Elezioni presidenziali in corso oggi nella regione georgiana secessionista dell’Abkhazia,
in seguito alla morte lo scorso maggio del presidente, Sergei Bagapsh, al potere dal
2005. Tblisi, che non riconosce l’autorità di Sukhumi, ha giudicato illegittimo il
voto, convocato nel terzo anniversario del riconoscimento dell'indipendenza abkhaza
da parte di Mosca, dopo la guerra russo-georgiana dell’estate 2008. Tre i candidati
in lizza, tutti filorussi: il vicepresidente, Aleksandr Ankvab, il premier, Serghiei
Shamba, e il leader del partito di opposizione "Forum dell'Unità del popolo", Raul
Khadjimba. Ma qual è lo status politico dell’Abkhazia oggi? Risponde Aldo Ferrari,
docente di Storia del Caucaso all’Università di Venezia, intervistato da Giada
Aquilino:
R. – E’ simile
a quello di altre entità secessioniste del Caucaso meridionale – l’Ossezia meridionale
e l’Alto Karabakh – che nel corso degli anni Novanta e in seguito alla dissoluzione
dell’Urss si sono sostanzialmente distaccati con la forza delle armi, rispettivamente
da Georgia e Azerbaijan, per tentare diverse forme d’indipendenza nazionale che la
comunità internazionale non ha mai riconosciuto. Si tratta dei cosiddetti “conflitti
congelati”, che hanno visto la vittoria delle forze locali ai danni degli Stati centrali,
ma che, in sostanza, rimangono ancora irrisolti. Non sono però del tutto congelati,
perché se pensiamo a quello che è successo nell’agosto del 2008 con l’Ossezia meridionale
e con l’Abkhazia – una vera e propria guerra tra Russia e Georgia – il problema è
tutt’altro che risolto.
D. – Queste elezioni potrebbero aggravare l’annosa
crisi in atto con Tbilisi?
R. – E’ una situazione che, in sostanza,
non ha possibilità di sbocco politico immediato. Chiaramente, Tbilisi non riconosce
la legittimità di quest’entità politica, ma è una storia vecchia di vent’anni. Rifiuta
queste elezioni: gli abhkazi lo sanno bene e lo sa bene anche la comunità internazionale,
come pure la Russia. Si va avanti. Sicuramente non è un dato che porterà a cambiamenti
sconvolgenti nella regione.
D. – E allora come potrebbero cambiare gli
equilibri nella zona?
R. – In 20 anni, non si sono trovati gli strumenti
diplomatici e politici. Un reale miglioramento potrebbe aversi soltanto quando il
Caucaso meridionale cesserà di essere il luogo dello scontro di potenze esterne –
in particolare Russia e Stati Uniti – che sfruttano le rivalità locali, i conflitti
etnico-territoriali locali per fare pressione. Si tratta però di dinamiche estremamente
complesse, proprio perché alle problematiche locali – che esistono ma che non sono
così antiche ed irreversibili come talvolta vengono presentate – si sommano queste
rivalità geopolitiche e geoeconomiche, alle quali partecipa indirettamente anche l’Unione
Europea e che fanno detonare i problemi locali.
D. – In Abkhazia ci
sono degli interessi strategici ed economici particolari?
R. – L’Abkhazia
è un Paese ricco di acqua, di straordinaria bellezza paesaggistica. In epoca sovietica,
era una delle spiagge preferite dell’alta società sovietica e avrebbe ottime opportunità
di nuovo sviluppo turistico. Ma non c’è gas, non c’è petrolio, non è un luogo di transito
particolare. Il conflitto, quindi, non dipende assolutamente da ragioni economiche,
ma piuttosto da questi conflitti etnico-territoriali che sono una conseguenza remota
della politica sovietica delle nazionalità degli anni Venti, innestata poi con le
rivalità geo-politiche odierne.
D. – Al di là dell’influenza russa,
si può parlare anche di nuovi rapporti con una Turchia in ascesa?
R.
– La Turchia è molto presente e la sua importanza è crescente in tutta l’area del
Caucaso meridionale. In Turchia esiste inoltre una comunità abkhaza abbastanza numerosa
– e questo è un aspetto generalmente poco noto – che deriva dalla migrazione più o
meno forzata degli abkhazi dopo la conquista russa della regione. La Russia – che
ora protegge gli abkhazi - fu, con la sua invasione del Caucaso meridionale nell’Ottocento,
la causa che spinse molti abkhazi ad emigrare verso l’impero ottomano; per questo
ora ci sono abkhazi in Turchia. Da tale punto di vista, i rapporti tra turchi ed abkhazi
sono interessanti ma non ancora particolarmente decisivi, almeno dal punto di vista
politico. Attualmente il principale referente – se non l’unico – è la Federazione
russa. (vv)