Sciopero generale in Grecia contro l'austerity: scontri ad Atene
Giornata difficile per la Grecia, paralizzata da uno sciopero generale convocato dai
sindacati scesi in piazza contro i nuovi tagli decisi dal piano di austerity del governo,
piano indispensabile per sbloccare il nuovo prestito di Ue ed Fmi. Allo sciopero hanno
aderito tutte le categorie del Paese: impiegati statali, lavoratori dell'erario e
delle dogane, lavoratori delle Autonomie locali, liberi professionisti e commercianti.
Momenti di tensione si sono vissuti durante una manifestazione ad Atene con scontri
tra alcuni estremisti e la polizia. Un Paese, la Grecia, che sta pagando un altissimo
prezzo per la crisi che ha impattato in maniera importante sulla società. Ma oggi
la Grecia che Paese è? Salvatore Sabatino loha chiesto alla giornalista
greca Vassiliki Markaki:
R. – E’ il Paese
che per la terza volta dall’inizio dell’anno obbliga a scendere in piazza per chiedere,
io credo, soprattutto speranza, speranza che qualcosa possa ancora cambiare.
D.
– La gente però è al limite, c’è il continuo rischio che questo malcontento sfoci
in violenze. Quali rischi concreti di questa situazione?
R. - Io credo che
in questo momento le forze che si oppongono a questi piani di austerity sono così
organizzate - alla guida cioè di una massa di gente veramente disperata - da poter
attenuare al massimo le eventuali violenze.
D. - Il governo intanto è al lavoro
per un nuovo piano di austerità che prevede, secondo indiscrezioni, risparmi fino
a 15 miliardi di euro più altri due miliardi di euro di entrate fiscali aggiuntive.
Cosa verrà ancora tagliato?
R. – Infatti, è questa la domanda che si fa la
gente che lavora, la gente che cerca di tirare avanti! Che altro si può tagliare?
Ancora tagli ... ma dov’è la prospettiva per riorganizzare e far ripartire un’economia
che sembra già morta?
D. - Questo riguarda soprattutto il problema dello sviluppo
che dovrebbe andare di pari passo con i tagli. Si sta facendo qualcosa di concreto
o no?
R. - Secondo i giornali e secondo la sensazione della gente, no. Non
sembra che tra gli incontri del primo ministro con tutto il mondo politico europeo
ci siano state novità per quel che riguarda lo sviluppo. Non sembra che siano stati
attirati investitori, non sembra che da qualche parte siano previsti soldi anche per
ricominciare in qualche modo a ricostruire. Speriamo che queste saranno le sorprese
dei prossimi incontri di Samaras.
D. - Per un lungo periodo si è parlato dell’uscita
della Grecia dall’euro, poi le dichiarazioni del governatore della Bce, Draghi, sull’irreversibilità
della moneta unica hanno smontato questa ipotesi. C’è maggiore tranquillità in Grecia
dopo questa rassicurazione o comunque cresce il fronte di chi vorrebbe tornare alla
dracma?
R. - La preoccupazione c’era fin quando esisteva gente che aveva qualche
risparmio e poi sicuramente la preoccupazione c’è per chi ha ancora da fare con i
lavori di esportazione o di importazione. Non ho la sensazione che cresca il fronte
di chi dice "usciamo dall’euro", mentre direi di sì per quanto riguarda il fronte
di chi dice "usciamo dall’Europa" cercando altre vie per lo sviluppo.
D . –
Quali potrebbero essere queste vie?
R. – Anche questo è il problema, che prima
delle elezioni c’era chi proponeva: "lasciamo l’Europa, lasciamo l’euro". Il vero
problema è che anche gli altri hanno i loro problemi. Non a caso il primo ministro
bulgaro tempo fa diceva che loro - che hanno la manodopera molto meno costosa della
Grecia - sono altrettanto alle corde, perché non trovano investitori.
D. –
Questa crisi ha avuto un forte impatto anche sulla politica interna ... abbiamo visto
le nuove elezioni e poi questo governo che sembra traballare ma che regge… Insomma
qual è la situazione politica attualmente?
R. – Credo che sia esattamente come
prima delle elezioni: è un governo che traballa, ma ora non cade perché non ci sono
alternative. E’ un governo che ha fatto una serie di incontri, sta cercando di guadagnare
tempo ma è anche un governo dal quale non stanno uscendo fuori queste grandi innovazioni
che permetterebbero, se non altro, quello che dicevamo all’inizio: sperare in un domani.
D.
– Insomma, Bruxelles resta comunque lontana…
R. – Io credo che diventi sempre
più lontana mentre la domanda è: "dove è la guida politica di questa Unione Europea
verso una vera unione, verso una vera comunità?". Diventa ormai un’istituzione che
comanda, non una istituzione che chiede agli altri e a se stessa cosa fare.
D.
- Però bisogna dire che la Grecia ha le sue responsabilità in questa crisi…
R.
– Su questo non ci sono mai stati dubbi. Ci sono responsabilità che ancora oggi continuano
a esistere. Ogni giorno esce fuori un piccolo scandalo ... non c’è il minimo dubbio
che questo malgoverno si è protratto per quasi trent’anni. Questo modo clientelare
di fare politica ha radici profonde, ma niente giustifica mandare un popolo alla disperazione,
niente! Non paga chi doveva pagare, paga la gente che è rimasta senza niente.