2013-08-23 14:25:02

I vescovi irlandesi promuovono un servizio di assistenza per i detenuti all’estero


Identificare e rispondere ai bisogni dei detenuti all'estero e delle loro famiglie che vivono in patria, fornire informazioni utili, segnalare maltrattamenti e abusi e, non ultimo, visitarli e portare loro generi di primo conforto, là dove è possibile arrivare. Sono queste le principali attività svolte dal Consiglio Irlandese per i detenuti d'oltremare (Icpo), organismo della Conferenza episcopale che dal 1985 supporta la pastorale penitenziaria soprattutto per quel che riguarda chi deve scontare pene all’estero. Il Consiglio è coordinato da Joanna Joyce che, oltre a gestire i rapporti con i singoli detenuti, può contare su un “fondo per il disagio”, utile per il vitto, il vestiario e le cure mediche. Il fondo è alimentato dai vescovi irlandesi, dalla Società di San Vincenzo De Paoli e dal Dipartimento degli Affari Esteri di Dublino. Attualmente, sono 1054 i detenuti assistiti dall’Icpo in tutto il mondo, di questi 976 in Gran Bretagna. Gli altri sono ospiti negli istituti di pena di Europa, Stati Uniti, Australia, Africa e America Latina. Negli ultimi anni è cresciuto sensibilmente il numero di giovani sostenuti dall’Icpo in Australia. Il fenomeno è legato al fatto che molti irlandesi vivono, viaggiano e lavorano nel paese. Le difficoltà che incontrano sono più o meno quelle di chi delinque all’estero ed è stato condannato: discriminazione, lingua e soprattutto il sistema giuridico diverso da quello del paese di appartenenza. Oltre naturalmente al sovraffollamento. Tra i servizi di punta offerti dall’Icpo c’è la corrispondenza. Ottanta volontari tengono vivo il contatto con i loro connazionali e due volte all’anno pubblicano anche una newsletter. In tal modo le famiglie che non possono raggiungere i loro cari, possono acquisire notizie e mantenere un contatto serrato con loro. (A cura di Davide Dionisi)







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