Siria. Drammatico appello dell'arcivescovo di Aleppo: fermate i belligeranti!
In Siria la guerra si fa sempre più aspra. Aleppo è sempre sotto i bombardamenti dell’esercito
fedele ad Assad. Tra le ultime notizie di agenzia – ancora non confermata – giunge
quella delle condizioni del fratello del presidente siriano, Maher, gravemente ferito
in un attentato il 18 luglio scorso: secondo alcune fonti sarebbe in fin di vita.
Intanto anche la Cina ha esortato sia il governo di Damasco che i ribelli a deporre
le armi. L’Onu, che ieri aveva denunciato i crimini di guerra commessi dai lealisti
e, in misura minore, dall’opposizione, ha affermato oggi che sono circa 2,5 milioni
le persone colpite dall'emergenza umanitaria in Siria, un numero più che raddoppiato
negli ultimi quattro mesi. E uno sbarco di profughi siriani si è verificato questa
mattina, sulla spiaggia di Monasterace (Reggio Calabria). Si tratta di 42 persone:
16 uomini, 13 donne, 12 bambini ed una neonata. I migranti sono giunti a bordo di
una barca a vela. Dalla Siria ci giunge anche il drammatico appello dell’arcivescovo
cattolico dei greco-melkiti, Jean-Clément Jeanbart. L'ha raccolto Tracey McLure:
R. – Chiedo
alla comunità internazionale, chiedo ai cristiani d’Europa, d’America e di tutto il
mondo, chiedo ai governi di avere pietà di questo popolo siriano e di fare tutto il
possibile per spingere tutti quanti a sedersi attorno ad un tavolo per dialogare,
trovare una riconciliazione e risolvere questo problema in modo civile, umano. La
guerra non fa che distruggere, non fa che uccidere: è una guerra fratricida. Smettiamola
di sostenere i belligeranti: chiedo questo all’Occidente ed anche alla Russia, alla
Cina, all’Iran, a tutti, perché spingano le due parti ad accettare il dialogo, a trovare
un compromesso, un modo per risolvere questo problema che sia soddisfacente per tutti.
Prego e supplico tutti di fare il possibile per salvaguardare migliaia e migliaia
di persone che muoiono per niente, perché così non si risolverà il problema. La guerra
non risolve il problema, la guerra non può che portare la morte e la desolazione.
Per
un commento sugli sviluppi della crisi siriana, Giancarlo La Vella ha intervistato
il prof. Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica
di Milano:
R. – Sono cose
ampiamente note per chi ha voluto guardare la situazione siriana in modo meno semplicistico.
In realtà noi abbiamo sempre bisogno di raccontare le vicende in cui vi sia un cattivo
- e Assad non ci sono dubbi che lo sia - e i buoni, che erano i rivoltosi, spesso
propagandati come gruppi liberali a favore della democrazia. Ma all’interno dell’opposizione
c’è un po’ di tutto e, ovviamente, chi si sta rafforzando in questo clima di guerra
civile sono le frange più estreme, cioè i salafiti, che sono estremamente settari
e dogmatici, e i gruppi jihadisti vicini ad Al Qaeda, che spesso utilizzano gli stessi
metodi operativi.
D. - La possibilità, dichiarata dai ribelli di Aleppo, che
si possano fare accordi con al Qaeda provoca ancora più preoccupazione sugli esiti
di questa guerra civile…
R. – Dà più preoccupazione, ma di fatto si sta dicendo
una cosa che già è avvenuta. Al Qaeda è più che altro ormai una sigla, ma da mesi
i servizi iracheni segnalavano come i combattenti jihadisti vicini alla rete e al
terrorismo sunnita estremista, che per anni hanno operato in Iraq, si fossero spostati
oltre frontiera per combattere Assad. Non è un mistero che Arabia Saudita e Qatar
sostengano i gruppi salafiti. I gruppi salafiti sono quegli estremisti sunniti che
hanno una contiguità, una posizione di ambiguità nei confronti del jihadismo globale.
Che poi ci sia l’etichetta Al Qaeda o di qualcosa d’altro, non cambia un discorso
comunque estremamente violento, come si vede a Damasco con gli attentati con le autobombe
o i kamikaze. Questo è il tipico modus operandi del jihadismo globale.
D. –
E’ allora questo il momento da parte della comunità internazionale di operare con
una missione un po’ più decisa rispetto al semplice invio di osservatori dell’Onu?
R.
– Da un lato abbiamo un regime crudele, al di là di ogni misura come quello di Assad,
che è indifendibile, dall’altra parte abbiamo sempre più un’opposizione che minaccia
di prendere il potere e fare quello che sta facendo Assad in questi mesi, cioè una
pulizia etnica, una serie di attacchi contro tutte le minoranze non sunnite nel Paese:
cioè, gli alawiti ma anche le comunità cristiane che sono molto forti in Siria. Di
fronte a questo scenario è evidente che continuare a leggere la realtà siriana in
modo dicotomico, buoni e cattivi, non ci aiuta. E’ evidente che la comunità internazionale
debba fare qualcosa. Non so se andare verso una “no fly zone” o una missione, tipo
quella della Libia, che è rischiosissima e irriterebbe molto la Russia e la Cina,
sia la soluzione giusta. Forse bisognerebbe cercare anche di coinvolgere gli attori
regionali presenti, cercando una soluzione che non sia solo la caduta di Assad. Certo
Assad se ne deve andare, ma, prima che se ne vada, occorre anche costruire un dopo,
per non lasciare la Siria nelle mani dell’anarchia e di una guerra civile ipersettaria.