“Università, verso dove?”: convegno organizzato dalla Fuci a Roma
“Negli altri Paesi, al dottorato corrispondono competenze, da noi talvolta viene riconosciuta
un'anzianità maggiore ma non c'è una cultura sulla sua importanza per la formazione.
Bisogna lavorare su questo tema assieme alle aziende, va cambiato il rapporto col
mondo dell'impresa''. Così il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, venerdì
scorso a Roma, durante l’incontro nazionale organizzato dalla Fuci, la Federazione
Universitaria Cattolica Italiana, sul tema “Università, verso dove?”. Ma cosa vuol
dire oggi far parte di questa Federazione? Marina Tomarro lo ha chiesto a don
Roberto Regoli assistente ecclesiale della Fuci:
R. – Significa
avvicinarsi a tutte le problematiche universitarie sociali, politiche, culturali,
con la criticità della fede: cioè, avere quella funzione di vigilanza che ha i suoi
punti di riferimento nella fede e nella ragione illuminata nella fede. Studenti come
gli altri ma con qualcosa in più da condividere.
D. – In che modo opera la
Fuci all’interno delle università?
R. – La Fuci ha il senso nella sua presenza
discreta ma che dà lievito. Sono gruppi di giovani che parlano ad altri giovani. All’interno
dei gruppi c’è questo percorso intellettuale, culturale, politico e di formazione
cristiana, per dare una formazione concreta ai singoli individui e per portare questa
nuova proposta nei loro ambienti, nei corsi, nelle aule universitarie. E’ una presenza
di fede ma di fede che ragiona.
D. - Riprendendo anche il tema della settimana,
“Università verso dove?”, secondo lei verso dove stiamo andando in questo momento?
R.
– C’è un fatto. La crisi del momento è una crisi antropologica che è centrale in tutti
gli ambiti dei saperi, della società e del lavoro. Noi dobbiamo dare una risposta
in cui venga messo di nuovo al centro l’uomo. Il problema è che tante volte l’uomo
ha ridotto alla funzione produttiva invece noi vogliamo vedere l’uomo nella sua integrità.
Ascoltiamo
la testimonianza di due universitari della Fuci, Francesca e Stefano.
Francesca:
R. - La Fuci si prende in carico di completare il percorso di studi
universitario. L’università sta diventando sempre più altamente specializzante però
è importante che in questi anni decisivi ci formiamo non solo come persone competenti
ma anche come persone complete. Questo si raggiunge innanzitutto attraverso l’incontro
e lo scambio di conoscenze tra percorsi formativi diversi. Inoltre, vivendo anche
l’approfondimento e la formazione intellettuale come dono, che ci rende ora studenti
e un giorno professionisti e lavoratori che hanno una competenza specifica ma che
soprattutto sanno metterla al servizio di un bene comune più grande.
D. –
Stefano, per te cosa vuol dire far parte della Fuci?
R. - Per me significa
essere convinto che da giovane universitario posso sia addentrarmi nel sapere scientifico
che lasciarmi illuminare dalla fede, considerando che entrambi portano nella stessa
direzione e non sono contrastanti.
E all’incontro era presente anche il vescovo
ausiliare di Roma, mons. Lorenzo Leuzzi delegato per la pastorale universitaria
per la diocesi di Roma:
“Un gruppo Fuci che convive nelle università e che
vive un percorso formativo di fede, adeguato alla vita dei giovani, può costituire
una grande ricchezza. Nelle università questa esperienza di dialogo, di interpretazione
della realtà culturale, diventa una possibilità che deve diventare sempre di più a
servizio di tutta la Chiesa. Per questo, credo che sarà la nuova evangelizzazione
ad essere la grande occasione per rilanciare i gruppi Fuci nell’università".