2010-11-28 13:15:28

Le Associazioni Pro Vita chiedono di partecipare al programma TV “Vieni via con me”


E’ ancora in forte dubbio la partecipazione delle Associazioni Pro Vita al programma televisivo, previsto domani su Rai 3, “Vieni via con me”. Il Consiglio di amministrazione della Rai ha approvato un ordine del giorno nel quale si definisce legittima la richiesta delle Associazioni Pro Vita. Il conduttore Fabio Fazio, lo scrittore Roberto Saviano e gli autori del programma ritengono però inaccettabile tale richiesta. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, sottolinea invece che si darebbe voce a chi, pur davanti alla malattia e alla sofferenza, preferisce l’amore per la vita senza staccare la spina. Ascoltiamo proprio il direttore di Avvenire, intervistato da Luca Collodi:RealAudioMP3

R. – Infatti, è questo il punto; è quello che abbiamo sollecitato come Avvenire, raccogliendo le voci dei malati e delle loro famiglie. Non è che qui, tra l’altro, si parli impropriamente di gruppi: ci sono certo delle associazioni che mettono in rete tutte queste realtà, che io chiamo “realtà di lotta e di speranza” nei confronti della malattia, ma non è che debbano andare a parlare le associazioni o i sindacati. Quello che è stato detto e che ha colpito terribilmente nella seconda puntata del programma di straordinario successo di Fazio e di Saviano è che sia stata data voce soltanto ad una rappresentazione del confronto con la malattia: la voce di coloro che hanno battagliato per dire “facciamola finita”. Tanti altri, anzi, quasi tutti gli altri, si battono perché ci sia una cura degna di questo nome, un lenimento delle sofferenze, perché i progressi della medicina siano messi a disposizione, perché ci sia una rete che regga al di là del nostro ordinario apporto di volontariato. E questa è la voce che non è stata sentita. Quindi, c’è da ristabilire questa verità: non bisogna bilanciare fra due cose. E’ abnorme che si parli soltanto della richiesta di morire ed è incredibile che non si dia voce a chi semplicemente vive la propria malattia con immensa sofferenza e con la dose di speranza che è propria di noi esseri umani. (ap)







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