La situazione dei cristiani in Iraq discussa al Meeting di Rimini, che si conclude
oggi. Interviste con l'on. Mario Mauro e Staffan de Mistura
Tra poche ore si chiduerà la 30.ma edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli
organizzazzato da Comunione e Liberazione a Rimini. Si stima che le presenze siano
state quasi 800mila ma la conferenza stampa finale fornirà i dati precisi. Intanto
il Meeting esprime in una nota “piena solidarietà” e “rinnovato sentimento di amicizia”
al direttore di “Avvenire”, Dino Boffo, “sottolineando l'assoluta mancanza di rispetto
per la persona, ridotta a pretesto per una lotta politica''. Per la cronaca del Meeting
sentiamo il servizio della nostra inviata Debora Donnini.
Una Giornata
vivace anche quella di oggi, l’ultima, di questa 30.ma edizine del Meeting di Cl a
Rimini, che tra poco comunicherà anche il titolo del prossimo anno. Un Meeting che
ha spaziato su tanti argomenti: dalla scienza alla fede, dalle testimnianze di incontro
con Cristo a quelle di volontariato, dall’arte alla politica. Ieri il Meeting ha visto
il ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, proporre come modalità per uscire
dalla crisi che i lavoratori partecipino agli utili delle imprese, così come oggi
il presidente del Senato, Renato Schifani, ha sottolineato che non giovano idee di
separatismo regionale. Ieri, poi, un folto pubblco ha festeggiato i 90 anni di Giulio
Andreotti, ospite molto affezionato.
“La conoscenza
è un avvenimento”: il titolo del Meeting è stato declinato in modi diversi non solo
nei tanti dibattiti ma anche nelle mostre presenti, come quella che ripercorre la
vita di Sant’Agostino - dal titolo “Si conosce solo ciò che si ama” - il cui catalogo
ha avuto uno strepitoso successo. Un’esposizione nella quale si vede come la sete
di conoscenza di Agostino sia stata descritta da lui stesso come la ricerca di una
Verità non tanto intellettuale quanto fisica, da abbracciare e amare come lui stesso
sottolinea: il culmine della sua conversione sarà infatti un avvenimento. Agostino
sentirà una voce che gli dirà "prendi e leggi" ed egli, leggendo un passo di San Paolo,
non potrà più resistere alla Grazia.
Ieri, al centro
del Meeting anche le brutali persecuzioni nei confronti dei cristiani, in particolare
in Iraq. Più di 100 ragazze stuprate, donne sfigurate con l’acido, quasi 60 chiese
attaccate, negozi assaltati, quartieri espropriati. E’ la fotografia che ha scattato
Joseph Kassab, direttore esecutivo della Federazione caldea in America che da anni
è a capo di delegazioni umanitarie in visita ai cristiani iracheni che si sono rifgiati
in Europa o in altri paesi del Medio Oriente. Una situazione drammatica, confermata
da Staffan de Mistura, finora inviato dell’Onu in Iraq e dal deputato europeo Mario
Mauro, rappresentante dell’Ocse contro la discriminazione dei cristiani. Racconti
forti quelli di quest’incontro che ha visto anche la toccante recita del padre nostro
in aramaico.
La difficile situazione dei cristiani iracheni ha dunque catalizzato
nel pomeriggio di ieri l'attenzione del Meeting riminese. Dietro alla persecuzione
ai cristiani vi sarebbe anche una strategia come sentiamo dal deputato europeo e rappresentante
dell’Ocse contro le discriminazioni ai cristiani, Mario Mauro, intervenuto
al dibattito. L’intervista è della nostra inviata al Meeting di Rimini Debora Donnini:
R. - Questa
strategia trova conforto nell’ipotesi di progetto di potere della militanza legata
ad al Qaeda. I terroristi generalmente sono infiltrati non iracheni - in un tessuto
sociale evidentemente dilaniato dalle ragioni del conflitto - che hanno cercato di
estendere in quell’area le contraddizioni che già li avevano resi sostanzialmente
intoccabili a cavallo tra Afghanistan e Pakistan. In questa strategia del terrore
colpire i cristiani, che rappresentano la parte in molte circostanze più colta e che
più ha contribuito all’evoluzione del moderno Iraq, vuol dire anche ferire un’immagine
di convivenza civile, tanto che sulla scorta dello scontro con i cristiani si è spinta
anche l’ipotesi di un conflitto permanente tra sciiti e sunniti, che rappresenta poi
in fondo la vera contraddizione dell’Iraq di questi giorni. Rispondere a questo vuol
dire quindi garantire non solo la sicurezza dei cristiani, ma il percorso possibile
di una democrazia, quella irachena, tanto giovane quanto incerta in questo momento.
D.
- Lei, come rappresentante dell’Ocse contro la discriminazione dei cristiani, cosa
pensa che si possa fare oltre ovviamente parlare di questo sui mezzi di comunicazione?
R.
- Ovviamente, gli interventi vanno rapportati alle differenti situazioni. E’ chiaro
che molto può fare la comunità internazionale, laddove riesce a isolare e chiarire
le ragioni di questi attacchi. Molto può fare l’Unione Europea, perché comunque fa
propria la bandiera della capacità di intervenire sui temi legati ai diritti umani
e ai diritti civili - e non di rado in questi Paesi il cristiano è un cittadino di
serie "B". E molto sono chiamati a fare gli Stati, che anche nell’ambito di relazioni
bilaterali possono perorare la causa delle minoranze. Ma soprattutto, moltissimo possiamo
fare tutti quanti noi, perché avere coscienza di quello che accade nel mondo e capire
oggi che molti muoiono per la fede, credo che, anzitutto, faccia di noi uomini più
liberi, perché percepiamo che la libertà religiosa non è una libertà tra le altre,
ma una libertà tolta la quale viene meno la libertà tout court per tutti e
quindi la possibilità che l’esperienza di convivenza civile che facciamo, per esempio
la democrazia, sia vera.
E sulla situazione dei cristiani
ieri ha parlato al Meeting di Rimini anche Staffan de Mistura, finora inviato
dell’onu in Iraq. Sentiamolo al microfono di Debora Donnini:
R. - Sono
una minoranza importante, molto importante in Iraq. La brutta notizia è che hanno
molto sofferto e che continuano a soffrire e a temere. La buona notizia è che vogliono
restare. L’altra buona notizia è che il governo del presidente del Consiglio, al Maliki,
e tutte le comunità islamiche, inclusi i curdi, i sunniti e gli sciiti, riconoscono
l’importanza della comunità cristiana. Chi li sta attaccando è al Qaeda, che vuole
in qualche maniera simboleggiare, tramite l’attacco alle minoranze - e quella cristiana
è molto importante - la destabilizzazione del Paese. La bella iniziativa che i cristiani
hanno preso è quella di difendere i diritti di tutte le minoranze.
D.
- Lei ha detto che i cristiani iracheni hanno aiutato le altre minoranze: in che modo?
R.
- Quando l’anno scorso dovetti io stesso partecipare ed organizzare come Onu le elezioni
provinciali in Iraq, uno dei punti fondamentali era quello di vedere se le minoranze
potevano avere o meno una quota certa di rappresentanti eletti e ci fu una forte opposizione
dagli estremisti, ma riuscimmo a lavorare con il Parlamento, grazie soprattutto alla
volontà dei cristiani di difendere il diritto di tutte le minoranze. E sa paradossalmente
cosa avvenne? Che anche le donne - che non sono una minoranza, ma sono una maggioranza
in Iraq, e comunque avevano difficoltà di essere riconosciute come tali - ottennero
una quota del 25 per cento, meglio che in molti Paesi che conosciamo. La migliore
maniera di difendere i valori cristiani è quella di difendere il diritto alla libertà,
alla democrazia, alla partecipazione di tutte le minoranze.
D.
- Il governo iracheno di al Maliki sta facendo qualcosa per aiutarli?
R.
- Lui fa tutto quello che può a mio parere. Il guaio è che al Qaeda è terribilmente
minacciosa. La prova è che nelle ultime settimane sono stati centinaia, non i cristiani,
ma gli sciiti uccisi in terribili massacri, che hanno avuto luogo anche a Baghdad.
E i cristiani in questo hanno un coraggio particolare ed io debbo dire meritano le
nostre preghiere, perché in fondo loro potrebbero anche emigrare, ma molti decidono
e hanno deciso di rimanere in Iraq con la fierezza della propria religione.