Il Papa firma l'Esortazione apostolica per il Medio Oriente: la follia della Croce
converte le sofferenze in grido d'amore
Il Papa ad Harissa, nella Basilica di St. Paul, ha firmato l’Esortazione apostolica
post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente. “È provvidenziale – ha detto - che questo
atto abbia luogo proprio nel giorno della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce,
la cui celebrazione è nata in Oriente nel 335, all’indomani della Dedicazione della
Basilica della Resurrezione costruita sul Golgota e sul sepolcro di Nostro Signore
dall’imperatore Costantino il Grande, che voi venerate come santo. Fra un mese – ha
proseguito il Papa - si celebrerà il 1700° anniversario dell’apparizione che gli fece
vedere, nella notte simbolica della sua incredulità, il monogramma di Cristo sfavillante,
mentre una voce gli diceva: «In questo segno, vincerai!». Più tardi, Costantino firmò
l’editto di Milano, e diede il proprio nome a Costantinopoli. Mi sembra che l’Esortazione
post-sinodale possa essere letta ed interpretata alla luce della festa dell’Esaltazione
della Santa Croce, e più particolarmente alla luce del monogramma di Cristo, il X
(chi) e il P (ro), le due prime lettere della parola Χριστός”.
“Una tale lettura
– ha sottolineato Benedetto XVI - conduce ad un’autentica riscoperta dell’identità
del battezzato e della Chiesa, e costituisce al tempo stesso come un appello alla
testimonianza nella e mediante la comunione. La comunione e la testimonianza cristiane
non sono infatti fondate sul Mistero pasquale, sulla crocifissione, la morte e la
risurrezione di Cristo? Non trovano in esso il loro pieno compimento? Esiste un
legame inseparabile tra la Croce e la Risurrezione che non può essere dimenticato
dal cristiano. Senza questo legame, esaltare la Croce significherebbe giustificare
la sofferenza e la morte non vedendo in esse che una fine fatale. Per un cristiano,
esaltare la Croce vuol dire comunicare alla totalità dell’amore incondizionato di
Dio per l’uomo. È porre un atto di fede! Esaltare la Croce, nella prospettiva
della Risurrezione, è desiderare di vivere e manifestare la totalità di questo amore.
È porre un atto d’amore! Esaltare la Croce porta ad impegnarsi ad essere araldi della
comunione fraterna ed ecclesiale, fonte della vera testimonianza cristiana. È porre
un atto di speranza!”.
“Considerando la situazione attuale delle Chiese
nel Medio Oriente – ha aggiunto il Papa - i Padri sinodali hanno potuto riflettere
sulle gioie e le pene, i timori e le speranze dei discepoli di Cristo che vivono in
questi luoghi. Tutta la Chiesa ha potuto così ascoltare il grido ansioso e percepire
lo sguardo disperato di tanti uomini e donne che si trovano in situazioni umane e
materiali ardue, che vivono forti tensioni nella paura e nell’inquietudine, e che
vogliono seguire Cristo – Colui che dà senso alla loro esistenza – ma che ne sono
spesso impediti. Per questo ho desiderato che la Prima Lettera di San Pietro sia
la trama del documento. Nello stesso tempo, la Chiesa ha potuto ammirare quanto vi
è di bello e di nobile in queste Chiese su queste terre. Come non rendere grazie a
Dio in ogni momento per tutti voi (cfr 1 Ts 1,2; Prima Parte dell’Esortazione post-sinodale),
cari cristiani del Medio Oriente! Come non lodarlo per il vostro coraggio nella
fede? Come non ringraziarlo per la fiamma del suo amore infinito che voi continuate
a mantenere viva e ardente in questi luoghi che sono stati i primi ad accogliere il
suo Figlio incarnato? Come non cantargli la nostra riconoscenza per gli slanci
di comunione ecclesiale e fraterna, per la solidarietà umana manifestata senza sosta
verso tutti i figli di Dio?”.
Benedetto XVI ha quindi proseguito: “Ecclesia
in Medio Oriente permette di ripensare il presente per considerare il futuro con
lo stesso sguardo di Cristo. Essa, con i suoi orientamenti biblici e pastorali, con
il suo invito a un approfondimento spirituale ed ecclesiologico, con il rinnovamento
liturgico e catechistico raccomandato, con i suoi appelli al dialogo, vuole tracciare
una via per ritrovare l’essenziale: la sequela Christi, in un contesto difficile e
talvolta doloroso, un contesto che potrebbe far nascere la tentazione di ignorare
o dimenticare la Croce gloriosa. E’ proprio adesso che bisogna celebrare la vittoria
dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà
sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione. Alla luce della festa odierna e in
vista di una fruttuosa applicazione dell’Esortazione, vi invito tutti a non avere
paura, a rimanere nella verità e a coltivare la purezza della fede. Questo è il linguaggio
della Croce gloriosa! Questa è la follia della Croce: quella di saper convertire le
nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo;
quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede
e nella loro identità, in vasi d’argilla pronti ad essere colmati dall’abbondanza
dei doni divini più preziosi dell’oro (cfr 2 Cor 4,7-18). Non si tratta di un linguaggio
puramente allegorico, ma di un appello pressante a porre degli atti concreti che configurano
sempre più a Cristo, atti che aiutano le diverse Chiese a riflettere la bellezza della
prima comunità dei credenti (cfr At 2,41-47; Seconda parte dell’Esortazione); atti
simili a quelli dell’imperatore Costantino che ha saputo testimoniare e far uscire
i cristiani dalla discriminazione per permettere loro di vivere apertamente e liberamente
la loro fede nel Cristo crocifisso, morto e risorto per la salvezza di tutti”.
“Ecclesia in Medio Oriente – ha osservato ancora - offre elementi che possono
aiutare per un esame di coscienza personale e comunitario, per una valutazione obiettiva
dell’impegno e del desiderio di santità di ogni discepolo di Cristo. L’Esortazione
apre all’autentico dialogo interreligioso basato sulla fede in Dio Uno e Creatore.
Essa vuole anche contribuire a un ecumenismo pieno di fervore umano, spirituale e
caritativo, nella verità e nell’amore evangelici, che attinge forza dal comandamento
del Risorto: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome
del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò
che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
(Mt 28,19-20). In tutte le sue parti, l’Esortazione vorrebbe aiutare ciascun discepolo
del Signore a vivere pienamente e a trasmettere realmente ciò che è diventato attraverso
il Battesimo: un figlio della Luce, un essere illuminato da Dio, una lampada nuova
nell’oscurità inquietante del mondo affinché dalle tenebre facciano risplendere la
luce (cfr Gv 1,4-5 e 2 Cor 4,1-6). Questo documento vuole contribuire a spogliare
la fede da ciò che la imbruttisce, da tutto ciò che può offuscare lo splendore della
luce di Cristo. La comunione è allora un’autentica adesione a Cristo, e la testimonianza
è un’irradiazione del Mistero pasquale che conferisce un senso pieno alla Croce gloriosa.
Noi seguiamo e «annunciamo… Cristo crocifisso … potenza di Dio e sapienza di Dio»
(1Cor 1,23-24; cfr Terza Parte dell’Esortazione)”.
«Non temere, piccolo gregge»
(Lc 12,32) – è stato l’invito del Papa - “e ricordati della promessa fatta a Costantino:
«In questo segno, tu vincerai!». Chiese in Medio Oriente, non temete, perché il
Signore è veramente con voi fino alla fine del mondo! Non temete, perché la Chiesa
universale vi accompagna con la sua vicinanza umana e spirituale! È con questi
sentimenti di speranza e di incoraggiamento a essere protagonisti attivi della fede
attraverso la comunione e la testimonianza, che domenica consegnerò l’Esortazione
post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente ai miei venerati Fratelli Patriarchi, Arcivescovi
e Vescovi, a tutti i sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi
e ai fedeli laici. «Abbiate coraggio» (Gv 16,33)! Per intercessione della Vergine
Maria, la Theotokos, invoco con grande affetto l’abbondanza dei doni divini su voi
tutti! Possa Dio concedere a tutti i popoli del Medio Oriente di vivere nella pace,
nella fraternità e nella libertà religiosa! Dio vi benedica tutti!”.
All’inizio
del suo discorso il Papa aveva osservato che “la felice coesistenza dell’islam e del
cristianesimo, due religioni che hanno contribuito alla formazione di grandi culture,
segna l'originalità della vita sociale, politica e religiosa del Libano. Non possiamo
che rallegrarci di questa realtà che bisogna assolutamente incoraggiare. Affido questo
desiderio ai leader religiosi del vostro Paese”.