Tunisia: altro rapper condannato, governo contro artefici della primavera araba
A Tunisi, è stato condannato a sei mesi di carcere un cantante rapper per diffamazione
e violazione della morale pubblica. Dalla Rivoluzione dei gelsomini alla vittoria
del partito islamico Ennhada, la "primavera araba" nel Paese nordafricano ha fallito
anche nel desiderio di garantire maggiore libertà di espressione artistica? Elvira
Ragosta lo ha chiesto a Luciano Ardesi, esperto di Africa maghrebina:
R. – Questa
condanna arriva subito dopo la condanna di un altro rapper, che era stato condannato
a 21 mesi e che in questo momento è in fuga. E’ praticamente un ritorno indietro ai
tempi di Ben Ali, quando la libertà di espressione era completamente soffocata. Sotto
il bersaglio del governo in questo momento sono i cantanti, ma anche più in generale
i giornalisti, gli artisti. Non passa giorno senza che le associazioni tunisine, ma
anche Amnesty International e altre organizzazioni dei diritti umani, lancino appelli
per la libertà dell’uno o dell’altro o la fine di questa politica governativa, che
di fatto soffoca ogni voce dell’opposizione.
D. – A proposito di opposizione,
Tamarrod ha indetto una manifestazione per lunedì...
R. – Le manifestazioni
si stanno susseguendo in questi giorni, quindi il tema è sempre lo stesso da diversi
mesi a questa parte: si vogliono le dimissioni del governo e l’instaurazione di un
governo di unità nazionale con dei tecnici, quindi con l’esclusione del partito Ennahda,
che aveva vinto le elezioni. Ennahda sarebbe anche disposto a mettersi da parte, purché
abbia delle garanzie riguardo alla futura Costituzione. Questo costituisce un altro
pomo della discordia. Alcuni membri dell’Assemblea nazionale costituente si sono dimessi,
i lavori sono di fatto bloccati e non si vede sbocco alla situazione, che è di stallo
praticamente da questa primavera.
D. – E l’instabilità politica è oltremodo
caratterizzata anche da questa serie di arresti, che avrebbero riguardato salafiti
legati ad Al Qaeda, pronti a creare una serie di omicidi politici nel Paese e nella
capitale, con l’obiettivo di dividere la Tunisia in tre emirati...
R. – Di
omicidi politici attribuiti ai gruppi salafiti ce ne sono già stati due, in modo particolare:
i due esponenti dei partiti di opposizione. Il governo ha anche denunciato, ha messo
fuorilegge uno di questi gruppi salafiti. Di fatto, le opposizioni gridano in realtà
la complicità del governo nel non reprimere la diffusione sul territorio di questi
gruppi, che avrebbero la funzione di destabilizzare il Paese e anche di impedire in
qualche modo che la transizione possa continuare. Sta di fatto, poi, che il rischio
è che questi diversi gruppi, che operano in Tunisia, si leghino ai gruppi che sono
in entrambe le parti della frontiera – sia in Libia sia in Algeria – in un tentativo
di unificazione di tutta quella "nebulosa" che fa capo ad al Qaeda.