Si svolgerà entro la fine di aprile il primo round dei negoziati russo-americani per
il rinnovo del trattato Start sugli arsenali nucleari, in scadenza il prossimo dicembre.
La notizia è stata diffusa ieri da Mosca, proprio quando in queste ore al Congresso
di Washington il presidente statunitense Barack Obama è chiamato a riferire sull’attuazione
di un altro trattato, il Sort, firmato a Mosca nel 2002 e in base al quale Casa Bianca
e Cremlino si impegnano ad una riduzione unilaterale del numero delle testate atomiche.
Sulla politica di disarmo tra Stati Uniti e Russia, Giada Aquilino ha intervistato
il prof. Maurizio Simoncelli, dell’Istituto di ricerca internazionale Archivio
Disarmo:
R. – Nel
corso degli anni, abbiamo assistito di fatto ad una riduzione delle testate da una
parte e dall’altra. Questa volta, però, assistiamo ad una decisa volontà – almeno
così viene presentata dall’attuale amministrazione di Obama – di fare ulteriori passi
in avanti per arrivare ad una significativa riduzione di armamenti nucleari. A tutt’oggi
non sono state fatte cifre, quindi non possiamo ipotizzare quanto questa ipotesi di
disarmo nucleare poi peserà effettivamente sui rispettivi arsenali. D.
– Ma ci sono delle cifre certe sui rispettivi arsenali? R. –
Sì. Sui rispettivi arsenali ci risultano circa 5 mila testate nucleari per la Russia
e 4 mila circa per gli Stati Uniti, comprendendo le piccole testate nucleari fino
a quelle cosiddette strategiche, cioè trasportabili su missili intercontinentali.
Per quello che riguarda invece il Trattato Start e poi il Trattato Sort, che è quello
che – come dire – ha superato il Trattato Start, è stato siglato pochi anni fa, sette
anni fa, proprio da Bush e da Putin, ecco: lì si incomincia a parlare di armi strategiche,
si incomincia ormai a parlare di poche migliaia di testate; già il Trattato Sort parlava
di ridurre di 2 mila testate nucleari per ognuno dei Paesi firmatari … Quindi, incominciamo
ormai a parlare di una riduzione significativa. Ciò non toglie, ovviamente, che la
minaccia nucleare rimane elevata. Certamente, si dovrebbe arrivare ad un’ipotesi che
è quella famosa “opzione zero” di cui si parla da tanti anni, che poi permetterebbe
anche alla comunità internazionale di intervenire con più coerenza su quei Paesi che
invece stanno provando – chiaramente o non chiaramente – a farsi le proprie armi nucleari:
pensiamo alla Corea del Nord e alle ipotesi relative all’Iran. D.
– Proprio il nucleare iraniano e la corsa al riarmo atomico nordcoreano dimostrano
che le posizioni di Stati Uniti e Russia non sono poi così simili … R.
- … anche perché poi, in realtà, di fronte ad una crisi energetica mondiale, sempre
più si parla di un’ipotesi di passare al nucleare civile, non solo da parte di Paesi
come l’Iran, ma anche da parte di altri Paesi. E sappiamo che il passaggio dal nucleare
civile al nucleare militare è relativamente facile e quindi, evidentemente, serve
un nuovo regime internazionale.