Celebrazioni in Ucraina e nelle Repubbliche Baltiche per i 19 anni dall’indipendenza
dall’Unione Sovietica
Il 24 agosto del 1991 la Rada, il parlamento ucraino, dichiarò l'indipendenza da Mosca.
La decisione fu confermata in un referendum popolare che si svolse il primo dicembre
dello stesso anno, in cui furono oltre il 90% gli ucraini che si espressero per il
distacco dal Cremlino. Il servizio è di Giuseppe D’Amato:
La via maestra
è l’integrazione europea. Questo uno dei passaggi più significativi del discorso del
presidente ucraino, Viktor Yanukovich, tenuto al Maidan la piazza centrale di Kiev.
Le riforme, ha sottolineato il capo dello Stato, sono solo all’inizio ed hanno l’obiettivo
di garantire lo sviluppo democratico ed un giusto stato sociale. Rispondendo poi alle
critiche delle ultime settimane, Yanukovich ha ribadito che è favorevole a mass media
liberi e forti, poiché essi sono una delle fondamenta della democrazia. Di quanto
sia complicata l’indipendenza ha parlato il premier, Azarov, ricordando i passati
legami economici e culturali, con il resto dell’Urss. L’ex presidente, Yushchenko,
ha invece polemizzato evidenziando come anche le vecchie generazioni ucraine volevano
essere padrone in casa propria, ma si dovette aspettare fino al 1991. Dopo le Repubbliche
baltiche, con la loro catena umana di protesta contro l’Urss, anche la Polonia ricorda
il difficile 1989 con il passaggio di potere a Solidarnosc e il crollo del
muro di Berlino. Oggi, è l’anniversario della composizione del primo governo postcomunista
dell’Europa, satellite di Mosca, quello del premier, Tadeusz Mazowiecki.
Oggi,
l’indipendenza da Mosca viene messa in discussione da molti, soprattutto perché a
diciannove anni dalla proclamazione dell'indipendenza l'Ucraina sembra un Paese più
spaccato che mai. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Fabrizio Dragosei,
corrispondente a Mosca per il Corriere della Sera:
R. - Quella
decisione che poi era strettamente legata allo scioglimento dell’Urss - deciso dai
leader delle tre maggiori repubbliche, cioè Russia, Bielorussia e Ucraina - fu la
decisione di uscire dall’Unione Sovietica e credo che comunque oggi anche se Putin
l’ha definita una delle più grandi catastrofi geopolitiche del secolo passato, pochi
in Ucraina, in Russia e anche in altre Repubbliche ex Sovietiche vorrebbero tornare
all’Unione Sovietica. Certamente, il distacco di Mosca ha pesato, ha pesato molto,
soprattutto per quella parte della popolazione che vive nell’Ucraina orientale e magari
parla russo e che ha anche legami economici molto forti con la Russia.
D.
- Bisogna dire che il Paese ha dovuto affrontare negli ultimi due decenni numerosi
problemi economici e politici con la rivoluzione arancione, che sembra a questo punto
svanita nel nulla...
R. - L’Ucraina era rimasta nelle mani di ex sovietici
come il presidente, Leonid Kucma, l’allora primo ministro, Viktor Yanukovic.
Poi, nel 2004 ci fu questa famosa rivoluzione arancione che accese tante speranze
negli ucraini. Molti pensarono che il Paese fosse veramente ad una svolta clamorosa.
Ma la politica ucraina di questi anni è di nuovo sprofondata nella palude delle fazioni,
della lotta senza sbocco, del farsi i dispetti a vicenda, del dividersi e contro-dividersi,
per cui i grandi alleati di quei giorni di dicembre - Viktor Yushchenko e Yulia Tymoshenko
- che sembravano avviati a traghettare il Paese verso una vera democrazia e verso
lo sviluppo economico, iniziarono invece ben presto a litigare e poi abbiamo visto
in questi anni quello che è successo.
D. - Nonostante tutto, l’Ucraina
continua comunque ad essere un Paese strategicamente importante, da molti punti di
vista, soprattutto economico...
R. - L’Ucraina, ricordiamolo, è un grande
"cuscinetto" tra l’Unione Europea e la Russia. Attraverso l’Ucraina, passa uno dei
principali gasdotti che porta metano dalla Siberia fino nel cuore dell’Europa ed è
anche un Paese che ha forte interesse economico, perché ci sono ancora grandi industrie
siderurgiche e ci sono ancora anche alcune industrie ex militari o ex belliche di
punta, che potrebbero avere anche un ruolo sia in Russia che nell’Unione Europea.
Afghanistan Non
conosce soste la violenza in Afghanistan. Nelle ultime 48 ore, sono morti almeno sei
soldati dell'Isaf in combattimento o a causa di ordigni artigianali. Nello stesso
lasso di tempo, le forze della Nato e l’esercito afghano hanno ucciso almeno 40 talebani
in una serie di offensive nelle regioni tribali. Vittime anche tra i civili: quattro
afghani sono morti in tre distinti attacchi.
Pakistan Il terrorismo
è tornato a colpire duramente in Pakistan dopo una tregua di quasi un mese dovuta
all'emergenza delle inondazioni. Tre attentati nella stessa giornata hanno provocato
ieri almeno 37 morti, tra cui un religioso musulmano e una ventina di fedeli radunati
in una moschea per il Ramadan. Altri venti morti sono invece stati provocati nel Nord
Waziristan dai missili lanciati da un drone (aereo senza pilota) statunitense: tra
le vittime, oltre a 13 talebani afghani, anche sette civili pakistani.
Somalia Nuova
fiammata di violenze in Somalia dopo l’annuncio dell’invio di altri duemila uomini
dell’Unione Africana. Questa mattina, i ribelli integralistiShebaab
hanno attaccato l’hotel Huna di Mogadiscio provocando almeno 32 morti, fra i quali
6 membri del governo. Almeno 30 vittime si sono registrate anche ieri nei combattimenti
che hanno imperversato fra le strade della capitale. Il servizio di Elisa Castellucci:
Miliziani
dei Giovani Mujahdin hanno fatto irruzione nell’hotel Huna, nei pressi del palazzo
presidenziale di Mogadiscio, sparando e lanciando granate prima di farsi esplodere.
Alcuni sopravvissuti parlano di una vera e propria carneficina. Il vice primo ministro
riferisce che tra le oltre 30 vittime ci sarebbero almeno 6 deputati e membri dell’esecutivo.
La dinamica dei fatti e il bilancio delle vittime rimangono tuttavia ancora incerti.
Uno dei tre terroristi del gruppo è stato catturato dalla polizia. L’attacco arriva
il giorno dopo l’annuncio dell’Unione Africana di voler inviare 2.000 soldati nel
Paese, a fronte dei 6.000 già presenti sul territorio somalo. Immediata la risposta
degli integralisti islamici Shabaab, che hanno confermato la ripresa di attacchi
di massa contro quelle che definiscono truppe di invasione. Dalla fine del 2009, il
governo di transizione somalo (TFG), controlla solo alcune zone della capitale, che
è invece per buona parte sotto il dominio dei ribelli Shabaab. Molto ridotte anche
le postazioni di Mogadiscio protette dagli uomini dell’Unione Africana.
Germania Germania
sotto shock per la morte del terzo neonato in quattro giorni al policlinico di Magonza
a causa di alcune flebo contaminate da batteri. Il neonato morto oggi era un parto
prematuro di sei mesi e anche le altre due vittime si trovavano già in terapia intensiva.
“Allo stadio attuale, non sappiamo quale sia la causa esatta della morte”, ha dichiarato
il direttore dell’istituto, che poi ha annunciato che gli altri quattro bambini che
si trovavano in condizioni critiche sono fuori pericolo. A ricevere le flebo con lo
stesso preparato sono stati in tutto nove piccoli, ma solo cinque si sono aggravati
subito dopo la somministrazione. Intanto, la procura ha avviato un'indagine contro
ignoti per omicidio dovuto a negligenza.
Spagna E' finito dopo quasi
nove mesi il calvario di due volontari appartenenti ad un Ong catalana impegnata in
Mauritania. I due erano stati rapiti da un gruppo appartenente ad Al Qaida nel Maghreb
Islamico nel novembre scorso. Ieri, è stata annunciata la loro liberazione e oggi
i due sono attesi in Spagna.
Serbia – Kosovo In vista della discussione
sul Kosovo che l'Assemblea delle Nazioni Unite ha in programma per il 9 settembre,
la Serbia ha ribadito che non intende ritirare la risoluzione sulla sua ex provincia
autoproclamatasi indipendente, presentata all'Assemblea generale dell'Onu. Nella risoluzione,
messa a punto da Belgrado dopo che la Corte internazionale di giustizia il 22 luglio
scorso ha definito legittima e non contraria al diritto internazionale la proclamazione
d'indipendenza del Kosovo, si ribadisce il no alla secessione di Pristina anche se
si auspica al tempo stesso un dialogo fra le parti su tutti i temi sul tappeto.
Cile In
Cile, dopo l’euforia seguita alla notizia che i 33 minatori intrappolati in una miniera
del nord del Paese sono vivi, continuano senza sosta i lavori per permettere il loro
recupero. I soccorritori stimano che ci vorranno almeno tre mesi. Intanto, i minatori
hanno ricevuto i primi rifornimenti, fra cui medicinali, viveri e messaggi dai familiari.
Si moltiplicano anche i gesti di solidarietà volti a garantire un sostegno economico
ai lavoratori una volta che saranno in salvo. Un magnate ha offerto l'equivalente
di circa 7.600 euro alle famiglie di ogni operaio.
Nepal In Nepal,
un aereo si è schiantato oggi a sud-est di Kathmandu. La sciagura è costata la vita
a tutte le 14 persone a bordo del velivolo. Fra le vittime sei gli stranieri, un
britannico, quattro americani e un giapponese. L'incidente è avvenuto a causa del
maltempo e i soccorritori non sono ancora riusciti a raggiungere la zona dello schianto
per le forti piogge.
Attivo il fondo per il risarcimento delle vittime della
marea nera E’entrato oggi in vigore il fondo di risarcimento per le vittime
della marea nera, dotato di 20 miliardi di dollari versati dalla compagnia petrolifera
BP. Il Gulf Coast Claims Facility (Gccf), questo il nome del fondo, che mira a ricompensare
le persone e le società che hanno subito i danni dalla terribile inondazione sottomorina
di greggio che ha devastato per mesi il Golfo del Messico. Finora, la Bp ha versato
quasi 400 milioni di dollari direttamente alle vittime del disastro ambientale, ma
il compito di pagare i risarcimenti viene adesso affidato al Gccf, creato nel giugno
scorso su richiesta della Casa Bianca. (Panoramica internazionale a cura di Marco
Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV
no. 236
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