Le Associazioni Pro Vita chiedono di partecipare al programma TV “Vieni via con me”
E’ ancora in forte dubbio la partecipazione delle Associazioni Pro Vita al programma
televisivo, previsto domani su Rai 3, “Vieni via con me”. Il Consiglio di amministrazione
della Rai ha approvato un ordine del giorno nel quale si definisce legittima la richiesta
delle Associazioni Pro Vita. Il conduttore Fabio Fazio, lo scrittore Roberto Saviano
e gli autori del programma ritengono però inaccettabile tale richiesta. Il direttore
di Avvenire, Marco Tarquinio, sottolinea invece che si darebbe voce a chi,
pur davanti alla malattia e alla sofferenza, preferisce l’amore per la vita senza
staccare la spina. Ascoltiamo proprio il direttore di Avvenire, intervistato da Luca
Collodi:
R. – Infatti,
è questo il punto; è quello che abbiamo sollecitato come Avvenire, raccogliendo le
voci dei malati e delle loro famiglie. Non è che qui, tra l’altro, si parli impropriamente
di gruppi: ci sono certo delle associazioni che mettono in rete tutte queste realtà,
che io chiamo “realtà di lotta e di speranza” nei confronti della malattia, ma non
è che debbano andare a parlare le associazioni o i sindacati. Quello che è stato detto
e che ha colpito terribilmente nella seconda puntata del programma di straordinario
successo di Fazio e di Saviano è che sia stata data voce soltanto ad una rappresentazione
del confronto con la malattia: la voce di coloro che hanno battagliato per dire “facciamola
finita”. Tanti altri, anzi, quasi tutti gli altri, si battono perché ci sia una cura
degna di questo nome, un lenimento delle sofferenze, perché i progressi della medicina
siano messi a disposizione, perché ci sia una rete che regga al di là del nostro ordinario
apporto di volontariato. E questa è la voce che non è stata sentita. Quindi, c’è da
ristabilire questa verità: non bisogna bilanciare fra due cose. E’ abnorme che si
parli soltanto della richiesta di morire ed è incredibile che non si dia voce a chi
semplicemente vive la propria malattia con immensa sofferenza e con la dose di speranza
che è propria di noi esseri umani. (ap)