Presentato a Roma il libro sui 150 anni dell’Osservatore Romano
Un messaggio di saluto del Papa è giunto alla presentazione del volume “Singolarissimo
giornale. I 150 anni dell’‘Osservatore Romano’”, che si è svolta ieri pomeriggio all’Ambasciata
d’Italia presso la Santa Sede, alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano. Lo ha riferito mons. Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato,
tra i relatori insieme con il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio
Consiglio della cultura, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta,
e i due curatori del volume: l’ambasciatore Antonio Zanardi Landi e l’attuale direttore
dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian. Presenti diversi altri porporati e alcuni
esponenti di governo. C’era per noi Fausta Speranza:
Mons.
Fernando Filoni apre l’incontro portando il messaggio di saluto del Papa per il volume
dedicato al “Singolarissimo giornale”, nella definizione del cardinale Montini, futuro
Papa Paolo VI. Per un giornale voluto nel 1861 in un momento di rottura con lo Stato
italiano nascente, e per iniziativa di laici fedeli al Pontificato. Anni particolari
fino alla nuova fase segnata dai Patti Lateranensi del 1929, in cui l'Osservatore
Romano matura la sua vocazione universale, abbandonando presto gli accenti polemici
dell'inizio. Poi, la guerra fredda tra superpotenze, poi la decolonizzazione. Dunque
il secolarismo. Anni di diversa valenza storica in cui il giornale di oltre Tevere
racconta – come diceva il cardinale Montini – in dipendenza “in certa misura” dalla
Segreteria di Stato. E racconta con “una sobrietà” che il sottosegretario Letta dice
“il mondo dell’informazione dovrebbe prendere a esempio”. Il tutto è storia di una
Chiesa che racconta e si racconta stando nel mondo. Così il cardinale Gianfranco
Ravasi:
“Anche se questo mondo è, certe volte, un groviglio
di assurdità, è un groviglio di inconsistenza, anzi - qualche volta - sono proprio
sabbie mobili in cui si sprofonda, però è il nostro mondo. E’ quindi necessario leggere
il giornale e vorrei ricordare - e qui entriamo più nell’ambito religioso - quanto
affermava un teologo importante, uno dei più importanti del Novecento, Karl Barth:
‘Alla mattina il credente deve avere la Bibbia e il giornale, in cui verifica, misura,
intreccia, incrocia la sua esistenza’”.
Il volume è un'antologia di
brani che restituiscono flash di momenti storici e curiosità. Non può esserci tutto
e dunque si potrà sentire la mancanza di qualche momento o dibattito importante che
l’Osservatore in realtà ha documentato. Ma d’altra parte a volte anche i silenzi stessi
del giornale del Vaticano hanno detto, chiamando – come sottolinea il cardinale Ravasi
– ad un’ermeneutica dei silenzi. Ma certamente nel volume c’è moltissimo. E ci sono
anche saggi di storici contemporanei che danno interpretazioni e chiavi di lettura.
C'è l'esperienza sempre attuale dei rapporti tra Stato e Chiesa, di cui il cardinale
Ravasi dice:
“Un crinale delicatissimo è il rapporto tra politica e
fede, tra società e religione. Questo rapporto è stato formulato - come noi sappiamo
- in maniera folgorante da Cristo. E’ l’unico pronunciamento politico esplicito di
Cristo: ‘Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’. C’è, quindi,
una autonomia della politica da rispettare; c’è un orizzonte in cui l’economia-finanza
ha delle sue leggi proprie. Implicitamente, però, con 'Date a Dio quel che è di Dio'
entrano in campo i grandi valori trascendenti, nei cui confronti Cesare deve stare
in attenzione; non può tranquillamente prevaricare. E’ un rapporto reciproco e - direi
- non di separatezza, ma certamente di distinzione”.
Tutto
si fa pietra miliare di una fetta di storia e punto di partenza per la presenza nell'agone
mediatico della Chiesa da qui ai prossimi anni, in cui si presentano e si profilano
altre sfide.