Libia: violenti combattimenti a Ras Lanuf. L'Ue a Gheddafi: lasci il potere
In Libia non si fermano gli scontri tra gli insorti e le truppe fedeli a Gheddafi.
Dopo i pesanti bombardamenti aerei del governo, i ribelli perdono terreno a Ras Lanuf,
importante centro petrolifero. Violenti combattimenti anche a Zawiyah, dove si contano
vittime e feriti, mentre Tripoli appare blindata. A Bengasi, roccaforte degli oppositori
migliaia di persone si sono radunate dopo la preghiera del venerdì chiedendo ancora
le dimissioni del colonello e la presa del potere da parte del Consiglio libico.
''Per
l'Unione Europea Gheddafi non può essere più ritenuto un interlocutore credibile".
Così i 27 paesi dell’Unione al termine del consiglio straordinario dedicato alla situazione
in Libia. Riconosciuto il ruolo di interlocutore politico all’opposizione di Bengasi.
Per risolvere la crisi l’Ue chiede un vertice straordinario con Lega Araba e Unione
africana. Il servizio da Bruxelles di LauraForzinetti La
Libia, come gran parte del mondo arabo e islamico, dunque, in fermento e in cambiamento.
Come ci dobbiamo porre di fronte a questi mutamenti epocali? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto a don Renato Sacco, di Pax Christi:
R. – Il primo
pensiero deve andare a tutte le vittime innocenti di questi giorni, a chi paga il
conto alto anche con la propria vita. Cosa sarà, credo sia difficile saperlo. Siamo
chiamati ad essere dalla parte dei più deboli, di chi anche in modo non violento ha
alzato la testa chiedendo non solo pane, ma dignità. Dobbiamo vincere tutte le paure
di un islam che può diventare pericoloso, come dice qualcuno, e anche la paura di
invasioni che non può essere l’unica chiave di lettura. Convertirci all’attenzione
maggiore ai popoli e non ai governi, e non stringere alleanze pericolose con i capi
potenti, ricchi e anche – magari – armati da noi!
D. – In che modo come occidentali,
come cristiani possiamo entrare in dialogo con questi Paesi in cambiamento?
R.
– Mettendoci in ascolto: perché forse conosciamo davvero poco. Metterci in ascolto
non in modo euro-centrico, ma mettendoci accanto: allora si scoprono risorse, non
tanto economiche ma umane, si scopre anche che l’islam può avere delle derive integraliste
ma può essere, invece, una forza interiore importante con cui dialogare. Io credo
che dobbiamo incontrare questi popoli e non cercare lo scontro. Certo, questo ci richiede
una conversione: se noi pretendiamo di avere il nostro stile di vita, i nostri consumi,
di rubare le materie prime, di essere quelli che decidono i prezzi, non andiamo da
nessuna parte. Se ci mettiamo anche noi a camminare con fatica, forse c’è speranza
per tutti, perché o ci si salva tutti insieme, o la barca affonda per tutti.
D.
– Queste crisi stanno causando lo spostamento di popolazioni intere verso l’Europa.
Deve prevalere l’accoglienza o la sicurezza, secondo lei?
R. – Credo che quando
c’è un’accoglienza vera, che guardi nel volto, questa sia poi anche la maggiore sicurezza.
Quando ci si conosce, quando si capisce perché uno ha preso la barca ed è fuggito,
si ha meno paura e lui stesso diventa meno preoccupato e viene qui da noi con meno
paura, meno aggressivo. Credo che l’accoglienza disarmi la sicurezza che certo, ci
deve essere; ma se diventa l’unico valore, non c’è speranza. E quindi direi anche
per un motivo egoistico, se ci chiudiamo solo sulla sicurezza, periamo tutti; l’accoglienza
è quella che da vita a noi e agli altri … (gf)