Crisi ucraina: gli Stati Uniti annunciano sanzioni contro Mosca. Immediata la reazione
russa
Si acuisce la crisi ucraina. Il Presidente statunitense, Barack Obama, annuncia possibili
“sanzioni” contro funzionari russi e su “interi settori dell'economia” di Mosca. La
Russia risponde introducendo misure restrittive contro i parlamentari americani. Sul
terreno, intanto, le truppe russe hanno assunto il controllo di diverse navi da guerra
della marina ucraina a Sebastopoli, in Crimea. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Sale la tensione
tra Washington e Mosca. Il capo di Stato americano, Barack Obama, annuncia sanzioni
contro funzionari russi dell’entourage del presidente Vladimir Putin e firma anche
un ordine esecutivo che autorizza misure restrittive contro “settori chiave” dell’economia
russa. Dopo aver definito “illegale” il referendum e “illegittimi” i movimenti delle
truppe russe in Crimea, Obama spiega che se ci saranno ulteriori aggressioni da parte
della Russia, Mosca sarà isolata sempre di più. Posizione ribadita anche dalla cancelliera
tedesca, Angela Merkel, che al suo arrivo al vertice europeo a Bruxelles, non nasconde
l’ipotesi di restrizioni economiche contro la Russia in caso di un’ulteriore escalation
della crisi. Immediata la reazione del Cremlino che annuncia l’introduzione di sanzioni
contro dirigenti statunitensi dell’amministrazione Obama. Intanto, il segretario generale
dell’Onu, Ban Ki-Moon, propone il dispiegamento di osservatori dell’Onu in Ucraina,
dove il governo di Kiev eleva lo stato di allerta delle proprie forze armate, che
sono “pronte a combattere”. Domani infine, nell’ambito del Consiglio Europeo, è prevista
la firma del capitolo politico dell’Accordo di associazione tra Unione Europea e Ucraina.
E
oggi è arrivato il primo via libera dell'Europarlamento alla rimozione di circa il
98% dei dazi applicati attualmente dall'Ue sull'import di merci ucraine. Sulla situazione
si sofferma Raffaele Marchetti, docente di relazioni internazionali all'Università
Luiss, al microfono di Fausta Speranza:
R. – La partita
è ancora aperta e riguarda l’Ucraina orientale continentale. Quella è una partita
aperta perché lì vivono minoranze, o in alcuni posti addirittura maggioranze, russofone
che potrebbero guardare alla Crimea come a un esempio. Lo stesso tipo di dinamica
replicata in Ucraina orientale non sarebbe accettata, sarebbe contrastata fin dall’inizio.
D.
– Su questa fase potrebbe giocarsi un braccio di ferro persino più duro tra Occidente
e Russia, tra Washington e Mosca e sul piano internazionale?
R. – La questione
della Crimea, in qualche modo, sembrava già chiusa da tanti giorni. Ormai il referendum
cristallizza una situazione ma questa situazione si era andata definendo nelle ultime
settimane. E’ tutto sommato una questione molto grave ma, territorialmente parlando,
circoscritta. Come ho detto, invece, la questione dell’Ucraina orientale è una questione
molto più complessa. Sono sollevato dal colloquio che il ministro degli Esteri russo
Lavrov ha avuto con il segretario di Stato Usa Kerry qualche giorno fa, in cui si
parlava di una possibile riforma costituzionale ucraina in senso federalista. Questa,
naturalmente, a mio parere, sarebbe l’unica possibilità di tenere insieme un territorio
e un Paese che è profondamente diviso. Senza una riforma di questo tipo mi sembra
difficile trovare un modo di convivenza pacifico tra due comunità che si sono polarizzate
a seguito degli eventi degli ultimi mesi.
D. – Intanto l’Unione Europea firma
con l’Ucraina il capitolo politico con l’Accordo di associazione che, in qualche modo,
ha scatenato il tutto. Che dire di questo?
R. – Certamente l’Unione Europea
ha cercato in qualche modo di riguadagnare il tempo perso proponendo la firma in tempi
molto brevi e però è di nuovo un’accelerazione che, tutto sommato, potrebbe creare
problemi. Noi abbiamo un Paese ancora profondamente diviso. La parte occidentale guarda
all’Europa, la parte orientale guarda a Mosca e quindi forse prudenza avrebbe voluto
che si tentasse prima di risolvere i problemi interni e poi si rimettesse in campo
la questione dell’associazione all’Unione Europea. Firmare il trattato di associazione
significa escludere l’adesione alla zona euro-asiatica doganale con la Russia. Questo
significa prevenire l’idea dell’Ucraina come un Paese neutrale, un Paese di ponte
tra l’Europa e la Russia.
D. – Si è detto in questi giorni che si tratta della
crisi più grave dalla fine della Guerra Fredda e si è detto anche di un ritorno di
una situazione di Guerra Fredda. Ma il mondo nel frattempo è passato al G20, abbiamo
la globalizzazione. Davvero è possibile fare paralleli con la Guerra Fredda?
R.
– No, questa mi sembra un’affermazione eccessiva. A parte che abbiamo avuto una guerra
in Jugoslavia, abbiamo avuto varie altre guerre nel mondo… Certamente, non è la crisi
più seria che abbiamo avuto dalla fine della Guerra Fredda. I toni sono molto tesi
ed è stata rimessa in campo una retorica da Guerra Fredda, questo sì, direi soprattutto
da parte occidentale.