Concerto dell'orchestra di Lipsia per gli 85 anni del Papa: arte come lode a Dio
Un grande inno di lode, che ha fatto elevare al Papa il suo ringraziamento al Signore
per gli anni di vita e di ministero: questo, nelle parole di Benedetto XVI, è stata
l’esecuzione di ieri sera, in una gremita Aula Paolo VI, della Sinfonia n. 2 in si
bemolle maggiore di Felix Mendelssohn. Il programma scelto dal Maestro Riccardo Chailly
per festeggiare gli 85 anni del Papa, ha visto protagonisti l'orchestra e il coro
del Gewandhaus di Lipsia, tra le formazioni più antiche del mondo, e l’Mdr Rundfunkchor.
Presente al concerto a fianco del Papa suo fratello, mons. Georg Ratzinger, e le autorità
della Sassonia e della città di Lipsia. Il servizio di Gabriella Ceraso:
“Vorrei vedere
tutte le arti, in particolare la musica, al servizio di Colui che le ha date e create”.
E’ il motto emblematico che Mendelssohn scrisse sulla partitura della seconda Sinfonia
“Lobgesang”, appunto “Canto di lode”. Opera della maturità da lui diretta per la prima
volta nel 1840, a Lipsia, nel quarto centenario dell’invenzione della stampa. Il Papa,
al termine del concerto, in un intervento in italiano e in tedesco, ripercorre la
storia di quest’opera per sottolineare la natura di tutta la produzione dell’autore
tedesco:
“L’arte come lode a Dio, Bellezza suprema, sta alla base del modo
di comporre di Mendelssohn e questo non solo per quanto riguarda la musica liturgica
o sacra, ma l’intera sua produzione. Come riferisce Julius Schubring, per lui la musica
sacra come tale non stava un gradino più in alto dell’altra; ognuna alla sua maniera
doveva servire ad onorare Dio”.
Ma una fede che il Papa definisce solida,
convinta, nutrita, segnò in modo profondo anche tutta la vita di Mendelssohn:
“Il mondo etico-religioso del nostro autore non era staccato dalla sua concezione
dell’arte, anzi ne era parte integrante: «Kunst und Leben sind nicht zweierlei»: arte
e vita non sono due cose distinte, ma un tutt’uno, scriveva. Una profonda unità di
vita che trova l’elemento unificante nella fede, che caratterizzò tutta l’esistenza
di Mendelssohn e ne guidò le scelte”.
La preghiera e il grazie a Dio per
ogni bene, non sono mai mancati nella vita di Mendelssohn come mostra il suo carteggio,
citato dal Papa. Così nella Sinfonia il messaggio profondamente religioso che emana,
preparato dai tre movimenti sinfonici e pienamente espresso dalle sezioni corali
finali, è quello della speranza:
“E’ difficile per me richiamare qualcuno
degli intensi momenti che abbiamo vissuto questa sera; vorrei solo ricordare il meraviglioso
duetto tra i soprani e il coro sulle parole «Ich harrete des Herrn, und er neigte
sich zu mir und hörte mein Fleh’n», tratto dal Salmo 40: «Ho sperato nel Signore e
Lui si è chinato su di me e ha dato ascolto al mio grido»; è il canto di chi pone
in Dio tutta la sua speranza e sa con certezza di non rimanere deluso”.
Fede
salda, dunque, in un Dio che riscatta dalla miseria, che salva dallo smarrimento,
che consola dall’afflizione, come si ascolta nei recitativi e nelle arie di Tenore
e Soprano, mentre il Coro ripete il suo leitmotiv: “Tutto ciò che ha respiro, lodi
il Signore”. L’ultimo pensiero del Papa è ancora, al termine del concerto, un grazie
agli esecutori e alle autorità presenti dalla Sassonia e dalla città di Lipsia, che
hanno reso possibile questo” dono prezioso”, come lo definisce. Quindi l’invito finale
a riflettere:
“Scrisse Schumann: «Lasciate che noi, come suona il testo
così splendidamente musicato dal Maestro, sempre più “abbandoniamo le opere dell’oscurità
e impugniamo le armi della luce”». Grazie a tutti e buona serata!”.