Il senato Usa boccia il piano di aiuti al settore auto
Il senato americano non ha trovato l'accordo sul piano di salvataggio delle industrie
automobilistiche, individuato in 15 miliardi di dollari. I senatori repubblicani hanno
infatti detto no ai fondi pubblici per i tre colossi dell'auto, General Motors, Chrysler
e Ford. I timori ora sono tutti per Wall Street, mentre le piazze europee sono stamani
tutte in negativo. Sul fronte asiatico, la Borsa di Tokyo ha chiuso la seduta con
un passivo del 5,56%. Sulle possibili ricadute di questo mancato accordo negli Stati
Uniti, Salvatore Sabatino ha intervistato Mario Deaglio, docente di
Economia internazionale presso l’università di Torino:
R. – Direi
che le conseguenze saranno molto gravi. Si stima che negli Stati Uniti General Motors
voglia dire qualcosa come 2 milioni di lavoratori, tra i lavoratori direttamente dipendenti
dalla casa automobilista e l’indotto. E nel resto del mondo, ci sono un altro milione
di posti di lavoro a rischio, perché la General Motors è un colosso mondiale e ha
molte società controllate, filiali e così via, all’estero.
D.
– Dobbiamo dire che questo è anche un momento molto particolare negli Stati Uniti
dal punto di vista politico: il 20 gennaio entrerà, come nuovo inquilino alla Casa
Bianca, Barack Obama, su cui ci sono moltissime aspettative. Quali risposte ci possiamo
aspettare dalla nuova amministrazione?
R. – Io penso
che la nuova amministrazione avrà delle forti difficoltà, perché la posizione di non
concedere il prestito così non è del tutto illogica. Per che cosa sarebbe stato concesso
questo prestito gigantesco di 15 miliardi di dollari? Per continuare a produrre delle
automobili che non si vendono. Quindi, come tale è difficile giocare una partita credibile.
Più credibile è il programma di medio termine della nuova amministrazione che sembra
essere una specie di riconversione di tutta l’economia americana su basi nuove di
tipo energetico, ecologico, più rispettoso dell’ambiente. Quindi, gli stessi soldi
potrebbero essere dati alle stesse case automobilistiche o a chi verrà dopo di loro
per studiare e lanciare nuovi modelli da energia solare, modelli ad auto elettrica,
modelli con la fusione dell’idrogeno e così via, non solo nelle auto, ma anche nuovi
modelli di vita, nuovi modelli di abitazione. Quindi, questo sembra essere il piano
del nuovo presidente. E’ un piano difficilissimo da valutare. Il nuovo presidente
stima che si potranno creare 2 milioni e mezzo di posti di lavoro in due anni. Se
così fosse, non basta ad evitare due anni di crisi, anche se l’attenua, naturalmente.