Il cardinale Péter Erdö confermato presidente del Ccee. Eletti vicepresidenti il cardinale
Bagnasco e mons. Michalik
Proseguono i lavori dell’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali
d’Europa (Ccee), in corso a Tirana fino a domani. Il cardinale Péter Erdö, arcivescovo
di Estergom – Budapest, è stato confermato presidente del Ccee. Vicepresidenti sono
stati eletti il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della
Conferenza episcopale italiana, e mons. Józef Michalik, arcivescovo di Przemyśl e
presidente della Conferenza episcopale polacca. Mons. Aldo Giordano, osservatore
permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, è intervenuto stamani su
vari temi, tra cui i simboli religiosi, l’obiezione di coscienza e l’identità individuale.
Amedeo Lomonaco lo ha intervistato:
R. – Il dibattito
sulla presenza dei simboli religiosi, in particolare, è molto vivo: basta pensare
al dibattito sul burqa in Francia o sui minareti in Svizzera… Molto importante è stata
la sentenza, nel mese di marzo di quest’anno, della Grand Chambre della Corte dei
diritti dell’uomo di Strasburgo riguardo la presenza del Crocifisso nelle scuole in
Italia: la sentenza ha detto chiaramente che la presenza del Crocifisso non viola
i diritti dell’uomo. La Corte non si pronuncia su come deve essere uno Stato, ma si
pronuncia sull’agire degli Stati: solo se uno Stato va contro la libertà religiosa,
va contro la libertà educativa, allora la Corte potrebbe pronunciarsi.
D.
– Dunque, questo è un tema che riguarda l’agire dello Stato. Un tema che riguarda,
invece, l’agire del singolo individuo è quello dell’obiezione di coscienza.
R.
– Anche per questo tema la questione in gioco è la libertà. Ormai, in molti Paesi
europei c’è un dibattito molto vivace sulla possibilità della libertà di coscienza
e anche del diritto dell’obiezione di coscienza. Al Consiglio d’Europa, presso l’assemblea
parlamentare, si è discussa recentemente una proposizione di risoluzione che proponeva,
nella sua origine, di limitare il diritto alla libertà di coscienza e all’obiezione
di coscienza per i medici e per il personale ospedaliero per favorire - in fondo -
l’accesso all’aborto, all’eutanasia e anche alla pratica della fecondazione medicalmente
assistita. Durante il dibattito, però, i parlamentari hanno presentato 89 emendamenti
per difendere l’obiezione di coscienza e il diritto della libertà di coscienza. Essendo
stati accettati gli emendamenti, il testo è diventato esattamente il suo contrario:
è diventato, quindi, un testo a sostegno dell’obiezione di coscienza. Questo è interessante,
perché un’Europa che comincia a limitare o addirittura a negare la libertà di coscienza,
rinnega qualcosa di cui si vantava invece enormemente anche davanti alle culture del
mondo.
D. – L’Europa risente anche di identità individuali che sono,
in qualche modo, condizionate da modi di pensare, stili di vita, correnti politiche…
R.
– Il tema delle identità è un tema culturale, di fondo, per l’Europa di oggi. Pensiamo
all’identità dell’individuo, pensiamo ai concetti che classicamente dicevano l’identità:
sembrano diventati oggi molto mobili o fluidi. La libertà, ad esempio, pretenderebbe
anche di decidere il proprio sesso, legato alla cultura, alla società e al proprio
sentire. L’identità delle persone e dell’individuo dipendono dalla questione culturale,
dalle ideologie. Questa è una sfida che per la Chiesa in Europea è molto viva, perché
senza identità – naturalmente – non si può vedere molto futuro.
D.
– Si tratta di segnali che ci dicono come queste presunte libertà siano dettate alla
fine dall’unica prospettiva di un “io” ingigantito, in cui però si dimentica Dio…
R.
– E’ la pretesa della libertà individuale di essere lei a decidere tutto: a decidere
l’essere, a decidere la realtà. Invece, nella nostra prospettiva – e io noto che cresce
anche una sensibilità per questa prospettiva – l’individuo deve scoprire la verità.
E, in ultima analisi, questa verità è esattamente Dio. Quindi, la questione ultima
è veramente la questione di Dio: perdendo l’orizzonte di Dio, diventiamo noi quelli
che decidono il vero, quelli che decidono il bello, il buono. Per uscire da questa
frammentazione relativista, la prospettiva e forse l’impegno più grande, come il nostro
Papa ci insegna continuamente, è quello di ridare Dio all’Europa. (mg)
Sulla
situazione della Chiesa in Albania, Paese che ospita i lavori di questa Assemblea
delConsiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, il nostro inviato don
Davide Djudjaj, ha intervistato il nunzio apostolico, mons. Ramiro Moliner
Inglés:
R. – Tutti
i vescovi presenti a quest’assemblea, soprattutto quelli che provenivano da fuori,
sono rimasti molto impressionati nel vedere che l’Albania è stata, in un così breve
tempo, capace di riprendere la vita religiosa nelle cattedrali e nelle istituzioni.
L’Albania è un Paese con radici cristiane molto profonde. Durante i secoli, ha subìto
l’invasione ottomana e anche la presenza musulmana si è protratta per centinaia di
anni. Poi c’è stata l’epoca comunista, che ha cercato di distruggere tutti i simboli
religiosi – ed anche il sentimento religioso – con pene durissime, anche se solo si
provava a fare il segno della croce. Questo risorgere della Chiesa, in un così breve
tempo, indica che è possibile – anche in circostanze diverse – ritornare alle radici.
D.
– Lei, nel suo intervento, si è soffermato proprio su questa necessità: le strade
vanno percorse insieme, per trovare il modo di dar ragione alla speranza del Vangelo,
con amore e senza umiliare nessuno, ma fermi come cristiani e chiari con il messaggio
di Cristo…
R. – San Pietro ci dice di essere sempre pronti a dare ragione
alla nostra speranza e a farlo con carità, amore e con tutta la buona volontà possibile.
Non dobbiamo e non possiamo imporre una fede religiosa. La proposta deve essere semplice,
ma al tempo stesso, si deve sapere che stiamo facendo la volontà di Dio. Ho voluto
insistere sulla speranza perché è un po’ quello che manca al mondo di oggi, soprattutto
al cosiddetto “primo mondo”, che aveva per la maggior parte investito la propria speranza
nei beni e nello sviluppo materiale, in una vita facile ed anche nel potere. Aveva
così fatto scomparire gli altri principi e valori, come quelli trascendenti e spirituali.
Ma facendo così, rimane soltanto il vuoto.
D. – L’esperienza interecumenica
che ha la Chiesa in Albania può davvero essere, nel campo della nuova evangelizzazione,
uno stimolo per un nuovo slancio della Chiesa e per un dialogo rinnovato con le altre
comunità religiose, facendo conoscere il Vangelo?
R. – L’ecumenismo
è irreversibile, perché è il mandato di Gesù Cristo: tutti dobbiamo essere uno. In
questo senso, l’ecumenismo è una forza aggiunta e necessaria affinché questa testimonianza
sia vera. (vv)