Giornata di lotta alla lebbra. Mons. Zimowski: ancora insufficiente prevenzione e
accesso alle cure
L’esempio di San Damiano, della Beata Madre Teresa di Calcutta, di altri santi e persone
di buona volontà ci sostenga nel portare aiuto ai malati di lebbra. E’ l’appello rivolto
dal presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, l’arcivescovo
Zygmunt Zimowski, nel Messaggio per la 60.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra,
che ricorre questa domenica. Il servizio di Debora Donnini:
E’ considerata
una delle malattie più antiche del mondo, se non curata può portare alla morte, e
comunque provoca sofferenze, esclusione sociale, povertà. La lebbra nel 2011 ha contagiato
ancora 200mila persone, fra adulti e bambini, secondo l’Organizzazione Mondiale della
Sanità. E molti casi sono stati diagnosticati già in stato avanzato. Lo ricorda mons.
Zimowski nel messaggio per la Giornata mondiale di lotta contro questa malattia. Nonostante
l’impegno di realtà come l’Oms e le Fondazioni Raul Follereau, è dunque ancora “insufficiente”
la possibilità di accesso alle strutture diagnostiche, carente la prevenzione e le
azioni igienico-sanitarie mirate, rileva l’arcivescovo. Ma la lebbra, se curata, non
provoca la morte così come in larga misura altre malattie dimenticate - come la dengue,
la malattia del sonno e la leishmaniosi - che invece continuano a stroncare ogni anno
migliaia di vite o creano gravi invalidità nei Paesi più poveri. India, Africa sub-Sahariana
e Sud America: le aree più colpite dal morbo di Hansen.
La Giornata mondiale
di lotta alla lebbra costituisce quindi - scrive mons. Zimowski - “una preziosa occasione
per rilanciare l’impegno in favore di quanti sono colpiti” dal batterio e a promuovere
il reinserimento sociale di chi ne porta i segni. Per i cattolici anche alla luce
dell’Anno della fede, l’invito del presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale
degli Operatori Sanitari è quello di rendere questa Giornata un’occasione propizia
“per essere ciascuno buon samaritano verso l’altro”, lasciandosi ispirare, ad esempio,
da san Damiano, santa Marianna Cope che operarono nell’isola di Molokai o dal beato
Jan Beyzym che lavorò in Madagascar. E ancora dalla beata Madre Teresa di Calcutta
o Raul Follereau di cui quest’anno ricorre il 110mo anniversario della nascita. Ma
anche chi ha contratto la malattia è chiamato a cooperare per una società più giusta,
sostiene mons. Zimowski ricordando che “come cristiano chi è stato colpito dalla lebbra
ha inoltre la possibilità di vivere la propria condizione in una prospettiva di fede
‘trovandone il senso mediante l’unione con Gesù, che ha sofferto con infinito amore’”.
Il cristiano - conclude - ha infatti la certezza che niente potrà separarlo dall’amore
di Dio, in Cristo Gesù.