Ultima udienza generale dell'anno. Il Papa: riscoprire la bellezza di pregare insieme
in famiglia
Stamani il Papa, nella 45.ma e ultima udienza generale di quest’anno, ha svolto la
catechesi sulla preghiera alla luce della Santa Famiglia di Nazaret. “La famiglia
– ha detto - è Chiesa domestica e deve essere la prima scuola di preghiera. Nella
famiglia i bambini, fin dalla più tenera età, possono imparare a percepire il senso
di Dio, grazie all’insegnamento e all’esempio dei genitori, vivere in un'atmosfera
della presenza di Dio. Un’educazione autenticamente cristiana non può prescindere
dall’esperienza della preghiera. Se non si impara a pregare in famiglia, sarà poi
difficile riuscire a colmare questo vuoto”. Per questo il Papa ha invitato “a riscoprire
la bellezza di pregare assieme come famiglia alla scuola della Santa Famiglia di Nazaret
e così divenire realmente un cuor solo e un'anima sola, una vera famiglia".
Il
Papa ha sottolineato che "proprio attraverso la preghiera noi diventiamo capaci di
accostarci a Dio con intimità e profondità". La Santa Famiglia di Nazaret "è una scuola
di preghiera, dove si impara ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato
profondo della manifestazione del Figlio di Dio, traendo esempio da Maria, Giuseppe
e Gesù".
"Rimane memorabile - ha proseguito - il discorso del Servo di Dio
Paolo VI nella sua visita a Nazaret. Egli disse che alla scuola della Santa Famiglia
noi «comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire
la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo”. E aggiunse: “In primo luogo
essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera
ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni,
rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio
di Nazaret, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore,
pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri»
(Discorso a Nazaret, 5 gennaio 1964)".
Il Pontefice ha tratto alcuni spunti
sulla preghiera, sul rapporto con Dio, della Santa Famiglia dai racconti evangelici
dell’infanzia di Gesù. "Possiamo partire dall’episodio della presentazione di Gesù
al tempio. San Luca narra che Maria e Giuseppe, «quando furono compiuti i giorni della
loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme,
per presentarlo al Signore» (2,22). Come ogni famiglia ebrea osservante della legge,
i genitori di Gesù si recano al tempio per consacrare a Dio il primogenito e per offrire
il sacrificio. Mossi dalla fedeltà alle prescrizioni, partono da Betlemme e si recano
a Gerusalemme con Gesù che ha appena quaranta giorni; invece di un agnello di un anno
offrono l’offerta delle famiglie semplici, cioè due colombi. Quello della Santa Famiglia
è il pellegrinaggio della fede, dell’offerta dei doni, simbolo della preghiera, e
dell’incontro con il Signore, che Maria e Giuseppe già vedono nel figlio Gesù".
"La
contemplazione di Cristo - ha rilevato - ha in Maria il suo modello insuperabile.
Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale, poiché è nel suo grembo che si
è formato, prendendo da lei anche un’umana somiglianza. Alla contemplazione di Gesù
nessuno si è dedicato con altrettanta assiduità di Maria. Lo sguardo del suo cuore
si concentra su di Lui già al momento dell’Annunciazione, quando lo concepisce per
opera dello Spirito Santo; nei mesi successivi ne avverte a poco a poco la presenza,
fino al giorno della nascita, quando i suoi occhi possono fissare con tenerezza materna
il volto del Figlio, mentre lo avvolge in fasce e lo depone nella mangiatoia. I ricordi
di Gesù, fissati nella sua mente e nel suo cuore, hanno segnato ogni istante dell’esistenza
di Maria. Ella vive con gli occhi su Cristo e fa tesoro di ogni sua parola. «Da parte
sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19)", così descrive
san Luca "l’atteggiamento di Maria davanti al Mistero dell’Incarnazione, atteggiamento
che si prolungherà in tutta la sua esistenza". "Luca è l’evangelista che ci fa conoscere
il cuore di Maria, la sua fede (cfr 1,45), la sua speranza e obbedienza (cfr 1,38),
la sua interiorità e preghiera (cfr 1,46-56), la sua libera adesione a Cristo (cfr
1,55). E tutto questo procede dal dono dello Spirito Santo che scende su di lei (cfr
1,35), come scenderà sugli Apostoli secondo la promessa di Cristo (cfr At 1,8). E
questa immagine che ci dona san Luca presenta Maria come il modello di ogni credente
che conserva e confronta le parole e le azioni di Gesù, un confronto che è sempre
un progredire nella conoscenza di Lui. Sulla scia del beato Giovanni Paolo II (cfr
Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae) possiamo dire che la preghiera del Rosario trae
il suo modello proprio da Maria, poiché consiste nel contemplare i misteri di Cristo
in unione spirituale con la Madre del Signore".
Benedetto XVI ha quindi sottolineato
che "la capacità di Maria di vivere dello sguardo di Dio è, per così dire, contagiosa.
Il primo a farne l’esperienza è stato san Giuseppe. Il suo amore umile e sincero per
la sua promessa sposa e la decisione di unire la sua vita a quella di Maria ha attirato
e introdotto anche lui, che già era un “uomo giusto” (Mt 1,19), in una singolare intimità
con Dio. Infatti, con Maria e poi, soprattutto, con Gesù, egli incomincia un nuovo
modo di relazionarsi a Dio, di accoglierlo nella propria vita, di entrare nel suo
progetto di salvezza, compiendo la sua volontà. Dopo aver seguito con fiducia l’indicazione
dell’Angelo - «non temere di prendere con te Maria, tua sposa» (Mt 1,20) - egli ha
preso con sé Maria e ha condiviso la sua vita con lei; ha veramente donato tutto se
stesso a Maria e a Gesù, e questo l’ha condotto verso la perfezione della risposta
alla vocazione ricevuta. Il Vangelo, come sappiamo, non ha conservato alcuna parola
di Giuseppe: la sua è una presenza silenziosa ma fedele, costante, operosa. Possiamo
immaginare che anche lui, come la sua sposa e in intima consonanza con lei, abbia
vissuto gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza di Gesù gustando, per così dire,
la sua presenza nella loro famiglia. Giuseppe ha compiuto pienamente il suo ruolo
paterno, sotto ogni aspetto. Sicuramente ha educato Gesù alla preghiera, insieme con
Maria. Lui, in particolare, lo avrà portato con sé alla sinagoga, nei riti del sabato,
come pure a Gerusalemme, per le grandi feste del popolo d’Israele. Giuseppe, secondo
la tradizione ebraica, avrà guidato la preghiera domestica sia nella quotidianità
– al mattino, alla sera, ai pasti -, sia nelle principali ricorrenze religiose. Così,
nel ritmo delle giornate trascorse a Nazaret, tra la semplice casa e il laboratorio
di Giuseppe, Gesù ha imparato ad alternare preghiera e lavoro, e ad offrire a Dio
anche la fatica per guadagnare il pane necessario alla famiglia".
Il Papa indica
poi "un altro episodio che vede la Santa Famiglia di Nazaret raccolta insieme in un
evento di preghiera. Gesù ha dodici anni si reca con i suoi al tempio di Gerusalemme.
Questo episodio si colloca nel contesto del pellegrinaggio, come sottolinea san Luca:
“I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando
egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa” (2,41-42).
Il pellegrinaggio è un’espressione religiosa che si nutre di preghiera e, al tempo
stesso, la alimenta. Qui si tratta di quello pasquale, e l’Evangelista ci fa osservare
che la famiglia di Gesù lo vive ogni anno, per partecipare ai riti nella Città santa.
La famiglia ebrea, come quella cristiana, prega nell’intimità domestica, ma prega
anche insieme alla comunità, riconoscendosi parte del Popolo di Dio in cammino". "La
Pasqua è il centro e il culmine di tutto questo, e coinvolge la dimensione familiare
e quella del culto liturgico e pubblico".
"Nell’episodio di Gesù dodicenne
- ha aggiunto - sono registrate anche le prime parole di Gesù: “Perché mi cercavate?
Non sapevate che io devo essere in ciò che è del Padre mio?”. Per il Papa la parola
«Padre» è la chiave di accesso al mistero della preghiera cristiana: "qui, quando
Gesù è ancora pienamente inserito nella vita della Famiglia di Nazaret, è importante
notare la risonanza che può aver avuto nei cuori di Maria e Giuseppe sentire dalla
bocca di Gesù quella parola 'Padre'”, e "sentirla con la consapevolezza del Figlio
Unigenito, che proprio per questo ha voluto rimanere per tre giorni nel tempio", che
è la “casa del Padre”. Da allora, la vita nella Santa Famiglia fu ancora più ricolma
di preghiera", perché "dal cuore di Gesù fanciullo – e poi adolescente e giovane –
non cesserà più di diffondersi e di riflettersi nei cuori di Maria e di Giuseppe questo
senso profondo della relazione con Dio Padre". "La Famiglia di Nazaret - ha detto
il Papa - è il primo modello della Chiesa in cui, intorno alla presenza di Gesù e
grazie alla sua mediazione, si vive tutti la relazione filiale con Dio, che trasforma
anche le relazioni interpersonali".