2010-06-02 15:07:51

Festa della Repubblica. Napolitano: lavorare insieme per sicurezza e benessere comune


In un mondo sempre più interdipendente non potrà esservi vera sicurezza se permarranno focolai di minaccia; non potrà esservi vero benessere se anche soltanto una parte dell'umanità sarà costretta a vivere nell'indigenza. E’ il messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della festa della Repubblica. Il Capo dello Stato, che ha deposto una corona d'alloro davanti al monumento del Milite Ignoto, ha ribadito la necessità di lavorare insieme per la sicurezza e il benessere comune. E davanti alle più alte cariche dello Stato si è svolta in via dei Fori Imperiali la parata militare collegata idealmente con il contingente italiano ad Herat, in Afghanistan, visitato dal presidente della Camera Fini. Al microfono di Luca Collodi, l’ordinario Militare mons. Vincenzo Pelvi:RealAudioMP3

 

R. - E’ una commozione sempre nuova. Le forze armate danno un contributo incisivo, direi insostituibile, al servizio della speranza dei popoli. Dico questo perché oggi le forze armate sono di apporto al bene comune. Pensiamo al terremoto dell’Aquila, pensiamo al problema ambientale della Campania. Mi pare che lo strumento militare - perciò è bella questa festa - diventa promozione di sviluppo e, quindi, anche sostegno alla causa dei diritti umani.

 

 

D. - Durante l’ultimo tragico attentato in Afghanistan che è costato la vita a diversi militari italiani, alcuni giornali italiani hanno titolato: ma vale la pena morire per l’Afghanistan?

 

 

R. - Le missioni di pace sono per dare dignità a chi piange e soffre in terre dimenticate. La pace deve essere fondata sul riconoscimento dell’uguaglianza tra gli uomini, sulla fraternità. Le missioni sono una manifestazione di quella responsabilità di bene che va sempre protetto e custodito. Se uno Stato non è in grado di proteggere la propria popolazione è chiaro che si è invitati a intervenire. C’è la via diplomatica, si presta attenzione a tutti quei segni di democrazia. Per cui, il sacrificio dei militari non è vano, non solo per l’Afghanistan, ma per il mondo intero. 



Il 2 giugno quest’anno si inserisce all’interno dei festeggiamenti per il 150esimo dell’Unità d’Italia. Luca Collodi ne ha parlato con il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata.RealAudioMP3

 

R. - Un valore che è maturato ed è stato compreso sempre di più con il passare del tempo ma che è contenuto nei suoi inizi e - direi - ancora di più nelle sue radici che attingono profondamente nel passato di questo Paese, perché l’unità d’Italia raggiunge la sua configurazione politico-istituzionale dopo un lungo processo storico in cui l’unità religiosa, culturale, morale si elabora, fermenta - possiamo pure dire - da secoli.

 

 

D. - Mons. Crociata il processo federalista può rafforzare questa unità tra nord e sud d’Italia?

 

 

R. - Il punto non è mettere in contrapposizione unità e federalismo. Io evocherei il principio della sussidiarietà. Ciò che la singola parte può fare è bene che lo faccia autonomamente. Solidarietà e sussidiarietà non possono essere contrapposte, perché se è vero che una certa unitarietà gestita in maniera centralistica, disattenta ad alcune istanze, rischia di mortificare o di non tenere conto di esigenze proprie di determinati territori, è vero anche che, all’opposto, il chiudersi delle singole parti alla fine impoverisce anche quelle parti che si isolano pensando illusoriamente di essere autosufficienti in tutto.








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