Nessuna novità sul rapimento del tecnico della Croce Rossa nelle Filippine. Padre
Piccolo: la povertà nel Paese incrementa i sequestri
''A Solferino speriamo di ricevere la notizia della liberazione di Eugenio Vagni senza
condizioni. Eugenio libero subito''. Lo ha detto ieri il commissario straordinario
della Croce Rossa italiana, Francesco Rocca, durante la presentazione delle commemorazioni
per il 150.mo anniversario della fondazione del movimento internazionale di Croce
Rossa e Mezzaluna Rossa, in programma a Solferino (Mantova) dal 23 al 28 giugno. Eugenio
Vagni, tecnico della Croce Rossa internazionale, è in mano ai ribelli della guerriglia
filippina dallo scorso gennaio. Sulla vicenda si sofferma padre Simone Piccolo,
missionario Saveriano, tornato da poco in Italia dopo cinque anni vissuti a Manila,
dove ha completato gli studi in Teologia presso il seminario dell’Ateneo dei Padri
gesuiti. L'intervista è di Anna Villani:
R. - Noi
siamo in contatto soprattutto con gente che vive nelle baraccopoli, con i più poveri,
e l’impressione è che le cose non stiano migliorando, anzi siano peggiorate soprattutto
a causa nei mesi passati dell’incremento dei prezzi del petrolio, che ha fatto schizzare
alle stelle i prezzi della benzina e di conseguenza ha fatto innalzare anche i prezzi
dei prodotti alimentari. Questo lo abbiamo notato guardando i bambini che vivevano
nello squatter, nella baraccopoli: avevamo l’impressione che, di fatto, mangiassero
meno. Adesso la crisi si inizia a sentire anche a livello internazionale perché ci
sono più disoccupati. La situazione, al momento attuale, non è semplice, soprattutto
per i più poveri: adesso, coloro che già facevano fatica ne faranno ancora di più
per sopravvivere.
D. - Rispetto ad avvenimenti locali
come il sequestro di Eugenio Vagni, come sono le reazioni a livello locale?
R.
- Un po’ ci si è abituati al fatto, perché non è il primo. Alcuni mesi fa c’è stato
il rapimento di padre Gobbi. A Manila sembrano toccati ma non più di tanto, perché
Vagni è stato catturato nella parte sud del Paese, a un migliaio di km. da Manila,
e quindi la gente non sembra molto interessata - anche perché lì soprattutto i più
poveri hanno altri problemi. Io sono stato un mese nel sud delle Filippine, in una
comunità cristiano-musulmana fondata da un padre del Pime dove cercano di costruire
la pace: l’impressione è che il conflitto non sia di carattere religioso, ma di carattere
politico. Poi, lo ripeto, un altro fattore che secondo me è determinante, per quanto
ho constatato nel sud del Paese, è la povertà e dunque anche catturare degli ostaggi
è una fonte di guadagno in una situazione economica difficile, dove ci sono contadini
e pescatori che vivono di questo.