2010-11-05 14:20:22

Il presidente Usa Obama in Asia


Dopo le elezioni di medio termine negli Stati Uniti, segnate soprattutto dall’affermazione dei repubblicani alla Camera, il presidente Obama parte oggi per un viaggio di 10 giorni in Asia. India, Indonesia, Sud Corea e Giappone saranno i Paesi visitati. Da domani sarà a Mumbai, dove il capo della Casa Bianca alloggerà al Taj Mahal Palace, l’albergo teatro dei sanguinosi attentati di due anni fa, con un bilancio di oltre 160 vittime. Rafforzate tutte le misure di sicurezza. Nella trasferta asiatica, poi, Obama parteciperà al G20 di Seul e al vertice Asia-Pacifico di Yokohama. Ma al centro della missione del presidente statunitense, che non prevede una tappa in Cina, ci sono anche i rapporti con Pechino. Ce ne parla Michelguglielmo Torri, docente di Storia dell’Asia all’Università di Torino e responsabile scientifico dell’Osservatorio Asia Maior, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. - La Cina sta svolgendo un ruolo sempre più importante non soltanto nell’andamento dell’economia asiatica, ma anche nel ‘mantenimento a galla’ dell’economia americana. La Cina è diventata il maggior creditore in bond del Tesero americano in Asia, superando anche il Giappone. Si è, quindi, determinata una sorta di rapporto simbiotico tra Stati Uniti e Cina, che - da un lato - vede la Cina che diviene un creditore molto importante nei confronti degli Stati Uniti e - dall’altro - ha, però, ulteriori aspetti, come quello della delocalizzazione di una serie di industrie americane in Cina. C’è poi un’altra questione: la possibile sostituzione del dollaro - come moneta di interscambio a livello mondiale - con una nuova moneta, in realtà una moneta non circolante, che sarà basata su un paniere di monete delle economie più importanti, compresa ovviamente quella cinese.

D. - Lei ha citato il Giappone, che sarà l’ultima tappa del viaggio di Obama. Tokyo teme che la recente sconfitta elettorale dei democratici possa far concentrare l’amministrazione Obama sul fronte interno, mentre le autorità giapponesi chiedono solidarietà sui contenziosi con la Russia, riguardo alle Isole Curili, e con la Cina, riguardo alle Isole Senkaku …

R. - E’ meglio distrarre l’opinione pubblica parlando di rivendicazioni su isole presenti nel mare intorno al Giappone, piuttosto che soffermarsi sui problemi complessi dell’economia giapponese e sui problemi derivanti dai rapporti fra l’economia giapponese e quella americana da un lato e l’economia giapponese e quella cinese dall’altro. Ciò detto, io non credo che l’amministrazione americana si occuperà solo delle questioni interne e questo per la semplice ragione che le questioni dei rapporti economici con il Giappone, con la Cina, con i Paesi del sud-est asiatico rappresentano un problema che ha un diretto impatto sul benessere del cittadino medio americano e sull’andamento dell’economia Usa.

D. - Un’altra tappa è l’Indonesia, dove Obama ha vissuto da bambino: vuole essere una mano tesa alla più grande nazione musulmana?

R. - Il viaggio di Obama in Indonesia si può leggere da questo punto di vista. E’ vero, l’Indonesia è la più grande nazione musulmana del mondo: ci sono delle correnti estremiste - ed intendo estremiste islamiche - presenti in Indonesia e che negli ultimi anni hanno preso sempre più forza, ma la verità è che la grande maggioranza della popolazione non si riconosce in tali correnti estremiste. Ci sono, poi, aspetti di carattere economico che sono forse ancora più sostanziosi: l’Indonesia è parte dell’Asean; l’Asean sta diventando una zona di libero scambio di enorme importanza e gli americani, semplicemente, non possono permettersi di non cercare di rafforzare i loro contatti economici con l’Asean e - se possibile - di rafforzare anche il loro ascendente politico nei confronti dello stesso organismo.

D. - E la lotta al terrorismo che posto ha in questa trasferta?

R. - Indubbiamente si parlerà di lotta al terrorismo e si coordineranno meglio le azioni dei rispettivi servizi segreti. Anche se gli obiettivi veri del presidente statunitense consistono nello stabilire ponti che permettano all’America di inserirsi in questa zona di libero scambio, che sta diventando sempre più importante. (mg)







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