L'aiuto del Papa ai profughi siriani nel racconto dell'inviato in Libano il cardinale
Sarah
E’ particolarmente colpito l’inviato del Papa in Libano, il cardinale Robert Sarah,
per gli incontri avuti con le popolazioni siriane fuggite dal conflitto ed i responsabili
della Chiesa locale. Nella sede della Caritas di Beirut, il presidente di Cor Unum
ha anche coordinato l'incontro con circa 20 agenzie caritative cattoliche operanti
in Libano, Siria, Giordania, Turchia e Iraq. Nel corso della riunione sono stati valutati
i progetti che saranno finanziati con la donazione di un milione di dollari che Benedetto
XVI ha destinato alle martoriate popolazioni siriane. Roberto Piermarini ha
chiesto al cardinale Sarah - appena rientrato in Vaticano - come è stata accolta l’iniziativa
del Papa dalle autorità religiose e civili che ha incontrato in Libano:
R. - Molto bene,
molto bene. Ho incontrato il presidente della Repubblica libanese, che è stato molto
contento di questa iniziativa del Santo Padre e che in questa iniziativa ha visto
la continuazione della sua visita in Libano. Anche la Chiesa locale è rimasta molto
toccata da questa missione voluta dal Santo Padre per studiare sul posto quello che
possiamo fare per aiutare la popolazione della Siria che si trova in Libano in condizioni
umane e sanitarie molto difficili.
D. - Eminenza, cosa l’ha impressionata di
più nel suo incontro con i profughi siriani in Libano?
R. - Ciò che è molto
toccante è che i campi sono senza acqua, senza luce, senza misure igieniche e la popolazione
siriana presente è composta in gran parte da donne e bambini. Mi ha toccato veramente
molto vedere una donna con un bambino nato quattro mesi fa, che mi ha detto “Prendetelo,
prendetelo!”, solo per riuscire a salvarlo da questa situazione: vedere una donna,
insieme al suo bambino, piangere è una cosa veramente tremenda! C’è stata poi un’altra
donna, musulmana, tutta velata, che ci chiede un aiuto e quando lo riceve, piange:
allora le abbiamo chiesto perché stesse piangendo e lei ci ha risposto: “Voi mi avete
trattato come un essere umano; ho ritrovato così la mia dignità, quella dignità che
non ho mai trovato nella mia comunità religiosa”. Il fatto che anche i musulmani siano
toccati dal modo in cui la Chiesa tratta ogni essere umano che si trova nel bisogno.
D.
- Queste persone di che cosa hanno concretamente bisogno oggi?
R. - Hanno bisogno
soprattutto di cibo, di medicine, di acqua, di elettricità, perché quando fa buio
non si vede niente. Tra poco sarà inverno e quindi hanno bisogno anche di vestiti
e di riscaldamento: comunque hanno bisogno soprattutto di cibo, di medicine, di acqua
e di vestiti. Abbiamo cercato con la Caritas Libano, almeno per i primi momenti, di
dare qualcosa che possa essere utile per loro.
D. - Eminenza, lei ha quindi
incontrato questi profughi siriani: temono una deriva integralista islamica nel loro
Paese?
R. - I cristiani temono molto questa possibilità e proprio per questo
preferiscono non registrarsi nei campi: preferiscono andare nelle famiglie o nella
parrocchia. Alcuni mi hanno anche raccontato di essere stati maltrattati. Non sono
soltanto i rifugiati ad avere paura: anche la Chiesa teme che fra poco non ci sarà
più un cristiano nella regione.
D. - Un milione di dollari offerto dal Papa,
che le ha consegnato prima di partire. Come è stato distribuito tra le varie agenzie
caritative cattoliche della regione?
R. – E’ una piccola goccia, quando si
vede la necessità. Però è stato un dono veramente apprezzato dalla popolazione. Abbiamo
dato la priorità alla Siria perché all’interno del Paese sono più di due milioni le
persone sfollate. Per la Siria abbiamo dato 700mila dollari e per le altre Caritas
– Turchia, Libano, Giordania e Iraq – i restanti 300mila. Chiedendo anche a tante
organizzazioni caritative della Chiesa di pensare di aumentare la loro generosità
perché sappiamo che la guerra può provocare altri profughi e dunque ci sarà maggior
bisogno di aiuto. Cerchiamo anche di raccogliere fondi, perché questa riunione che
abbiamo fatto il 9 novembre è stata fatta per coordinare i nostri aiuti. Speriamo
che arrivino altre donazioni per affrontare la possibilità dell’aumento del numero
dei rifugiati, se la guerra continua così.
D. – Anche perché il conflitto non
sembra risolversi in tempi brevi?
R. – Non sembra, non sembra, perché sia il
governo che i ribelli sono determinati a vincere; ciascuno vuole vincere e, così,
non si ferma la guerra. Speriamo che la comunità internazionale possa intervenire
per discutere e portare la pace in questo Paese.
D. – Lei crede che questa
unificazione dell’opposizione possa aiutare a trovare una risoluzione al conflitto?
R.
– Ciò che posso dire è che, almeno, abbiamo una struttura con cui discutere, perché
prima non si sapeva con chi sedersi e parlare. Però io non so rispondere se questa
struttura sarà un evento positivo per portare la pace. Speriamo. Preghiano che il
Signore dia più saggezza a queste persone che credono nella soluzione della guerra.
Che il Signore possa far capire che solo nel dialogo e nella riconciliazione si può
trovare più tranquillità, più pace, e soprattutto sollevare dalla sofferenza il popolo
siriano.
D. – Annunciando la sua missione in Libano, il Papa ha rivolto un
appello alla comunità internazionale affinché faccia tutto il possibile per la Siria
perché un giorno, ha detto, “potrebbe essere troppo tardi”. Crede che siamo ancora
in tempo per mettere fine a questo sanguinoso conflitto?
R. – Io penso che
se la Comunità internazionale ascolta la voce del Santo Padre e decide di sedersi
per discutere, possiamo trovare una soluzione, però bisogna ascoltare la voce del
Santo Padre, che cerca veramente di fermare le violenze e portare la pace in Siria.
Questo vuol dire che non soltanto i siriani, ma la comunità internazionale è decisa
ad aiutare questo popolo a trovare la pace nell’incontro, nella discussione, nel dialogo.
Noi cristiani dobbiamo pregare, perché il Signore ha detto: senza di me non potrete
fare niente. Non dobbiamo escludere Dio nella negoziazione e per questo la voce del
Santo Padre, il richiamo quotidiano a pregare per la Siria, mi sembra una voce importante,
non soltanto per questa situazione in Siria. Sappiamo che tanti conflitti nel mondo
stanno portando sofferenza e morte a tante popolazioni. Io credo che la voce del Santo
Padre sia ascoltata e, così, questa nuova struttura dell’opposizione potrà essere
un momento di dialogo, con l’aiuto della comunità internazionale.