Congo: epidemia di colera a Kinshasa. L’impegno dell'Opera don Guanella
Il colera è arrivato a Kinshasa e la prossima settimana gli esperti prevedono il picco
del contagio. A lanciare all'agenzia Sir l’allarme sulla situazione della capitale
congolese è fratel Mauro Cecchinato, missionario guanelliano impegnato a Kingabwa,
quartiere della capitale. “È da alcuni mesi – spiega – che nella Repubblica Democratica
del Congo si verificano focolai di colera lungo il corso del fiume Congo, via molto
trafficata dalla popolazione”. Il primo, circa un mese fa è esploso nella provincia
di Bandundu, circa 400 chilometri a Est di Kinshasa, ad oggi i dati parlano di 51
contagi e 6 decessi ma date le precarie condizioni igieniche in cui versano i quartieri
più poveri e la densità abitativa, il rischio di una rapida diffusione è altissimo.
Le autorità congolesi il 24 giugno avevano ufficialmente dichiarato che tre nuove
province erano state colpite dall’epidemia e secondo l’Ong Medici Senza Frontiere
- presente con alcuni centri per il trattamento dell’epidemia – le persone contagiate,
ai primi di luglio, erano state 2.787, i morti 153. “L’epidemia di colera – spiega
Cecchinato – sta passando un po’ sotto traccia; i giornali locali cercano di non parlarne,
ma è importante fare prevenzione perché in una città di quasi dieci milioni di abitanti
i rischi sono alti”. L’Opera don Guanella è presenta a Kinshasa dal 1996 ed è impegnata
in particolare sul fronte dei bambini di strada con tre Centri residenziali, due Centri
diurni e due equipe mobili che si spostano nei quartieri per assistere i minori abbandonati,
circa 30 mila nella sola capitale. “Di fronte all’esplosione di un’epidemia – continua
il missionario – i bambini di strada sono i più vulnerabili. Nel nostro quartiere,
ma anche in altre zone della periferia, non esistono fognature, le strade sono piene
di spazzatura e non hanno accesso all’acqua corrente. Tutte condizioni che facilitano
il contagio. Da ieri abbiamo sospeso le attività delle nostre equipe di strada nelle
zone più a rischio. Questo per evitare che i nostri operatori possano diventare, a
loro insaputa, vettori del contagio e portare l’epidemia all’interno dei nostri centri.
Intanto abbiamo potenziato il dispensario medico nel tentativo di essere pronti all’emergenza”.
(C.S.)