In un clima di forte emozione, padre Bossi è tornato tra la sua gente nella parrocchia
di Payao, nelle Filippine. Ad attenderlo una folla di persone
Padre Giancarlo Bossi, il missionario sequestrato il 10 giugno e rilasciato dopo 39
giorni di prigionia nella notte tra giovedì e venerdì scorso, è tornato oggi nella
sua parrocchia del villaggio di Payao, nella provincia di Zamboanga, nelle Filippine,
dove era stato rapito. Lo ha riferito all’agenzia Misna padre Giulio Mariani, confratello
di padre Bossi, già superiore regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime)
nelle Filippine. “Padre Giancarlo è arrivato a Payao dove ha trascorso parte della
giornata visitando la gente della sua comunità. Per domani è prevista una ‘thanksgiving
mass’, una messa di ringraziamento” ha detto padre Mariani che ha parlato di un clima
di forte emozione con padre Bossi circondato e salutato da una folla di persone. Il
missionario dovrebbe restare a Payao solo fino a domani: “Dapprima rientrerà a Zamboanga
- ha aggiunto padre Mariani - in seguito a Manila dove il 6 agosto inizierà un raduno
della comunità del PIME nelle Filippine a cui parteciperà anche il superiore generale,
padre Gian Battista Zanchi”. La stampa filippina, dal ‘Mindanao Examiner’, al ‘Daily
Inquirer’, riporta oggi in evidenza il ritorno di padre Bossi a Payao: “Perdono i
miei rapitori e prego per loro” ha ribadito il missionario, dicendosi felice “di essere
di nuovo tra la gente che amo”. Nel frattempo, riferisce l'Agenzia AsiaNews, leader
religiosi e intellettuali di Zamboanga hanno pubblicato un documento nel quale fanno
appello “alla pace e alla sobrietà”: i firmatari – mons. Romulo G. Valles, arcivescovo
di Zamboanga, p. Angelo Calvo, p. Sebastiano D’Ambra, Arsenio L Gonzales Jr e p. Antonio
Moreno SJ – pur esprimendo felicità per la liberazione di p. Bossi si dicono “preoccupati
per il suo sequestro e l’uccisione dei marines impegnati nelle ricerche, alle cui
famiglie manifestiamo il nostro cordoglio e vicinanza”. Vista la situazione di grave
instabilità nell’area di Basilan, essi invitano la popolazione “a restare calma e
a mantenere un comportamento sobrio al fine di non esacerbare la situazione”. “Il
sogno – concludono i firmatari – è che la pace sia fondata attraverso un processo
di reale sviluppo” economico e sociale. (E. B.)