L'abbraccio del Papa ai bambini del Benin: non esitate a parlare di Gesù al mondo!
La preghiera è un grido d’amore lanciato verso Dio: è quanto ha detto il Papa ieri
pomeriggio incontrando i bambini nella Parrocchia di Santa Rita a Cotonou dopo aver
fatto visita al Foyer “Pace e Gioia” delle Missionarie della Carità. Le Suore di Madre
Teresa si trovano alle spalle della chiesa, con la quale lavora in stretto contatto
aiutando bambini poveri, abbandonati e malati. Il servizio del nostro inviato Massimiliano
Menichetti:
Un arcobaleno
di note, danze e applausi hanno accompagnato Benedetto XVI nella parrocchia di Santa
Rita a Cotonou adornata a festa con gli striscioni bianchi e gialli. Fuori un vero
e proprio bagno di folla, nel cortile fiori, palloncini, canti e tanto affetto per
il Successore di Pietro venuto a trovare i piccoli del mondo.
Benedetto
XVI si è diretto verso la casa delle Missionarie della Carità alle spalle della Parrocchia
che senza sosta aiutano bambini poveri, abbandonati e malati. Qui di nuovo amore,
le carezze e i baci del Papa ai piccoli, la preghiera insieme e ancora musica e inni
prima di arrivare in parrocchia …
… dove senza soluzione di continuità,
l’affetto traboccante dei fazzoletti sventolati nel canto ha dato il benvenuto a Benedetto
XVI.
“Grazie di essere venuti così numerosi!”, ha detto il Papa, e volgendosi
ai bambini li ha esortati a guardare Gesù, presente nell’Ostia consacrata durante
la Messa:
“C’est un grand mystère devant lequel on adore et on croit
… È un grande mistero davanti al quale si adora e si crede. Gesù,
che ci ama tanto, è veramente presente nei tabernacoli di tutte le chiese del mondo,
nei tabernacoli delle chiese dei vostri quartieri e delle vostre parrocchie. Io vi
invito a farGli visita spesso per dirGli il vostro amore”.
Il Papa
ha parlato dell’importanza della Prima Comunione, per lui uno dei giorni più belli
– ha confidato – perché Gesù-Eucaristia viene ad abitare in noi e al quale si possono
affidare gioie, speranze, difficoltà:
“N’hésitez pas, chers enfants,
à parler de Jésus aux autres. … Non esitate, cari bambini, a parlare
di Gesù agli altri. Egli è un tesoro che bisogna saper condividere con generosità.
Nella storia della Chiesa, l’amore di Gesù ha riempito di coraggio e di forza tanti
cristiani e anche dei bambini come voi!”.
E indicando la fermezza
nella preghiera di San Kizito, ragazzo ugandese ucciso per la sua testimonianza cristiana,
il Papa ha sottolineato che lui aveva capito che “Dio è non solo importante, ma che
è tutto”; dunque ha chiesto: “Che cosa è la preghiera?”:
“C’est un
cri d’amour poussé vers Dieu notre Père avec la volonté d’imiter … È
un grido d’amore lanciato verso Dio nostro Padre con la volontà di imitare Gesù nostro
fratello”.
Benedetto XVI, condividendo la propria esperienza personale,
ha indicato la via del raccoglimento, della contemplazione della Croce o di un’immagine
sacra, per mettersi in ascolto e parlare con Gesù così da ricevere il suo amore, la
sua luce e la sua vita.
“Cet amour que je reçois dans la prière,
je suis appelé à le donner à mon … Questo amore che ricevo nella
preghiera, sono chiamato a donarlo a mia volta ai miei genitori, ai miei amici, a
tutti quelli con cui vivo, anche a coloro che non mi amano, e anche a coloro che non
apprezzo molto. Cari bambini, Gesù vi ama! Chiedete anche ai vostri genitori di pregare
con voi! A volte, bisogna spingerli un po’. Non esitate a farlo. Dio è così importante!”.
Il
Santo Padre ha poi affidato i piccoli alla Vergine Maria affinché insegni ad amare
Gesù “sempre più attraverso la preghiera, il perdono e la carità”. E tirando fuori
dalla tasca un rosario, poi donato a tutti, ha ribadito:
“Lorsque
vous l’aurez en main, vous pourrez prier pour le Pape, … Quando lo
avrete in mano, potrete pregare per il Papa - vi prego di farlo - per la Chiesa e
per tutte le intenzioni importanti. E ora, prima che io vi benedica tutti con grande
affetto, preghiamo insieme un’Ave Maria per i bambini del mondo intero, specialmente
per quelli che soffrono la malattia, la fame e la guerra”.
Ma qual
è la situazione dei bambini nel Benin? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto al padre
cappuccino Egidio Picucci, direttore della rivista missionaria “Continenti”, da
poco rientrato dal Paese africano:
R. – La situazione
è tragica per i bambini in Benin. Forse in molti ricorderanno che qualche tempo fa,
circa due anni fa, è stata fermata una nave che da Cotonou andava verso altri Paesi.
Era piena di bambini beninesi, diretti alle piantagioni di cacao o di canna da zucchero.
Erano stati venduti. Poi è il caso di quei bambini che alla nascita sono accusati
di stregoneria, nel senso che avendo un difetto fisico - per una dentatura irregolare
o altro - sono ritenuti bambini che portano sventure sia nella famiglia sia nel villaggio
e quindi vengono uccisi.
D. – In prima linea in questi casi c’è proprio
la Chiesa...
R. – Naturalmente la Chiesa e una cooperazione tra gli
istituti francescani: cappuccini, frati francescani e le Figlie di Padre Pio, c’è
un istituto nuovo, fondato da mons. Gagnon, ex vicario apostolico di Cotonou, vicario
apostolico del famoso arcivescovo de Souza, che si è interessato molto alla pacificazione
del Paese. Quando sanno, soprattutto le suore, che in una famiglia è nato un bambino
“a rischio”, corrono subito per portarlo via e accoglierlo in una casa che il vescovo
di N'Dali, nel Nord del Paese, ha costruito proprio per ospitare questi
piccoli, accusati di stregoneria. Devono stare attenti, però, a non far sapere che
si trovano lì, perché andrebbero a prenderli e li eliminerebbero.
D.
– Questa situazione è stata fatta presente a livello internazionale...
R.
– Sì, alle Nazioni Unite. Un frate cappuccino e una suora Figlia di Padre Pio sono
andati all’Onu, a Ginevra, per parlare di questa situazione, con grande meraviglia
di coloro che partecipavano. “Interverremo” hanno detto, ma nessuno è intervenuto.
E la sorte di questi bambini è continuamente a rischio. Noi sappiamo che ogni visita
del Papa in un Paese lascia una traccia profonda. Appoggiandosi alla sua autorità,
mi auguro che questo intervento possa avvenire. E’ stato ottenuto in altre parti dell’Africa,
perché non lo si può ottenere qui?(ap)
Impegnata in prima linea nel salvare
la vita dei bambini è suor Lina Ravanelli, delle Figlie di San Camillo, da
42 anni missionaria in Africa di cui 32 in Benin. Massimiliano Menichetti l’ha raggiunta
telefonicamente a Zinviè, circa 40 km da Cotonou, dove ha fondato uno dei primi centri
per sconfiggere le malattie infantili:
R. – I bambini
soffrono, sembra che non ci sia sostegno per loro da pare delle famiglie, soprattutto
nei villaggi: poche sono le attenzioni dei parenti verso i figli. Noi cerchiamo di
curare i bambini e di sollecitare i genitori ad amarli, perché il bambino senza i
genitori soffre.
D. – Il vostro centro sostiene i piccoli, li aiutate
sul fronte alimentare, perché tanta è la malnutrizione...
R. – Ne abbiamo
curati migliaia e migliaia gratuitamente, senza distinzione di religione. Facciamo
tutto quello che è possibile. Abbiamo 150 bambini adottati da italiani e ciò permette
loro di frequentare la scuola.
D. – Quanto costa aiutare un piccolo
dalla ricca Europa verso l’Africa?
R. – Quindici euro permettono una
cura di tre mesi per questi bambini malnutriti. Il Signore, comunque, finora ha pensato
sempre a noi e la Provvidenza del cuore buono degli italiani non ci è mai mancata.
Poi, però, la nostra angoscia è che i genitori non li portino ai controlli. Noi diamo
dei farmaci, del cibo delle date, ma loro non vengono.
D. – Se li convincete
che i bambini devono essere curati, poi perché non tornano al dispensario?
R.
– Perché dicono che si tratta del “sourcier”, dello stregone. Quando gli diciamo di
venire nel centro per recuperare il bambino, loro rispondono: “No, non è malattia
del dispensario, è lo stregone che ci ha dato la malattia”. Morire così, per la fame,
è terribile. Io chiederei alle mamme di amare i loro figli, che sono un dono di Dio
e se li hanno messi al mondo devono curarli e non pensare che ci siano le streghe
o gli stregoni!
D. – Però i vostri centri sono pieni. In fondo vengono,
anche se in situazioni di criticità...
R. – Vengono, e quando si sgonfiano
- perché vengono gonfi dalla fame – dopo quindici giorni vorrebbero andar via, ma
non hanno risolto tutto e dovrebbero stare qui per recuperare. Il bambino ha uno squilibrio
totale e se non viene curato rischia la morte. Vorrei veramente che il Papa portasse
un rinnovamento spirituale, un aumento di fede, che penetri e cambi un poco i cuori
di tutti; che questa visita scenda veramente nel profondo del cuore dei nostri politici
e di ciascuno di noi: cattolici, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, e di tutti
i fedeli del Benin. (ap)