Il custode della Porziuncola: la rivoluzione di Francesco, iniziare a cambiare se
stessi
Il Papa concluderà la visita ad Assisi in un luogo simbolo del francescanesimo come
la Porziuncola, a Santa Maria degli Angeli. Lì, dopo una sosta di preghiera nella
Basilica, sorta intorno alla piccola chiesa dove il Santo morì, il Papa incontrerà
i giovani di tutta la regione. Del significato di questa tappa, Gabriella Ceraso
ha parlato con il custode della Porziuncola, padre Fabrizio Migliasso:
R. - La Porziuncola,
nella vita di Francesco, è l’inizio, con la vocazione missionaria, possiamo dire.
Quando, ascoltando il Vangelo cosiddetto della Porziuncola di San Matteo - “Quando
andate per il mondo non portate con voi né calzari, né bisacce, né sandali” - Francesco
risponde: “Questo io bramo, questo io voglio, questo io farò”. Il luogo dell’esperienza
del perdono, quindi dell’indulgenza della Porziuncola, sarà poi il luogo della morte.
E’ un luogo, infatti, benedetto, soprattutto dalla Vergine Maria, cui Francesco era
molto devolto. Allora che senso ha questa tappa nella lunga visita di Papa Francesco
qui ad Assisi? I giovani ci stanno bene, perché senz’altro sarà il luogo in cui Francesco
ridarà questo mandato ai giovani, come Francesco l’ha ascoltato dal Vangelo. Papa
Francesco vuole ripartire dal Vangelo e, quindi, senz’altro ridarà ai giovani questo
mandato. Loro sono la speranza, come sta richiamando molte volte, ultimamente. Secondo
me, però, può essere anche una bella tappa di riflessione sul senso della vita e anche
della riconciliazione. Io spero che questa tappa sia anche un’occasione per ripercorrere
questo, secondo me, grande valore, che ci insegna Francesco d’Assisi: vivere la vita
intensamente, per non avere paura della morte.
D. - Quanto è viva, quanta presa
ancora la vita di Francesco sui giovani?
R. - Assolutamente viva, non solo
sui giovani, ma su tutti. Il segreto, se vogliamo usare questa parola, è la radicalità
del Vangelo. Francesco in quella risposta al Vangelo “Questo io voglio, questo io
bramo, questo io farò”, riassume un po’ tutto il Vangelo. Non ha fatto niente di speciale,
se non incominciare a viverlo, lui, in prima persona. La radicalità quindi, la rivoluzionarietà.
La rivoluzione di Francesco è stata l’obbedienza alla Chiesa. Francesco ripara la
Chiesa che nel 1200 era una Chiesa ferita, era una Chiesa lacerata da divisioni, da
lotte politiche e materiali e Francesco la ripara incominciando da se stesso. Ci insegna,
quindi, oggi, a ripartire da noi stessi, stando dentro la Chiesa, per esempio. Il
fascino di Francesco, dunque, è proprio questo: un uomo che ha incominciato a vivere
quello in cui credeva, senza puntare il dito verso gli altri, ma ripartendo da se
stesso. Questo dà una grande serenità.
D. - Il Papa risponderà a quattro domande
dei giovani e lei vive nella realtà giovanile. Quali sono gli interrogativi e quindi
quali sono le risposte di cui hanno bisogno?
R. - Senz’altro speranza in generale.
In una società, in cui si mettono in evidenza solo e sempre le cose che non vanno,
c’è il bisogno che qualcuno faccia vedere e annunci qualcosa di bello; che non va
tutto male, che non è tutto finito; la voglia di gioia, una ricerca di un Vangelo
che apra alla speranza, che apra anche alla vita eterna. Spesso, anche personalmente,
mi hanno detto: “Parlateci del Paradiso, oltre che parlarci del Vangelo”. E questo,
credo, sia un altro dei bisogni che hanno i nostri giovani di una parola di verità
e anche di indicazioni per la vita: il sentirsi ascoltati, il sentirsi amati, soprattutto
incontrare un Dio, che prima di puntare il dito, ti abbraccia e poi ti indica la via.