Israele: nuovi insediamenti a Gerusalemme Est. Al via il piano per nominare le strade
La municipalità di Gerusalemme ha deciso, entro il 2013, di dare un nome a tutte le
vie della città soprattutto della parte Est. Una buona notizia per facilitare la vita
quotidiana del quartiere ma che rischia però di inasprire le già forti tensioni politiche
e religiose tra le diverse anime della città. In questi giorni, inoltre, Israele ha
annunciato la costruzione di 800 nuovi insediamenti proprio a Gerusalemme Est, provocando
la dura risposta dei palestinesi, secondo cui questa ennesima manovra distruggerà
definitivamente la prospettiva di due Stati. Cecilia Seppia ne ha parlato con
mons.William Shomali, vicario Patriarcale di Gerusalemme.
R. - E’ vero,
tutto è legato al problema del futuro Stato palestinese e delle frontiere tra i due
Stati. I terreni di Gilo si trovano nella zona occupata che apparteneva alla città
di Betlemme e dunque, costruire insediamenti là vuol dire consacrare l’occupazione
e rendere più difficile i futuri negoziati. Il presidente Mahmud Abbas ha legato il
ritorno ai negoziati al "congelamento" degli insediamenti; il fatto di non rispettare
questa sua precondizione - valida e lecita - implica una provocazione, una sfida.
D.
- Il negoziatore palestinese, tra l’altro, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale,
perché si esprima con il voto e perché consenta alla Palestina di ottenere lo status
di Stato membro delle Nazioni Unite; cosa che dovrebbe accadere nella prossima assemblea
di novembre. Questa è l’unica soluzione, di fatto…
R. - Per il momento, è l’unica
richiesta dalla quale ci si può attendere una risposta. Più di così i palestinesi,
per il momento, non possono ottenere dai 193 Paesi del mondo. Anzi per il momento
essi sperano che 150 votino in favore della Palestina come Stato non membro perché
questo darà una promozione allo statuto dei palestinesi che quindi saranno accettati
anche come membri di istituzioni internazionali.
D. - Altra questione, invece,
la decisione adottata dalla municipalità di Gerusalemme, di dare un nome a tutte le
vie della città. Questo, da una parte, è una buona notizia, perché sappiamo che ci
sono problemi anche per lo smistamento della posta. Dall’altra, però nasconde un problema
di carattere politico…
R. - C’è una parte pragmatica: per esempio, nella strada
in cui si trova il Patriarcato latino non ci sono numeri. Se qualcuno manda una lettera
e nell’intestazione scrive “Via del Patriarcato latino”, ci sono talmente tanti ristoranti,
case ed appartamenti, che non si sa di preciso dove recapitare la lettera. Ma, senz’altro,
anche qui è tutta una questione politica; se dobbiamo dare un nome alle strade, dipende
da quale nome diamo: se diamo nomi cristiani, musulmani o ebrei diventa un atto politico
o religioso. Io non conosco tutti i nuovi nomi, ma spero che il municipio rispetterà
la diversità nella città e la coabitazione tra le tre religioni.
D. - Anche
perché Gerusalemme cristallizza nelle sue mura un insieme di soggettività, di eredità
controverse e, di fatto, dare il nome ad una via è un po’ come prendere posizione,
dare indice di autorità. Questo non deve avvenire…
R. - Si, di fatto è come
“battezzare” una strada. Le sette porte di Gerusalemme hanno ciascuna due nomi. Tramite
il nome io indico l’identità e la storia di questa porta: c’è un nome arabo, un nome
inglese e spesso c’è un nome ebraico per la stessa porta. Lo stesso vale per le strade,
perché il nome che si dà alla strada indica una opzionepolitica.
D.
- Ci potrebbe essere anche l'intenzione di Israele di "appropriarsi" di Gerusalemme
Est, "futura capitale palestinese". Quindi, anche qui si ravvisa il pericolo di uno
sconfinamento…
R. - Certo; ma per ora, prima di sapere il risultato, con tutti
i nomi, ci affidiamo alla buona volontà. Fino a prova contraria.
D. - La sua
sensazione, insomma, è che ci sia collaborazione in questo senso?
R. - Hanno
richiesto nomi arabi per alcune strade; ai palestinesi, agli arabi hanno chiesto di
indicare nomi di personaggi storici influenti, amati e apprezzati, della storia palestinese.
Dunque, questo è positivo: perché negarlo?
D. - C’è un auspicio che lei vuole
fare, proprio alle autorità di Gerusalemme, che dovranno prendere questa decisione
R.
- Sì, che rispetti il pluralismo in questa città. Questa città appartiene a tre religioni
e bisogna riflettere questo pluralismo in tutti i dettagli: bisogna dare nomi di gente
che ha lavorato per la pace, per la giustizia; si possono trovare nomi di autori,
poeti, scrittori anche del passato cristiano e del passato musulmano della città:
sono nomi su cui si trova sempre una certa convergenza.