Haiti. Si continua a scavare tra le macerie: salvati altri bambini
Ad Haiti le squadre di soccorso non cessano le ricerche tra le macerie delle città
devastate dal terremoto anche se con il passare delle ore diminuisce la probabilità
di trovare altri sopravvissuti. Il servizio di Amedeo Lomonaco: Ad
Haiti, a nove giorni dal sisma, che ha provocato la morte di almeno 75.000 persone,
si continua a scavare nella speranza di trovare qualcuno ancora in vita. Nelle ultime
36 ore, oltre a una neonata di 15 giorni, sono stati estratti vivi un bimbo di 5 anni
e una ragazzina di 11. Ma oltre a questi eccezionali casi sono ancora tanti i cadaveri
estratti dalle macerie. La Caritas rende noto che una squadra di soccorso ha ritrovato
il corpo senza vita di una donna tra le rovine della cattedrale di Port-au-Prince.
Lo stesso team aveva estratto nei giorni scorsi, tra cumuli di calcinacci, anche il
cadavere del vicario generale, mons. Charles Benoit, ritrovato con le mani intorno
all'ostensorio con l'ostia. Secondo l'Onu il bilancio delle vittime è basato
su ipotesi. Il conteggio è reso complicato dal totale collasso delle istituzioni di
governo e dal fatto che molte persone si trovano ancora sotto le case, gli alberghi,
gli edifici pubblici crollati. Ad Haiti infine sono in arrivo 5 voli della Croce Rossa
e Mezzaluna Rossa con 6.500 Kit per famiglia, 500 tende e 6 macchine. Lo scopo è quello
di raggiungere 60 mila famiglie da assistere.
Prosegue
dunque il lavoro delle numerose organizzazioni umanitarie. Uno dei punti di riferimento
per i feriti è l’ospedale pediatrico San Damien della Fondazione Francesca Rava. A
coordinare il personale medico è Giovanni de Siervo raggiunto telefonicamente
a Port-au-Prince da Gabriella Ceraso:
R. – I nostri
medici stanno operando per supportare le strutture sanitarie che erano già presenti
sul posto. C’è già una lunga fila di pazienti, che dovranno essere operati davanti
alle nostre tende. Ci sono moltissime infezioni e quindi i nostri medici, purtroppo,
hanno dovuto compiere numerose amputazioni o riduzioni di fratture, anche molto brutte.
D. – Quanti al giorno, più o meno, riuscite ad assistere?
Chi sono?
R. – Tra i 50 e gli 80 interventi al giorno.
Abbiamo un team di venti persone, sanitari, che lavorano a tempo pieno e quindi lavorano
su più tavoli in contemporanea. Sicuramente un alto numero di bambini, ma al tempo
stesso anche i loro genitori e gli adulti.
D. – Senta,
come specialista, il suo impatto con questa realtà di Haiti...
R.
– E’ stato sicuramente molto forte, per la questione della mancanza del minimo supporto
cui noi siamo abituati. Inoltre, c’è da dire che oltre al governo locale, che ha risposto
come poteva, ma senza incidere molto, anche la missione delle Nazioni Unite avrebbe
potuto sostenere le operazioni di soccorso nella prima fase. Ma avendo perso gran
parte del proprio personale sotto le macerie ha avuto un momento di difficoltà.
D.
– Secondo la sua esperienza, quanto tempo ci vorrà per uscire dalla fase della primissima
emergenza?
R. – Ad oggi, le operazioni di ricerca
e soccorso ormai stanno andando verso il termine. Anche le operazioni medico-sanitarie
avranno ancora una settimana o due di lavoro molto intenso. Poi questo aspetto andrà
a diminuire. A questo punto diventa prioritario occuparsi dei bisogni primari della
popolazione, che vive in aree non attrezzate. E’ fondamentale dare tutto il sostegno
possibile.
In questi giorni sono state mosse diverse critiche alla macchina
dei soccorsi, non sempre in grado di raggiungere le fasce più vulnerabili della popolazione
come sottolinea, al microfono di Lucas Duran, il responsabile delle associazioni
di volontariato Ucodep e Oxfam per America Centrale e Brasile, Francesco Torrigiani:
R. – Le critiche
riguardano soprattutto la modalità di distribuzione degli aiuti dagli aerei. La critica
è legata al fatto che lanciare dal cielo beni o medicinali facilita i più forti; di
fatto gli aiuti non arrivano ai più deboli o alle persone che ne hanno più bisogno,
perché questi non hanno modo di correre ed essere tra i primi. Ci sono, quindi, rischi
di accaparramenti e anche di mercato nero. Questa è la critica che Oxfam ha fatto
e continua a fare.
D. – Si è anche detto che prima della distribuzione
era importante mettere in sicurezza, per quanto possibile, le zone colpite dal terremoto.
E’ un aspetto che deve essere precisato, anche per rispetto alla dignità del popolo
haitiano, che altrimenti sembra essere accostato solo a casi di saccheggi e violenze...
R.
– Ricordiamo che gli indici di criminalità e i tassi di omicidio di Haiti sono, ad
esempio, per il 2009 quattro volte più bassi rispetto a quelli della vicina Repubblica
Dominicana, che pure è considerato un Paese relativamente tranquillo; sono poi otto
volte più bassi di quelli della Giamaica. Sgombriamo il campo da questi luoghi comuni
che vedono Haiti come un Paese particolarmente violento. E’ chiaro che il problema
della sicurezza in queste situazioni è particolarmente sensibile; ci sono state anche
evasioni di massa dalle carceri e questo è un problema, ma forse non è il principale.
Ci vuole attenzione, ma questo non impedisce di operare.
Ad Haiti desta
poi particolare preoccupazione la situazione di migliaia di bambini rimasti orfani
e senza protezione. Occorrono azioni immediate come ribadisce Roberto Salvan
direttore generale Unicef Italia, intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. – Bisogna
fare in modo che tutti i bambini che ora sono da soli e che non hanno più famiglia
o parenti, vengano in qualche modo riconosciuti; deve essere dato loro un nome, devono
essere messi in sicurezza e in luoghi protetti; successivamente, quando la situazione
sarà più tranquilla, si potrà ricongiungerli ai loro familiari ... se ancora ci sono.
D. – Molti bambini sono rimasti orfani e dunque
sono privi non soltanto di assistenza, ma anche di protezione. Quali sono i rischi
cui possono andare incontro?
R. – Ci sono già state
segnalate dai nostri operatori sul campo persone che raccolgono i bambini, senza riconoscerli
e non fanno parte di organizzazioni o associazioni. All’aeroporto di Haiti abbiamo
anche assistito alla partenza di bambini non accompagnati con aerei che andavano certamente
all’estero. Noi vorremmo, insieme e d’accordo con le altre organizzazioni, vigilare
maggiormente su quelli che possono essere eventuali rischi. I bambini rischiano di
entrare in logiche di traffico. Prima del terremoto c’erano centinaia di orfanotrofi
non regolari e probabilmente molti di quei bambini sono ora per strada - noi ne abbiamo
identificate alcune migliaia – ed il rischio di essere vittime di un turpe traffico
è altissimo.
D. – In concreto quali misure deve
prendere - secondo l’Unicef - la Comunità internazionale per evitare in questa drammatica
situazione flagelli come adozioni irregolari, abusi sessuali, casi di sfruttamento
minorile e il traffico di organi?
R. – Tutti quanti
i governi che sono intervenuti in soccorso e in aiuto della popolazionie di Haiti
devono essere d’accordo con una presa di posizione forte nel proteggere tutti i bambini
di Haiti. Ma questa protezione deve essere garantita in Haiti; i bambini non devono
essere portati via in alcun modo e ad ognuno di loro si deve assicurare protezione.
D. – Quale è il consiglio dell’Unicef per quanti
hanno intenzione di adottare i bambini di Haiti?
R.
– Se le persone hanno già passato tutti i gradi per quanto riguarda le adozioni internazionali,
probabilmente l’adozione internazionale verrà orientata verso i bambini haitiani.
Ma questo, l’adozione internazionale dei bambini haitiani, si potrà fare soltanto
in un secondo momento. Molto probabilmente tra 3-4 mesi si aprirà anche la possibilità
di adottarli in modo definitivo. Per ora bisogna aspettare.