Le Chiese d'Oriente celebrano il Natale. Il vescovo di Giza: feste blindate in Egitto
Attesa per le Chiese ortodosse e le Chiese cattoliche di rito orientale che seguono
il calendario giuliano. Oggi, infatti, celebrano il Natale, ma in molti Paesi il clima
politico è di incertezza e si temono violenze. Tra gli scenari più difficili c’è sicuramente
l’Egitto dove, in questi giorni, alcune manifestazioni convocate dai sostenitori del
deposto presidente Morsi sono finite nel sangue. E’ forte la preoccupazione nelle
parole di mons. Antonios Aziz Mina, vescovo di Giza. L’intervista è di Benedetta
Capelli:
R. – La polizia
adesso sta chiudendo le strade vicino alla chiesa. Chiudono la strada e, praticamente,
mettono la polizia all’inizio e alla fine, impedendo alle macchine di passare. Si
può passare solo a piedi. Questo per assicurare un po’ di pace alle chiese.
D.
– Quindi un Natale blindato, possiamo dire...
R. – Sì, una cosa inaudita. Volevamo
pregare in pace, ma non vogliono.
D. – E’ la prima volta che succede?
R.
– Così forte sì. Ogni anno c’è un poliziotto, due, tre, quattro al massimo quando
si tratta di una grande chiesa, ma adesso portano anche i mezzi blindati. Andare a
pregare con questa atmosfera non ci piace, proprio non ci piace! Non è possibile!
D.
– Da quanto tempo è così?
R. – Questo clima è cominciato da 30, 40 anni. I
Fratelli Musulmani hanno lavorato per dividere il Paese e i Paesi vicini. Poi, dopo
l’ascesa al potere, hanno messo in atto la repressione, sempre repressione ed esclusione
per tutti. I posti erano solo per i Fratelli Musulmani, tanto che il popolo è di nuovo
esploso ed è sceso in strada pacificamente.
D. – C’è, un modo, secondo lei,
per pacificare il Paese in questo momento?
R. – Pacificare con chi? Loro non
vogliono la pace: non vogliono proprio fare la pace e riconciliarsi con tutte le
altre fazioni del Paese.
D. – Il dialogo interreligioso quanto può essere utile,
anche per pacificare gli animi?
R. – Ma neanche il dialogo interreligioso tra
musulmani e musulmani riesce! C’è, invece, un dialogo tra musulmani e cristiani o
cattolici, ed è fruttuoso, ma solo con i moderati.
D. – Ci troviamo in prossimità
della celebrazione del Natale. In Egitto è una festa sentita?
R. – Certamente,
ma non è una festa commerciale, per fortuna, come in Europa. La festa è più religiosa:
si prega tanto ed è un’occasione per ringraziare Dio. Abbiamo passato tre anni difficili,
dopo la rivoluzione, e l’ultimo anno è stato “nero”. Speriamo, quindi, che questo
Natale possa passare in pace. Loro, infatti, concentrano gli atti terroristici contro
le chiese, contro le istituzioni, contro la polizia, volendo seminare la divisione
e cercare di destabilizzare il Paese. Noi vorremmo tantissimo che si pacificassero
con la popolazione. Abbiamo l’amaro in bocca, non solo noi cristiani, ma tutta la
popolazione egiziana, nonostante siano giorni di festa e sia un anno nuovo. L’egiziano,
di per sé, di sua natura, è un uomo pacifico. Il popolo egiziano è pacifico. Questo
è il bello, la forza e la maestà del popolo egiziano.
D. – Un messaggio di
speranza per questo Natale, per le comunità cristiane, per le Chiese d’Oriente, quale
può essere?
R. – Preghiamo Dio, perché Lui pensa a noi, non ci lascia mai,
ci sostiene e salverà il suo popolo.