Faccia a faccia Europa-Stati Uniti sullo scandalo delle intercettazioni telefoniche
Rischiano di aumentare le frizioni tra Europa e Stati Uniti in seguito alla vicenda
delle intercettazioni telefoniche effettuate dall’intelligence americana. Secondo
il quotidiano "The Guardian", l’agenzia di sicurezza nazionale avrebbe spiato le conversazioni
di 35 leader mondiali. E ieri al Consiglio Europeo di Bruxelles si è levata alta
la protesta, guidata da Francia e Germania, nei confronti di Washington. Sui motivi
di questa nuova crisi, Giancarlo La Vella ha intervistato Alessandro Politi,
analista politico e strategico:
R. - La scusa
che lo scopo delle intercettazioni sia proteggerci dal terrorismo è una mezza verità.
In realtà, quando c’è la capacità di capire velocemente quali sono le intenzioni di
un leader straniero, la si sfrutta comunque. Naturalmente quando il leader viene a
saperlo è estremamente irritato, perché immaginava ci fosse un minimo di “fair play”
soprattutto tra alleati. Ma evidentemente non è così. Anche tutti quelli che parlano
dello spionaggio come di una cosa nota, risaputa, dicono un’altra mezza verità; ma
dal punto di vista politico la situazione è più problematica di dieci anni fa, quindi
le reazioni degli alleati nei confronti di Washington sono molto più secche.
D.
– Da questa situazione, secondo lei, viene fuori un quadro degli Stati Uniti come
Paese timoroso di fronte a quello che sta avvenendo nello scacchiere internazionale?
R.
– In realtà è un Paese che sfrutta la cosiddetta “dominanza dell’informazione” senza
farsi tanti problemi.
D. – Quali conseguenze per i rapporti soprattutto con
l’Europa?
R. – Ci sono conseguenze ventilate di sospendere i negoziati per
il Trattato di libero commercio transatlantico, di cui si dice un gran bene, perché
si spera produca benessere, ripresa e posti di lavoro. Diverse forze politiche in
Europa però hanno espresso l’opportunità di darsi quanto meno una pausa di riflessione,
che può essere simbolica, ma che ha un suo senso politico. Poi ci saranno gli effetti
a più lungo termine: una serie di Paesi adotterà regole molto più restrittive nello
scambio di vere informazioni con gli americani e prenderanno precauzioni supplementari;
oltre – alcuni Paesi in realtà lo fanno già – restituire la cortesia e spiare a loro
volta.
D. – Questa situazione sta quasi ricompattando l’Europa?
R.
– Sì, si sta creando una certa compattazione nei Paesi dell’Unione. Bisogna vedere
però quanto durerà, perché chiunque avrebbe capito che è da 15 anni che bisognava
fare un’integrazione politica europea seria, anziché “baloccarsi” con un Trattato
di Lisbona, che in realtà è stato la morte dell’Europa. Chiunque avesse avuto un minimo
di buon senso avrebbe fatto fronte compatto intorno all’euro, anziché fare alla fine
distinzioni abbastanza inutili tra i virtuosi e i cosiddetti “cattivi”. Speriamo che
questo serva, anche se la cosa importante non è avere un avversario: la cosa importante
è avere un ideale comune ed avere la capacità politica di interpretarlo e di mandarlo
avanti.