Venti guardie svizzere pontificie in missione presso i terremotati in Emilia
«Un’iniziativa nata per aiutare la popolazione emiliana provata dal terremoto, un
atto di carità e di solidarietà spontaneo». È contento il tenente colonnello Christoph
Graf, vice comandante del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, mentre spiega la
singolare missione umanitaria che si sta svolgendo in questi giorni in Emilia e che
vede protagoniste venti giovani guardie. Lasciata la divisa, l’elmo e l’alabarda sono
partite dal Vaticano per aiutare la gente di Carpi e di Mirandola. Vi rimarranno fino
a lunedì 4 – riferisce L’Osservatore Romano - approfittando della permanenza del Papa
a Milano, che permette loro una relativa libertà dai turni di lavoro. Metteranno le
qualità e professionalità al servizio della gente. Tra di loro, infatti, ci sono falegnami,
contadini, impiegati, cuochi, carpentieri, meccanici, pasticcieri, giardinieri, elettricisti,
carrozzieri e studenti. Come è nata l’idea? «Il capitano Lorenzo Merga e molti altri
membri del Corpo — precisa Graf — conoscono l’attuale vescovo di Carpi, monsignor
Francesco Cavina, fin da quando lavorava in Segreteria di Stato. Hanno proposto di
mettersi a sua disposizione per qualche giorno e di prestare servizio nella sua diocesi.
Con il permesso dell’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto, e d’accordo con il comandante
Daniel Rudolf Anrig, sono stati presi i contatti e organizzata l’iniziativa». I venti
militi sono chiamati a svolgere principalmente servizio di sorveglianza nel perimetro
dell’ospedale di Carpi e nel presidio sanitario di Mirandola, ma non mancheranno anche
di compiere alcuni lavori di fatica. «Penso — prosegue il vice comandante — che questo
intervento umanitario rimarrà impresso in questi giovani per tutta la vita, perché
aiutare la gente dopo un terremoto è un’esperienza che in Svizzera non è usuale».
Alle parole di Graf fanno eco quelle del cappellano, monsignor Alain de Raemy, il
quale tiene a sottolineare come «questi tre giorni liberi che i giovani offrono in
aiuto alle vittime del terremoto è il modo migliore per investire il tempo. È una
cosa straordinaria, perché sarà un’esperienza unica. Sono sicuro che le guardie ne
trarranno un beneficio enorme, pari se non maggiore a quello che la loro presenza
apporterà alle popolazioni emiliane. Dovranno confrontarsi con una realtà dura, ma
scopriranno anche quello che l’uomo può fare quando si mette a disposizione dell’altro.
Sarà un arricchimento, il tempo libero più bello dei due anni trascorsi nel Corpo».
E il lavoro non mancherà. Dovranno adattarsi alla situazione precaria provocata dal
sisma. Per dormire, ad esempio, se tutto va bene avranno a disposizione una tenda
da campeggio; altrimenti dovranno sistemarsi nelle cinque automobili con le quali
sono giunti a Carpi. Una cosa però il vice comandante e il cappellano ci tengono a
precisare: l’iniziativa è stata autofinanziata dalle guardie senza interventi della
cassa del Corpo e i giovani sono tutti volontari che hanno rinunciato ai giorni liberi
per aiutare i terremotati.