Profondo rammarico del Papa per gli scontri nelle favelas di Rio de Janeiro
Benedetto XVI segue “con profondo rammarico” gli scontri violenti di questi giorni
a Rio de Janeiro tra forze dell’ordine e narcotrafficanti, in particolare nella favela
“Vila Cruzeiro”, che hanno provocato oltre 40 morti. Il Pontefice, in un messaggio
a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone indirizzato all’arcivescovo
di Rio, mons. Orani João Tempesta, assicura le sue preghiere per le vittime
di questa escalation di violenza. Il Santo Padre chiede inoltre ai responsabili “che
pongano fine a questi disordini” e li incoraggia affinché venga ristabilito il "rispetto
della legge e del bene comune". Silvonei Protz, del nostro programma brasiliano,
ha contattato l’arcivescovo di Rio de Janeiro per una testimonianza su come è stato
accolto il messaggio del Papa:
R. – Qui
a Rio de Janeiro il messaggio del Santo Padre è stato ricevuto molto bene. Ringrazio
il Santo Padre e tutti quelli che sono con noi in questi giorni.
D.
– Com’è oggi la situazione a Rio de Janeiro? R. – In questi giorni le forze
dell’ordine hanno occupato due quartieri abbastanza difficili di Rio de Janeiro, che
prima erano occupati dal narcotraffico, mentre adesso sono stati occupati dalle forze
di Stato, forze militari. Ora la situazione è tranquilla. D. – Qual
è la situazione della Chiesa presso queste comunità, dove sono state attuate queste
misure di sicurezza? R. – La Chiesa è loro molto vicina. Ci sono
preti e comunità della Chiesa, che lavorano sempre per l’evangelizzazione, che si
danno da fare per capire quello che succede. La Chiesa è molto presente ed è molto
vicina al popolo.(ap)
E da oltre 30 anni, vicino al popolo e in particolare
ai bambini dimenticati delle favelas di Rio de Janeiro c’è padre Renato Chiera,
sacerdote italiano fidei donum, fondatore della Casa do Menor. Raggiunto telefonicamente
a Rio da Alessandro Gisotti, padre Renato si sofferma sulle cause profonde
di questa violenza che in questi giorni sta sconvolgendo il Brasile:
R. – Noi
viviamo un clima di guerra ed è proprio guerra quella che troviamo nelle strade. Mi
piacerebbe si riflettesse in Brasile – e mi pare che non si faccia – su questo: contro
chi si fa questa guerra? E’ una guerra contro i giovani e gli adolescenti, che la
nostra società, i nostri governi, le nostre famiglie hanno abbandonato, hanno dimenticato
da anni. In fondo, i nostri figli – perché sono tutti ragazzi – hanno scelto dei capi
e i capi sono i narcotrafficanti, sono più vecchi di loro e hanno tra i 25 e i 30
anni. Noi dovremmo pensare se stiamo facendo la guerra contro i nostri figli – i figli
del Brasile, delle nostre favelas - che abbiamo abbandonato totalmente: sono figli
senza prospettive, che non sono stati amati e in genere hanno una famiglia spaccata;
sono figli che vogliono raggiungere quel benessere che hanno tutti gli altri e che
la società spinge ad avere.
D. – Padre Chiera, come si è arrivati a
tutto questo, a questa violenza, a Rio de Janeiro?
R. – Com’è nato tutto
questo? Sono 40 anni che c’è questa situazione. L’abbandono delle famiglie, l’abbandono
della società, l’abbandono dei governi ha provocato questa situazione. Essendo profondamente
feriti, cosa hanno fatto? Hanno organizzato adesso, in tutto il Brasile, queste sacche
di resistenza, queste sacche di violenza. Noi dobbiamo sì difenderci, ma non è sufficiente
vincere una guerra qui a Rio, che tra l’altro non abbiamo vinto, perché si tratta
solo di due favelas su 1080: dobbiamo riflettere su cosa sta succedendo con la nostra
gioventù e con il nostro Brasile. (ap)