Il Papa si appresta a celebrare nel Mercoledì delle Ceneri i riti per l’inizio della
Quaresima
Domani, Mercoledì delle Ceneri, inizia la Quaresima. Il Papa, dopo l’udienza generale
del mattino in Vaticano, si reca alle 16.30 sull’Aventino per la processione penitenziale
dalla Chiesa di Sant’Anselmo alla Basilica di Santa Sabina: qui presiederà la celebrazione
eucaristica e il rito dell’imposizione delle Ceneri. Nel Messaggio per la Quaresima
di quest’anno Benedetto XVI invita i fedeli a volgere lo sguardo a Cristo Crocifisso:
ascoltiamo in proposito, al microfono di Giovanni Peduto, il commento dell’arcivescovo
Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano:
R.
– Il Papa ci fa questo invito perchè è un invito fondamentale. Un cristiano non può
non guardare al Crocifisso, perché è guardando al Crocifisso che si capisce la gravità
del peccato. Si capisce che il peccato fa male, fa male al punto tale che il santo,
il giusto, il mite, l’umile, cioè Dio, entrando in questo mondo, si trova colpito,
si trova crocifisso, perchè il mondo è malato di peccato. Guardando il Crocifisso
noi siamo invitati al pentimento. Dall’altra parte, se comprendiamo la gravità del
peccato saremmo tentati di scoraggiarci guardando il Crocifisso e guardando le conseguenze
del peccato, se il Crocifisso non ci mandasse anche un altro messaggio. Dio è pronto
a perdonarti. Dio ti ama al punto tale che si lascia crocifiggere perché vuol dirti
che, nonostante il tuo peccato, Dio ti ama ed è pronto ad abbracciarti e a ricominciare
con te tutta la strada della conversione.
D. – Benedetto
XVI chiede anche di vivere la Quaresima come un tempo eucaristico. Come si può incarnare
questa richiesta nella vita di tutti i giorni?
R.
– L’Eucaristia è il calvario in mezzo a noi. L’Eucaristia è il Crocifisso che si rende
presente quotidianamente, nella vita di ogni giorno. E’ lì che noi incontriamo Gesù
concretamente. E’ lì che lo incontriamo con la forza di rinnovare e di sanare. Chi
vive l’Eucaristia può essere garantito di camminare nella santità. L’Eucaristia è
il pane che ci santifica. L’Eucaristia è il pane che ci purifica, è il pane che mette
dentro di noi la forza del rinnovamento e genera quindi la santità.
D.
– Il messaggio del Papa di quest’anno per la Quaresima è centrato sull’amore di Dio.
Non è sorprendente che Benedetto XVI parli di un eros di Dio per l’uomo?
R.
– Dobbiamo capire bene cosa significa l’eros di Dio. Il Papa che è un fine, profondo,
conoscitore della Scrittura, sa bene che in tutto il Vecchio Testamento e anche nel
Vangelo è sottolineata questa passione di Dio per l’umanità, questa compassione, potremmo
dire, questa spinta di Dio verso l’umanità, nonostante che l’umanità ferisca Dio,
nonostante che l’umanità offenda Dio. C’è un brano, capitolo 11 del profeta Osea,
dove il profeta dice: “Nonostante che io ti stringessi come una mamma stringe il proprio
figlio, nonostante che io ti accostassi alla mia guancia, nonostante che io ti accompagnassi
nel viaggio nel deserto, tu ti sei ribellato. Allora cosa dovevo fare con te, ti dovevo
abbandonare”? Alla fine dice il Signore: “No, il mio cuore si commuove dentro di me,
il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò
a distruggere Efraim perché io sono Dio e non un uomo”. Dio non ha dentro di sé nessuna
ombra di vendetta. Dio è soltanto amore, un amore tale che resta anche quando l’uomo
l’offende e Dio desidera il ritorno dell’uomo alla comunione con sé. La stessa cosa
la ritroviamo nel Vangelo: al capitolo 15 di San Luca, l’evangelista riferisce la
mormorazione della gente e direi, paradossalmente, quella mormorazione è la fotografia
del volto nuovo di Dio. La gente dice, riferendosi a Gesù, costui pende verso i peccatori
e addirittura mangia con loro, che è il segno della massima comunione tra una persona
e un’altra persona. La gente è scandalizzata e allora Gesù dice: guardate, Dio non
è come voi pensate, in Dio c’è un amore tale, l’agape, che addirittura resta anche
quando l’uomo lo offende e sembra che Dio penda verso i peccatori, c’è un eros di
Dio verso l’umanità. Allora Dio è come un pastore; la pecora scappa e Dio non dice:
non mi importa nulla, è colpa sua e non la va a cercare. Dio è come una donna che
ha perso una moneta: gliene restano tante altre, perché doveva faticare per cercare
quella perduta? No, la donna cerca la moneta perduta. Dio è come un padre al quale
un figlio, in maniera veramente impertinente e ingrata, gli chiede quello che gli
spetta, ma non gli spetta. Il padre lo lascia andare, gli lascia la sua libertà e
quando il figlio torna, dice il testo greco nella sua bellezza, nella sua crudezza,
che il padre mentre va verso il figlio, inciampa e gli cade al collo e lo abbraccia.
Questo è il mistero bello di Dio, che soltanto il cristianesimo conosce.
D.
– I termini eros e agape, due termini della cultura greca, erano già stati al centro
della prima Enciclica “Deus caritas est” di Benedetto XVI…
R
. – Sì, il Papa ritorna su questi temi e fa bene perché è il cuore del cristianesimo.
La novità cristiana è l’annuncio che Dio è amore. In tutte le religioni l’onnipotenza
di Dio resta un mistero e talvolta è anche un mistero terribile, un mistero temibile.
Pensiamo: se Dio fosse pura onnipotenza senza bontà, ci schiaccerebbe. Con tutta l’ingratitudine
umana, con tutta la cattiveria umana, Dio dovrebbe schiacciarci e gettarci lontano
da sé. Invece l’onnipotenza di Dio è l’amore, amore che è agape ed eros, amore che
è bontà infinita. Dio è proprio buono dentro, Dio è buono all’infinito. Una tale bontà
che lo porta a tendere, direi ad andare verso la creatura, con una compassione infinita
e questa è la ragione per cui il cristianesimo è sempre ottimista. Questa è la ragione
per cui il cristianesimo dice a tutti, in qualsiasi condizione si trovino: guarda,
se vuoi, anche in quel precipizio, Dio ti è accanto ed è pronto a riabbracciarti e
a ricominciare con te una vita di amore.