I vescovi irlandesi promuovono un servizio di assistenza per i detenuti all’estero
Identificare e rispondere ai bisogni dei detenuti all'estero e delle loro famiglie
che vivono in patria, fornire informazioni utili, segnalare maltrattamenti e abusi
e, non ultimo, visitarli e portare loro generi di primo conforto, là dove è possibile
arrivare. Sono queste le principali attività svolte dal Consiglio Irlandese per i
detenuti d'oltremare (Icpo), organismo della Conferenza episcopale che dal 1985 supporta
la pastorale penitenziaria soprattutto per quel che riguarda chi deve scontare pene
all’estero. Il Consiglio è coordinato da Joanna Joyce che, oltre a gestire i rapporti
con i singoli detenuti, può contare su un “fondo per il disagio”, utile per il vitto,
il vestiario e le cure mediche. Il fondo è alimentato dai vescovi irlandesi, dalla
Società di San Vincenzo De Paoli e dal Dipartimento degli Affari Esteri di Dublino.
Attualmente, sono 1054 i detenuti assistiti dall’Icpo in tutto il mondo, di questi
976 in Gran Bretagna. Gli altri sono ospiti negli istituti di pena di Europa, Stati
Uniti, Australia, Africa e America Latina. Negli ultimi anni è cresciuto sensibilmente
il numero di giovani sostenuti dall’Icpo in Australia. Il fenomeno è legato al fatto
che molti irlandesi vivono, viaggiano e lavorano nel paese. Le difficoltà che incontrano
sono più o meno quelle di chi delinque all’estero ed è stato condannato: discriminazione,
lingua e soprattutto il sistema giuridico diverso da quello del paese di appartenenza.
Oltre naturalmente al sovraffollamento. Tra i servizi di punta offerti dall’Icpo c’è
la corrispondenza. Ottanta volontari tengono vivo il contatto con i loro connazionali
e due volte all’anno pubblicano anche una newsletter. In tal modo le famiglie che
non possono raggiungere i loro cari, possono acquisire notizie e mantenere un contatto
serrato con loro. (A cura di Davide Dionisi)