Si commemorano i morti dei naufragi di Lampedusa. Mons. Mogavero: compassione e condivisione
Sul litorale di Agrigento, rappresentanti della Chiesa siciliana insieme a esponenti
di religione islamica e copta commemorano le vittime, per lo più eritree, del naufragio
dello scorso 3 ottobre, 366 persone in tutto, e le 34 vittime recuperate dal mare
dopo l'altro naufragio, l’11 ottobre scorso. Nessuna omelia, solo preghiere, alla
presenza del vicepremier Alfano e dei ministri dell'Integrazione Kyenge e della Difesa
Mauro. Intanto il sindaco di Lampedusa, Giusy Nicolini, è a Roma per chiedere al capo
dello Stato l'istituzione di una Giornata della memoria. Ma le polemiche non cessano:
lo stesso primo cittadino di Lampedusa, ha criticato come insufficiente l'operazione
"Mare nostrum" voluta dal governo, ha chiesto una riforma del sistema di protezione
dei richiedenti asilo. Gabriella Ceraso ha raccolto la testimonianza di mons.
Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, presente alla commemorazione insieme
all'arcivescovo di Catania, mons. Salvatore Gristina:
R. - Al di
là di tutte le ragioni polemiche, delle rivendicazioni alquanto giuste, sui tempi
e sull’opportunità di questa manifestazione, io credo che in questo momento bisogna
rivolgere un pensiero sia ai superstiti, sia ai defunti: fratelli che cercando un
approdo di pace e di speranza, quando già lo intravvedevano sulle coste lampedusane,
hanno visto naufragare tutte le loro attese. Quindi in questo momento, forse, i sentimenti
migliori sono quelli che ha espresso Papa Francesco nella sua visita a Lampedusa:
sentimenti di compassione e di condivisione, oltre che di solidarietà e di suffragio.
D. - Incontrando i rappresentanti di altre religioni c’è anche uno spirito
di vicinanza, al di là delle differenze, in questo momento o no?
R. -Sì, sicuramente!
Se ci divide la differente fede religiosa, credo che ci accumuni la condizione umana
e anche il dolore per queste morti che ci appartengono comunque, anche se non sono
morti di italiani.
D. - Come vescovi rappresentanti della Sicilia, chiamati
sempre in causa e sempre in prima linea, dopo questa esperienza come state reagendo?
Che cosa vi siete detti e l’urgenza che vi siete posti?
R. - Ci siamo posti
un’urgenza di carattere umanitario, che ci fa dare offerte di disponibilità per la
prima accoglienza e per il soccorso. E poi, soprattutto, ci siamo detti che è urgente
un’opera di formazione per la nostra gente, perché non si lasci prendere da sentimenti
o da atteggiamenti che non siano umanitari ed evangelici. Consapevoli - come siamo
- che anche al nostro interno qualcuno si lascia prendere la mano da emozioni o sensazioni
che hanno poco di umano e di cristiano. Quindi una strategia di carattere educativo,
oltre a confermarci nell’opera di accoglienza e di solidarietà per le prime cure da
prestare a questi nostri fratelli.