Dopo le elezioni di medio termine negli Stati Uniti, segnate soprattutto dall’affermazione
dei repubblicani alla Camera, il presidente Obama parte oggi per un viaggio di 10
giorni in Asia. India, Indonesia, Sud Corea e Giappone saranno i Paesi visitati. Da
domani sarà a Mumbai, dove il capo della Casa Bianca alloggerà al Taj Mahal Palace,
l’albergo teatro dei sanguinosi attentati di due anni fa, con un bilancio di oltre
160 vittime. Rafforzate tutte le misure di sicurezza. Nella trasferta asiatica, poi,
Obama parteciperà al G20 di Seul e al vertice Asia-Pacifico di Yokohama. Ma al centro
della missione del presidente statunitense, che non prevede una tappa in Cina, ci
sono anche i rapporti con Pechino. Ce ne parla Michelguglielmo Torri, docente
di Storia dell’Asia all’Università di Torino e responsabile scientifico dell’Osservatorio
Asia Maior, intervistato da Giada Aquilino:
R. -
La Cina sta svolgendo un ruolo sempre più importante non soltanto nell’andamento dell’economia
asiatica, ma anche nel ‘mantenimento a galla’ dell’economia americana. La Cina è diventata
il maggior creditore in bond del Tesero americano in Asia, superando anche il Giappone.
Si è, quindi, determinata una sorta di rapporto simbiotico tra Stati Uniti e Cina,
che - da un lato - vede la Cina che diviene un creditore molto importante nei confronti
degli Stati Uniti e - dall’altro - ha, però, ulteriori aspetti, come quello della
delocalizzazione di una serie di industrie americane in Cina. C’è poi un’altra questione:
la possibile sostituzione del dollaro - come moneta di interscambio a livello mondiale
- con una nuova moneta, in realtà una moneta non circolante, che sarà basata su un
paniere di monete delle economie più importanti, compresa ovviamente quella cinese.
D. - Lei ha citato il Giappone, che sarà l’ultima tappa del viaggio
di Obama. Tokyo teme che la recente sconfitta elettorale dei democratici possa far
concentrare l’amministrazione Obama sul fronte interno, mentre le autorità giapponesi
chiedono solidarietà sui contenziosi con la Russia, riguardo alle Isole Curili, e
con la Cina, riguardo alle Isole Senkaku …
R. - E’ meglio distrarre
l’opinione pubblica parlando di rivendicazioni su isole presenti nel mare intorno
al Giappone, piuttosto che soffermarsi sui problemi complessi dell’economia giapponese
e sui problemi derivanti dai rapporti fra l’economia giapponese e quella americana
da un lato e l’economia giapponese e quella cinese dall’altro. Ciò detto, io non credo
che l’amministrazione americana si occuperà solo delle questioni interne e questo
per la semplice ragione che le questioni dei rapporti economici con il Giappone, con
la Cina, con i Paesi del sud-est asiatico rappresentano un problema che ha un diretto
impatto sul benessere del cittadino medio americano e sull’andamento dell’economia
Usa.
D. - Un’altra tappa è l’Indonesia, dove Obama ha vissuto da bambino:
vuole essere una mano tesa alla più grande nazione musulmana?
R. - Il
viaggio di Obama in Indonesia si può leggere da questo punto di vista. E’ vero, l’Indonesia
è la più grande nazione musulmana del mondo: ci sono delle correnti estremiste - ed
intendo estremiste islamiche - presenti in Indonesia e che negli ultimi anni hanno
preso sempre più forza, ma la verità è che la grande maggioranza della popolazione
non si riconosce in tali correnti estremiste. Ci sono, poi, aspetti di carattere economico
che sono forse ancora più sostanziosi: l’Indonesia è parte dell’Asean; l’Asean sta
diventando una zona di libero scambio di enorme importanza e gli americani, semplicemente,
non possono permettersi di non cercare di rafforzare i loro contatti economici con
l’Asean e - se possibile - di rafforzare anche il loro ascendente politico nei confronti
dello stesso organismo.
D. - E la lotta al terrorismo che posto ha in
questa trasferta?
R. - Indubbiamente si parlerà di lotta al terrorismo
e si coordineranno meglio le azioni dei rispettivi servizi segreti. Anche se gli obiettivi
veri del presidente statunitense consistono nello stabilire ponti che permettano all’America
di inserirsi in questa zona di libero scambio, che sta diventando sempre più importante.
(mg)