile, anche perché in questo modo Assad trova la sua posizione più rafforzata anche dal punto di vista diplomatico. In questo caso, rispetto a un’opposizione siriana frammentata e anche sconfitta dal punto di vista militare, le opzioni diventano sempre più deboli e sempre meno numerose. Quindi parlare ancora di un tavolo negoziale per quanto riguarda la Siria è qualcosa di ondivago.

D. – Questa decisione degli Stati Uniti cambia anche lo scenario delle alleanze, dove fino adesso Putin ha sempre giocato un ruolo centrale come sostenitore di Assad…

R. – Il cambio di posizione statunitense apre anche degli scenari all’interno dell’Alleanza atlantica, dove lo stesso presidente turco Erdogan non è che veda così di buon occhio Assad e soprattutto una permanenza di Assad 'tout court' al potere in Siria. Quindi la Siria continua ad essere un gioco di pesi e contrappesi, non solo per quanto riguarda la stabilizzazione interna, ma anche per quanto riguarda gli equilibri di tutta l’area. Anche perché inevitabilmente, cambiando linea e prevedendo anche una possibile permanenza di Assad, l’amministrazione americana si avvicina alle posizioni iraniane per quanto riguarda la Siria. Non è infatti un segreto che Teheran propenda per un mantenimento dello status quo a Damasco e quindi per un mantenimento di Assad al potere.

D. – In questo scenario, come leggere l’incremento delle truppe militari statunitensi, soprattutto per quanto riguarda l’offensiva di Raqqa contro lo Stato Islamico?

R. – È un’operazione esclusivamente nei confronti del Califfato - del sedicente Stato Islamico - e dei territori da esso controllati. Il Pentagono americano sta portando avanti una strategia che vede il supporto, da una parte, alle truppe irachene per la ripresa di Mosul; e dall’altra, in Siria, un impegno diretto, anche perché ci sono scarsissimi alleati sul campo se non le truppe curde, per combattere lo Stato Islamico, quindi soprattutto nei confronti dell’avanzata su Raqqa. È una linea nuova anche da questo punto di vista quella americana, sviluppata soprattutto dal Pentagono, che cercherà nel corso dei prossimi mesi, soprattutto in vista dell’estate, di portare un ulteriore colpo al cuore dello Stato Islamico.

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Venezuela: esautorato il Parlamento, pieni poteri a Maduro

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Dure critiche della comunità internazionale alla decisione del Tribunale supremo di giustizia del Venezuela di assumere i poteri dell’Assemblea nazionale, controllata dall'opposizione. Il servizio di Giada Aquilino

Onu, Unione Europea, Organizzazione degli Stati Americani e poi Stati Uniti, Canada, Brasile, Argentina, Colombia, Cile, Messico, Spagna. Si allunga la lista delle condanne internazionali alla decisione dell’alta corte di Caracas che di fatto ha esautorato il Parlamento, consegnando al governo di Nicolas Maduro il pieno controllo anche del potere legislativo. Maurizio Stefanini, profondo conoscitore delle dinamiche venezuelane:

“Tutte le leggi votate dall’Assemblea nazionale, dal momento in cui l’opposizione ha conquistato la maggioranza, sono state cassate dallo stesso Tribunale. Finora era successo volta per volta, dando comunque ampi poteri al governo. Quindi adesso la corte ha formalizzato una situazione di fatto che già andava avanti. Teniamo conto che prima che si insediasse l’Assemblea nazionale, il presidente aveva nominato un nuovo Tribunale supremo di giustizia in modo da poter essere appoggiato in questo scontro che stava preparando”.

Il Tribunale supremo di giustizia ha motivato l’atto con la persistenza di una situazione di “ribellione” in seno al Parlamento, in mano all’opposizione che ha vinto le legislative di fine 2015. Il presidente dell’Assemblea nazionale, Julio Borges, ha parlato di “colpo di Stato”, così come tutto il fronte che contesta Maduro e che ha chiamato alla protesta popolare contro ciò che ha definito un “golpe”. L’analisi di Stefanini:

“E’ tutta una situazione in divenire: di fatto l’assemblea nazionale era già stata esautorata ma continuava a funzionare. Quindi, c’è tutta una situazione piuttosto caotica nella quale comunque la situazione del Paese continua a peggiorare. Perché il Venezuela addirittura in questo momento sta importando benzina! Poi mancano medicine. Tre quarti dei venezuelani non riescono a mangiare tre volte al giorno. Ciò che è successo è un tassello ulteriore in un quadro di caos generalizzato. D’altra parte teniamo conto del fatto che si sarebbe dovuto votare a fine anno per le elezioni amministrative, ma sono state rinviate sine die.

Al fianco delle autorità di Caracas si è schierata la Bolivia di Evo Morales, ma cresce la preoccupazione della comunità internazionale per i venezuelani, come spiega Stefanini:

“Se non si permette alla gente di votare, non solo questa va in piazza ma c’è anche il rischio di un’esplosione della crisi”.

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Firenze, prima Conferenza europea su prevenzione abusi sui minori

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Si è aperta oggi a Firenze nella sede della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale la prima Conferenza europea sulla prevenzione degli abusi sui minori dal titolo: "Formazione e Prevenzione. Confrontare i differenti approcci di formazione umana e valutazione psicologica nei Seminari”. L'iniziativa, che proseguirà nella giornata di domani, è organizzata dall’arcidiocesi di Firenze in collaborazione con il Centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana. Tra i 250 partecipanti, rettori di Seminari, vescovi, psicologi e psichiatri. Marco Guerra ha intervistato padre Hans Zollner, membro della Commissione pontificia per la tutela dei minori: 

R. – La Conferenza si inserisce in tutto un percorso che hanno tracciato la Pontificia Commissione per la tutela dei minori, la Pontificia Università Gregoriana con il suo Centro per la protezione e anche l’iniziativa che abbiamo voluto pianificare e organizzare e realizzare a Firenze, presso l’arcidiocesi e presso la Facoltà Teologica locale. Un percorso che ha preso - già da tanti anni - ma che deve ancora diffondersi e deve anche porre in primo piano il messaggio che le vittime di abuso da parte di sacerdoti devono essere ascoltate e devono essere aiutate nel miglior modo possibile. Qui abbiamo anche rappresentanti delle vittime che parlano a loro nome e mettono in evidenza la ferita più profonda, quando parliamo di un abuso commesso da un sacerdote, cioè la ferita spirituale, la ferita della fede, oltre alla ferita psicologica e umana.

D. – La Commissione sottolinea che bisogna rispondere direttamente alle vittime quando scrivono agli uffici della Santa Sede: si può aprire un canale diretto con queste vittime, per curare queste ferite?

R. – Bene… questo dipende certamente dalle vittime stesse: alcune, ad esempio, non potrebbero venire a Roma perché sentirebbero un clima troppo clericale; non riuscirebbero a vedere tante persone in abito sacerdotale… per questo dobbiamo capire innanzitutto come loro vogliono essere accolte, ascoltate, dove e in che tipo di struttura, in che tipo di ambiente e con che tipo di metodo vogliono essere ascoltate; e certamente come possono mettere in evidenza ciò che a loro interessa di più.

D. – Quindi è la Chiesa che va incontro alle vittime, una Chiesa in uscita che inevitabilmente deve coinvolgere anche le Chiese locali, le Conferenze episcopali locali?

R.- Certamente. Le vittime devono non solo essere ascoltate, ma devono sentirsi a casa in una struttura che è stata per loro un’istituzione che veniva identificata con un aggressore. Il compito di Gesù Cristo è andare incontro alle persone più ferite, più vulnerabili e questa è la nostra vocazione e la nostra missione. Abbiamo tanto bisogno di più energie, di più decisione e di mettere al primo posto questo compito della Chiesa. E questo deve partire dall’alto, com’è partito quando Papa Francesco, due anni fa, ha incontrato alcune vittime a casa sua, a Santa Marta, in Vaticano, ma che deve realizzarsi anche a livello delle parrocchie, delle istituzioni cattoliche, delle scuole dove alcune persone sono state ferite. Questo è un elemento fondamentale per un possibile, eventuale cammino di guarigione e di riconciliazione.

D. – L’iniziativa di Firenze si concentra sulle Chiese europee; nel Vecchio Continente, quali sono le situazioni che vogliamo mettere a fuoco?

R. – Bisogna dire che la situazione in Europa è molto diversa dalle Isole britanniche; ci sono realtà molto diverse. Le Conferenze episcopali hanno fatto il loro dovere in quanto hanno scritto le loro linee guida, come la Congregazione per la Dottrina della Fede ha voluto e ha chiesto, sei anni fa. Il lavoro è stato consegnato, ma la realizzazione, la messa in atto è molto diversa da un Paese come l’Irlanda, dove ci sono già tante strutture di prevenzione e di intervento; e non dobbiamo nasconderci per paura di scandalo. C’è molto da dire sulla nostra capacità di affrontare e di agire proattivamente e non lasciarci trascinare solo dalla paura dello scandalo.

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Italia: Def, in arrivo il riordino delle agevolazioni fiscali

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“Tenere i conti a posto e contemporaneamente accompagnare la crescita”. E’ questa la filosofia del Def, il Documento di Economia e Finanza, secondo il premier italiano Paolo Gentiloni. Parte fondamentale lo avrà la revisione delle agevolazioni fiscali. Alessandro Guarasci

Il compito è arduo. Creare lavoro, contenere le spese, rafforzare la crescita. Quello che è abbastanza certo è che saranno riviste le agevolazioni fiscali, il governo assicura quelle meno utilizzate dalle famiglie. L’economista Leonardo Becchetti:

“Bisogna stare molto attenti a non intervenire su quel fronte. Il governo nella Legge di bilancio ha messo delle cose importanti per la famiglia: il sostegno alla natalità, il premio alla nascita e all’adozione di un minore, alcune norme sui congedi obbligatori. Bisogna evitare di intervenire sulle detrazioni, di andare a intervenire su questo punto, perché sappiamo benissimo che oggi la demografia è un punto debole del nostro Paese”.

Escluso l’aumento delle accise, bisognerà capire se ci sarà spazio per un calo dell’Irpef, come accennato dal premier Gentiloni. Francesco Belletti, del Cento Studi Famiglia:

“Sul sostegno alle famiglie, sul sostegno alle famiglie con figli e alle famiglie con persone fragili, se ne è parlato molto, ma ancora poco si riesce a vedere. Ci sono alcune promesse, alcuni impegni, ma il Def dovrebbe metterli con chiarezza in priorità, magari defiscalizzando in modo significativo e con un impegno di lungo termine i carichi familiari”.

Su tutto pesa la manovrina da 3,4 miliardi, da presentare nei prossimi giorni. In arrivo poi, un nuovo taglio del costo del lavoro? Ancora l’economista Becchetti:

”Bisogna lavorare in maniera importante sul fronte lavoro, quello è un elemento che riduce molto la possibilità di fare progetti per il futuro. Il lato fiscale è importante e una maggiore considerazione della differenza tra chi vive solo e chi vive in gruppi famigliari è importante per cercare di favorire la ripresa della natalità che ancora oggi è di gran lunga al di sotto del tasso di riproduzione della popolazione che manterrebbe costante il numero di italiani che è 2,2 figli per donna”.

In Italia una persona su quattro è a rischio povertà. E le associazioni caritative chiedono che si rafforzino i sostegni messi a punto nella scorsa legge di Stabilità. Sentiamo Belletti:

“Un dato che poco viene ripetuto è che l’Italia è uno dei Paesi con il più alto numero di minori sotto la soglia di povertà, per il semplice fatto di essere in famiglie numerose. Quindi, l’alleanza tra politiche familiari e contrasto alla povertà dovrebbe essere più esplicita nella scelta del governo”.

Le politiche per il lavoro sono un aspetto fondamentale. Confcooperative Roma ha promesso un progetto per promuovere nuove imprese giovanili. Il responsabile Andrea Fora:

“C’è tutto il settore  dei servizi alla persona che si sta trasformando tantissimo, dove la pubblica amministrazione non arriva più. Quindi io guarderei con molta attenzione a questo settore di attività che coinvolge i bisogni degli anziani, dei giovani, dei bambini, degli immigrati, soprattutto con l’uso delle nuove tecnologie perché l’abbinamento tecnologie e servizi di welfare sarà sicuramente uno dei trend di mercato più in voga in questi prossimi anni”.

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Meter per la riabilitazione dei bambini affetti da autismo

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Nel giorno in cui si celebra la Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo, il 2 aprile prossimo, due importanti associazioni, la "Meter” Onlus di don Fortunato Di Noto a Siracusa e l’ I.R.C.C.S. “Oasi Maria Santissima” Onlus di Troina, tengono a battesimo un’intesa di collaborazione nell’ambito della diagnosi, dell’attività di riabilitazione e del training ai bambini affetti da disturbo dello spettro autistico e alle loro famiglie. Un’azione fondamentale e una sinergia che unisce sanità e sociale, al fine di sviluppare una progettualità integrata a beneficio del territorio e della specifica utenza. L’autismo è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale e da un ristretto pattern di interessi, comportamenti e attività che causano una compromissione significativa nel funzionamento adattivo. I dati sulla prevalenza evidenziano un rapporto che è di 1 su 150 nati.

Le recenti ricerche evidenziano come l’identificazione precoce dell’autismo, e il conseguente intervento specialistico, generino effetti considerevoli sul piano cognitivo, emotivo e sociale di chi ne è affetto.  L’IRCCS di Troina, ente a rilevanza nazionale di ricerca scientifica e con una expertise accumulata in diversi anni di attività in questo campo, e l’associazione “Meter” da sempre impegnata nel favorire e sostenere iniziative a favore dei bambini, si uniscono per offrire servizi a sostegno della famiglia e per la promozione della qualità della vita loro e dei loro cari. Il rapporto di collaborazione prevede la presenza di un medico neuropsichiatra infantile dell’Oasi di Troina al Centro Polifunzionale per l’Infanzia, l’Adolescenza e l’Autismo dell’Associazione “Meter” ad Avola (Siracusa), per garantire un’adeguata azione professionale ed implementare i servizi sulla diagnosi, sull’attività di riabilitazione e sul training ai bambini e alle loro famiglie.

Il Centro Polifunzionale si contraddistingue per l’intervento precoce, innovativo, tecnologico e sostenibile e per la presenza anche di un’area denominata “Snoezelen Room”, realizzata appositamente per i bambini con bisogni speciali e dotata di particolari luci, colori, musiche, angoli morbidi e materiali sofisticati per creare un ambiente rilassante, accogliente e stimolante. Per Don Fortunato Di Noto “l’intesa siglata costituisce un impegno comune per sviluppare nuovi modelli di interventi di prevenzione, cura e riabilitazione. Insieme si rompe l’isolamento e si può camminare unitamente. Competenza e professionalità uniti all’amore e alla passione, costituiscono le condizioni fondamentali per migliorare la qualità della vita di ogni bambino autistico e delle loro famiglie”.

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Messico, liberato il sacerdote rapito a Tamaulipas

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“Padre Oscar Lopez Navarro, 40 anni, è stato liberato nella giornata di giovedì 30 marzo”. A comunicarlo lo stesso vescovo della diocesi di Tampico a Tamaulipas. Mons. José Luis Dibildox Martínez ha informato la stampa locale che, sebbene non sia riuscito a parlare direttamente con il sacerdote perché esausto dopo la brutta esperienza, tuttavia ha saputo che sta bene.

Rilasciato per le preghiere e la pressione esercitata dai media
Riguardo al rilascio, il vescovo, secondo le informazioni giunte a Fides, ha detto: "Non si tratta della quantità di denaro ma delle preghiere di tante persone, della pressione esercitata dai media ed anche dell'interesse delle autorità per risolvere questa situazione". Ed ha ribadito: "Ciò che importa è che sta bene". Mons. Dibildox Martinez ha detto che durante la prigionia p. López Navarro ha avuto modo di telefonare due volte, è stato bene, non è stato maltrattato, a parte lo spavento. 

Sconosciuta la causa del sequestro
Secondo una radio locale, i rapitori avevano contattato i sacerdoti della comunità "Misioneros de Cristo Mediador", che guidano la parrocchia San José Obrero di Altamira, dove lavora padre Lopez Navarro, per chiedere una cifra molto elevata come riscatto. I sacerdoti hanno dichiarato che era impossibile riuscire a raccogliere tale cifra e di non aver fatto la denuncia alla polizia per timore di mettere in pericolo la vita del sacerdote rapito. La comunità di missionari ritiene che si sia trattato di uno “sbaglio” o di un “sequestro a caso”. “Dietro tutto questo non c’è altra causa che l’ambizione dei sequestratori di sottrarre denaro a chiunque, ma hanno capito che non avevamo niente da dare”.

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Vescovi austrialiani: cristiani gruppo religioso più perseguitato

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“I cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato al mondo”: lo affermano i vescovi dell’Australia, in una nota diffusa oggi sul loro sito web. “Ogni anno, a causa della fede, vengono uccisi più di 100mila cristiani” ed altri “sono stati cacciati via dal Medio Oriente, culla della cristianità”, si legge nel documento. Il testo fa parte di un’inchiesta sullo stato del diritto alla libertà religiosa o di credo, realizzato dal Comitato permanente congiunto del Parlamento australiano per gli Esteri, la Difesa ed il Commercio.

Condanna di tutte le persecuzioni religiose
Ma il pensiero dei vescovi australiani non va solo ai cristiani, forte la loro condanna della persecuzione subita da yazidi, ebrei, musulmani ed altri gruppi religiosi. “Comprendere e riconoscere la complessità del diritto alla libertà religiosa o di credo sarà sempre più importante per il nostro Paese”, afferma il presidente dei vescovi australiani, l’Arcivescovo Denis Hart. “La percentuale di popolazione con una fede religiosa – sottolinea – aumenta nel  mondo. E se i governi australiani vogliono comprendere il mondo, allora devono comprendere ed accogliere la fede religiosa”.

Il credo religioso dà origine ai diritti umani
Tante, però, le sfide che le religioni sono costrette ad affrontare oggi e mons. Hart ne ricorda alcune: attacchi violenti, restrizioni governative “ma anche, soprattutto in Occidente, un ateismo sempre più aggressivo che non tollera opinioni diverse e cerca di escludere il credo religioso dal contesto pubblico”. Eppure, aggiunge il presule, “è proprio il credo religioso che dà origine ai diritti umani”.

I credenti sono cittadini a tutti gli effetti
Basti pensare, spiega mons. Hart, che “nella tradizione giudaico-cristiana, le persone sono create ad immagine e somiglianza di Dio e ciò è alla base del riconoscimento della loro dignità umana. Ed è da questa dignità, universale ed intrinseca, che derivano i diritti umani di ciascuno”. Di qui, l’appello della Chiesa di Sydney ai governi affinché riconoscano che “quando si parla di persone di fede, si sta parlando di cittadini, siano essi cristiani, ebrei, musulmani o altro”.

Libertà religiosa è al servizio del bene comune
Non solo: i vescovi ribadiscono che “i credenti, a qualunque religione appartengano, esercitano la loro libertà religiosa al servizio del bene comune”, nel “rispetto dei diritti e delle libertà altrui” e si aspettano di vederseli tutelati, a loro volta. “L’Australia – conclude la nota - ha un ruolo importante da svolgere nel riconoscimento e nel rispetto della libertà religiosa e nella promozione del dialogo e di altre iniziative a livello internazionale, per proteggere le persone perseguitate a causa delle loro credenze religiose”. (I.P.)

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Stati Uniti, appello dei vescovi alla tutela dell’ambiente

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“La Conferenza episcopale degli Stati Uniti, in unità con Papa Francesco, sostiene fortemente la salvaguardia dell’ambiente e chiede costantemente al Paese di ridurre le emissioni di carbonio”: così i vescovi statunitensi rispondono all’ordine esecutivo varato il 28 marzo dal presidente Usa Donald Trump. Una decisione che, spiegano i presuli in una nota a firma di mons. Frank J. Dewane, presidente del Comitato per la Giustizia Interna e lo Sviluppo umano, “annulla e indebolisce numerose protezioni ambientali e smantella il programma nazionale progettato per ridurre le emissioni di carbonio dalle centrali elettriche del 32% entro il 2030”.

Occorre un piano di tutela per la persona e la natura
“Tale ordine esecutivo – si legge – mette in pericolo una serie di tutele ambientali, senza l’adozione di un piano che sia in grado di garantire una salvaguardia adeguata per le persone e per il Creato”. Inoltre, questa decisione - ribadiscono i vescovi -  implica che “purtroppo, sarà improbabile che gli Stati Uniti raggiungano gli obiettivi previsti sia a livello nazionale che internazionale”.

Approccio sia integrale
“Le politiche – scrive ancora mons. Dewane – devono essere in favore sia della crescita del Paese che della tutela dell’ambiente”, nell’ottica di “un approccio integrale che rispetti le esigenze dell’uomo e della natura”. Tanto più che – aggiungono i presuli – “molti Stati hanno già fatto grandi progressi verso gli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio” e si tratta di iniziative che “dovrebbero essere incoraggiate, non ostacolate”.

Ascoltare il grido della terra e dei poveri
Infine, ricordando quanto scrive Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, la Conferenza episcopale statunitense esorta a dare ascolto al “grido della terra ed al grido dei poveri”, in particolare “dei più vulnerabili”. (I.P.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 90

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.