Predica d’Avvento. P. Cantalamessa: per riformare la Chiesa bisogna rinnegare se stessi
e seguire Gesù
“Francesco d’Assisi e la riforma della Chiesa per via di Santità”. E’ stato questo
il tema della prima predica d’Avvento al Papa e alla Curia Romana, tenuta in Vaticano
da padre Raniero Cantalamessa. Il predicatore della Casa Pontificia ha sottolineato
che il Poverello d’Assisi ci insegna che i veri riformatori della Chiesa sono quelli
che rinnegano se stessi e vivono totalmente per il Signore. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
Per capire San
Francesco, “bisogna partire dalla sua conversione”. Padre Cantalamessa ha iniziato
così la sua predica d’Avvento e subito ha sottolineato che Francesco “non ha scelto
la povertà e tanto meno il pauperismo: ha scelto i poveri”. E tuttavia, anche questa
scelta non spiega fino in fondo la sua conversione. E’ “l’effetto del cambiamento,
non la sua causa”:
“La scelta vera è molto più radicale: non si trattò di
scegliere tra ricchezza e povertà, né tra ricchi e poveri, tra l’appartenenza a una
classe piuttosto che a un’altra, ma di scegliere tra se stesso e Dio, tra salvare
la propria vita o perderla per il Vangelo”.
“Il motivo profondo della sua
conversione – ha soggiunto – non è di natura sociale, ma evangelica”. E del resto,
Francesco “non andò di sua spontanea volontà dai lebbrosi”, ma vi fu condotto dal
Signore. “Non ci si innamora di una virtù – ha avvertito padre Cantalamessa – fosse
pure la povertà; ci si innamora di una persona”:
“Francesco non sposò la
povertà e neppure i poveri; sposò Cristo e fu per amor suo che sposò, per così dire
'in seconde nozze' Madonna povertà. Così sarà sempre nella santità cristiana. Alla
base dell’amore per la povertà e per i poveri, o vi è l’amore per Cristo, oppure i
poveri saranno in un modo o nell’altro strumentalizzati e la povertà diventerà facilmente
un fatto polemico contro la Chiesa, o una ostentazione di maggiore perfezione rispetto
ad altri nella Chiesa, come avvenne, purtroppo, anche tra alcuni dei seguaci del Poverello”.
“Nell’uno e nell’altro caso – ha aggiunto – si fa della povertà la peggiore
forma di ricchezza, quella della propria giustizia”. Noi, ha poi osservato, “siamo
abituati a vedere Francesco come l’uomo provvidenziale” capace di rinnovare la Chiesa
in un tempo di forti tensioni. Francesco dunque come “una specie di mediatore tra
gli eretici ribelli e la Chiesa istituzionale”. In realtà, però, ha ammonito padre
Cantalamessa, “quell’intenzione non ha mai sfiorato la mente di Francesco. Egli non
pensò mai di essere chiamato a riformare la Chiesa”. Ma cosa aveva voluto fare allora
Francesco? “Ripristinare nel mondo la forma e lo stile di vita di Gesù”:
“Scrivendo
la Regola per i suoi frati comincerà così: 'La regola e la vita dei frati minori è
questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo'. Francesco
non teorizzò questa sua scoperta, facendone il programma per la riforma della Chiesa.
Egli realizzò in sé la riforma e così indicò tacitamente alla Chiesa l’unica via per
uscire dalla crisi: riaccostarsi al vangelo, riaccostarsi agli uomini e in particolare
agli umili e ai poveri”.
Francesco, ha proseguito, “fece a suo tempo quello
che al tempo del Concilio Vaticano II si intendeva con il motto: abbattere i bastioni”:
“Rompere
l’isolamento della Chiesa, riportarla a contatto con la gente. Uno dei fattori di
oscuramento del vangelo era la trasformazione dell’autorità intesa come servizio,
in autorità intesa come potere che aveva prodotto infiniti conflitti dentro e fuori
la Chiesa. Francesco, per conto suo, risolve il problema in senso evangelico. Nel
suo Ordine, novità assoluta, i superiori si chiameranno ministri, cioè servi, e tutti
gli altri frati, cioè fratelli”.
Per riformare la Chiesa, dunque, bisogna
iniziare a riformare se stessi. Francesco, ha detto padre Cantalamessa, ci insegna
che se vogliamo davvero seguire Gesù e vivere per lui, dobbiamo rinnegare noi stessi.
Significa “rimettere sempre al primo posto, nelle nostre intenzioni, la gloria di
Cristo”:
“Sia quelli che Dio chiama a riformare la Chiesa per via di santità,
sia quelli che si sentono chiamati a rinnovarla per via di critica, sia quelli che
egli stesso chiama a riformarla per via dell’ufficio che ricoprono. La stessa cosa
da cui è cominciata l’avventura spirituale di Francesco: la sua conversione dall’io
a Dio, il suo rinnegamento di sé. È così che nascono i veri riformatori, quelli che
cambiano davvero qualcosa nella Chiesa”.