L'arcivescovo dell'Aquila, mons. Molinari: dopo l'emergenza, prosegue l'impegno nella
fase della ricostruzione
“Non vogliamo essere abbandonati, la ricostruzione deve continuare con la stessa forza
dei primi momenti”: così, il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, che ieri ha invitato
nella città devastata dal sisma del 6 aprile 2009 gli operatori dell'informazione
ad un tour tra le strade del centro storico. Nel pomeriggio, la campagna di sensibilizzazione
dell’arcidiocesi per il restauro del patrimonio artistico della città. Il servizio
del nostro inviato, Massimiliano Menichetti: E’ l’odore
della polvere, l’immagine spettrale dei palazzi svuotati, dei campanili diroccati
ad accogliere i circa 100 giornalisti guidati dal sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente,
nel tour pensato per far vedere all’Italia e al mondo i segni immutati del terremoto
che ha squarciato la città il 6 aprile di un anno fa. “In 14 mesi - spiega il primo
cittadino - dei circa 73 mila abitanti, oggi circa 3.500 vivono ancora in alberghi
e strutture ricettive varie; 25 mila sono assistiti da un contributo per l’autonoma
sistemazione; quasi 1.500 hanno trovato una casa in affitto concordato con la Protezione
Civile; 614 risiedono nella Caserma 'Campo Mizi' della Scuola della Guardia di Finanza
ed altri ancora sono tornati nelle proprie case”. L’immagine della città
è quella di un immenso cantiere, che diventa sempre più desolato entrando in centro.
La popolazione è divisa, non parlano quelli che risiedono nelle nuove case costruite
dal governo nelle immediate vicinanze delle cosiddette "new town". In centro il clima
è ben diverso: R. – Secondo me, non sta proprio andando bene. D.
– Perché? R. – Perché non vediamo muoversi niente! Noi siamo rientrati nelle
nostre case, ma non abbiamo avuto nessun aiuto, niente! R. – La città va
ricostruita! La gente ha bisogno di lavorare! Come dobbiamo fare per tirare avanti?
Da
una parte c’è chi si sente abbandonato, dall’altra chi apprezza il lavoro dell’esecutivo.
Al sindacoMassimo Cialente abbiamo chiesto
una valutazione al riguardo: R. - Le “new town” sono state una soluzione
per parecchi ed uno degli aspetti positivi. Il problema è che oggi ci sentiamo abbandonati,
perché doveva partire la “ricostruzione”. Quella è una città temporanea. E la ricostruzione
non solo non parte, ma si è anche inceppata. Questo è il problema. Non vedo una differenza.
Il piano casa ha sistemato complessivamente - credo - 16 mila persone: sono rimasti
fuori circa 1.500 persone che stanno aspettando una casa. Abitazioni che non sono
state fatte. Il problema, però, non è questo. Il problema è che ora sarebbe dovuta
partire la vera ricostruzione della città ed anche delle case delle circa 32 mila
persone che abbiamo ancora fuori dalle abitazioni. Tutto si è fermato per mancanza
di soldi e non per nostri problemi burocratici, anzi noi stiamo correndo. Il
sindaco ribadisce che per le opere di messa in sicurezza servono altri 40 milioni
di euro. Preoccupazione c’è per le tasse che dovranno essere pagate in cinque anni
a partire dal prossimo luglio.
Altro fronte, quello del patrimonio
monumentale, quasi nella sua totalità andato distrutto. E per sensibilizzare a donazioni
e restauri, l’arcidiocesi dell’Aquila ha organizzato per oggi pomeriggio un incontro.
Presente, tra gli altri, l’arcivescovo Giuseppe Molinari e il
ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi. Ai nostri microfoni, l’arcivescovo
dell’Aquila, mons. Molinari: R. – Adesso, dopo la fase dell’emergenza, comincia
quella più delicata, importante, difficile, costosa della ricostruzione, e questo
– lo sappiamo – non è semplice, anche perché il contesto in cui ci troviamo dal punto
di vista dell’economia, è una situazione molto, molto difficile. Noi abbiamo promosso
questo incontro per dire qual è il nostro progetto. Sono tre i filoni sui quali ci
muoviamo: la fase della diagnostica e quindi riuscire a valutare bene i danni degli
edifici che fanno parte dei beni culturali, architettonici e storici della diocesi;
la fase della progettazione e, poi, la fase vera e propria della ricostruzione fisica.
Vogliamo lanciare questa campagna di sponsorizzazione e questo proprio per trovare
solidarietà ed aiuti concreti per poter ripartire. D. - Per quanto riguarda,
invece, il sostegno spirituale al tessuto sociale di questa città, alle persone, ai
parrocchiani, ai fedeli, come sta andando? R. - Alcuni sacerdoti hanno con
tanta generosità saputo rimane sul posto, anche nei momenti più difficili e speriamo
di riuscire a fare sempre meglio. Naturalmente, poi, continua tutta l’opera che riguarda
proprio l’organizzazione pastorale, incontri con i sacerdoti, incontri con le varie
zone pastorali. Il fine poi è sempre quello in un tempo difficile come quello del
post terremoto: annunciare Cristo, morto e risorto. Questo è l’annuncio più bello
ed importante. Io lo ho ripetuto anche recentemente dicendo: “Guardate che la fede
è la cosa più importante!”. D. - Anche il Papa venendo qui ha di fatto
testimoniato questo ed ha pregato con l’intera comunità. Si è fatto anche pellegrino
nella città. Come i fedeli di questa città rispondono? R. - Vedo delle comunità
che sono sempre attaccate alle loro tradizioni religiose più belle e più profonde,
soprattutto legate a Gesù Cristo, essendo viva la loro fede e la loro voglia di partecipare,
di sentirsi protagonisti nella vita della Chiesa. Quello che io vedo è molto bello,
è molto positivo. La nostra gente, spesso, da questa tragedia è rinata ancora con
una coscienza cristiana più robusta, piùforte. (fine)