Attacchi in Afghanistan, Pakistan e India: i timori della comunità cristiana
Nel suo appello di oggi per il rispetto della libertà religiosa e contro ogni logica
di violenza, Benedetto XVI ha nominato l’Asia meridionale e in particolare l’India,
il Pakistan e l’Afghanistan. Del filo rosso che lega questi Paesi nella cronaca di
questi giorni ci parla nel servizio Fausta Speranza:
Manifestazioni
di piazza con morti: è la cronaca che accomuna oggi Afghanistan e Kashmir. E comune
è il pretesto della violenza: la rabbia per la folle provocazione del pastore protestante
statunitense Jones di bruciare il corano. A Mendhar, un villaggio a predominanza musulmana
nello Stato indiano di Jammu e Kashmir sono quattro i dimostranti separatisti musulmani
uccisi dalla polizia e una ventina i feriti. Gli scontri sono avvenuti nel corso di
cortei carichi di tensione. Sfidando il coprifuoco in vigore in tutta la regione,
i manifestanti hanno attaccato edifici governativi e si sono mossi con slogan violenti
verso una scuola cristiana. Cortei in strada anche nei pressi del capoluogo Srinagar
e in altre due aree. Il primo ministro indiano Singh promette dialogo e chiede la
cessazione delle violenze. E, come dicevamo, la rabbia contro il pastore Jones si
ritrova nelle strade di Kabul: in migliaia sono scesi a manifestare e una persona
è rimasta uccisa. “Morte all'America'', ''morte ai cristiani'', ''morte a Karzai''
sono stati gli slogan più ripetuti. E si sono viste bandiere talebane. Bloccato l'accesso
alle strade principali in direzione sud. Il tutto a tre giorni dalle elezioni parlamentari,
che i talebani hanno minacciato di boicottare, e dopo un weekend di proteste in cui
sono rimaste uccise tre persone. Da tempo, in Afghanistan il terrorismo fondamentalista
non dà tregua e da tempo in Kashmir le violenze di stampo religioso si intrecciano
con le violenze dei separatisti. Così come, nel vicino Pakistan, l’estremismo islamico
fondamentalista sta cercando di prendere il potere: il braccio di ferro con le forme
armate di Islamabad e con le forze di sostegno USA prosegue con attacchi giornalieri:
nelle ultime 24 ore sono 27 i presunti militanti islamici estremisti uccisi nella
regione tribale pashtun a ridosso del confine afghano. In tutte queste sofferenti
zone dell’Asia meridionale certo non si sentiva la mancanza della irresponsabile e
insensata provocazione del pastore protestante, alla quale però hanno fatto seguito
condanne significative da voci autorevoli della comunità internazionale: dalla Santa
Sede al presidente USA Obama. Nell’appello di oggi per l’Asia meridionale il Papa
ha chiesto che la logica della riconciliazione e della pace prevalga sull’odio e la
violenza. per capire l’importanza di questo appello, abbiamo raggiunto telefonicamente
padre Joseph Babu, portavoce della Conferenza episcopale
dell'India:
R. – I think the Pope certainly pointed out... Penso
che il Papa certamente abbia portato all’attenzione qualcosa di molto importante e
significativo, per quanto riguarda quello che sta succedendo nel Sud dell’Asia, in
particolare per quello che riguarda la libertà religiosa di alcune parti della società.
Ci sono stati ripetuti attacchi alle minoranze religiose in questi Paesi e questo
sta suscitando grande preoccupazione, non solo in questi Paesi, ma anche in altri
Paesi. Credo che il Papa abbia fatto riferimento a questi incidenti, al modo in cui
la libertà religiosa di alcuni gruppi non è stata sufficientemente onorata e rispettata.
Ecco perché ci sono stati sollevamenti di masse e disordini pubblici. Penso che in
ogni società moderna ognuno sia libero di seguire la propria coscienza, il proprio
modo di pensare e le proprie pratiche religiose. Penso che un modo di vivere civilizzato
richieda mutuo rispetto da parte di ciascun credo religioso, pratiche, abitudini sociali
e così via. Penso che tutto questo abbia subito un declino progressivo in alcune società
del sud dell’Asia. Questo rappresenta preoccupazione per il mondo intero e suppongo
che il Papa si sia rivolto al mondo intero mentre giustamente ha stigmatizzato alcuni
di questi sviluppi incivili nel sud dell’Asia.
D. – Pensa che la religione
sia utilizzata per altri propositi, per motivi politici?
R. – I think
that is what is being manifested ... Penso che questo sia quello che appare
in molti di questi casi, dove si è abusato della religione per propositi diversi da
quelli che dovrebbe avere. La religione è e deve essere un “mezzo” per unire le persone,
per portare maggiore coesione, armonia e pace nella società. Ma quando viene politicizzata,
quando viene usata per fini politici, quello che ne risulta è la divisione e la polarizzazione
sociale e quindi la conseguente violenza e distruzione della vita e delle proprietà,
cui abbiamo potuto assistere negli ultimi decenni in questa parte del mondo. Quando
c’è un’empia mescolanza tra politica e religione, le conseguenze possono essere molto,
molto imprevedibili: quando il sentimento religioso della gente si infiamma e viene
strumentalizzato per scopi politici, ci può essere un guadagno a breve termine nella
politica stessa …
D. – In particolare per il Kashmir, quali sono le
sue preoccupazioni e le sue speranze?
R. – In Kashmir, we witnessed
... Nel Kashmir abbiamo assistito a due infelici incidenti negli ultimi
giorni, quando alcuni musulmani hanno attaccato e bruciato due scuole cristiane. Queste
scuole erano state realizzate per le necessità della popolazione locale, soprattutto
per la comunità musulmana: infatti, il 95 per cento dei bambini in questa scuola erano
bambini musulmani ed è stato molto triste assistere a tutto questo. E’ stata la prima
volta che questo è accaduto nell’area del Kashmir, che finora è sempre stata un’area
relativamente pacifica in termini di armonia religiosa tra musulmani e cristiani.
La Chiesa ha più di 100 anni e tutte le sue istituzioni hanno sempre provveduto alle
necessità della gente della zona; per questo siamo un po’ preoccupati e ci chiediamo
il perché di questo cambiato atteggiamento nei riguardi delle organizzazioni e delle
istituzioni della Chiesa. Questo è un grande motivo di preoccupazione per noi.