2012-06-01 13:06:20

Unione Europea divisa sulla crisi. Fuga di capitali dalla Spagna


Giornata nera per le borse europee. Maglia nera a Francoforte che chiude a -3,42%. Male anche Milano - 1,04% ai minimi dall’inizio dell’anno, Londra -1,14, Parigi -2,21, il dato peggiore negli ultimi 6 mesi. Pesano i dati sul lavoro Usa, dove il tasso disoccupazione è salito all’8,2%, e i timori per le banche spagnole. L’Euro è scambiato a 1,24 sul dollaro. Per il presidente Usa Obama la crisi nell'Eurozona ha un impatto sull'andamento dell'economia americana. Oggi il trattato di stabilità finanziaria, Fiscal compact, è stato approvato dal referendum in Irlanda con il 60,3% dei voti favorevoli. Senza riforme l'Eurozona corre il rischio di disintegrarsi'', ha detto il commissario Ue Oli Rehn. Intanto anche i Paesi orientali, sinora in grande progresso, denunciano un rallentamento. In India poi le opposizioni hanno dato vita ad una vibrante protesta di piazza per il vistoso aumento del carburante. Giancarlo La Vella ha intervistato Giacomo Vaciago, docente di Economia internazionale all’Università Cattolica di Milano: RealAudioMP3

R. – Sono problemi diversi. L’Asia ha frenato, perché altrimenti sarebbe cresciuta troppo, ma vari Paesi hanno già annunciato che nei prossimi mesi torneranno ad accelerare. Inoltre, abbiamo gli Stati Uniti in pericolosa campagna elettorale, dove Washington rischia nuovamente di paralizzarsi, come accadde un anno fa. Infine, l’Europa è divisa, soprattutto i 17 Paesi della zona euro. Noi siamo in moneta comune, non abbiamo un governo federale, ma siamo governati dalla capacità di cooperare dei 17 governi dei 330 milioni di europei che sono già sulla stessa barca. E’ come se su una nave ci fossero 17 comandanti: se si mettessero d’accordo, la nave potrebbe andare avanti; in caso contrario starebbe ferma o andrebbe allo sbaraglio. I padri fondatori dell’Europa lo sapevano benissimo. Sono partiti dalla moneta, sperando fortemente che i governi avessero poi la capacità di progredire verso una unione prima o poi anche politica. E in questi anni, purtroppo, di fronte alla grave crisi, i 17 governi, che condividono la responsabilità di guidare la barca della moneta comune, non sono stati all’altezza. Ogni Paese è tornato ad essere separato dagli altri: non so in quanti si stiano rendendo conto di questo, cioè che stiamo drammaticamente disfacendo i progressi degli ultimi dieci anni!

D. – Come in Grecia, anche in Spagna c’è l’allarme sul ritiro dei capitali. E’ solo un timore momentaneo, oppure stanno arrivando altri problemi?

R. – Attenzione: sono i capitali internazionali quelli che sono scappati. I cittadini, invece, hanno fatto poco ricorso a questo estremo rimedio. Quando questo succede, si è prossimi alla fine: a quel punto, un’economia moderna non funziona più! Cioè, torniamo al baratto …

D. – E’ un’economia, quella odierna, che risponde ancora alle leggi della domanda e dell’offerta? Perché, pur diminuendo la domanda a causa della forte tassazione sui cittadini, i prezzi sui beni non accennano a scendere?

R. – Bisogna distinguere. Sui prezzi delle materie prime, il rallentamento dell’economia si è subito visto. Nei grandi mercati globali tutte le materie prime fungono fortemente da termometro della domanda. Poi si arriva ai manufatti industriali e quindi al cittadino. Anche nei negozi, quando le cose vanno male, gli sconti aumentano, perché chiaramente l’economia sta soffrendo e, pur di vendere, tutti accettano margini ridotti. Il cittadino, però, se perde il posto di lavoro, non lo consola sapere che nei negozi i beni sono più economici.

D. – Costo del lavoro molto più alto che nei Paesi orientali, senza però la capacità di produrre più prodotti di qualità appetibili per il mercato: è questo oggi uno dei mali dell’Europa, secondo lei?

R. – Assolutamente sì! L’innovazione, la ricerca scientifica, i miglioramenti nel capitale umano sono la ricetta giusta. Noi non possiamo riposare sui passati successi, perché non è mai accaduto nella storia dell’umanità che tanti Paesi al mondo crescessero tutti nello stesso momento. Nei secoli scorsi, si cresceva a turno: prima l’Inghilterra, poi la Germania, poi gli Stati Uniti … Adesso, tutto il mondo corre. Quelli che avevano più reddito e civiltà già da tempo ora devono continuamente rinnovarsi, perché altrimenti c’è il rischio che vengano eliminati …







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