Il Papa: custodiamo la nostra piccolezza per dialogare con il Signore
Custodiamo la nostra piccolezza per dialogare con la grandezza del Signore. E’ quanto
affermato da Papa Francesco nella Messa di martedì mattina a Casa Santa Marta. Il
Pontefice ha sottolineato che il Signore ha con noi un rapporto personale, non è mai
un dialogo con la massa. Il Signore, ha proseguito, sceglie sempre i piccoli, chi
ha meno potere perché guarda alla nostra umiltà. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Il Signore
e i piccoli. Papa Francesco ha incentrato la sua omelia su questo binomio e subito
ha sottolineato che “il rapporto del Signore con il suo popolo è un rapporto personale”
è “sempre, da persona a persona”. Lui, ha soggiunto, “è il Signore e il popolo ha
nome”, “non è un dialogo fra il potente e la massa”. E’ un dialogo “personale”:
“E
in un popolo, ognuno ha il suo posto. Mai il Signore parla alla gente così, alla massa,
mai. Sempre parla personalmente, con i nomi. E sceglie personalmente. Il racconto
della creazione è una figura che fa vedere questo: è lo stesso Signore che con le
sue mani artigianalmente fa l’uomo e gli dà un nome: 'Tu ti chiami Adam'. E così incomincia
quel rapporto fra Dio e la persona. E c’è un’altra cosa, c’è un rapporto fra Dio e
noi piccoli: Dio, il grande, e noi piccoli. Dio, quando deve scegliere le persone,
anche il suo popolo, sempre sceglie i piccoli”.
Dio, ha proseguito, sceglie
il suo popolo perché è “il più piccolo”, ha “meno potere” degli altri popoli. C’è
proprio un “dialogo fra Dio e la piccolezza umana”. Anche la Madonna dirà: “Il Signore
ha guardato la mia umiltà”. Il Signore “ha scelto i piccoli”. Nella prima Lettura
di oggi, ha osservato, “si vede questo atteggiamento del Signore, chiaramente”. Il
profeta Samuele sta davanti al più grande dei figli di Iesse e pensa che sia “il suo
consacrato, perché era un uomo alto, grande”. Ma il Signore, ha osservato il Papa,
gli dice di “non guardare al suo aspetto né alla sua statura” e aggiunge: “Io l’ho
scartato, perché non conta quel che vede l’uomo”. Infatti, ha ribadito il Pontefice,
“l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore. Il Signore sceglie secondo
i suoi criteri”. E sceglie “i deboli e i miti, per confondere i potenti della terra”.
Alla fine, dunque, “il Signore sceglie Davide, il più piccolo”, che “non contava per
il padre”. “Non era a casa”, era “a custodire le pecore”. Eppure, proprio Davide “è
stato eletto”:
“Tutti noi col Battesimo siamo stati eletti dal Signore.
Tutti siamo eletti. Ci ha scelto uno per uno. Ci ha dato un nome e ci guarda. C’è
un dialogo, perché così ama il Signore. Anche Davide poi è diventato re e ha sbagliato.
Ne ha fatti forse tanti, ma la Bibbia ci racconta due sbagli forti, due sbagli di
quelli pesanti. Cosa ha fatto Davide? Si è umiliato. E’ tornato alla sua piccolezza
e ha detto: ‘Sono peccatore’. E ha chiesto perdono e ha fatto penitenza”.
E
dopo il secondo peccato, ha proseguito, Davide ha detto al Signore: “Punisci me, non
il popolo. Il popolo non ha la colpa, io sono colpevole”. Davide, è stata la riflessione
del Papa, “ha custodito la sua piccolezza, col pentimento, con la preghiera, con il
pianto”. “Pensando queste cose, a questo dialogo fra il Signore e la nostra piccolezza”,
ha soggiunto, “mi domando dov’è la fedeltà cristiana”:
“La fedeltà cristiana,
la nostra fedeltà, è semplicemente custodire la nostra piccolezza, perché possa dialogare
con il Signore. Custodire la nostra piccolezza. Per questo l’umiltà, la mitezza, la
mansuetudine sono tanto importanti nella vita del cristiano, perché è una custodia
della piccolezza, alla quale piace guardare il Signore. E sarà sempre il dialogo fra
la nostra piccolezza e la grandezza del Signore. Ci dia il Signore, per intercessione
di San Davide - anche per intercessione della Madonna che cantava gioiosa a Dio, perché
aveva guardato la sua umiltà - ci dia il Signore la grazia di custodire la nostra
piccolezza davanti a Lui”.