2012-08-16 14:18:34

In Australia, sì ai pacchetti di sigarette anonime. Oms: decisione storica


L’Alta corte australiana ha stabilito che non è contraria alla Costituzione la legge che prescrive che, dal primo dicembre prossimo, i pacchetti di sigarette siano venduti in Australia in confezioni anonime che riportino immagini scioccanti dei danni provocati dal fumo. La pronuncia era attesa anche in altri Paesi come Gran Bretagna, Norvegia, Canada e India che stanno pensando a legiferare in tal senso. Sulla possibile efficacia di questa misura di deterrenza psicologica, Marco Guerra ha chiesto un parere al dott. Riccardo Pistelli responsabile del servizio di Fisiopatologia Respiratoria - Ambulatorio Tabagismo dell’Università Cattolica di Roma:RealAudioMP3

R. - Questo tipo di decisione sicuramente viene percepito in modo molto pericoloso dalle multinazionali del tabacco, le quali non avevano nessun problema, per esempio, rispetto a tutti i messaggi di tipo razionale come: il fumo fa male, il fumo uccide, il fumo danneggia gravemente la salute. Questo, anzi, era visto molto favorevolmente da chi produce le sigarette, perché eliminava la possibilità che ci fossero dei contenziosi legali basati sul fatto della non informazione. Al contrario, questo tipo di proibizione rispetto al marchio, sposta l’attenzione su un campo di tipo completamente emozionale, suggestivo, togliendo al consumatore alcuni elementi importanti per il consumo, e questo sicuramente costituisce un elemento di novità. È auspicabile che, qualora se ne dimostri l’efficacia, poi, questo provvedimento venga esteso anche in Europa.

D. - Diciamo che viene meno l’appeal del pacchetto e della sigaretta stessa?

R. - Sicuramente. Basta pensare cosa ha fatto del suo logo la più grande multinazionale del tabacco, presente, ad esempio sulle moto da corsa, sulle automobili di Formula uno, su oggetti di vestiario, scarpe, cinture, cappelli ... Un colore e un logo sono estremamente importanti. Questo sicuramente è un elemento molto interessante dal punto di vista della novità dell’approccio, e potrebbe essere efficace. Sicuramente è molto temuto: su questo non ci sono dubbi.

D. - Dalle sue osservazioni, può affermare che le politiche proibizioniste riescono a ridurre la diffusione del tabagismo?

R. - Diciamo che esiste una serie di politiche che possono essere – comunque - di tipo dissuasivo. L’esempio classico è quello italiano che proibisce il fumo all’interno dei locali dove una volta si poteva fumare, sui treni … Molti fumatori acquisiscono - attraverso questa necessità imposta di non fumare in alcuni ambienti e per alcune ore - la consapevolezza della possibilità di non fumare. Alcuni smettono, altri si rendono conto della possibilità di poter non fumare, e questo può essere sicuramente utile. Nei fatti, ha ridotto significativamente il numero dei fumatori.

D. - Come operatori sanitari in contatto con i consumatori di tabacco, cosa chiedete al legislatore?

R. - Chiediamo coerenza in tutte le scelte che fa. In Italia, negli ultimi anni c’è stata una notevole coerenza che credo bisognerebbe estendere - per esempio - a ciò che riguarda tutte le attività del servizio nazionale che dovrebbero essere rivolte a questo obiettivo, e che attualmente trovano riscontro soltanto nei piani sanitari regionali, senza che però ci sia alcuna traduzione di questo in termini operativi. Ad esempio, tutto ciò che viene fatto come unità contro il tabagismo, viene fatto nella stragrande maggioranza dei casi come volontariato. Ancora, un’altra cosa che può essere fatta è porre molta attenzione al costo delle sigarette, una cosa che può sembrare banale; ma un costo più elevato, sicuramente riduce la quantità di fumo. Comunque, anche se fa male fumare anche una sola sigarette, è molto meglio fumarne una che fumarne dieci. E quindi ci sono una serie di elementi che possono essere aggiunti a quelle politiche che sono state fatte negli ultimi anni e che hanno portato a risultati sicuramente positivi.







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